La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Epiro
di Sotirios Dakaris, Konstantina Gravani
L’Epiro (gr. ῎Ηπειρος, "Απειρος; lat. Epirus) comprende la parte nord-occidentale della Grecia a sud dell’Albania. A est la catena montuosa del Pindo separa l’Epiro dalla Tessaglia e dalla Macedonia e a sud il Golfo di Ambracia lo separa dall’Etolia e dall’Acarnania. A ovest l’Epiro è bagnato dai mari Ionio e Adriatico. I confini con l’Albania sono prettamente politici. Dal punto di vista geografico ed etnologico, i limiti settentrionali si estendono a nord-ovest fino al fiume Skumbin (Ghenussos) dell’Albania e a nord-est fino al Lago di Ochrida dell’ex Jugoslavia.
L’Epiro è l’area più montuosa della Grecia: le zone pianeggianti rappresentano appena il 10% della superficie. La sua massa montuosa fa parte della catena del Pindo, dalla quale sorgono importanti fiumi della Grecia (Aoos, Arachthos, Kalamas, Peneo, Haliacmon, Acheloos). I fiumi che percorrono l’Epiro formano pianure a terrazzi lungo le zone costiere. Nell’antichità questi fiumi erano navigabili nel basso corso e favorivano i contatti dal mare verso l’entroterra. Il clima è mediterraneo lungo le coste e continentale nell’entroterra, con alto indice di precipitazioni. Le diverse condizioni climatiche vigenti anche nell’antichità fra gli altipiani del Pindo nell’interno e la zona bassa delle coste avevano come conseguenza la spartizione ineguale della ricchezza naturale e di conseguenza lo spostamento stagionale dei cacciatori-raccoglitori durante il Paleolitico e, durante la fase produttiva-agricola, l’avvio di un sistema di allevamento nomade per il migliore sfruttamento di quelle condizioni. Come nell’antichità, così anche oggi, l’elemento basilare dell’economia è costituito dal settore primario, in particolar modo dall’allevamento e in secondo luogo dall’agricoltura e dalla pesca.
Dal punto di vista etimologico il termine Epiro significa “ciò che non ha fine”; esso allude al continente in contrasto con il mare. Nell’epos omerico il termine viene usato per l’area geografica più vasta della Grecia occidentale, a nord del Golfo di Patrasso; dalla fine del VI sec. a.C. acquista un significato più prettamente geografico ed etnologico e dalla fine del V sec. a.C. anche un significato politico. Dal punto di vista etnologico i limiti settentrionali dell’antico Epiro coincidono con quelli naturali-geografici, mentre quelli orientali si estendono oltre il Pindo, la Tessaglia occidentale e la Macedonia. A partire dal IV sec. a.C. con l’avanzata degli Illiri verso sud, i limiti settentrionali dell’Epiro erano delimitati nell’area delle foci dell’Aoos. Fino alla fine dell’antica età del Bronzo in Epiro abitavano delle stirpi pre-elleniche, simili a quelle presenti nella Grecia centrale, come si deduce da elementi comuni della toponimia. Con questi è connesso il culto della dea Terra a Dodona.
All’inizio della media età del Bronzo si insediarono in Epiro i primi Greci, i Tesproti, stirpi indoeuropee portatrici del culto di Zeus, con centro cultuale Dodona. Nella tarda età del Bronzo (XII sec. a.C.) giunsero nell’area nuove stirpi greche; tra queste i Molossi, provenienti dalla Macedonia occidentale e dall’Epiro settentrionale; questi si insediarono nell’area centrale e in particolare nel bacino di Ioannina. Da allora non mancarono le pressioni dal Nord e le infiltrazioni di stirpi alle quali è dovuto il bilinguismo nell’area tra Ghenussos (Skumbin) e basso Aoos (Strab., VII, 7, 8), dove si parlava la lingua greca e quella illirica. Secondo lo storiografo del IV sec. a.C. Teopompo, nell’antico Epiro abitavano 14 stirpi diverse, delle quali Strabone (VIII, 326) ne tramanda 11: Chaones, Thesprotoi, Kassopaioi, Amfilochioi, Molossoi, Athamanes, Aithikes, Tymphaioi, Orestai, Parauaioi, Atintanes. A queste ne vanno aggiunte, secondo varie fonti, anche altre, alcune delle quali costituiscono rami di stirpi maggiori: Amantes, Amymnoi, Argyrinoi, Arktanes, Bylliones, Ghenoaioi, Ellopes, Ethnestai, Thessaloi, Kelaithoi, Kestrinoi (Omfales), Onopernoi, Peiales, Talares, Tripolitai, Triphylai.
Già dall’inizio della tarda età del Bronzo (XVI sec. a.C.) lungo le coste dell’Epiro arrivano commercianti micenei, i quali scambiano prodotti agricoli e prodotti di artigianato con il legname e i beni derivati dall’allevamento dei nomadi che vi passavano l’inverno. Dal XIV sec. a.C. coloni micenei provenienti dal Peloponneso si insediano lungo le coste della Tesprozia e fondano le colonie di Ephyra, alla foce dell’Acheronte, e più a nord Toryne. Nell’VIII sec. a.C. coloni Elei dal Peloponneso fondano nella Cassopaia quattro colonie in punti strategici: Bouchetion sul fiume Luro, Pandosia, Elatreia e Batiai. Nel 625 a.C. coloni corinzi fondano Ambracia alle foci del fiume Arachthos, istituita fin dall’inizio con un progetto urbanistico lineare e geometrico, che si evolverà in un grande centro culturale e artistico. Più a nord dell’antico Epiro erano anche altre colonie: Torone, base navale dei Corciresi in Tesprozia prima del 427 a.C.; Bouthroton in Chaonia, ancora peraia corcirese dal VII-VI sec. a.C.; Oricon, probabilmente colonia corcirese nell’area di Amantia, e Apollonia, fondata nella terra dei Bylliones dai Corinzi nel 588 a.C. Bouthroton e Apollonia avevano grande influsso nell’Epiro settentrionale e in Illiria.
Come documentano recenti rinvenimenti, l’Epiro era abitato almeno dalla fine del Paleolitico inferiore (200.000-100.000 a.C.). L’abbondanza di rinvenimenti di superficie indica un concentramento di siti diverso per il Paleolitico medio e quello superiore; si tratta di siti in gran parte stagionali, mentre nello stesso tempo esistevano anche insediamenti stabili. Per la ricostruzione del paleoambiente e per lo sviluppo della litotecnica e della tecnologia in Epiro importanti elementi sono offerti dagli scavi sistematici nelle grotte di Asprochaliko, Kastritsa e Klidi e nella località Kokkinopilo, dove recentemente è stata rinvenuta un’ascia acheuleana di pietra. Anche se non abbiamo per il momento rinvenimenti del Mesolitico, la vita continuò ininterrottamente nei secoli che seguirono. Il Neolitico è rappresentato da pochi rinvenimenti, in special modo ceramica, provenienti dall’area dell’altopiano di Ioannina (Asfaka, Kastritsa, Kria), da Dodona (Melinghi), da Lakka Suli e dal distretto della Tesprozia (Aetos Filiaton). La datazione al radiocarbonio dei rinvenimenti da Asfaka è di 7380±240 anni fa, il che può essere considerato come l’avvio cronologico della civiltà neolitica in Epiro.
Durante l’età del Bronzo l’Epiro era densamente abitato. Uno sviluppo abitativo altrettanto significativo si ebbe anche durante l’età del Ferro. Fino alla fine del V sec. a.C. gli Epiroti abitavano in villaggi ed erano dediti all’agricoltura e in special modo all’allevamento. Molti di essi vivevano una vita nomade ed esercitavano la rivendita nei centri delle aree pianeggianti, costituiti dalle città dei coloni e da insediamenti agricoli stabili. Nello stesso tempo, in montagna esistevano anche abitati semisedentari di allevatori. I defunti venivano seppelliti in tombe coperte da tumuli, individuali o di gruppo, molti dei quali sono stati scavati negli ultimi anni in tutto l’Epiro, concentrati per lo più nella parte settentrionale. I corredi più frequenti nelle tombe dell’età del Bronzo erano costituiti dalla ceramica locale d’impasto, ceramica con decorazione plastica e ceramica color cenere-nero, collegata con le stirpi epirote più antiche, vasi micenei d’importazione e imitazioni locali, prodotti di artigianato greco (armi, ornamenti) e alcuni di tipo nordico. Nelle tombe dell’età del Ferro domina la ceramica dipinta matt-painted (di colore nero opaco), importatori della quale si considerano i Molossi. Nello stesso periodo, tra i prodotti di artigianato si trovano anche vasi geometrici d’importazione dalla Grecia occidentale, vasi corinzi e pochi vasi attici. Fra i pochi villaggi delle stirpi epirotiche scavati finora, i migliori esempi sono offerti dagli abitati agricoli a Tren e Maliq dell’Epiro settentrionale e dall’abitato di pastori seminomadi di Vitsa Zagoriu, dove gli Epiroti vivevano di regola in abitazioni con una camera costruite in pietra.
Fino alla fine del V sec. a.C., gli Epiroti sono alleati dei Corinzi e conservano rapporti amichevoli con i coloni. Il loro atteggiamento cambia con la salita al trono della Molossia del filoateniese Tharypas (423/2-390-385 a.C.), il quale si allea con gli Ateniesi e segue una politica anticoloniale. Nell’ambito di questa politica si crea la prima coalizione delle stirpi epirotiche, il koinòn dei Molossi, e vengono coniate le prime monete epirotiche (inizio IV sec. a.C.). I Molossi, con capitale Passaron, si estendono gradualmente a svantaggio delle stirpi epirotiche. Costringono i Tesproti ad allontanarsi da Dodona e acquisiscono l’accesso al Mar Ionio e al Golfo di Ambracia. Durante il regno di Tharypas e del successore Alketàs (385 a.C.) si segnalano cambiamenti radicali in Epiro: i villaggi passano al sinecismo, divengono cioè nell’insieme città cinte da mura, i vecchi centri si circondano analogamente di mura (Passaron, Tekmon, Phoinike, Amantia), nuove città sorgono col sistema ippodameo (Orraon, Kassope, Elea, Titane), si modernizza l’amministrazione con l’istituzione della boulè e di arconti annuali e viene introdotto l’alfabeto attico.
I rinvenimenti degli scavi, in particolare la ceramica, testimoniano la preponderanza del commercio ateniese durante il V e il IV sec. a.C. e le influenze italiote (magno-greche). Per l’urbanistica del periodo un esempio caratteristico è rappresentato dalla capitale dei Kassopaioi, Kassope, ottimamente organizzata dal punto di vista architettonico in quartieri, con forti mura, abitazioni a due piani, agorà con edifici pubblici monumentali. Una formazione politica più estesa costituita dalle stirpi epirotiche, l’Alleanza degli Epiroti (343/2-234-232 a.C.) fu introdotta quando Filippo II di Macedonia invase l’Epiro nel 343/2 a.C. e restaurò al trono il successore legittimo Alessandro I il Molosso (343/2-332 a.C.), fratello di sua moglie Olimpias. Contemporaneamente occupò le colonie degli Elei, che consegnò agli Epiroti, mentre nel 338 a.C. pose sotto il suo controllo anche Ambracia.
La sottomissione di coloni a Filippo fu un fatto decisivo per l’ulteriore sviluppo economico, sociale e politico dell’Epiro. Il cambiamento maggiore fu lo spostamento di popolazioni montanare verso le pianure e le coste, fino ad allora controllate dai coloni, e lo sviluppo di una forte classe dominante di artigiani e commercianti. Questi importanti cambiamenti interni testimoniano l’abbandono di villaggi pastorali (Vitsa), l’evoluzione delle città epirotiche e delle colonie già munite di mura in grandi centri urbanistici (Bouchetion, Pandosia, Bouthroton, Passaron, Kassope, Phoinike), lo sviluppo parallelo degli abitati costieri (Torone, Elina) e l’aumento significativo del numero delle città epirotiche con la fondazione di nuove (Byllis). Inoltre, la familiarità col mare e con la navigazione portò gli Epiroti a condurre due audaci operazioni in Italia contro i Romani, durante il regno di Alessandro I e quello di Pirro.
Negli anni del regno di Pirro (297-272 a.C.), l’Epiro si modernizzò culturalmente e acquistò splendore panellenico. Pirro estese il suo stato a una parte della Tessaglia, della Macedonia e dell’Illiria, a Corcira e a Leucade. Organizzò la difesa del paese con fortezze e abitati circondati da mura, fondò nuove città in località strategiche (Antigoneia) e creò basi navali per la spedizione in Magna Grecia (Kassiope Corcirese). Nello stesso tempo trasferì la capitale dello Stato da Passaron ad Ambracia e provvide al rinnovo radicale del Santuario di Dodona; introdusse nuovi culti nel Pantheon epirotico, secondo l’esempio di Alessandro Magno.
Con lo scioglimento del regno e la proclamazione della Repubblica si fonda il koinòn degli Epiroti (234/3-168 a.C.), al quale aderiscono tutte le stirpi dell’Epiro, mentre nel suo ambito funzionano anche vari koinà locali. I loro rappresentanti, si riuniscono a Dodona, sede ufficiale del koinòn e nello stesso tempo centro culturale e religioso per eccellenza degli Epiroti. Nel periodo del koinòn degli Epiroti l’Epiro raggiunge l’apice della sua fioritura e si ritiene che la popolazione arrivasse a circa 700.000 abitanti. Sufficiente protezione veniva offerta dalle mura di difesa e dalle acropoli, ultimo rifugio dei cittadini e dei contadini. Durante quel periodo le monete epirotiche superano i confini dell’Epiro; così anche la produzione locale di generi agricoli e di allevamento, la ceramica e l’artigianato. Come si deduce dalle iscrizioni, il koinòn degli Epiroti ha la partecipazione più grande durante le guerre illiro-epirotiche (dal 230 a.C. in poi), quando il pericolo comune rendeva obbligatoria la più stretta collaborazione delle stirpi epirotiche, in particolare di quelle settentrionali come i Bylliones. Durante l’ultima fase della terza guerra macedone il koinòn degli Epiroti si spacca (170-168 a.C.). Le stirpi meridionali, con a capo i Molossi, si alleano con i macedoni, mentre quelle settentrionali si schierano con i Romani. Nel 168 a.C., dopo la sconfitta di Perseo a Pidna, l’Epiro si sottomette ai Romani. Nel 167 a.C., con decisione del Senato, i Romani distrussero 70 città epirotiche, per lo più molossiche, e vendettero come servi 150.000 giovani uomini e donne (Strab., VII, 7, 3).
Da allora l’Epiro entra in una fase di decadenza, a eccezione delle colonie e delle aree settentrionali schierate con i Romani al momento della spaccatura del koinòn degli Epiroti. Nel ventennio tra il 168 e il 148 a.C. in Epiro funzionano due federazioni controllate dai Romani: il koinòn degli Epiroti intorno a Phoinike, al quale partecipano le stirpi filo-romane dell’Epiro settentrionale, e il koinòn dei Pandosiei, al quale partecipano gli altri Epiroti sotto i coloni elei, ai quali i Romani avevano concesso privilegi. Nel 148 a.C. l’Epiro e l’Illiria si inseriscono nella provincia romana della Macedonia e si rifonda il koinòn degli Epiroti, in funzione e sotto il controllo dei Romani dal I sec. a.C., quando viene fondata la città romana di Nikopolis (31 a.C.). Per la fondazione di Nikopolis Augusto impose un sinecismo forzato non solo delle città vicine, ma anche di altri abitati dell’Epiro, dell’Etolia e dell’Acarnania; per questo motivo tali abitati furono abbandonati. Da allora Nikopolis costituisce il più importante centro urbanistico, politico ed economico dell’Epiro. Sotto Diocleziano (fine III sec. d.C.) Nikopolis viene nominata capitale del dema di Palaià Epeiros (Epirus Vetus), che comprende anche l’Acarnania, Corcira e Itaca, mentre sotto Costantino Magno diventa capitale anche della provincia di Acaia. La fine del IV sec. d.C. coincide con la fine del culto antico di Zeus a Dodona e con la prevalenza del cristianesimo in Epiro. Le frequenti incursioni barbariche del V e VI sec. d.C. portarono al declino graduale e alla devastazione del territorio epirotico. Durante il Medioevo, l’Epiro ebbe il suo maggiore sviluppo nel periodo del despotato (XIII-XV sec.), con capitale Arta. Inoltre, molto significativo fu il contributo dell’Epiro negli ultimi secoli della dominazione turca, come centro di illuminazione spirituale dell’Ellenismo in schiavitù.
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di Amalia Vlachopoulou-Oikonomou
Il più antico oracolo greco (gr. Δωδώ, Δωδώνη; lat. Dodona) situato, secondo Erodoto (II, 52), alle pendici del Monte Tomaros in Epiro, 22 km a sud di Ioannina.
La sua posizione è stata identificata alla fine del XIX secolo da C. Carapanos e, a partire dal 1929, il sito è stato scavato in modo sistematico prima da D. Evangelidis e poi da S. Dakaris. I più antichi ritrovamenti risalgono alla prima (2600-1900 a.C. ca.) o alla media (1900-1600 a.C. ca.) età del Bronzo. Le testimonianze letterarie e i dati archeologici e linguistici indicano l’esistenza di due diversi culti: il più antico è il culto ctonio connesso alla Grande Dea, la cui venerazione era diffusa nel mediterraneo orientale; il successivo è quello di Zeus, originario della Grecia del Nord, e legato all’arrivo dei primi Greci, i Tesproti, in Epiro (1900-1600 a.C.).
Zeus divenne allora un abitante di D. con l’epiteto Naios e la Dea pre-ellenica prese il nome di Dione. La coppia divina aveva la propria dimora nella quercia sacra (Hes., 134) e dal fruscio delle foglie (Hom., Od., XIV, 327-330; Od., XIX, 296-299) o dal volo delle colombe (Peleiadi) (Hdt., II, 52 ss.), che facevano il nido nei suoi rami, gli indovini di Zeus, i profeti (Selli) interpretavano la volontà del dio per i mortali. I profeti, secondo Omero (Il., XVI, 233-235), non si lavavano i piedi (ανιπτοποδες) e dormivano in terra (χαμαιευναι), così da essere in contatto con essa e da essa derivare i poteri oracolari. Secondo un’altra tradizione scritta (Serv., Aen., II, 466, St. Byz., s.v. Dodona), confermata dalle testimonianze archeologiche, i profeti interpretavano la volontà del dio dal rumore prodotto dal δωδοναιον χαλκειον, un recinto di tripodi bronzei con calderoni che circondava la quercia oracolare. Le prime costruzioni nell’area dell’oracolo, risalenti alla fine del V e all’inizio del IV sec. a.C. sono legate alla riforma culturale dell’Epiro, dovuta al comando dei Molossi, la tribù più importante. Vennero costruiti un tempio di piccole dimensioni vicino alla quercia e un edificio rettangolare, probabilmente utilizzato come abitazione per i sacerdoti. Nella seconda metà del IV sec. a.C. il recinto con i tripodi venne sostituito da un muro rettangolare in pietra, che circondava il piccolo tempio e la quercia. I suoni profetici emessi dai calderoni dei tripodi vennero allora sostituiti da un complesso bronzeo, un’offerta votiva dei Corciresi (Strab., VII, 3). Il periodo successivo, dalla fine del IV all’inizio del III sec. a.C., segna lo sviluppo edilizio di D., che venne arricchita con costruzioni monumentali, come il bouleuterion, il pritaneo, l’acropoli sulla cima della collina, un recinto isodomo esterno e i templi di Afrodite, Temi e Dione. Durante il regno di Pirro (297-272 a.C.) l’oracolo venne completamente rinnovato. Il centro del culto di Zeus e Dione, la Hierà Oikia riportata da Polibio (IV, 67, 3), fu modificato e arricchito con colonnati ionici. Vennero inoltre costruiti un teatro (uno dei più grandi teatri di pietra dell’antica Grecia) e un tempio di Eracle.
Alla fine del III sec. a.C., dopo il disastro etolio del 219 (Pol., IV, 67), D. venne restaurata e modificata. La Hierà Oikia fu rinnovata su scala più monumentale. I templi e le costruzioni pubbliche furono ricostruite, il teatro riparato e ampliato con l’aggiunta di un proscenio in pietra, di propilei ionici e di due piccoli parasceni, e venne edificato un grande stadio in pietra. Dopo la distruzione da parte di Roma nel 167 a.C. (Pol., XXX, 15, 5; Strab., VII, 7, 3, C 322), l’oracolo fu restaurato e il teatro trasformato in un’arena, probabilmente al tempo di Augusto. D. cessò di vivere alla fine del IV sec. d.C. quando la quercia sacra venne tagliata e il culto di Zeus sostituito dal cristianesimo: allora fu costruita una basilica cristiana.
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