La genesi e lo sviluppo della civilta greca. Macedonia
di Luigi Caliò
La Macedonia antica (gr. Μακεδόνια; lat. Macedonia) è ora divisa tra la Grecia, la Bulgaria e l’odierna Macedonia. La regione comprende a nord il bacino del Vadar, confina a ovest con l’Albania, a sud si estende fino al Monte Olimpo e confina con la Tessaglia, mentre a est è limitata dalla Tracia. La regione è divisa in due aree separate: la bassa Macedonia, immediatamente a nord dell’Olimpo, con territori collinari e pianeggianti che comprende la Pieria e l’Emazia e l’alta Macedonia, montagnosa con vasti altipiani di difficile accesso, situazione questa che ha favorito il formarsi di una società aristocratica e tribale fortemente parcellizzata.
Scarse sono le fonti scritte sulle fasi più antiche della storia Macedone; la ricerca archeologica è l’unica documentazione che si ha per la preistoria e la protostoria della regione. Il quadro che emerge è quello di una fitta rete di relazioni tra la regione e la Grecia meridionale durante il periodo preistorico e protostorico fino alla prima età del Ferro. Pochi documenti illustrano il Bronzo Antico, anche se i ritrovamenti testimoniano i contatti della Macedonia con il Ponto Eusino e la Grecia meridionale; nel Bronzo Medio la presenza di ceramica minia grigia lavorata al tornio testimonia rapporti con la Calcidica (Molivopyrgos). Durante il Bronzo Tardo, più ampiamente testimoniato, si nota un incremento degli abitati che sembra coincidere con una crescita della popolazione e con una diversificazione delle attività produttive, come la coltivazione del miglio, la viticoltura, la produzione di olive. Nel XIV sec. a.C. si diffonde in tutta la regione una ceramica di importazione micenea, che viene presto imitata localmente con una produzione che arriva fino alla prima età del Ferro. Questo periodo non sembra avere soluzione di continuità con l’età precedente, ma comunque è presente una serie di innovazioni come l’utilizzo del ferro o di ceramiche particolari come la cosiddetta Matt-Painted, una ceramica dipinta opaca, che presenta analogie con una produzione mesoelladica conosciuta in Argolide e in Grecia centrale, e che in Macedonia fiorisce soprattutto nel XIII e nel XII sec. a.C. e perdura fino all’XI sec. a.C., quando viene parzialmente sostituita nella Macedonia sud-orientale, che coltiva rapporti con i Greci del bacino dell’Egeo, da una produzione di ceramiche protogeometriche. Nella regione l’età del Ferro è caratterizzata dalle numerose necropoli, che presentano tombe con corredo con ceramica di tradizione locale o di stile protogeometrico, accanto a bronzi di tipo danubiano e armi di bronzo o ferro di origine centroeuropea. Nella grande necropoli funeraria di Verghina i tumuli più antichi risalgono al 900 a.C.
In periodo storico la Macedonia orientale probabilmente era abitata da stirpi greche che la tradizione vuole capeggiate dai tre figli dell’Eraclide Temenos, la cui famiglia aveva governato su Argo e che avevano conquistato dopo il 730 a.C. la Pieria (Thuc., II, 99). Probabilmente intorno al VII secolo si pone la fondazione di un regno in questa zona con capitale Aigai, identificata con il moderno sito di Verghina, nel Nord della Pieria. Secondo la tradizione la nascita di Aigai si deve a Perdicca I che la costruì a seguito di un oracolo dell’Apollo di Delfi. Di fatto però la Macedonia è priva di insediamenti significativi fino al VI sec. a.C. e non partecipa allo sviluppo che in Grecia segna la nascita delle poleis arcaiche, anche se i primi contatti con i Greci avvenivano già durante il VII secolo nella colonia euboica di Mothone, fondata alla foce del fiume Haliacmon, attraverso la quale si commerciava il legno macedone. Forse sempre al legno e al metallo delle miniere della regione si deve la scelta di Rhekalos presso Anthemonte da parte di Pisistrato per il suo esilio (556- 546 a.C.); infatti proprio durante il VI sec. a.C. furono aperte le prime miniere d’argento e iniziò una prima monetazione macedone, segno per la regione di una vera e propria crescita economica che ha lasciato tracce in modo particolare nell’architettura funeraria. È soprattutto il sito di Aianè che mostra un importante sviluppo tra la fine del VI sec. a.C. e quello successivo; gli edifici, che dovevano essere disposti su una serie di terrazze, sono fortemente frammentari, tuttavia si possono notare i resti di una stoà a L che doveva bordare l’agorà, già sviluppata in quest’epoca, mentre frammenti architettonici e capitelli dorici e ionici rimangono a testimonianza di un’architettura raffinata. Nella parte bassa la necropoli presenta tombe in alcuni casi monumentali; tra le offerte sono state rinvenute statue e ceramica greca a figure nere e rosse e, soprattutto per le tombe femminili, una grande quantità di gioielli.
Particolarmente ricca è la necropoli di Sindos, rinvenuta a 20 km a ovest di Tessalonica (Salonicco), le cui tombe hanno restituito ceramica, armi, miniature di strumenti agricoli, ma soprattutto una grande quantità di oggetti d’oro, come le maschere funebri o le placche destinate a coprire la bocca dei defunti; gli uomini sono sepolti insieme alle loro armi, come si conviene a una aristocrazia guerriera. Altrettanto ricca è la fase arcaica e classica della necropoli di Aigai (Verghina), che accoglieva tradizionalmente le tombe dei re macedoni, ma che conserva anche le sepolture dei grandi dignitari e dell’aristocrazia vicina al re. Tra le offerte spiccano soprattutto i gioielli d’oro, tra cui orecchini, collane, spilloni per i capelli, ma anche fibule o sandali di argento dorato. Particolarmente interessante il rinvenimento in una delle tombe di un gruppo di 25 teste a grandezza naturale in terracotta.
Non molto sappiamo dalle fonti scritte fino al regno di Aminta I, sotto il quale il regno di Macedonia fu formalmente una satrapia persiana. Suo figlio Alessandro I partecipò ai giochi olimpici e attuò una politica filoellenica, anche se in occasione della prima guerra persiana si schierò dalla parte di Dario e proprio la sua accondiscendenza al Gran Re gli permise l’espansione del suo regno fino all’Axios. Tuttavia, durante la seconda guerra persiana il regno per la costruzione della flotta ateniese fu procurato proprio da Alessandro, episodio che si pone all’inizio delle relazioni amichevoli tra Atene e la Macedonia. Dopo la vittoria di Platea Alessandro passò decisamente dalla parte dei Greci e con i bottini delle vittorie contro i Persiani dedicò statue d’oro a Olimpia e a Delfi. La ricchezza del periodo di Alessandro è testimoniata dall’abbondanza di emissioni monetarie e soprattutto dal conio della prima “serie reale”.
Nella seconda metà del V sec. a.C. l’espansione dei possedimenti ateniesi in Tracia e nella Calcidica crea degli attriti tra Atene e Perdicca II che assume il comando lasciato vacante da Alessandro II nel 435 a.C. Lo strappo tra i due stati sarà poi ricucito da Archelao che succede al padre nel 413, anno della disfatta ateniese in Sicilia: il re macedone dona ad Atene il legno per la ricostruzione della flotta; in politica interna rafforza il potere della monarchia producendo un’abbondante monetazione, costruendo una serie di vie militari e di fortezze, riformando l’esercito e la cavalleria (Thuc., II, 100, 1-2). Con Perdicca e con Archelao la Macedonia si avvia inoltre a diventare un importante centro culturale; già il primo aveva ospitato il poeta Melanippo e Ippocrate di Coo, mentre il secondo ha alla sua corte il pittore Zeuxis che decora il palazzo di Aigai, dà vita a feste panelleniche sul modello olimpico a Dion, dedicate a Zeus e alle Muse, nelle quali sono organizzate anche gare tragiche in cui vengono rappresentate tragedie come Le Baccanti, di Euripide. Tra gli altri godettero dell’ospitalità reale anche il tragico Agtone, il poeta Choirilos, il musicista Timoteo di Mileto e forse anche lo stesso Tucidide.
Nel IV sec. a.C. la Macedonia si propone come potenza militare già sotto il regno di Aminta III (394-370 a.C.) ed è impegnata nella guerra contro gli Illiri a occidente e nello stesso tempo a consolidare i suoi confini orientali e meridionali, ambizioni che tuttavia sembrano crollare di fronte alla sconfitta di Perdicca III contro gli stessi Illiri nel 360 a.C. All’inizio del IV sec. a.C., forse proprio sotto il regno di Aminta III, la capitale macedone fu spostata da Aigai a Pella, di cui conosciamo tuttavia solo la fase ellenistica, ma il cui impianto originario era forse analogo a quello di Olinto, fondata nel 432 a.C. nella vicina Calcidica proprio per l’interessamento di Perdicca II. Nello stesso periodo anche altre città importanti come Dion e Amphipolis sono interessate dallo sviluppo urbanistico.
Questa tendenza all’urbanizzazione della regione continua durante il regno di Filippo II che spinge perché i Macedoni scendano dalle montagne per abitare nelle poleis (Arr., VII, 9, 2). Il regno di Filippo II segna l’ascesa definitiva della Macedonia e, dopo Cheronea, il controllo definitivo della Grecia attraverso la creazione di una confederazione ellenica. Questo nuovo ruolo del re macedone è sottolineato da una serie di costruzioni di propaganda nei grandi santuari greci, come il Temenos a Samotracia che ospitava la statua di Afrodite e il Pothos di Scopa o il Philippeion di Olimpia, che ospitava cinque statue crisoelefantine che rappresentavano Filippo e la famiglia reale, opera di Leochares, e all’interno delle città, come il portico di Filippo a Megalopoli. In Macedonia, sempre a Filippo II forse si deve la costruzione delle prime strutture palatine a Pella, che testimoniano la volontà di imporre una forte impronta dinastica alla città, nella quale il palazzo, costruito in un luogo elevato, si sostituisce visivamente all’acropoli. La nascita durante il IV sec. a.C. di un nuovo tipo di edificio funebre altamente rappresentativo soddisfa analoghe esigenze; si tratta di tombe ipogeiche a camera voltata, con facciata monumentale altamente decorativa, coperte da un tumulo. Le tombe più grandi presentano un vestibolo e una camera funeraria che comunicano tramite una porta a battenti. La facciata è spesso riccamente decorata con semicolonne e fregi e termina spesso con un frontone e a volte poteva avere una decorazione dipinta, più frequente all’interno. Sono state scoperte 70 tombe macedoni, tutte nei confini della Macedonia, tranne 6 in Grecia meridionale e 2 in Asia Minore. Tuttavia le tombe macedoni più importanti per grandezza e per decorazione sono state trovate all’interno dei confini della bassa Macedonia, soprattutto ad Aigai e a Leucadia.
Il grande sviluppo di queste strutture, che forse inizia con il regno di Aminta III, come testimonia una sua moneta trovata in una tomba a Katerini, occupa il periodo che va dal regno di Filippo II alla metà del III sec. a.C. fino agli ultimi esemplari che si datano durante il II sec. a.C. L’esempio più monumentale di queste architetture funerarie è sicuramente la Grande Tomba di Leucadia che presenta un prospetto organizzato su due piani, inferiore con colonnato dorico e superiore ionico, coronato da un frontone. La ricca decorazione è composta da una Centauromachia nelle metope e una complessa caccia reale al leone nel fregio che separa i due piani. Tra le colonne doriche sono affrescate le immagini del defunto, Hermes psicopompo e i giudici infernali Eaco e Rada-mante. Accanto a questa produzione sono state trovate altre tombe monumentali a camera, cui però manca la facciata e la volta a botte. Queste tombe a volte riccamente affrescate, come quella di Persefone ad Aigai, presentano anch’esse ricchi corredi, come la Tomba B di Derveni al cui interno è stato trovato vasellame di argento e un grande cratere di bronzo dorato con incrostazioni in argento che presenta la raffigurazione di una scena dionisiaca.
La spedizione di Alessandro contro la Persia di fatto allarga improvvisamente i confini del mondo greco e della Macedonia, che sono integrati in un sistema più vasto nel quale perdono la loro centralità. Alessandro stesso si propone come un sovrano orientale e il matrimonio collettivo celebrato a Babilonia tra i soldati macedoni e le donne persiane di fatto avalla questo nuovo stato di cose. Nel contempo tuttavia Alessandro continua la politica di propaganda del padre nei grandi santuari greci, con una serie di dediche a Delo, la costruzione del monumento di Cratero a Delfi, la costruzione di edifici a Samotracia. Probabilmente alla fine del IV sec. a.C. si datano il palazzo Aigai e il complesso di mosaici in ciottoli rinvenuto nelle ricche abitazioni di Pella, mentre nell’intera Macedonia il processo di urbanizzazione giunge al suo apice; le città diventano comunità più o meno autonome dal punto di vista amministrativo, ma politicamente soggette al re.
Dopo la morte di Alessandro la Macedonia perviene nelle mani di Antipatro e poi di Cassandro e successivamente nel 294 a.C. diventa re di Macedonia Demetrio, figlio di Antigono Monoftalmo; la regione passa sotto la dinastia degli Antigonidi fino alla sconfitta di Perseo a Pidna nel 168 a.C. La politica di propaganda reale si diffonde attraverso la fondazione di città che portano i nomi della dinastia reale, soprattutto le due grandi città marittime di Tessalonica e Cassandrea, e attraverso le dediche nei grandi santuari greci che continuano per tutta l’esistenza del regno macedone, con maggiore frequenza a Delo e a Samotracia.
Dopo la vittoria da parte di Emilio Paolo su Perseo, la Macedonia fu divisa in quattro merides (distretti), le cui capitali erano Tessalonica, Pella, Pelagonia (Herakleia Lynkestis) e Amphipolis; dopo il 148 essa divenne provincia romana e nel 27 a.C. provincia senatoria. Sotto Costantino fu organizzata in una diocesi. In periodo romano la Macedonia era una provincia modesta, tuttavia attraversata da una importante arteria di comunicazione terrestre, la via Egnatia.
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di Laura Buccino
Città macedone ai piedi del Monte Olimpo, nella piana della Pieria, vicino al fiume Helopotamos e al Mar Egeo. Fu centro strategico, citato per la prima volta per la marcia di Brasida verso la Calcidica nel 424 a.C. (Thuc., IV, 78, 6), e capitale sacra in cui i Macedoni si radunavano per le loro feste religiose. Alessandro Magno vi sacrificò prima di partire per l’Oriente. Nel 168 a.C. fu presa e messa a sacco da Emilio Paolo; nel 146 a.C. Cecilio Metello trasportò a Roma il celebre gruppo di Lisippo per i cavalieri caduti al Granico. In età augustea ricevette il titolo di Colonia Iulia Diensis. Il sito, ricco di sorgenti e corsi d’acqua, fu abitato dalla prima età del Ferro (X-VIII sec. a.C.), cui risale l’estesa necropoli di tumuli, comprendenti più tombe a cassa o a fossa, che venne scoperta sulle pendici del Monte Olimpo.
La città macedone, sorta a controllo dei passi montani per la Tessaglia e della strada per Pella, fu potentemente fortificata alla fine del IV sec. a.C. da Cassandro. Il perimetro rettangolare delle mura (2625 m), in conglomerato e mattoni crudi, era rinforzato da torri quadrate a più piani, poste a brevi intervalli regolari e sporgenti verso l’interno. La cinta fu ricostruita dopo l’attacco degli Etoli del 219 a.C., verso la metà del III sec. d.C. e nel tardo IV secolo. L’ultima cinta, ristretta fino a comprendere solo 16 dei 43 ha originari, dopo un terremoto nel V secolo non fu mai più riparata. Del reticolo urbano originario, strettamente connesso al perimetro murario, rimangono 14 strade ortogonali lastricate in età imperiale. Sotto la serie di botteghe, officine e domus romane disposte lungo l’arteria principale nord-sud sono emersi muri di edifici più antichi pertinenti all’agorà ellenistica. Dalle grandiose terme pubbliche, con piccolo odeion connesso, costruite in età severiana al margine meridionale della città, proviene il ciclo statuario marmoreo di Asclepio con i figli. Dello stesso periodo (200 d.C. ca.) è la cosiddetta Villa di Dioniso dal tema di uno dei mosaici, lussuosa residenza presso il lato est delle mura, con impianto termale e ricco arredo scultoreo. Un acquedotto e una cisterna (II sec. d.C.) garantivano la necessità idrica di D., con canali differenziati per alimentare case, terme e fonti.
I numerosi santuari, come lo stadio e i teatri, erano distribuiti su una vasta area fuori le mura. Dal temenos di Zeus Olimpio provengono epigrafi pubbliche e le basi iscritte delle statue di Cassandro e Perseo. A sud-est delle mura, nel santuario di Demetra, sono stati individuati i più antichi documenti del centro macedone: due piccoli templi a megaron della fine del VI sec. a.C., con successivi rifacimenti. Ancora più a est, si trova il santuario di Iside, il cui culto sostituì in età ellenistica quello di Artemide Ilizia, con vari edifici sacri conservati essenzialmente nell’impianto severiano, tra cui i tempietti dedicati ad Afrodite Hypolympidia e a Iside-Tyche. A sud delle mura sorsero l’Asklepieion, nel IV a.C., e il grande teatro ellenistico, costruito su un terrapieno artificiale intorno al 200 a.C., con vari apprestamenti scenici. Ancora più oltre, a sud-est, fu edificato un teatro più piccolo nel corso del II sec. d.C. Sono state rinvenute, inoltre, cinque tombe di tipo macedone, con fronte monumentale e camera sotterranea voltata (fine IV - inizi II sec. a.C.).
Alla fine del IV sec. d.C. una basilica paleocristiana fu costruita lungo la strada perpendicolare al decumano massimo. Distrutta dallo stesso terremoto che fece crollare le mura, fu ricostruita e ampliata nel V secolo. Poco a sud delle mura un’altra basilica cimiteriale sorse su tombe precedenti intorno alla metà del V secolo, con pianta a tre navate, nartece, atrio e vari annessi. Restaurata dopo un terremoto della metà del VI secolo, rimase in uso ancora per qualche tempo, mentre la popolazione cominciava a rifugiarsi sulle pendici dell’Olimpo, più protette dalle invasioni di Unni e Goti.
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di Luigi Caliò
Le prime testimonianze della frequentazione del sito (gr. Πέλλα, Πέλλη, lat. Pella) si hanno a partire tra la fine del V e l’inizio del IV sec. a.C. e provengono da una necropoli a est dell’agorà, abbandonata quando la città si sviluppò in quella zona alla metà del IV sec. a.C.
Citata da Erodoto (VII, 123) e da Tucidide (II, 99, 4; 100, 4), la città divenne capitale della Macedonia probabilmente sotto Archelao. All’inizio del IV secolo la città è menzionata da Senofonte (HG, V, 2, 13) come la più grande tra quelle della Macedonia.
L’elemento architettonico più importante della città è il complesso palatino, che occupava la collina centrale tra le tre che sorgono a nord della villa e che si estendeva su una superficie considerevole (circa 60.000 m2). Il palazzo è all’interno delle fortificazioni cittadine e compreso nel piano geometrico della città. Nel suo insieme la struttura è il risultato della giustapposizione di più edifici costruiti in epoche diverse, con una corte centrale intorno alla quale si aprono portici che conducono a una serie di ambienti. Oltre alle stanze di rappresentanza erano presenti almeno due bagni, a volte particolarmente grandi come quelli trovati nell’Edificio V, caratterizzati da piscine. Di fronte agli edifici I e II è un grande portico, lungo oltre 153 m, che ne unificava i prospetti e che, montato su un basamento alto 2 m, dominava la città bassa. La costruzione degli edifici I e II e del grande portico è attribuita a Filippo II, mentre l’Edificio V si data al regno di Cassandro. Comunque la complessità e la vastità dell’impianto fanno pensare a un ruolo per l’intero complesso palatino non solo di rappresentanza, ma anche politico e amministrativo.
Proprio il periodo di Cassandro segna lo sviluppo urbano della città, con una riorganizzazione dell’intero assetto. Rimangono frammenti del muro di cinta in mattoni crudi e rinforzato da torri quadrate nel lato nord. L’impianto regolare del sistema viario divide lo spazio in isolati rettangolari. L’asse della struttura urbana è costituito da una via di singolare ampiezza (15 m ca.) che attraversa l’agorà da est a ovest. Ciascun lotto di isolato comprende due abitazioni, le più ricche delle quali sono a corte con peristilio interno. Di particolare importanza sono alcune abitazioni nei pressi dell’agorà che si datano al periodo immediatamente posteriore alla morte di Alessandro, come la Casa di Dioniso e quella del Rapimento di Elena, che presentano una ricca decorazione pavimentale realizzata con mosaici di ciottoli che formano un gruppo omogeneo e si datano tutti alla fine del IV sec. a.C. Nella Casa del Rapimento di Elena, oltre al grande mosaico che dà il nome all’abitazione, sono anche i mosaici della caccia al cervo e dell’Amazzonomachia; molto importante nella Casa di Dioniso, che prende il nome dalla rappresentazione musiva del dio su una pantera, il mosaico della caccia al leone, che forse riprende l’iconografia dell’ex voto di Cratero a Delfi.
L’agorà è particolarmente imponente e consiste in una serie di edifici che si dispongono attorno a una corte di 200 x 181 m. L’intero complesso occupa la lunghezza di cinque isolati. Nell’agorà sono testimoniate attività commerciali e artigianali, ma nel lato nord si trovano ambienti dedicati all’amministrazione della città e religiosi, come attesta la presenza di un santuario di Afrodite e Cibele.
La vita della città resiste alla conquista romana e nella riorganizzazione della Macedonia nel 167 a.C. diventa capitale del terzo distretto. Attraversata dalla via Egnatia, P. era facilmente raggiungibile e fu visitata da Cicerone. Forse già colonia romana durante la tarda repubblica, P. è chiamata col(onia) Iul(ia) Aug(usta) Pella sulle monete di periodo imperiale, tuttavia Dione Crisostomo (XXXIII, 402), che visita la città alla fine del I sec. d.C., e più tardi Luciano (Alex., 6) parlano di un borgo in decadenza. In epoca bizantina sarà sede di un abitato fortificato.
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di Luigi Caliò
La città (gr. Θεσσαλονίκη, Θετταλονίκη, lat. Tessalonica, Tessalonice), che divenne nell’ultimo periodo ellenistico la metropoli della Macedonia (Anth. Pal., IX, 428), fu fondata nel 316/5 a.C. da Cassandro in onore di sua moglie, figlia di Filippo II, che promosse il sinecismo di 26 comunità (Strab., VII, fr. 21; Dion. Hal., I, 49; Diod. Sic., 19, 52, 2) e giunse rapidamente a una grande prosperità grazie alla sua favorevole posizione geografica.
Difficile, dalla lettura delle fonti, è tuttavia capire se T. sia stata una nuova fondazione o una rifondazione di una città già esistente, come farebbe pensare un passo di Strabone (VII, fr. 24) che indicherebbe l’antico nome della città in Thermè. La città si affaccia sulla baia di Salonicco appoggiandosi alle pendici del Monte Khortiatis e presenta una pianta regolare intorno alle due arterie più importanti, Odos Egnatia e Odos Haghiou Dimitriou, che corrono parallele alla linea di costa, probabilmente da datarsi al periodo della fondazione.
Di questo periodo rimangono scarsi resti, tra cui alcuni frammenti di mura successivamente inglobati nella cinta più tarda e alcune tombe di periodo ellenistico rinvenute nelle necropoli intorno alla città antica, tra le quali sono state trovate anche otto tombe macedoni; l’agorà ellenistica è stata coperta da quella di periodo romano. Le fonti attestano la presenza nella città di un ginnasio, di uno stadio e di un Serapeum, purtroppo di difficile collocazione all’interno del tessuto urbano. Dalle fonti epigrafiche conosciamo l’esistenza di una boulè e di una ekklesia e di figure amministrative come tamiai e epistates, che farebbero pensare a un governo autonomo della città. La città assunse importanza strategica sotto Filippo V; dopo la sua sconfitta, nel 167 a.C., divenne capitale del secondo distretto della Macedonia e alla metà del secolo successivo fu la residenza del governatore romano; Cicerone, che vi soggiornò durante il suo esilio, vi menziona il questorium.
L’importanza della città è data dalla sua posizione geografica, che è posta all’altezza dello sbocco al mare della via Egnatia nel punto in cui questa si incontra con l’arteria che collegava il Danubio all’Egeo. Il I sec. a.C. vide la presenza nella città di numerosi negotiatores organizzati in un conventum civium Romanorum. Dopo la battaglia di Filippi, Marco Antonio e Ottaviano offrirono a T. lo statuto di civitas libera come compenso della sua fedeltà al loro partito durante la guerra civile; ciononostante la città rimase sede del governatore romano, ma non partecipò al koinòn macedonico. La città, visitata da s. Paolo nel 49-50 d.C. e nel 56 d.C., già alla metà del I sec. d.C. era sede di una comunità cristiana. Sotto il regno di Gordiano III (238-244) la polis ottenne l’onore della neocoria e sotto Decio (249-251) il titolo di metropolis e colonia, onorificenze che la T. ebbe probabilmente per il ruolo sostenuto durante le invasioni da parte dei Goti. Galerio la scelse come residenza imperiale e da questo momento T. si caratterizzò come un porto commerciale e un centro culturale tra i più importanti dell’impero.
I resti più cospicui di periodo romano sono quelli relativi al palazzo di Galerio, che occupava la parte centrale della città con un progetto complesso che oltre la struttura palatina vera e propria comprendeva un ippodromo e il mausoleo. Di questo imponente complesso rimangono parti dell’arco trionfale, eretto dall’imperatore per commemorare le sue vittorie contro i Persiani nel 298 d.C., la Rotonda, forse il mausoleo imperiale o un tempio; nell’odierna Platia Navarinou gli scavi hanno portato alla luce alcune strutture del palazzo imperiale, tra cui una costruzione ottagonale, probabilmente più tarda rispetto all’impianto originale. Riccamente decorata all’interno, non è certa la sua funzione: mausoleo, tempio, sala del trono.
Teodosio il Grande (379-395 d.C.) scelse T. come sede del prefetto dell’Illiricum. La città era anche sede del Metropolitano di Macedonia, che secondo le notitiae episcopatum aveva il quinto posto dopo quelli di Roma, Costantinopoli, Antiochia e Alessandria. Con Giustiniano T. divenne la seconda città dell’Impero. Il circuito attuale delle mura, lungo circa 8 km, fu realizzato da Teodosio e fortemente restaurato nella parte alta tra il XIV e il XV secolo. Le mura, in pietrame con file di mattoni, sono intervallate in modo irregolare da una serie di torri a pianta quadrata. Molto importanti anche gli edifici bizantini, come la Panaghia Akheiropoietos e Haghios Dimitrios, entrambi del V secolo, o Haghia Sophia, dell’inizio dell’VIII sec. d.C.
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di Luigi Caliò
La città (gr. A̓ιγαί; lat. Aegeae) è stata identificata per la prima volta da N. Hammond con l’antica Aigai, capitale della Macedonia, fondata da Perdicca I, ipotesi confermata più tardi dalle scoperte delle tombe reali.
La costruzione più importante del sito è il palazzo costruito in un luogo elevato che domina la piana dell’Haliacmon, su una imponente sostruzione che si snoda intorno a una corte centrale colonnata. L’entrata, sul lato est, è formata da tre vestiboli successivi. Il lato nord e quello est sono bordati da un portico dorico che forse sosteneva un colonnato ionico, secondo un sistema costruttivo conosciuto in periodo ellenistico, ma che qui trova un primo impiego. Un’installazione particolare è quella della sala rotonda immediatamente a sinistra rispetto all’entrata cui si accede dalla corte. La sua funzione, incerta tra santuario, sala del trono e sala da banchetto, è stata a lungo discussa, ma la probabile provenienza da questo ambiente di una dedica a Eracle Patroos, l’eroe ancestrale della casa reale, farebbe propendere per la prima ipotesi. Il palazzo è completato a ovest da un edificio minore, sempre a corte centrale con portici sui lati. Probabilmente si tratta di un più antico edificio palatino cui si è affiancato il palazzo protoellenistico. Fonti epigrafiche testimoniano che il palazzo di V. è stato utilizzato fino al regno di Perseo. La pavimentazione degli ambienti del palazzo era in opus segmentatum, ma gli ambienti centrali del lato sud, due sale da banchetto con vestibolo comune, avevano un pavimento di ciottoli molto ricco, forse contemporaneo a quelli di Pella, di cui si conserva quello della sala più a est, con una complessa decorazione vegetale.
Accanto al palazzo si trovava l’antico cimitero reale dove furono sepolti i re macedoni. Queste sono le tombe macedoni più importanti e numerose il cui carattere reale è sottolineato dalle offerte e dal mobilio. Tre tombe hanno un trono di marmo che non si trova altrove in Macedonia; ulteriore elemento di eccezionalità è che qui è ubicata l’unica tomba che presenta un colonnato libero al posto di semicolonne. Particolarmente interessante per l’architettura e il ricco corredo è la Tomba di Euridice, datata al 340 a.C. circa; scavata nel 1987, presenta in facciata una decorazione ionica con quattro semicolonne che incorniciano la porta e due finestre e una trabeazione. Di fronte alla facciata è stato rinvenuto un trono di marmo di grandi dimensioni finemente decorato il cui schienale è dipinto con la rappresentazione di Ade e Persefone.
Altre importanti testimonianze di affreschi provengono dalla Tomba del Principe, probabilmente di Alessandro IV, figlio di Alessandro Magno, ucciso da Cassandro nel 310 a.C., che nell’anticamera presenta un fregio sulle pareti con corse di carri, e soprattutto dalla tomba monumentale a cista “di Persefone”, che prende il nome dal grande affresco rinvenutovi con il ratto di Persefone. Notevole per la perfezione formale della decorazione architettonica è infine la Tomba Rhomaios, con facciata ionica finemente decorata.
La più importante delle tombe di V. è sicuramente quella detta “di Filippo II”. La facciata presenta una porta di marmo inquadrata da due semicolonne doriche e da due pilastri d’anta e in alto da un architrave e un fregio dorico. Nell’attico corre un fregio con una complessa rappresentazione di caccia; si tratta di una caccia reale, cui il re partecipa con i figli e la cui preda è un leone. L’interno della tomba aveva una camera funeraria e un vestibolo. Tra gli oggetti rinvenuti si segnalano le cassette funerarie d’oro; la prima è stata rinvenuta in un sarcofago di marmo nella camera principale e conteneva le ossa del morto avvolte in un tessuto di porpora e d’oro. Nella camera erano un letto di legno, sul quale erano deposte le armi del defunto mentre di fianco era la corazza di ferro e oro. Il resto del corredo era formato da vasellame per simposio d’argento, di bronzo e di terracotta. L’anticamera aveva una seconda sepoltura; sempre in un sarcofago di marmo era deposta una cassetta d’oro. Di fronte al sarcofago sono stati trovati elementi decorativi d’oro e avorio che appartenevano a un mobile di legno. Gli oggetti deposti comprendevano dischi d’oro con la stella macedone in rilievo, una corona d’oro, alcune armi tra cui due schinieri dorati. Questa seconda deposizione probabilmente è quella di una delle concubine del re.
Non si conosce molto su V. nel periodo romano; le testimonianze delle fonti su Aigai sono piuttosto modeste, ma la sua esistenza in periodo romano è confermata da un’epigrafe rinvenuta a Lefkopetra, datata nel 252 d.C., che attesta il nome di Aigai.
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