La giurisdizione sul danno da provvedimento favorevole
Nell’ultimo anno importanti decisioni hanno riguardato la giurisdizione in relazione al danno derivante dall’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole poi dimostratosi illegittimo. Tale problema ha riacutizzato la tensione fra le due giurisdizioni. Il campo di scontro ora riguarda l’interpretazione da fornire in relazione ai comportamenti frutto dell’esercizio mediato o immediato del potere amministrativo tra cui rientra anche la fattispecie del danno da provvedimento favorevole.
Con tre ordinanze «gemelle» (23.3.2011, nn. 6594, 6595 e 6596)le Sezioni Unite della Corte di cassazione si occupano del problema relativo al risarcimento del danno derivante dall’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole. Le Sezioni Unite, infatti, affermano che la domanda risarcitoria formulata dal soggetto destinatario del provvedimento favorevole e relativa al danno subito per l’affidamento in esso ingenerato dalla decisione amministrativa non sarebbe collegata all’esercizio, neppure mediato, del potere amministrativo per cui la giurisdizione spetterebbe al giudice ordinario. Con tali decisioni sembra riacutizzarsi lo scontro tra le giurisdizioni in relazione alla esatta individuazione dei confini tra l’attività della pubblica amministrazione posta in essere attraverso l’esercizio, anche mediato, del potere amministrativo e quella posta in essere in carenza di potere; e ciò dopo che il codice del processo amministrativo aveva individuato una soluzione equilibrata ai vari problemi relativi al rapporto tra azione di annullamento e azione risarcitoria che avevano impegnato in uno scontro piuttosto acceso la Corte di cassazione e il Consiglio di Stato1. Nell’ottica della semplificazione del rapporto fra le due giurisdizioni, l’art. 7 c.p.a. afferma con chiarezza che il principio di effettività si realizza attraverso la concentrazione in capo al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degli interessi legittimi e, nelle materie indicate dalla legge, dei diritti soggettivi (co. 7). Tale affermazione di principio sembra però essere messa in discussione dalla stessa norma allorché individua l’ambito della giurisdizione del giudice amministrativo. Infatti, il codice, nella norma sulla giurisdizione, riprende quanto affermato dalla Corte costituzionale nella sent. 6.7.2004, n. 204, decisione con la quale il giudice delle leggi sembrava aver ridimensionato notevolmente l’ambito della giurisdizione esclusiva, complicando il percorso avviato in precedenza verso la semplificazione del problema del riparto2. La giurisdizione amministrativa viene ancorata all’esercizio del potere amministrativo (provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di tale potere, posti in essere dalle pubbliche amministrazioni e dai soggetti equiparati ad essa). I comportamenti riguardano specificamente la giurisdizione esclusiva e si escludono dal novero della giurisdizione esclusiva quelli «in via di mero fatto» ossia quelli che non sono riconducibili neppure «mediatamente» all’esercizio di un potere; mentre i comportamenti «in carenza di potere» possono rientrare nel novero della giurisdizione esclusiva in quanto comunque riferibili, indirettamente, all’esercizio di un potere amministrativo.
A seguito della codificazione, si pone il problema della esatta individuazione dei confini tra l’attività della pubblica amministrazione in cui non viene in alcun rilievo l’esercizio del potere amministrativo, da quella in cui tale esercizio, anche in via mediata, viene in evidenza la giurisdizione amministrativa. Sul punto è stato di recente affermato che proprio alla luce della recente innovazione contenuta nell’art. 7 c.p.a. il quale definisce la giurisdizione del giudice amministrativo in relazione all’esercizio anche mediato del potere, verrebbero meno alcune tradizionali ripartizioni in materia di giurisdizione. Si pensi alla materia delle sovvenzioni e contributi pubblici, per parte, a dire il vero minoritaria, della giurisprudenza, si dovrebbe ritenere superato il riparto della giurisdizione fondato sulla natura delle situazioni soggettive azionate, che attribuiva alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie relative alla fase di erogazione del contributo e al giudice ordinario quelle che si fondano su un asserito inadempimento, da parte del beneficiario, alle obbligazioni assunte a fronte della concessione del contributo. Infatti, nell’erogazione di sovvenzioni si instaura un rapporto di natura pubblica caratterizzato dal fatto che il privato e la pubblica amministrazione non sono tra loro in una posizione di parità e la soggezione del primo rispetto alla seconda è riconoscibile sia nella fase ascendente (prima dell’ammissione) che in quella discendente (dopo l’ammissione), dal momento che il privato rimane sempre soggetto ai medesimi controlli, esplicati con identiche modalità, sia prima che dopo l’ammissione; per cui, trattandosi di situazioni giuridiche soggettive di interesse legittimo, le relative controversie vanno risolte dinanzi al giudice amministrativo3. Con riferimento all’esercizio mediato del potere viene in rilievo la questione del danno ingenerato nella parte che ha beneficiato di un provvedimento favorevole poi annullato o ritirato dalla amministrazione. Le Sezioni Unite della Corte di cassazione si occupano del problema con le tre ordinanze citate depositate nel medesimo giorno e pronunciate su regolamenti preventivi di giurisdizione4. La prima ordinanza riguarda l’ipotesi di una società proprietaria di un suolo nei confronti della quale l’amministrazione aveva adottato una concessione edilizia successivamente rimossa tramite un provvedimento in autotutela. Il ricorrente aveva già dato inizio ai lavori per la realizzazione degli immobili. In particolare, il ricorrente nel merito chiedeva la condanna della pubblica amministrazione al risarcimento dei danni derivanti dalla mancata utilizzabilità a fini edificatori di una superficie di terreno di proprietà conseguente a una serie di atti amministrativi che avrebbero svuotato il contenuto del diritto di proprietà. La seconda ordinanza riguarda il caso di una domanda di risarcimento danni proposta da alcuni soggetti che avevano acquisito un fondo da una società immobiliare sulla base di un certificato comunale di destinazione urbanistica che attestava la piena proprietà del fondo in capo alla società, la libertà del fondo da pesi e altri oneri. Il certificato di destinazione urbanistica attestava anche la piena edificabilità del fondo. Agli acquirenti veniva rilasciata apposita concessione edilizia e questi iniziavano i lavori. A seguito dell’impugnazione da parte di frontisti della concessione edilizia quest’ultima veniva annullata. Il comune, infatti, avrebbe erroneamente attestato la capacità edificatoria del terreno. La terza ordinanza riguarda l’aggiudicatario di una gara per l’affidamento di un servizio di ristorazione scolastica successivamente annullata dal giudice amministrativo in quanto illegittima. Il ricorrente, che aveva già avviato il servizio di ristorazione, chiede il risarcimento del danno derivante dal legittimo affidamento in ordine al provvedimento apparentemente legittimo5. In tutti questi casi, quindi, il privato chiede il risarcimento del danno per l’affidamento in esso ingenerato dall’azione della pubblica amministrazione. In precedenza, la giurisprudenza amministrativa ha chiarito i contorni dell’istituto dell’affidamento; questo postula la sussistenza di atto valido ed efficace da cui sortisce un assetto d’interessi favorevole, successivamente, posto nel nulla o neutralizzato da altro atto o comportamento imputabile alla stessa autorità emanante6. Questione più complessa è quella della tutela dell’affidamento ingenerato dal provvedimento favorevole e conseguentemente la giurisdizione in questi casi. Sul punto si deve ricordare che già l’art. 21 quinquies, l. 7.8.1990, n. 241, con riferimento però alla limitata ipotesi della revoca del provvedimento prevede una forma di tutela di tipo patrimoniale per il soggetto che subisce il provvedimento di autotutela e che, quindi, ha fatto legittimo affidamento sul precedente provvedimento favorevole. Si tratta, però, di indennizzo che, come tale, postula un comportamento lecito della pubblica amministrazione. La giurisdizione sulla controversia relativa all’indennizzo è attribuita al giudice amministrativo in via esclusiva (art. 133, co. 1, lett. a), c.p.a.). L’attribuzione alla giurisdizione esclusiva di tale controversie deriva dalla consapevolezza del legislatore che nell’ipotesi di legittimo affidamento ingenerato da un provvedimento poi travolto da un successivo atto della amministrazione viene sempre in rilievo l’esercizio di un potere pubblico. In precedenza, la tutela risarcitoria del legittimo affidamento veniva in rilievo in ipotesi assimilabili a quelle della violazione del dovere di correttezza e di buona fede nelle trattative contrattuali; per cui, ad esempio, contrastava con l’art. 1337 c.c. (secondo il quale la pubblica amministrazione, al pari dei soggetti privati, è tenuta a comportarsi con correttezza nelle relazioni con i terzi nella fase prenegoziale), il comportamento di una amministrazione che, pur essendosi accorta che mancavano i fondi necessari per la realizzazione dell’opera, non abbia disposto il rinvio della gara indetta per il loro affidamento. Tale comportamento determina il configurarsi, a carico dell’amministrazione, della responsabilità di cui all’art. 1337 c.c. nei riguardi di una impresa che abbia partecipato alla gara, facendo incolpevole affidamento sulla regolarità della gara stessa7. Anche per questi casi è stata affermata la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo ma sul differente presupposto che la controversia attinente alla responsabilità precontrattuale rientri nella materia delle procedure di affidamento dei contratti pubblici8. Nei casi prospettati, invece, la tutela risarcitoria presuppone un comportamento illecito della pubblica amministrazione e viene richiesta sia per i casi di provvedimenti in autotutela (revoca o annullamento d’ufficio) sia per le ipotesi in cui l’originario provvedimento favorevole sia stato travolto da una pronuncia giurisdizionale. In tutte e tre i casi, la Cassazione, seguendo lo stesso ragionamento, afferma la giurisdizione del giudice ordinario disancorando l’illecito della pubblica amministrazione all’esercizio di un potere pubblico. Secondo la Corte di cassazione, la tutela risarcitoria, anche nell’ambito della giurisdizione esclusiva, può verificarsi solo qualora il danno patito dal privato sia conseguenza immediata e diretta dell’atto illegittimo, eventualmente impugnato. Mentre è differente la situazione di un proprietario di un fondo che abbia ottenuto una concessione edilizia o di un soggetto vincitore di una gara di appalto, che abbiano avviato l’attività facendo incolpevole affidamento sulla apparente legittimità dell’atto e che poi si siano visti privare della utilità o con un provvedimento in autotutela della pubblica amministrazione o tramite annullamento giurisdizionale del provvedimento a essi favorevole. In questi casi non è possibile né invocare alcuna tutela demolitoria (se il provvedimento di autotutela sia stato già dichiarato legittimo) né alcuna tutela risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo poiché l’eventuale danno non deriva direttamente dall’esercizio del potere della pubblica amministrazione. I provvedimenti di concessione o di aggiudicazione, illegittimi, rilevano esclusivamente come meri comportamenti della pubblica amministrazione integrando, ex art. 2043 c.c., gli estremi di un atto illecito per violazione del principio del neminem laedere imputabile alla pubblica amministrazione per avere tale atto con la sua apparente legittimità ingenerato nel suo destinatario l’incolpevole convincimento di poter procedere con l’attività autorizzata (sia essa edificazione del suolo sia svolgimento delle prestazioni dedotte in contratto). In mancanza di un atto impugnabile o comunque di un danno derivante da atto illegittimo, al privato non resta che adire il giudice ordinario per richiedere una tutela risarcitoria fondata sull’affidamento.
La soluzione prospettata dalla Corte di cassazione fa emerge profili problematici di non poco conto poiché sembra allargare a dismisura l’ambito di operatività della giurisdizione ordinaria a discapito di quella amministrativa. Tale soluzione non è condivisibile. Il difetto del ragionamento della Corte di cassazione consiste nel ritenere che le fattispecie in questione siano completamente scollegate dall’esercizio del potere pubblico, per cui non verrebbe in rilievo la norma di cui all’art. 7 c.p.a. secondo la quale appartengono alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie concernenti l’esercizio o il mancato esercizio del potere amministrativo, riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio del potere pubblico. In questo modo la Corte di cassazione afferma il principio che l’azione risarcitoria dinanzi al giudice amministrativo possa sussistere esclusivamente quando il danno sia conseguenza immediata e diretta dell’illegittimità dell’atto, per cui la domanda possa essere proposta solo dal soggetto titolare del potere di proporre l’azione di annullamento. Una tesi che portata alle estreme conseguenze potrebbe limitare di molto il principio oramai acquisito e codificato della piena autonomia dell’azione risarcitoria rispetto a quella di annullamento e limitare fortemente la legittimazione a proporre domande risarcitorie nell’ambito della giurisdizione amministrativa. A dire il vero nelle vicende in questione sembra proprio venire in rilievo un comportamento «illecito» della pubblica amministrazione legato all’esercizio del potere amministrativo. È, infatti, il provvedimento amministrativo, frutto dell’esercizio del potere, che ha ingenerato il legittimo affidamento nel privato ed è l’atto di rimozione in autotutela che completa la fattispecie dannosa. Peraltro, nel caso di annullamento dell’atto da parte del giudice amministrativo ci si trova sempre in presenza di un provvedimento che è conseguenza dell’esercizio del potere amministrativo. È sicuramente vero che il danno non deriva dalla contestazione da parte del privato della legittimità del provvedimento bensì dall’affidamento che ne ha tratto ma è altrettanto vero che tale danno è comunque conseguenza di questo. La stessa Corte costituzionale, oltre alla sentenza del 2004, ha recentemente affermato, con riferimento alla giurisdizione esclusiva, che il giudice amministrativo ha giurisdizione in tutte le controversie in cui l’amministrazione agisca come autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi, che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali, sia mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’esercizio di un potere pubblico e non consistano, invece, in meri comportamenti materiali avulsi da tale esercizio9. Per cui il riferimento ai comportamenti della pubblica amministrazione deve essere inteso nel senso che quelli che rilevano, ai fini del riparto della giurisdizione, sono quelli espressione di un potere amministrativo mentre non vi rientrano quelli meramente materiali o quelli posti in essere dall’amministrazione al di fuori dell’esercizio di un’attività autoritativa. Da quanto appena esposto e tenuto conto sia della normativa sia della giurisprudenza si deve concludere che il danno cagionato da un provvedimento favorevole rimosso, quale ne sia la causa, è un danno derivante dalla espressione di un potere autoritativo da parte della pubblica amministrazione. Posto ciò il problema si sposta sulla individuazione della posizione giuridica soggettiva lesa dal comportamento illecito della pubblica amministrazione; da ciò, infatti, si individua il giudice competente. Secondo un’impostazione, la tutela risarcitoria da danno favorevole potrebbe rientrare nell’ambito della giurisdizione generale del giudice amministrativo in quanto la posizione giuridica tutelata sarebbe di interesse legittimo; la lesione dell’interesse legittimo è stata causata non da uno specifico atto, ma dal combinarsi di più atti (atto favorevole e successiva rimozione in autotutela) e, quindi, da un complessivo comportamento della amministrazione agente. Il privato sarebbe titolare di un interesse legittimo a un comportamento coerente dell’amministrazione10. Per cui anche alla luce della autonomia dell’azione risarcitoria codificata dall’art. 30 c.p.a. sarebbe possibile esperire una azione per il risarcimento del danno derivante dalla lesione di interesse legittimo anche in presenza di un provvedimento favorevole. In sostanza, la previsione dell’autonomia dell’azione risarcitoria induce a ritenere che tale domanda possa essere esperita anche da un soggetto diverso da quello che avrebbe dovuto impugnare l’atto amministrativo poiché è risarcibile il danno ingiusto causato alla posizione giuridica soggettiva del privato derivante dalla azione complessiva della pubblica amministrazione. Tale soluzione sarebbe coerente anche con l’affermazione della giurisprudenza costituzionale secondo la quale la tutela risarcitoria sarebbe uno strumento ulteriore di tutela rispetto a quello demolitorio. Secondo altra impostazione, invece, la posizione del privato sarebbe di diritto soggettivo11. Il provvedimento favorevole annullato, infatti, non ha provocato alcun danno al privato, per cui non ha leso alcun interesse legittimo mentre il provvedimento di autotutela, a fronte del quale potrebbe sussistere una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo di tipo oppositivo, nelle fattispecie in questione è sempre stato dichiarato legittimo, per cui non vi sarebbe alcuna lesione di tale posizione soggettiva. Verrebbe, quindi, in rilievo un diritto soggettivo al legittimo affidamento ovvero di un diritto alla libera determinazione nello svolgimento delle attività, negoziali o materiali, relative al patrimonio. Si tratta di un diritto all’integrità del patrimonio inciso della complessiva azione della pubblica amministrazione. La domanda risarcitoria in questo caso è l’unico strumento di tutela della lesione di questo diritto soggettivo. Da tale ragionamento si può dedurre che la giurisdizione amministrativa può essere dichiarata unicamente nelle materie di giurisdizione esclusiva. Solo in questi casi, infatti, è possibile esperire un’azione risarcitoria per la lesione della posizione giuridica di diritto soggettivo. Questa sembra essere la soluzione più coerente con il dettato legislativo. Invero, è ben difficile riscontrare in tale controversia un interesse legittimo che si scontri direttamente con l’esercizio del potere. Piuttosto, come detto in precedenza, l’illecito della pubblica amministrazione è solo «mediamente» riconducibile all’esercizio del potere. Quindi, la lesione di un diritto soggettivo operato indirettamente dall’esercizio di un potere amministrativo rientra nell’ambito della giurisdizione esclusiva. Da ciò deriva che volta per volta, al fine della individuazione della giurisdizione, si dovrebbe verificare se la fattispecie portata all’attenzione del giudice rientri o meno fra le materie elencate dall’art. 133 c.p.a. (non a caso nella terza ordinanza sia l’amministrazione sia il Procuratore generale presso la Corte di cassazione hanno concluso per la giurisdizione del giudice amministrativo, osservando che la domanda inerente la violazione del legittimo affidamento è stata diretta a far valere la responsabilità precontrattuale della amministrazione per aver dato corso a una procedura e alla successiva stipula senza tener conto di inderogabili prescrizioni di legge circa i requisiti di partecipazione).
1 Sandulli, Il risarcimento del danno nei confronti delle pubbliche amministrazioni: tra soluzioni di vecchi problemi e nascita di nuove questioni (brevi note a margine di Cons. Stato, ad. Plen. 23 marzo 2011, n. 3, in tema di autonomia dell’azione risarcitoria e di Cass. SS.UU., 23 marzo 2011, nn. 6594, 6595, 6596, sulla giurisdizione ordinaria sulle azioni per il risarcimento del danno conseguente all’annullamento degli atti favorevoli), in www.giustamm.it, 3, 2011.
2 Decisione che, come ovvio è stata oggetto di numeri commenti tra i quali si segnalano, Gallo, La giurisdizione esclusiva ridisegnata dalla Corte costituzionale alla prova dei fatti, in Foro amm. - Cons. St., 2004, 1895; Sandulli, Un passo avanti e uno indietro: il giudice amministrativo è giudice pieno, ma non può giudicare dei diritti (a prima lettura a margine di Corte cost. n. 204 del 2004), in Riv. giur. ed., 2004, I, 1230; Scoca, Sopravviverà la giurisdizione esclusiva?, in Riv. giur. ed., 2004, I, 1211; Satta, La giustizia amministrativa tra ieri, oggi e domani: la sentenza della Corte costituzionale n. 204 del 2004, in Foro amm. - Cons. St., 2004, 1903; Cerulli Irelli, Giurisdizione esclusiva e azione risarcitoria nella sentenza della Corte cost. n. 204 del 6 luglio 2004, in Dir. proc. amm., 2004, 820; Villata, Leggendo la sentenza n. 204 della Corte costituzionale, ivi, 832; Mazzarolli, Sui caratteri e limiti della giurisdizione esclusiva: la Corte costituzionale ne ridisegna l’ambito, in Dir. proc. amm., 2005, 214; Travi, La giurisdizione esclusiva prevista dagli art. 33 e 34 d.lgs. 31 marzo 1998 n. 80, dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, in Foro it., 2004, I, 2598; Fracchia, La parabola del potere di disporre il risarcimento:dalla giurisdizione esclusiva alla giurisprudenza del giudice amministrativo, ibidem, 2605.
3 TAR Abruzzo, Pescara, sez. I, 13.5.2011, n. 319, in Foro amm. - TAR, 2011,1648.
4 Sulla questione si veda Caponigro, Questioni attuali in un dibattito tradizionale: la giurisdizione nei confronti della pubblica amministrazione, in www.giustiziaamministrativa. it, 5, 2011; Mazzamuto, La Cassazione perde il pelo ma non il vizio: riparto di giurisdizione e tutela dell’affidamento, in Dir. proc. amm., 2011, 896; Cimini, La tutela risarcitoria in materia di contratti pubblici:tra novità normative ed assestamenti giurisprudenziali, in www.giustamm.it, 9, 2011.
5 Masera, Danni da atto amministrativo positivo, ma illegittimo, e giudice competente, in Urb. app., 2011, 915.
6 Da ultimo si veda TAR Liguria, sez. II, 19.1.2011, n. 59, in Foro amm. - TAR, 2011, 57. Sul principio della tutela del legittimo affidamento nell’ambito dell’azione amministrativa si veda Gigante, Il principio della tutela del legittimo affidamento, in Sandulli, (a cura di), Codice dell’azione amministrativa, Milano, 2011, 131.
7 Nel corso di quest’anno si vedano TAR Basilicata, sez. I, 7.7.2011, n. 387, in www.giustizia-amministrativa. it secondo il quale la responsabilità precontrattuale per la revoca di gara pubblica può ritenersi configurabile, quando il fine pubblico venga attuato con un comportamento obiettivamente lesivo dei doveri di lealtà, sicché anche dalla revoca legittima degli atti di gara può scaturire l’obbligo di risarcire il danno, nel caso di affidamento suscitato nell’impresa.
8 TAR Lazio, Roma, sez. III, 16.2.2011, n. 1446, in Foro amm. - TAR, 2011, 487 e si veda anche Cons. St., A.P., 5.9.2005, n. 6, in Foro amm.- Cons. St., 2005, 2515.
9 C. cost., 5.2.2010, n. 35, in Giur. cost., 2010, 439, con nota di Scoca, Riflessioni sulla giurisdizione esclusiva. Una ulteriore specificazione dei concetti espressi dalla giurisprudenza costituzionale si deve all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e in particolare si veda Cons. St., A.P., 30.7.2007, n. 10, in Urb. app., 2008, 85, secondo la quale il venir meno a seguito dell’annullamento giurisdizionale di atti espressione del potere autoritativo non rende rilevante come comportamenti gli effetti medio tempore prodottisi in loro esecuzione ma determina la concentrazione della cognizione dinanzi allo stesso giudice amministrativo, il quale verifica il corretto esercizio del potere. Nell’ultimo anno la giurisprudenza amministrativa ha precisato ulteriormente in confini della nozione di comportamento. È stato affermato che con la codificazione da parte dell’art. 7 c.p.a. la giurisdizione amministrativa si deve affermare in tutte le controversie concernenti provvedimenti o comportamenti riconducibili anche mediatamente all’esercizio di potere amministrativo ancorché gli atti e i comportamenti siano stati posti in essere in carenza di potere, ovvero dopo la scadenza del termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, comprese le domande risarcitorie nelle quali si fa questione di diritti soggettivi, nelle materie di giurisdizione esclusiva di cui all’art. 133 c.p.a., sia se proposte unitamente all’impugnazione di atti amministrativi sia se proposte autonomamente, come stabilito dall’art. 30, co. 1, c.p.a. (TAR Sicilia, Catania, 10.2.2011, n. 290, in Riv. giur. ed., 2011, 209, così come rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo la domanda di risarcimento di tutti i danni patiti in conseguenza dell’illegittima apprensione dei terreni privati, TAR Lombardia, Milano, 30.3.2011, n. 854, in Foro amm. - TAR, 2011, 737). È stato, invece, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo su un ricorso proposto per l’accertamento del diritto al risarcimento del danno dall’occupazione e l’utilizzazione, come via pubblica o comunque aperta al pubblico transito, della porzione di terreno appartenente a privato e non sorrette da alcun provvedimento riconducibile ad un potere ablatorio, trattandosi di occupazione usurpativa pura e, quindi, di un comportamento illecito, neanche mediatamente riferibile all’esercizio di un potere pubblico (TAR Umbria, sez. I, 1.2.2011, n. 42, in Foro amm. - TAR, 2011, 423).
10 Masera, Danni da atto amministrativo positivo, cit., 919.
11 Caponigro, Questioni attuali in un dibattito tradizionale, cit. anche se poi l’autore condividendo la soluzione adottata dalle Sezioni Unite ritiene che il provvedimento favorevole, annullato in sede giurisdizionale o in via di autotutela, non può rilevare come atto essendo eliminato dal mondo giuridico con efficacia ex tunc, ma come fonte fatto dell’affidamento nell’ambito della complessiva condotta illecita e, quindi, come un mero comportamento, un mero fatto storico e non per i suoi effetti provvedimentali di disciplina del rapporto sostanziale. Non vi sarebbe, quindi, alcun rapporto di causalità diretta tra l’esercizio del potere pubblico e il danno eventualmente prodotto.