La grande scienza. Astrofisica delle alte energie
Astrofisica delle alte energie
L'astrofisica delle alte energie riguarda lo studio delle più estreme condizioni ambientali presenti nell'Universo. Dalle stelle più compatte, con raggio di 10 km, ai buchi neri più grandi, con massa pari a un miliardo di volte quella del nostro Sole, l'astrofisica delle alte energie porta al limite le leggi della fisica. Il plasma astrofisico, sede dei campi magnetici più intensi, è sottoposto alle collisioni più forti e alle esplosioni più violente; la materia è compressa in stati estremamente densi e portata ad altissime temperature; lo spaziotempo è distorto in prossimità dei buchi neri e le particelle subatomiche sono accelerate a energie macroscopiche, fino ad alcune decine di joule, e oltre. Queste condizioni estreme non possono essere riprodotte nei laboratori terrestri. La fisica in tali condizioni limite è studiata usando telescopi e rivelatori che, con l'aiuto di intuizioni teoriche e degli elaboratori elettronici più potenti tra quelli a disposizione degli scienziati, riescono a coprire intervalli di molti ordini di grandezza di lunghezza d'onda e di energia (dai fotoni di 10−7 eV ai raggi cosmici di 1020 eV). Questo campo dell'astrofisica si applica non soltanto alla fisica fondamentale dei sistemi celesti, ma anche alle sfide della fisica fondamentale che vanno oltre ciò che è stato esperimentato sulla Terra.
La storia dell'astrofisica delle alte energie è intimamente legata ai progressi tecnici che hanno permesso ai satelliti artificiali e agli osservatori terrestri e spaziali di aprire nuove finestre sull'Universo. Queste moderne tecnologie hanno portato nella seconda metà del XX sec. a una visione nuova dell'Universo, dalla scoperta dei raggi cosmici X e gamma alla rivelazione di neutrini cosmici e dei raggi cosmici di energia più alta. Affinché il breve resoconto qui presentato risulti chiaro, si è diviso questo capitolo secondo il tipo di particelle, partendo con il fotone, il messaggero cosmico più tradizionale. Dapprima sono discussi i sistemi astrofisici scoperti attraverso i fotoni di energia più alta, dai raggi X ai raggi gamma. I sistemi astrofisici di alta energia, oltre a produrre fotoni, emettono spesso altri 'messaggeri' come protoni cosmici, nuclei cosmici e neutrini. Successivamente sono esaminate prima la breve storia dell'astronomia del neutrino e poi quella dei messaggeri di energia più alta. Il capitolo si chiude prendendo in considerazione il futuro di questo settore, quando saranno operativi per energie anche più alte altri migliori osservatori di raggi cosmici, neutrini e raggi gamma. Inoltre, sono in preparazione ricerche di altri messaggeri al fine di aprire finestre ancora più innovative sulla struttura e sul comportamento dell'Universo: onde gravitazionali, particelle di materia oscura e altre tracce esotiche. Si tratta, nel complesso, di un settore che, nato nella seconda metà del XX sec., fa presumere che vi saranno molte scoperte e che subirà ulteriori sviluppi nel nuovo millennio.
Nella storia dell'astronomia e dell'astrofisica, i fotoni sono i messaggeri più importanti. L'astronomia è nata con i fotoni visibili e, per molti fenomeni dell'Universo, essi sono ancora i messaggeri più evidenti. Ciò è dovuto al fatto che i fotoni sono elettricamente neutri, privi di massa e sono prodotti facilmente; sono le particelle cosmiche più veloci e, in assenza di intensi campi gravitazionali, la loro direzione indica la sorgente di provenienza. Al contrario, i protoni e gli elettroni cosmici sono elettricamente carichi e sono deviati dai campi magnetici del Cosmo. Particelle instabili, quali i neutroni, decadono prima di arrivare sulla Terra. I neutrini presentano alcuni vantaggi dei fotoni, sono neutri e hanno una massa molto piccola, ma interagiscono soltanto mediante interazioni deboli, rendendo estremamente difficile la loro osservazione. I fotoni sono facilmente rivelabili e sono generati facilmente da eventi cosmici, che accelerano particelle cariche. Noi osserviamo fotoni cosmici, da quelli di bassa energia delle onde radio (10−7 eV) ai fotoni dell'energia più alta osservata fino a oggi, i raggi gamma con energia di qualche 1013 eV, cioè di decine di TeV (1 TeV=1012 eV). La fig. 1 mostra lo spettro dei fotoni cosmici e della radiazione fotonica di fondo diffusa nell'Universo; questa emissione di fondo non proviene da una particolare sorgente puntiforme ma permea l'intero Universo. Il più intenso fondo di fotoni, preponderante in questo grafico, è dovuto all'evento associato alla più alta energia di sempre, la cosiddetta 'grande esplosione' (big bang) di un buco nero che ha costituito la nascita dell'Universo; tali fotoni hanno uno spettro di corpo nero con una temperatura che attualmente è stimata di 2,735±0,06 K (2,35×10−4 eV) dai dati disponibili nelle microonde (Mather et al. 1990). Ci concentriamo qui sui fotoni di energia più alta, i raggi X e i raggi gamma (l'energia dei primi va da 100 eV a 100 keV, mentre quella dei secondi va oltre 100 keV) e su alcune delle loro sorgenti più intense.
I raggi X
L'astronomia dei raggi X e dei raggi gamma ha inizio negli anni Sessanta, con l'era spaziale. I razzi portarono i rivelatori di raggi X e raggi gamma oltre l'atmosfera assorbente e diffondente della Terra e così ebbe inizio l'esplorazione dell'Universo a queste lunghezze d'onda. La prima sorgente extrasolare di raggi X a essere stata scoperta si trova nella costellazione dello Scorpione, è stata chiamata Sco X-1, ed è la più luminosa sorgente durevole di raggi X nel cielo. Questa scoperta fondamentale è stata ottenuta nel 1962 con il secondo esperimento AS&E-MIT (American science and engineering corp - Massachusetts institute of technology) che ha anche rivelato il fondo di raggi X (Giacconi et al. 1962). Nel 1964 si è dimostrato come i resti di supernova, quali la Nebulosa del Granchio e Kepler, siano emettitori estesi di raggi X, è stato visto attraverso i raggi X il centro della Galassia e sono state scoperte altre sorgenti, come Cygnus X-1 e Cygnus X-2 (Bowyer et al. 1964, 1965).
Sco X-1 e Cygnus X-2 sono conosciute come sorgenti binarie di raggi X con piccola massa, LMXB (low mass X rays bynary), mentre Cygnus X-1 è un esempio di sorgente binaria di raggi X con grande massa, HMXB (high mass X rays bynary). In entrambi questi sistemi binari, la materia di una stella normale aderisce a un oggetto compatto, una stella a neutroni o un buco nero (Lewin et al. 1995). Il surriscaldamento della materia addensata genera i raggi X osservati. Ci sono, a oggi, poche centinaia di binarie di raggi X note, circa metà delle quali hanno stelle compagne con massa piccola, come Sco X-1 e Cygnus X-2 (150 sorgenti attualmente conosciute) mentre l'altra metà ha stelle compagne con massa grande (circa 130 sorgenti note) (Liu et al. 2000-01). Le stelle compagne nei sistemi LMXB hanno masse circa uguali o minori rispetto a quella del Sole (M⊙) e possono essere nane bianche, una delle possibili fasi finali dell'evoluzione stellare, o stelle di tipo A o ancora stelle sottogiganti di tipo F-G. Queste stelle compagne sono spesso di debole intensità e l'emissione osservata è dovuta generalmente al trasferimento di massa mediante aumento del lobo di Roche, che forma un disco di accrescimento intorno all'elemento compatto del sistema binario. Binarie di raggi X con massa grande hanno stelle supergiganti o stelle Be associate a oggetti compatti. In molti HMXB, le stelle compatte descrivono larghe orbite attorno alla componente normale e quindi gran parte dell'emissione di raggi X è generata quando le due componenti sono più vicine, ciò che si ha in corrispondenza del periastro dell'orbita. L'accrescimento di materia proveniente dalla stella compagna sulla componente compatta, il cosiddetto vento stellare o disco stellare, cambia intensità al variare della distanza; questa variazione genera esplosioni periodiche e transitorie di raggi X. I sistemi LMXB mostrano anche emissioni variabili, come esplosioni di raggi X e oscillazioni quasi periodiche. Lo studio di fenomeni transienti nelle sorgenti compatte di raggi X costituisce attualmente un'area di ricerca molto attiva.
Le binarie di raggi X possono essere usate per studiare, oltre ai meccanismi di generazione dei raggi X, le proprietà dei componenti di una stella binaria derivandole dalla dinamica del moto binario. In alcuni casi favorevoli, studi ottici insieme con osservazioni di raggi X possono portare a determinare le masse delle stelle di un sistema binario. La maggior parte delle binarie a raggi X per le quali è stata determinata la massa della componente compatta evidenzia oggetti compatti compatibili con le stelle a neutroni (Thorsett e Chakrabarty 1999), mentre alcuni sistemi vengono spiegati meglio con i buchi neri.
Le stelle a neutroni sono resti ultracompatti del nucleo di ferro delle stelle pesanti che collassano a densità molto alte durante un'esplosione di supernova (Shapiro e Teukolski 1983). Tipiche stelle a neutroni hanno una massa di 1,4 M⊙ contenuta in una sfera di soli 10 km di raggio. Il nucleo di una stella a neutroni raggiunge densità maggiori di quelle nucleari mentre i campi magnetici di queste stelle possono arrivare a ∼1012 gauss e oltre. Proposte teoriche circa l'esistenza di un tale stato estremo della materia anticiparono di oltre tre decenni le evidenze sperimentali sull'esistenza di stelle a neutroni. Lev Davidovič Landau suggerì, subito dopo la scoperta del neutrone nel 1932, l'esistenza di stelle a neutroni mantenute a pressione degenere, mentre nel 1934 Walter Baade e Fritz Zwicky proposero che le stelle a neutroni si formassero nelle esplosioni di supernovae (Baade e Zwicky 1934). Nel 1939, Julius R. Oppenheimer e George N. Volkoff calcolarono i primi modelli di stelle a neutroni, che mostravano come esse fossero estremamente piccole e di difficile osservazione (Oppenheimer e Volkoff 1939).
Queste stelle ultracompatte furono osservate per la prima volta grazie ai loro intensi campi magnetici e alle grandi velocità di rotazione. Il dipolo magnetico rotante di una stella a neutroni genera impulsi di radiazioni in un ampio intervallo di frequenza. L'emissione è centrata lungo l'asse del dipolo e il sistema assomiglia a un faro oscillante la cui frequenza può variare dalle radiofrequenze ai raggi X. A causa di questa radiazione pulsante, tali stelle furono chiamate pulsar quando furono osservate per la prima volta nel 1967 alle frequenze radio (Hewish et al. 1968). Le pulsar furono presto identificate, da Franco Pacini e Thomas Gold, con le stelle a neutroni rotanti (Pacini 1967; Gold 1968). Oltre 1500 pulsar sono attualmente conosciute. Molte stelle a neutroni, inoltre, presentano anche pulsazioni ottiche, di raggi X e di raggi gamma. La più veloce pulsar finora osservata ha un periodo dell'ordine dei millisecondi. Si pensa che queste pulsar ultraveloci siano accelerate a frequenze di rotazione così alte mentre sono all'interno di sistemi binari a raggi X.
Tra le prime sorgenti di raggi X scoperte, Cygnus X-2 e Sco X-1 sono compatibili con una binaria contenente una stella a neutroni, mentre Cygnus X-1 è stato il primo sistema binario a mostrare evidenze di buco nero. Le stelle a neutroni hanno un limite massimo di massa di circa 3 M⊙, mentre Cygnus X-1 ha un oggetto compatto con massa tra 6,8 e 13 M⊙. I soli oggetti compatti conosciuti capaci di superare il limite di massa di una stella a neutroni sono i buchi neri. Oggi, circa 17 sistemi binari a raggi X mostrano evidenze di buco nero con masse che variano da 4 a 14 M⊙.
Le nebulose associate a supernovae sono anche sorgenti di raggi X. La prima a essere osservata, ancora oggi la più evidente, è la famosa Nebulosa del Granchio, conosciuta anche come 'supernova del 1054' perché in quell'anno gli antichi astronomi cinesi, giapponesi e coreani registrarono la presenza di una 'stella ospite' nella posizione che grosso modo è quella attuale della Nebulosa del Granchio. Prima della scoperta delle pulsar, il meccanismo che alimentava la Nebulosa del Granchio era un mistero. John A. Wheeler ipotizzò che la perdita di energia di rotazione di una stella a neutroni potesse alimentare la Nebulosa del Granchio (Wheeler 1966). Questa ipotesi fu confermata quando la relativamente giovane pulsar del Granchio fu scoperta con un periodo di 0,033 s emettendo sia nel visibile sia nelle radiofrequenze. Il plasma magnetizzato e fortemente energetico nella Nebulosa del Granchio è stato osservato in molte frequenze fino a energie di decine di TeV. L'immagine più impressionante della Nebulosa del Granchio è quella recente del telescopio a raggi X Chandra (messo in orbita dalla NASA mediante lo shuttle Columbia il 23 luglio 1999, prende il nome dal premio Nobel Subrahmanyan Chandrasekhar, astrofisico americano di origine indiana) che mostra la presenza di un disco o anello che emette raggi X con la presenza inaspettata di getti. Questa immagine con tali getti non previsti ha messo a dura prova i modelli sui resti di supernova.
Le stelle a neutroni che non siano pulsar e non appartengano a sistemi binari sono di solito difficilmente osservabili. Comunque, le stelle a neutroni isolate emettono radiazione termica dalla propria superficie. La difficoltà nel rivelare questi oggetti è rappresentata dalle dimensioni angolari estremamente ridotte e dalle basse luminosità, tuttavia qualche stella a neutroni isolata è stata osservata mediante radiazione visibile e raggi X. Un esempio particolare, che vale la pena di evidenziare, è la vicina stella a neutroni isolata RX J185635-3754. Questa stella fu osservata la prima volta nel 1996 dal satellite ROSAT (Rontgen satellite) ed è la più vicina stella a neutroni conosciuta, a soli 120 pc ca. di distanza dalla Terra (Walter et al. 1996; Walter e Lattimer 2002). La sua vicinanza permette una buona stima delle proprietà della superficie di emissione e della struttura d'insieme della stella. La speranza è che il raggio di una stella a neutroni possa finalmente essere determinato e quindi portare a precisazioni nell'equazione di stato della forma più densa conosciuta della materia. Attualmente ci sono interpretazioni contrastanti riguardo la struttura di RX J185635-3754, che variano dalle equazioni di materia nucleare rigida ad alternative di plasma poco denso di quark.
La densità nel nucleo di una stella a neutroni può raggiungere stati oltre quella della materia nucleare nei quark, cioè in una forma di plasma di quark. Le proprietà di questo stato ultradenso della materia non sono facilmente determinate dalla teoria fondamentale delle interazioni forti, conosciuta con il nome di 'cromodinamica quantistica' (QCD). Tra le diverse teorie vi è la possibilità che il plasma di quark possa esistere in una forma stabile di materia, specialmente nel caso in cui questa materia sia ricca di quark strani. Tale eventualità radicale si realizzerebbe più facilmente nei nuclei delle stelle a neutroni e si avrebbe la conversione di una stella a neutroni in una stella costituita di un plasma di quark con una larga percentuale di quark strani. Queste stelle sono conosciute come 'stelle strane' e la loro esistenza è già stata mostrata (Witten 1984; Alcock et al. 1986; Haensel et al. 1986). La determinazione dei raggi delle stelle a neutroni, come per la RX J185635-3754, e l'osservazione delle proprietà di raffreddamento delle stesse, come nella recente scoperta del raffreddamento veloce di 3C58 (Slane et al. 2002), aiuteranno a stabilire se lo stato interno della materia nelle stelle compatte sia materia nucleare prevalentemente ricca di neutroni o se invece sia fondata la possibilità più esotica di una stella costituita dai più piccoli componenti della materia, i quark.
Un'altra stella a neutroni, o indizio di buco nero, difficile da rivelare, è stata scoperta di recente osservando Cas-A nell'Osservatorio Chandra per raggi X della NASA. Ciò che rimane della supernova Cas-A ha le caratteristiche di una supernova da collasso del nucleo ma non mostra nessuna evidenza di resti di stella a neutroni, cioè nessuna pulsar osservabile. Una delle prime osservazioni del detto osservatorio ha rivelato la presenza di una debole emissione puntiforme nel centro della nebulosa compatibile con una stella a neutroni o con tracce di buco nero. Questo oggetto compatto è 4 ordini di grandezza meno luminoso della pulsar del Granchio e la sua natura non è ancora chiara. Questo tipo di residui può spiegare perché la supernova vicina più recente, SN1987a, ancora non riveli alcuna traccia di stella a neutroni. SN1987a fu la prima supernova visibile a occhio nudo fin dal 1604 quando fu osservata la supernova Kepler. SN1987a esplose circa 160.000 anni fa nella Grande Nube di Magellano, la galassia nana situata a 50 kpc di distanza dalla Terra. La scoperta di un flusso di neutrini da SN1987a ha confermato la teoria della supernova da collasso di nucleo e ha dato inizio all'astronomia dei neutrini extragalattici.
I telescopi a raggi X permettono di studiare, oltre alle stelle più piccole della galassia, anche i più grandi sistemi gravitazionali legati dell'Universo, cioè gli ammassi di galassie estremamente massivi. Il primo ammasso di galassie osservato nella banda dei raggi X è stato il Coma, visto nel 1965 da un esperimento su pallone (Boldt et al. 1966). Gli ammassi di galassie emettono raggi X dovuti all'emissione termica di gas intergalattico caldo. Nel caso di Coma, il gas è a una temperatura di 108 K ca. L'emissione dei raggi X dei gas caldi negli ammassi di galassie descrive bene il potenziale gravitazionale di un ammasso e può essere usata per stimarne la quantità di materia. L'osservazione degli ammassi di galassie mediante raggi X conferma l'ipotesi di Zwicky che essi siano composti prevalentemente da materia oscura. I dati dai raggi X degli ammassi, insieme ad altre osservazioni cosmologiche, hanno mostrato che l'85% ca. della materia nell'Universo è materia oscura non barionica.
I raggi X possono essere osservati anche da galassie singole, in special modo da galassie attive. In queste ultime, i raggi X e i raggi gamma sono creati nel nucleo centrale della galassia, dove si pensa che un buco nero supermassivo s'accresca inglobando gas ultrarelativistici provenienti dalla materia interstellare (nel prossimo paragrafo saranno discussi questi nuclei galattici attivi AGN, active galactic nuclei). Infine, è presente un fondo diffuso di raggi X, che finora non è stato associato a nessuna sorgente puntiforme. L'origine di questa radiazione X non è ben chiara; potrebbe avere inizio da un grande numero di sorgenti non risolte oppure potrebbe rimandare a un passato violento dell'Universo durante l'epoca di formazione delle stelle.
L'astronomia dei raggi X è esplosa negli anni Settanta con le osservazioni da veicoli spaziali, quali Uhuru, Ariel 5, SAS-3, OSO-8 e HEAO-1, fino alle missioni più recenti, quali Einstein, HEAO-3, EXOSAT, Ginga, ROSAT, ASCA, e BeppoSAX. Soltanto ROSAT ha scoperto più di 100.000 sorgenti discrete di raggi X dal 1990 al termine della sua missione nel 1999. Nel 2003 i satelliti per raggi X attivi sono Chandra, RXTE, HETE-2 e XMM-Newton. Questi satelliti hanno svelato eventi di alta energia, come le binarie in accrescimento nella galassia o come gas molto caldi negli ammassi di galassie lontane, e stanno ancora sollevando molte domande alle quali non si è data, per ora, una risposta.
I raggi gamma
L'astronomia dei raggi gamma si è sviluppata insieme a quella dei raggi X. Quando i razzi e i palloni superarono la parte bassa opaca dell'atmosfera, i rivelatori di raggi gamma furono installati a bordo più o meno contemporaneamente ai rivelatori di raggi X. Nel 1961 il satellite artificiale terrestre Explorer-XI ha rivelato alcuni raggi gamma compatibili con il fondo cosmico gamma. Negli anni Settanta i satelliti SAS-2 e COS-B realizzarono mappe del cielo nelle quali si evidenziavano l'emissione galattica di raggi gamma, il fondo cosmico gamma e la presenza di qualche rara sorgente puntiforme.
La scoperta più sorprendente degli inizi dell'astronomia dei raggi gamma è stata realizzata dalla serie di satelliti statunitensi Vela, che erano stati progettati per garantire il rispetto del Trattato limited test ban del 1963 nel quale ci si proponeva di limitare, appunto, i test di esplosioni nucleari. Nel 1967 Vela 4A e 4B e nel 1969 Vela 5A e 5B scoprirono invece molti lampi di raggi gamma provenienti dallo spazio e non dalla Terra. Questi lampi di raggi gamma GRB (gamma ray bursts) sono lampi brillanti di raggi X energetici e di raggi gamma che durano frazioni di secondo o anche minuti durante i quali sono dominanti rispetto a tutti gli altri raggi gamma del cielo. Essi appaiono nel cielo improvvisamente, da direzioni casuali, dando luogo, a differenza delle sorgenti galattiche o delle galassie vicine, a una distribuzione isotropica. Questa grande scoperta, effettuata nel 1967, fu pubblicata soltanto nel 1973, dopo che tali dati furono declassificati al dominio pubblico (Klebesadel et al. 1973). Gli scienziati sovietici confermarono prontamente che i satelliti Konus avevano anch'essi osservato lampi di raggi gamma (Mazets et al. 1974).
Un grande progresso nello studio delle sorgenti e dei lampi di raggi gamma fu raggiunto con il lancio, il 4 aprile 1991, del Compton gamma-ray observatory (CGRO). L'Osservatorio Compton aveva quattro strumenti capaci di coprire sei ordini di grandezza in energia, da 30 keV a 30 GeV: il Burst and transient source experiment (BATSE), che esplorava energie da 30 keV a 2 MeV; l'Oriented scintillation spectrometer experiment (OSSE), da 50 keV a 10 MeV; l'Imaging compton telescope (COMPTEL), da 1 MeV a 30 MeV; l'Energetic gamma-ray experiment telescope (EGRET), da 20 MeV a 30 GeV. Nell'intero corso della vita del CGRO, dal giorno del lancio fino al 4 giugno 2000, BATSE ha registrato oltre 2700 esplosioni di raggi gamma, che evidenziavano una struttura chiaramente isotropica, mentre il rilevamento dell'intero cielo da parte di EGRET ha portato all'osservazione di 66 blazar AGN, 27 AGN (minor certezza statistica), 7 pulsar, molti lampi di raggi gamma e 170 sorgenti non identificate. Inoltre, EGRET ha fissato un limite sul fondo di raggi gamma extragalattici diffusi, che ha determinato vincoli in molti modelli riguardanti fenomeni a energie estremamente elevate (UHE, ultra high energy) (Fishman e Meegan 1995; Sreekumar et al. 1998).
I raggi gamma cosmici di energie al di sopra dei 100 GeV sono oltre le capacità di esperimenti su satellite come EGRET, ma possono essere studiati da osservatori sulla Terra. I raggi gamma di alta energia entrano nell'atmosfera interagendo con le particelle atmosferiche e danno luogo a uno sciame di particelle denominato EAS (estensive air shower). Lo sciame elettromagnetico può essere visualizzato dai telescopi atmosferici Čerenkov (ACT), quali i telescopi Whipple, di 10m in Arizona, CAT nei Pirenei, Cangaroo in Australia e il telescopio HEGRA alle Canarie. Gli ACT rivelano la radiazione Čerenkov generata dalle particelle elettromagnetiche dello sciame provenienti dai raggi gamma primari di energia di ca. 100 GeV o maggiore. Per soglie più basse, gli esperimenti STACEE e CELESTE utilizzano grandi sistemi (array) di eliostati a energia solare per raccogliere luce Čerenkov e osservare la distribuzione laterale dello sciame. Questa tecnica può raggiungere energie minori di 100 GeV e quindi ci può essere una sovrapposizione dei dati con quelli presi dal satellite. A energie molto alte, lo sciame è osservabile al suolo per mezzo di array EAS, come CASA e CYGNUS. Questi array osservano a campione gli sciami e hanno una soglia di 100 TeV ca. L'esperimento Milagro, al fine di abbassare la soglia degli array EAS a 1 TeV ca., ha una grande area attiva, che impiega l'acqua come mezzo sensibile, e un array di tubi fotomoltiplicatori. Gli array del Tibet possono arrivare a energie anche minori, dato che sono localizzati a una notevole altitudine, dove gli sciami hanno un numero più grande di secondari a parità di energia delle particelle primarie. Per osservare quindi raggi gamma in un ampio spettro di energia, vari rivelatori al suolo s'integrano con i rivelatori di energia più bassa dei satelliti.
Per gli esperimenti al suolo, il problema è rappresentato dagli eventi di raggi cosmici di fondo. I rivelatori di raggi gamma installati sui satelliti possono essere circondati da alcuni rivelatori che registrano il passaggio di particelle cariche. Al suolo, la struttura di composizione dello sciame è l'unico mezzo disponibile per distinguere la particella primaria che ha generato l'EAS. Le tecniche di rappresentazione della struttura dello sciame sono notevolmente migliorate negli ACT moderni e hanno portato a un significativo aumento della capacità di scartare gli sciami del fondo. Gli ACT sono stati i primi telescopi capaci di osservare sorgenti con energia dell'ordine dei TeV.
Una nuova generazione di strumenti a terra, come HESS, MAGIC, Cangaroo-III e VERITAS è in fase di sviluppo. Questi ACT saranno sensibili alle più alte energie dei raggi gamma e competeranno in accuratezza con gli strumenti nello spazio. Inoltre, i satelliti per raggi X della prossima generazione avranno, ad alta energia, una sensibilità maggiore. Il telescopio Gamma-ray large area space telescope (GLAST) avrà una grande area (1 m2 ca.) e rivelerà i raggi gamma da 10 MeV a oltre 100 GeV con una eccellente risoluzione in energia e angolare. Il lancio di GLAST è previsto nel 2006. Prima di GLAST sarà lanciato nel 2003 l'Astro-rivelatore gamma a immagini leggero (AGILE), che esplorerà l'intervallo di energia da 30 MeV a 50 GeV mentre Astro-E2 dovrebbe essere messo in orbita nel 2005 con un intervallo da 0,4 a 700 keV. AGILE avrà un'accuratezza simile a quella di EGRET con una visuale più larga e una risoluzione angolare migliore. È da ricordare che i satelliti forniscono una base dalla quale esplorare tutto il cielo e studiare il fondo, mentre i telescopi a terra sono più adatti a osservare sorgenti puntiformi conosciute: questi due approcci sono complementari sia nell'intervallo di energia sia nel tipo di sorgenti studiati e insieme aiuteranno a comprendere alcuni degli ambienti a più alta energia dell'Universo.
Lampi di raggi gamma
I lampi di raggi gamma sono prodotti quasi certamente nelle condizioni ambientali più estreme dell'Universo, proprio come altre sorgenti di raggi gamma, quali i resti delle stelle esplose e i getti ultrarelativistici che emergono dai buchi neri di massa estremamente elevata al centro delle galassie attive. Comunque, non sono stati ancora determinati precisamente gli ambienti nei quali s'originano queste esplosioni e neanche quali siano i progenitori di tali eventi. La risposta a questo mistero è oggi molto più vicina di quanto non lo fosse prima del lancio di CGRO e di Beppo-SAX. Nei primi anni Novanta non era neanche chiaro se i GRB fossero prodotti nella Galassia oppure in sorgenti a distanze cosmologiche (c'era una incertezza di 5 ordini di grandezza nella distanza, circa da 10 pc a 1 Gpc).
Nel 1996, quando fu lanciato il satellite italo-olandese Beppo-SAX, si ebbe un grande balzo in avanti. Beppo-SAX, chiamato così in onore di Giuseppe Occhialini, era dotato di rivelatori di raggi X energetici capaci di localizzare i GRB con l'accuratezza di 1 minuto di arco circa. Precedentemente BATSE aveva mostrato che i GRB sono disposti isotropicamente nel cielo; ciò è chiaramente indice di una distribuzione cosmologica delle sorgenti, ma la possibilità dell'esistenza di un alone esteso non poteva essere scartata senza un indicatore di distanza. La ricerca di copie di GRB con i dati di BATSE non fu molto fruttuosa a causa della scarsa risoluzione angolare, dell'ordine di 5°. Beppo-SAX era in grado di localizzare esplosioni in un minuto d'arco e ottenne la prima immagine a raggi X ad alta risoluzione dell'ultimo bagliore di un'esplosione, GRB 970228 (Costa et al. 1997). A questa prima osservazione di Beppo-SAX ne seguirono molte altre, finché nel 2002 il satellite smise di funzionare. L'accuratezza del minuto d'arco ha permesso a radiotelescopi e a telescopi ottici convenzionali di terra di ricercare, dopo un tempo di trattamento dei dati da parte di Beppo-SAX di circa 5 ore dopo ogni esplosione, il più piccolo riquadro di errore senza che si avesse una confusione significativa di sorgente. Oltre 40 bagliori di GRB furono osservati da raggi X e radiazione ottica, più una dozzina da onde radio e finalmente si determinarono le relative galassie di provenienza. Alla fine, dopo 30 anni dalla loro scoperta, è stata rivelata la natura cosmologica delle esplosioni di raggi gamma (van Paradijs et al. 2000).
Le distanze cosmologiche dei flussi di GRB osservati implicano energie di emissione isotropica minori di 6×1053 TeV circa. Gli spettri dei GRB sono nontermici e richiedono qualche processo di accelerazione. Il numero N di fotoni a unità di energia E segue una legge di potenza N(E)∝E−α, dove α è 1 ca. a basse energie, mentre è 2 o 3 ca. a energie maggiori di 1 MeV fino a 1 GeV ca. in molte esplosioni. Inoltre, le strutture temporali dei GRB sono abbastanza diverse. Le esplosioni hanno una durata che va da qualche millisecondo a diversi minuti e mostrano andamenti temporali differenti: crescite graduali e veloci seguite da decadimenti quasi esponenziali, oppure curve di luce con molti picchi e sottostrutture di ampiezza fino a qualche millisecondo. La scala di tempo di 1 s indica, data la casualità, che questa grande quantità d'energia è liberata in una regione di 100 km circa. Un'intensa luminosità in un'esplosione breve e localizzata, indipendente dalla natura del progenitore e del meccanismo di attivazione, implica la formazione di quello che si chiama fireball relativistico in espansione (Cavallo e Rees 1978; Goodman 1986; Paczynski 1986). Per evitare che i raggi gamma si degradino al di sotto della massa dell'elettrone (in energia, 0,511 MeV), il flusso deve avere una espansione relativistica con un fattore di Lorentz maggiore di 102 (Fenimore et al. 1993; Harding e Baring 1994). La dinamica dettagliata del fireball relativistico che genera i GRB è ancora argomento di dibattito, con scenari differenti che coinvolgono accelerazioni di urto interne ed esterne (Mészáros e Rees 1993; Rees e Mészáros 1994).
Il modello di fireball relativistico è riuscito a spiegare i dati delle osservazioni, tuttavia esso è ancora sconosciuto: giace nascosto nello spesso flusso di radiazione visibile. Molti modelli suggeriscono un flusso uscente, che riduce i requisiti energetici per un singolo evento e incrementa il numero di progenitori per galassia. Attualmente, le proposte riguardanti i progenitori vanno dalle stelle massive che subiscono un brusco collasso del nucleo, chiamate collapstar o ipernovae (Woosley 1993; Paczynski 1998; Fryer et al. 1999), alla fusione di due oggetti compatti, quali stelle a neutroni o buchi neri (Goodman 1986; Paczynski 1986). I residui di entrambi questi scenari sono buchi neri di poche masse solari circondati da dischi di accrescimento; la materia precipita nel buco nero, originando i getti. Alcuni scenari alternativi riguardano la distruzione di marea delle stelle compatte da parte dei buchi neri e la rotazione veloce di stelle a neutroni magnetizzate intensamente (Thompson 1994; Usov 1994). L'enorme fuoriuscita di energia dai GRB, indipendentemente da quale sia il progenitore, e la trasparenza dell'Universo al di sotto di 100 MeV permettono l'osservazione dei GRB attraverso l'Universo. I raggi gamma, come fari di emissioni di alta energia, hanno la capacità di sondare l'Universo in tempi molto remoti nonché di studiare, su distanze cosmologiche, la propagazione dei fotoni di alta energia e probabilmente anche dei neutrini.
Non tutti i GRB si originano nello stesso modo. Esistono oggetti che mostrano GRB ripetuti con uno spettro molto meno energetico rispetto ai classici GRB considerati finora. Questi GRB sono stati catalogati, alla fine degli anni Ottanta, come una classe distinta e chiamati soft gamma-ray repeaters (SGR) (Atteia et al. 1987; Kouveliotou et al. 1987; Laros et al. 1987). Si conosce un numero molto piccolo di questi oggetti, con differenti gradi di attività, da pochi getti osservati a centinaia di brevi lampi di bassa energia per singolo SGR. Anche il singolo getto può avere una struttura temporale diversa, da semplici lampi di 10 ms a decine di piccoli lampi consecutivi, ognuno di durata pari a decine di ms. La distribuzione dell'intensità di emissione dei getti dagli SGR è analoga a quella dei terremoti sulla Terra (Hurley et al. 1995; Cheng et al. 1996).
Gli SGR sono localizzati, in genere, all'interno o nei pressi dei resti di una supernova e si ritiene che siano associati alle stelle a neutroni di campo magnetico più intenso (induzione di 1014-1015 gauss), chiamate magnetar (Duncan e Thompson 1992; Thompson e Duncan 1996). La relazione degli SGR con le stelle a neutroni fortemente magnetizzate è rafforzata dall'osservazione, in alcuni sistemi, di pulsazioni e di un periodo di rotazione rallentata. Il famoso evento del 5 marzo 1979 presenta un treno lungo 3 minuti di pulsazioni di 8 s dall'SGR 0526-66 (Mazets et al. 1979) compatibile con la frequenza di rotazione delle stelle a neutroni. Il Rossi X-ray timing explorer (RXTE) ha osservato una pulsar X di 7,47 s associata con SGR 1806-20 (Kouveliotou et al. 1998), una possibile pulsazione di 6,7 s da SGR 1621-47 (Dieters et al. 1998) e alcune pulsazioni di 5,16 s da SGR 1900+14 (Hurley et al. 1995); oltre alle pulsazioni, è stata misurata, per SGR 1806-20 e SGR 1900+14, una frequenza di spindown (ovvero la rapidità con cui aumenta il periodo di rotazione; essa risulta dell'ordine di alcuni millisecondi all'anno). Entrambe le misure sono compatibili con uno spindown secolare dovuto alla radiazione di dipolo magnetico, con un corrispondente dipolo di 1014-1015 gauss, come previsto per le magnetar. Questi oggetti hanno il campo magnetico più intenso dell'Universo.
Nuclei galattici attivi
Alcune galassie mostrano, nella parte centrale, oppure nucleo, fenomeni di alta energia; si parla quindi di galassie attive o di nuclei galattici attivi (AGN). Queste galassie speciali emettono una quantità straordinaria di radiazione che va dalle radiofrequenze fino ai raggi gamma TeV. Nel 1959 Lodewijk Woltjer aveva già dimostrato come le galassie di Seyfert (galassie attive, osservate da Carl Seyfert, che hanno nuclei con la superficie molto luminosa e righe di emissione larghe) avessero una massa molto grande (dell'ordine di 109 M⊙) concentrata in meno di 100 pc e che fossero galassie molto rare oppure fasi brevi di galassie comuni (Woltjer 1959). Attualmente si pensa che gli AGN siano buchi neri di massa straordinaria, 108-1010 M⊙, che risucchiano materia dal nucleo di una galassia ospite. Il processo di accrescimento di un buco nero può rilasciare, in modo dipendente dalla rotazione del buco nero stesso, circa il 10% o anche più dell'energia residua della materia precipitata. Questo processo estremamente efficiente può spiegare le caratteristiche dell'energia totale, ma i dettagli del processo di emissione sono abbastanza complessi e rappresentano una area di ricerca attiva.
Gli AGN a radiofrequenze emettono getti di particelle relativistiche che si pensa siano allineati con l'asse di rotazione del buco nero. Questi getti generano lobi radio alla scala spaziale del Mpc che riducono le dimensioni della galassia ospite. Il moto relativistico dei getti AGN, rispetto all'osservatore, aumenta la luminosità apparente della sorgente a causa della contrazione di Lorentz del tempo e dello spostamento verso il blu della frequenza dei fotoni emessi. Inoltre, l'irraggiamento relativistico tende a ridurre le interazioni dei fotoni, che altrimenti porterebbero a un degradamento dei raggi gamma maggiormente energetici. Più il getto relativistico è allineato con la linea dell'orizzonte, maggiore è l'energia dei fotoni osservati. Gli oggetti BL Lacertae (BL Lac) e i radio quasar a spettro piatto (flat spectre radio quasar, FSRQ) sono i tipi di AGN più facilmente rivelabili per mezzo dei raggi gamma ad alta energia. Queste sorgenti sono generalmente denominate blasar ed emettono gran parte della propria radiazione sotto forma di raggi gamma con luminosità di 1045-1047 erg/s.
I blazar emettono radiazione non termica a banda larga da un nucleo compatto. La radiazione è altamente polarizzata e questo fa pensare a un'emissione di sincrotrone in campo magnetico locale. L'alta luminosità e la rapida variabilità indicano getti altamente relativistici strettamente allineati all'orizzonte terrestre. La distribuzione dello spettro di energia mostra due picchi di potenza comparabile, come si può osservare nella fig. 6. Il primo picco è nella zona delle bande UV e X ed è associato comunemente all'emissione di sincrotrone dagli elettroni energetici. Secondo il modello Synchrotron self-Compton (SSC), il secondo picco, nella zona dei raggi gamma dal GeV al TeV, proviene dallo scattering Compton inverso tra fotoni di sincrotrone ed elettroni della stessa energia. Le previsioni di questo modello sono compatibili con le osservazioni disponibili, incluse la distribuzione dello spettro di energia e le correlazioni nell'andamento temporale a energie diverse.
Vi sono, per i blazar, modelli alternativi basati su sciami indotti di protoni al posto degli sciami di elettroni. Campi magnetici intensi in grandi regioni di accelerazione possono, in un tempo sufficiente, far raggiungere alte energie più facilmente ai protoni che agli elettroni. Questi perdono energia per radiazione di sincrotrone e Compton inverso, rendendo più difficile il raggiungimento di alte energie. Se i protoni sono accelerati nei getti AGN a energie molto alte, allora interagiscono con gli abbondanti fotoni infrarossi e generano pioni. I pioni neutri decadono ciascuno in due fotoni gamma, dando così origine, in questi modelli detti adronici, a raggi gamma. A sua volta, il decadimento dei pioni carichi genera neutrini energetici che possono essere rivelati dagli osservatori di neutrini di alta energia che dispongano di km3 di volume. Un'altra caratteristica interessante dei modelli adronici è la possibilità di spiegare l'origine dei raggi cosmici di energia ultra-alta.
Le osservazioni di raggi gamma dagli oggetti BL Lac come Markarian 421 (Mkn 421) e Markarian 501 (Mkn 501) sono maggiormente in accordo con il modello di sciame elettronico. Le variazioni a piccola scala di tempo richiedono tempi di accelerazione brevi e regioni compatte. Inoltre, nel modello SSC, la correlazione tra luminosità dei raggi X e dei raggi gamma si presenta come una conseguenza naturale. È anche possibile che ci sia accelerazione adronica, ma un indizio diretto in tal senso è ancora lontano. Le osservazioni su più lunghezze d'onda sono cruciali per progredire nella comprensione degli AGN. I raggi gamma giocano allora un ruolo particolare perché le particelle di energia maggiore probabilmente sono prodotte nei pressi del motore centrale, oltre ad arrivare ai radiotelescopi e ai telescopi ottici.
Il quasar 3C273, rivelato da COS-B a 100 MeV ca., è stato il primo AGN osservato mediante raggi gamma ed è, tra i quasar conosciuti, il più brillante, con una luminosità di 1047 erg/s ≈1013 L⊙ (dove L⊙ è la luminosità del Sole) e un red shift z di 0,158. Il numero di osservazioni gamma di AGN è cresciuto notevolmente con l'indagine di EGRET di tutta la volta celeste. Come ricordato in precedenza, EGRET ha rivelato 66 blazar AGN e circa 27 sorgenti compatibili con un AGN, a un livello di confidenza più basso. Gli strumenti gamma a terra hanno osservato, guidati da EGRET, alcuni AGN con energie molto grandi, fino a 10 TeV. La prima sorgente TeV extragalattica a essere scoperta è stata Mkn 421 (con z=0,031) dal telescopio Whipple a immagini Čerenkov (Punch et al. 1992). Mkn 421 è stata rivelata anche dagli Osservatori CAT e da HEGRA, mentre Cangaroo-II ha annunciato un'emissione, ancora non confermata, che raggiunge circa 10 TeV. Mkn 501, con z=0,034, è stata rivelata anche da Whipple e confermata da HEGRA, CAT, TACTIC e dal Telescope array prototype.
La lista di sorgenti gamma TeV extragalattiche conosciute comprende attualmente anche due blazar confermati, AGN 1H 1426+428 (con z=0,13) e 1ES 1959+650 (con z=0,048), e altri due non ancora confermati, AGN 1ES 2344+514 (con z=0,044) e 1ES 2155-304 (con z=0,117). Mkn 421 e Mkn 501 hanno quattro lunghi bagliori che mostrano variazioni correlate nel flusso di raggi X (osservato da RXTE e da OSSE) e nel flusso di raggi gamma (osservato da Whipple). Questi bagliori correlati sono in buon accordo con il modello SSC, tuttavia sono necessarie ulteriori osservazioni a più lunghezze d'onda per determinare la sorgente dei raggi gamma di alta energia e il meccanismo di formazione dei getti e di accelerazione delle particelle nell'AGN. Con i satelliti di nuova generazione e con gli esperimenti a terra attualmente in preparazione, le conoscenze su queste sorgenti di alta energia dovrebbero aumentare notevolmente.
Altre sorgenti di raggi gamma
Vale la pena prendere in considerazione alcune sorgenti di raggi gamma associate a supernovae. La sorgente di raggi gamma maggiormente conosciuta è il Granchio, che rappresenta la candela standard nell'astronomia a energia di TeV con un flusso ≈2,8×10−7 E−2,59 fotoni m−2s−1 TeV−1, esprimendo l'energia E in TeV. Pochi altri resti, come la pulsar PSR 1706-44, forse la pulsar della Vela, i resti della supernova Cas A, SNR 347,3-00,5, SN1006, RXJ 1713,7-3946, e PSR B1509-58, sembrano raggiungere energie di TeV. Si pensa che i siti di accelerazione dei raggi cosmici da ≈1 GeV a ≈100 TeV coincidano con le collisioni intorno ai resti di supernova. Questa ipotesi deve ancora essere confermata con certezza dall'osservazione di raggi gamma provenienti dal decadimento dei pioni nei resti di supernova. Tra essi, le pulsar giovani emettono spesso raggi gamma; un esempio è la famosa sorgente Geminga, che è stata classificata, per le sue emissioni di raggi X rivelate da ROSAT nel 1992, come una pulsar. Oggi si conoscono circa 10 pulsar gamma, incluse le pulsar del Granchio, della Vela e Geminga.
Una delle più evidenti osservazioni di supernovae relativamente all'emissione ad alta energia riguarda i raggi gamma dal decadimento radioattivo del cobalto 56 da SN1987a rivelata da Solar maximum mission (SMM) gamma-ray spectrometer. Questa osservazione ha confermato il modello teorico delle curve di luce delle supernovae che spiega l'emissione di radiazione ottica ritardata dalle supernovae come il decadimento del cobalto 56 e del ferro 56. Il decadimento del cobalto 56, prodotto dal nickel 56, nel ferro è stato osservato dalle linee 837 keV e 1238 keV (Matz et al. 1988).
È possibile verificare l'esistenza di nuove particelle, quali le weakly interacting massive particles (WIMP), candidate favorite per spiegare la materia oscura, mediante osservazioni di raggi gamma. Si pensa che tali particelle possano rappresentare una buona parte dell'alone di materia oscura della Galassia, esse possono annichilarsi ed emettere linee di raggi gamma o radiazione continua dal decadimento di pioni prodotti nell'annichilazione. La frequenza di annichilazione delle WIMP è proporzionale al quadrato della densità e può generare un segnale rivelabile nelle regioni ad alta densità, come nel centro della Galassia. Rivelatori su satelliti e a terra di nuova generazione ricercheranno questa radiazione della materia oscura.
Un limite agli osservatori di raggi gamma
I lampi di raggi gamma dimostrano, come abbiamo detto, che l'Universo è abbastanza trasparente ai raggi gamma di 100 MeV. Non sembra invece che sia così per i raggi gamma molto energetici. EGRET, per esempio, ha rivelato molti blazar, fino a ≈30 GeV, tuttavia non ha osservato blazar con energie dell'ordine del TeV. Ciò potrebbe essere dovuto, in linea di principio, a un taglio nello spettro del blazar, ma, dato che le poche osservazioni di blazar TeV sono tutte a un red shift relativamente basso (z ≈0,03-0,1), è più probabile che questa mancanza sia dovuta a un orizzonte di raggi gamma dipendente dall'energia. I fondi extragalattici diffusi possono degradare i raggi gamma dal TeV all'EeV (1018 eV) ad alto red shift mediante produzione di coppie. I raggi gamma PeV (1015 eV) ad alto red shift sono fortemente soppressi dal ben noto fondo cosmico di microonde, ma il fondo infrarosso e quello di onde radio, che influenzano rispettivamente la propagazione dei raggi gamma TeV ed EeV, sono determinati con minore precisione. È possibile studiare questi fondi meno conosciuti, confrontando sorgenti a distanza diversa nell'emissione di alta energia. Dalla scarsa emissione TeV dai blazar molto lontani segue una stima del fondo infrarosso. Se tali sorgenti di raggi gamma avessero una estensione degli spettri oltre le energie TeV, l'effetto dei fondi diffusi sarebbe quello di spostare la radiazione ad alta energia verso il campo di energie nel quale opera EGRET; in questo modo i limiti di EGRET sul fondo gamma extragalattico sarebbero strettamente vincolati nei modelli dove i raggi gamma UHE fossero prodotti in tutto l'Universo.
L'astronomia dei neutrini è nata nella metà degli anni Sessanta, quando R. Davis jr e J. Bahcall scoprirono il problema dei neutrini solari. Davis progettò un esperimento al cloro per rivelare il flusso di neutrini provenienti dal decadimento beta del 8B che avviene nel nucleo del Sole. L'esperimento di Davis osservò i neutrini solari, ma il flusso era circa un terzo di quello della previsione teorica di Bahcall. Questa discrepanza ha resistito a tre decenni di progressi sperimentali e teorici nello studio dei neutrini solari ed è divenuta nota come il 'problema dei neutrini solari'. Sappiamo ora che la soluzione a questo problema è rappresentata da una recente fondamentale scoperta nella fisica delle particelle: i neutrini hanno massa e oscillano tra tipi differenti.
L'oscillazione dei neutrini è stata proposta come soluzione per l'annoso problema dei neutrini solari e anche per un enigma collegato, il problema dei neutrini atmosferici, vale a dire del deficit dei neutrini muonici prodotti nelle interazioni dei raggi cosmici nell'atmosfera terrestre, rispetto ai neutrini elettronici. Il deficit dei neutrini atmosferici è stato osservato dal rivelatore sotterraneo Čerenkov ad acqua degli Stati Uniti (il rivelatore IMB) e del Giappone (il rivelatore Kamiokande). Il rivelatore Super-Kamiokande (SuperK), molto più sensibile, ha chiaramente dimostrato come il deficit dei neutrini atmosferici fosse dovuto all'oscillazione dei neutrini muonici in neutrini di un altro tipo (probabilmente neutrini tau) e ha mostrato la prima evidenza definitiva delle masse dei neutrini. Dopo il successo di SuperK nel risolvere la questione dei neutrini atmosferici, la soluzione al problema dei neutrini solari è venuta dal Sudbury neutrino observatory (SNO).
Questo osservatorio ha la capacità di rivelare tutti e tre i tipi del neutrino ed è stato in grado di mostrare come il deficit di neutrini elettronici dal Sole sia dovuto alla loro oscillazione in neutrini tau. Tali esperimenti misurano i deficit relativi nel flusso, che possono essere messi in relazione con i cosiddetti 'parametri di mixing' dei neutrini, i principali dei quali sono le differenze di massa tra due tipi differenti e gli angoli di mixing. Nonostante fino a ora esistano soltanto limiti superiori sulle masse m dei neutrini (mνe⟨2 eV, mνμ⟨190 keV, e mντ⟨18,2 MeV), gli esperimenti sui neutrini atmosferici e solari hanno mostrato che le differenze di massa sono diverse da zero (m12−m22≈10−3−10−5 eV2) e che quindi i neutrini hanno masse non nulle. Questa è la prima evidenza sperimentale di fenomeni fisici oltre il Modello standard della fisica delle particelle.
Un'altra fondamentale scoperta che riguarda i neutrini è stata la conferma dello scenario standard di collasso del nucleo di una supernova mediante l'osservazione, nel 1987, dei primi neutrini extragalattici: i rivelatori IMB e Kamiokande hanno rivelato neutrini dalla supernova 1987a. In una esplosione di una supernova, molta energia è emessa sotto forma di neutrini. La suddetta SN1987a è esplosa nella Grande Nube di Magellano a 50 kpc dalla Terra, troppo lontano perché si potessero rivelare più di pochi eventi sopra il fondo. Anche se è stato rivelato soltanto un numero esiguo di neutrini da SN1987a, questa osservazione ha portato a un grande miglioramento nella nostra comprensione del collasso del nucleo nelle supernovae. La ricchezza di informazioni che si potrebbe ottenere dai neutrini, se una supernova esplodesse nella nostra Galassia, sarebbe immensa.
Sebbene i neutrini osservati da SN1987a siano relativamente di bassa energia, la loro sorgente richiama la fisica delle alte energie. Si pensa che neutrini di alta energia siano emessi nelle esplosioni di supernovae, tanto quanto in molti dei sistemi astrofisici di alta energia nell'Universo. Il vantaggio nella ricerca di neutrini di energia estremamente grande da sorgenti extragalattiche consiste nel fatto che i neutrini, a differenza dei raggi gamma, non interagiscono e possono attraversare immutati l'Universo osservabile. I raggi gamma, in particolare gli AGN, producono flussi osservabili di neutrini, da zone a noi vicine fino a zone molto distanti.
La nuova frontiera nell'astronomia dei neutrini riguarda la ricerca di neutrini di alta energia con rivelatori capaci di controllare volumi straordinariamente grandi: i flussi stimati indicano una scala minima di km3 o di 1 miliardo di tonnellate di materiale sensibile. Esistono due diversi approcci per i neutrini di energia dell'ordine del PeV (1015 eV): rivelatori con km3 di acqua (ANTARES, NEMOS, NESTOR) e rivelatori con km3 di ghiaccio (IceCube). Questi rivelatori usano la Terra come filtro per le particelle del fondo e osservano i muoni che viaggiano verso l'alto, generati dai neutrini quando attraversano la Terra. I muoni di grande energia emettono radiazione Čerenkov nell'acqua o nel ghiaccio, che è osservata da una matrice di tubi fotomoltiplicatori. Un prototipo di rivelatore a ghiaccio, AMANDA, ha già osservato molti eventi compatibili con i neutrini atmosferici.
Un'altra sorgente di neutrini di energia ancora maggiore è rappresentata dai raggi cosmici extragalattici (UHE). Quando tali raggi cosmici attraversano l'Universo, essi interagiscono con la radiazione di fondo cosmico di microonde e generano pioni. Questi decadono generando neutrini con energie che variano da circa 1 EeV (1018 eV) fino probabilmente a 1 ZeV (1021 eV), a seconda della natura della sorgente sconosciuta di protoni UHE. La nuova generazione di rivelatori di raggi cosmici UHE, come il Progetto Auger e l'esperimento su satellite EUSO, sarà in grado di studiare i neutrini UHE per mezzo di sciami orizzontali che rasentano la Terra. Nuove tecniche riguardanti le osservazioni di neutrini UHE per mezzo di segnali radio nel ghiaccio (per es., RICE ) o nelle miniere di sale (ANITA) sono attualmente in fase di sviluppo. Una nuova prospettiva sarà aperta nell'astrofisica delle alte energie dalla prossima generazione di rivelatori di neutrini di grande energia nei dieci anni a venire.
I raggi cosmici hanno una lunga storia, che inizia nel 1912 quando Victor Hess, seguendo il lavoro di Wilson e di molti altri, dimostrò che una misteriosa radiazione ionizzante proveniva dallo spazio e non dalla Terra. I primi fisici dei raggi cosmici usavano questa sorgente naturale di protoni di alta energia per scoprire nuove particelle per mezzo di emulsioni fotografiche posizionate in altitudine, dove il flusso ad alta energia è meno attenuato. Come mostrò nel 1938 Pierre Auger, i raggi cosmici di energia molto alta generano ampi sciami nell'atmosfera terrestre ripartendo la propria energia tra miliardi di particelle di energia minore che arrivano contemporaneamente al suolo. Le osservazioni degli sciami estesi hanno rivelato, come particelle con la più grande energia mai osservata, raggi cosmici di energie macroscopiche, intorno alle decine di joule (1020 eV).
Sono stati osservati, con tecniche diverse, raggi cosmici di energie da ca. 108 eV a ca. 1020 eV. Fino a 1014 eV l'osservazione diretta è realizzabile con palloni ed esperimenti nello spazio. Al di sopra di questa energia, il flusso dei raggi cosmici è troppo piccolo per rivelatori nello spazio e i raggi sono studiati attraverso l'impronta al suolo degli sciami. Lo spettro dei raggi cosmici ha una flessione a energie minori a causa della magnetosfera solare, che agisce come uno schermo per le particelle cariche. Lo spettro dei raggi cosmici nella regione compresa tra i GeV e i PeV è descritto bene da una legge di potenza con indice spettrale ≈2,7. A energie E maggiori, lo spettro diventa più ripido e segue una legge di potenza del tipo E−3; la regione di transizione è chiamata 'ginocchio'. A energie ancora maggiori lo spettro sembra cambiare di nuovo andamento, tuttavia il comportamento preciso non è ancora chiaro.
Studi di composizione a basse energie mostrano una diffusione di nuclei nei raggi cosmici nella Galassia. A energie più basse, i raggi cosmici sono composti prevalentemente da nuclei leggeri (protoni ed elio) mentre in corrispondenza del ginocchio le particelle componenti sembrano diventare più pesanti. Ciò sarebbe in accordo con l'idea che la propagazione dei raggi cosmici sia di tipo diffusivo nel campo magnetico galattico e che la probabilità di fuga cresca all'aumentare dell'energia in modo dipendente dalla 'rigidità' del fascio. In questo quadro, il ginocchio rappresenterebbe la transizione dalle traiettorie vincolate a quelle che sfuggono dalla Galassia, da cui la variazione nell'indice spettrale. Sfortunatamente, non sono ancora chiare né l'origine né la storia della propagazione dei raggi cosmici. Tra le molte ipotesi riguardanti l'origine dei raggi cosmici, quella più accreditata è l'accelerazione violenta nei resti di supernova, ipotesi proposta nel 1949 da Enrico Fermi. Come abbiamo già detto nel paragrafo 2, ancora manca una conferma netta di questa ipotesi, ma potrebbe essere ottenuta da rivelatori di raggi gamma sufficientemente sensibili. Il processo di accelerazione dovrebbe generare un numero di interazioni tra raggi cosmici sufficiente a produrre un flusso osservabile di raggi gamma dal decadimento di pioni nei pressi del luogo di accelerazione. Ricerche in tal senso sono in corso.
Anche se l'accelerazione di Fermi fosse, nei resti di supernova, la causa dei raggi cosmici accelerati al di sotto del ginocchio, è difficile immaginare che questo meccanismo possa valere per energie molto oltre 1015 eV. È plausibile che, alle energie più alte, siano necessarie sorgenti più potenti. Inoltre, all'aumentare dell'energia del raggio cosmico primario, si ha una diminuzione dell'effetto del campo magnetico galattico sulla traiettoria della particella. Quando l'energia dei raggi cosmici raggiunge circa 10 EeV e oltre, le traiettorie dovrebbero iniziare a puntare indietro verso le sorgenti stesse e quindi l'astronomia dei raggi cosmici dovrebbe diventare accessibile. Le osservazioni, fino alle più alte energie esaminate sino a ora, mostrano invece una distribuzione isotropica della direzione di provenienza. Vista l'assenza di indicazioni relative al piano della Galassia o ad altre strutture vicine, l'isotropia indica una origine extragalattica delle sorgenti di più alta energia per i protoni cosmici.
I raggi cosmici UHE sono prevalentemente rivelati per mezzo di due tecniche differenti: array di scintillatori terrestri o di vasche d'acqua Čerenkov e rivelatori a fluorescenza. Esempi vecchi e attuali di grandi array (>8 km2) sono: Volcano Ranch negli Stati Uniti, Haverah Park in Gran Bretagna, SUGAR in Australia, Yakutsk in Russia, e la più grande matrice attualmente operativa, AGASA in Giappone, con ca. 100 km2 di superficie. Gli array al suolo osservano come gli sciami 'estesi' (EAS) arrivano sulla Terra. La tecnica di fluorescenza, introdotta dal rivelatore del tipo detto 'Fly's eye' usata attualmente dal rivelatore High resolution fly's eye, rivela la fluorescenza delle molecole di Ni presenti nell'atmosfera quando lo sciame si sviluppa sopra la superficie terrestre. Gli specchi focalizzano la luce ultravioletta fluorescente nei tubi fotomoltiplicatori che registrano le strutture degli sciami che si muovono veloci nell'atmosfera. Questa tecnica è più efficiente nelle notti serene illuni e in modalità stereo, con due rivelatori, distanti molti chilometri, che osservano lo stesso sciame da due angoli diversi, determinando così l'asse dello sciame.
Sebbene alcuni eventi UHE (>1020 eV) siano stati riportati nei decenni precedenti (a partire dal 1962 con un evento al Volcano Ranch), la prima osservazione certa di un raggio cosmico UHE è stata registrata nel 1991 dall'esperimento Fly's eye: un evento di energia 3,2×1020 eV. Tale evento ha fatto scattare un considerevole interesse intorno all'origine e alla natura di queste particelle UHE, che indicano l'assenza del taglio Greisen-Zatsepin-Kuzmin (GZK) ipotizzato da alcuni (Greisen 1966; Zatsepin e Kuzmin 1966). Nel caso in cui queste particelle UHE fossero protoni, sarebbero probabilmente originati da sorgenti extragalattiche, dato che il campo magnetico galattico non può confinare nella Galassia protoni a tali energie. Comunque, i protoni extragalattici con energie maggiori di qualche 1019 eV possono produrre pioni attraverso interazioni con il fondo cosmico di microonde e perdere di conseguenza una parte significativa della propria energia percorrendo le distanze intergalattiche. Quindi, oltre alla richiesta di una straordinaria energia per le sorgenti astrofisiche che accelerano i protoni a 1020 eV, la reazione di soglia fotopionica elimina il flusso osservabile al di sopra di 1020 eV. Si pensava quindi che queste condizioni determinassero un limite naturale di alta energia, conosciuto come taglio GZK, allo spettro dei raggi cosmici.
Nel caso in cui le particelle UHE fossero protoni, nuclei o fotoni da sorgenti extragalattiche, allora dovrebbe essere presente un taglio in energia. I protoni cosmici di energia maggiore di qualche 1019 eV perdono energia per produzione di fotopioni al di fuori del fondo cosmico di microonde (cosmic microwawe background, CMB) e non possono formarsi a distanze oltre circa 50 Mpc dalla Terra. I nuclei si fotodisintegrano a distanze minori a causa del fondo infrarosso mentre il fondo di onde radio vincola la formazione dei fotoni in corrispondenza di sistemi ancora più vicini. In aggiunta alla presenza di eventi che superano il taglio GZK, non è stata identificata una chiara corrispondenza con la direzione di arrivo negli eventi di energia più alta. Se questi eventi sono protoni, le osservazioni di raggi cosmici, alla fine, dovranno diventare astronomia! I campi magnetici galattici ed extragalattici, nel caso di particelle di energia così grande, non modificano significativamente la loro orbita, e quindi la direzione di queste particelle dovrebbe puntare all'indietro verso le sorgenti, con un errore di pochi gradi. I protoni a 1020 eV, quando attraversano la Galassia, si propagano prevalentemente in linea retta, dato che il loro raggio di curvatura, nel campo magnetico di pochi microgauss (μGs) della nostra Galassia, è di circa 100 kpc. Si suppone che i campi magnetici extragalattici siano con induzione molto minore di 1 μGs e che quindi inducano una deviazione massima di 1° dalla sorgente. Anche se il Superammasso locale avesse un campo magnetico relativamente intenso, la deviazione massima per gli eventi di energia maggiore non supererebbe i 10°. Una correlazione tra le direzioni di provenienza e plausibili sistemi ottici corrispondenti, come sorgenti nel piano galattico, nel Gruppo locale o nel Superammasso locale, a tutt'oggi, non è stata identificata con chiarezza. I dati relativi ai raggi cosmici UHE (UHE cosmic rays, UHECR) sono compatibili con una distribuzione isotropica delle sorgenti, in netto contrasto con la distribuzione anisotropica della luce nella regione compresa in 50 Mpc dalla Terra.
Secondo la più recente analisi dei dati di AGASA, lo spettro dei raggi cosmici non sembra terminare in corrispondenza del taglio GZK. Il flusso significativo osservato al di là di 1020 eV, insieme alla distribuzione pressoché isotropica delle direzioni di arrivo degli eventi, mette in discussione le spiegazioni classiche dell'astrofisica, stimolando alternative di nuova fisica. L'annuncio recente del formarsi di un piccolo ammasso, inoltre, tende a escludere molti possibili scenari. L'assenza del taglio GZK e l'isotropia delle direzioni di arrivo sono due tra le tante sfide sull'origine del fronte di UHECR. Si tratta di un campo di ricerca nuovo, con molti scenari proposti ma nessun modello chiaramente favorito. Non soltanto l'origine di queste particelle potrebbe essere dovuta a fenomeni di fisica ancora non contemplati nell'attuale Modello standard delle particelle elementari, ma la loro esistenza potrebbe essere usata per vincolare le estensioni dello stesso, come, per esempio, le violazioni dell'invarianza di Lorentz.
Questo stimolante stato di fatto costituisce una sfida sia per le ricerche teoriche sia per gli sforzi sul versante sperimentale. La soluzione può nascondersi nell'ambito sperimentale, come, per esempio, una sovrastima del flusso a grandi energie. Questa spiegazione è stata proposta dalla collaborazione HiRes, basandosi sull'analisi dei loro dati monoculari. Qualora ciò fosse vero, eventi oltre il taglio GZK sono stati osservati anche da HiRes. I dati Mono HiRes sembrano rispettare maggiormente le caratteristiche GZK, come discuteremo nel prossimo paragrafo, ipotizzando nuove sorgenti con energie al di là del taglio. Gli eventi oltre 1020 eV pongono sfide teoriche che in futuro potranno essere spiegate da nuove sorgenti astrofisiche o da una nuova fisica fondamentale. Il futuro della fisica degli UHECR sembra essere molto promettente. Lo stato attuale delle osservazioni è particolarmente enigmatico e gli esperimenti per risolvere questi misteri saranno operativi in un futuro molto vicino. Il rivelatore ibrido del Progetto Auger dovrebbe aiutare a chiarire la presente incongruenza tra HiRes e AGASA con una calibrazione incrociata delle due tecniche. Inoltre, esso determinerà la composizione di uno sciame attraverso la misura della profondità del massimo dello sciame e dell'impronta al suolo dello stesso. La spiegazione del mistero degli UHECR e la nascita dell'astronomia dei neutrini UHE giungeranno con la prossima generazione di esperimenti attualmente in allestimento, come Auger, o in programma, come gli Osservatori spaziali Telescope array, EUSO e OWL.
Il futuro dell'astrofisica delle alte energie sembra essere estremamente promettente. La combinazione delle missioni spaziali, che si estendono su molte lunghezze d'onda dei fotoni osservabili, con i rivelatori al suolo, che coprono superfici di migliaia di km2, porteranno nuova luce sui molti enigmi riguardanti la produzione e la propagazione dei raggi gamma, dei raggi cosmici e dei neutrini di alta energia. Inoltre, si prevede che saranno osservati, piuttosto presto, fenomeni di fisica d'avanguardia, come le onde gravitazionali e le particelle di materia oscura. Gli attuali osservatori di raggi X, come Chandra, RXTE e XMM-Newton apriranno la strada al progetto di prossima generazione, l'ambizioso Costellazione X, che si propone di sistemare in orbita un allineamento di telescopi per raggi X con una grande sensibilità (circa 100 volte quella dei rivelatori attuali) e una grande risoluzione (meno di 1 minuto d'arco).
Dopo il successo di CGRO, il prossimo grande osservatorio di raggi gamma ora in costruzione è GLAST, che dovrebbe iniziare a operare nel 2006 con rivelatori a silicio, calorimetri a CsI e nuove tecniche di anticoincidenza. Insiemi di telescopi a raggi gamma per energie maggiori sono in costruzione al suolo, quali il Tibet array, HESS (operante dal 2002), VERITAS e Cangaroo-III. A energie più basse, MAGIC seguirà STACEE e CELESTE nella sovrapposizione con l'intervallo di energie dei satelliti. Gli osservatori di neutrini di alta energia raggiungeranno volumi di km3 di ghiaccio e di acqua, seguendo ANTARES, NESTOR e NEMOS. Questi rivelatori porteranno una luce nuova sui meccanismi dei sistemi di alta energia dell'Universo. A energie maggiori, i neutrini dovrebbero essere osservati dalla prossima generazione di rivelatori di UHECR, come Auger, EUSO, e OWL, e dalla prossima generazione di rivelatori di onde radio, quali Super RICE, ANITA e Salsa.
Nell'ambito dei UHECR, il futuro ci riserverà la scoperta dell'origine e della natura di queste particelle misteriose. Lo stato attuale delle osservazioni è particolarmente enigmatico e gli esperimenti necessari per risolvere questi misteri inizieranno a essere operativi in un futuro molto vicino. Tra essi sono inclusi il Progetto Auger, attualmente in costruzione in Argentina (presumibilmente operativo dal 2004), e un secondo sito che dovrebbe essere costruito nell'emisfero settentrionale. Il sito argentino avrà 3000 km2 di array di vasche d'acqua Čerenkov uniti a tre o quattro rivelatori di fluorescenza rivolti verso l'array. L'uso contemporaneo degli array di superficie e della tecnica di fluorescenza contribuirà a risolvere l'apparente incongruenza tra i due maggiori osservatori attualmente in funzione: l'array di superficie AGASA e il rivelatore di fluorescenza High resolution fly's eye. Quando Auger raggiungerà 1020 eV, l'esplorazione nella regione delle più alte energie potrà proseguire con gli osservatori spaziali, come le missioni proposte EUSO e OWL. Questi rivelatori spaziali di fluorescenza potranno controllare gli sciami EAS in regioni molto grandi sopra l'atmosfera.
Infine, una nuova generazione di osservatori sarà probabilmente in grado di effettuare importanti scoperte nell'ambito dell'astrofisica delle alte energie. Osservatori di onde gravitazionali, come il rivelatore al suolo LIGO che entrerà presto in funzione, o come il prossimo rivelatore nello spazio LISA, potrebbero osservare, per la prima volta, le onde gravitazionali prodotte da sorgenti astrofisiche di alta energia. Le ricerche dirette di materia oscura con rivelatori dal fondo ridotto, o indirette con gli osservatori di raggi gamma e di neutrini faranno luce sulla componente più abbondante dell'Universo. In questo ambito, esiste una grande sovrapposizione tra osservazioni di lunghezze d'onda diverse nei medesimi sistemi come del resto nell'uso degli stessi osservatori per studiare sistemi molto differenti.
La prossima generazione di osservatori di raggi gamma, per esempio, sarà in grado di studiare, come gli osservatori di molteplici lunghezze d'onda, le dinamiche degli AGN nonché di cercare segnali di materia oscura dall'alone galattico. La comprensione dell'Universo delle alte energie rappresenta soltanto l'inizio e sembra riservare, per gli anni a venire, molte nuove scoperte. Interpretando le informazioni portate dai diversi messaggeri di energia, potremo arrivare a una comprensione maggiore dei processi della Natura, dell'origine e dell'evoluzione dell'Universo.
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