La grande scienza. Il Progetto genoma umano
Il Progetto genoma umano
Il Progetto genoma umano o HGP (Human genome project) ha avuto origine negli Stati Uniti verso la fine degli anni Ottanta allo scopo di definire la mappa dei presunti 80.000 o 100.000 geni, che si pensava fossero presenti nel corpo umano, e il 'sequenziamento' dei tre miliardi di paia di basi che si riteneva fossero contenute nel DNA umano. La nascita di questo progetto è legata soprattutto alle iniziative di Robert Sinsheimer e di Charles DeLisi. Nominato nel 1977 rettore del campus di Santa Cruz della University of California, Sinsheimer, noto biologo molecolare, era fermamente intenzionato a ritagliare per questa istituzione una posizione di primo piano nel panorama scientifico mondiale. Nel 1984 egli aveva avuto l'idea di avviare a Santa Cruz la realizzazione di un grande progetto con lo scopo di determinare nei dettagli il genoma umano e, a tal fine, aveva organizzato nel campus una conferenza invitando molti insigni biologi a riflettere su questo problema.
Fisico di formazione ed esperto di matematica applicata alla biologia presso i National institutes of health, DeLisi era direttore a Washington dell'Office of health and environmental research del Department of energy, struttura le cui origini risalgono al Manhattan project e all'invenzione della bomba atomica e che per lungo tempo ha finanziato ricerche sugli effetti delle radiazioni, in particolare sulle mutazioni genetiche. Del dipartimento faceva parte la Life science division presso il Los Alamos national laboratory, nel New Mexico, dove nel 1983 era stata installata una grande banca dati, la Genbank, che raccoglieva tutte le informazioni relative alla sequenza del DNA. Nell'ottobre 1985, per studiare le mutazioni genetiche umane DeLisi pensò di comparare, nucleotide per nucleotide, il genoma di un bambino con quello dei suoi genitori. Tale idea lo portò a prendere in considerazione la possibilità di ottenere la sequenza di nucleotidi di un intero genoma umano, un obiettivo che Walter Gilbert, biologo della Harvard University insignito nel 1980 del premio Nobel, avrebbe in seguito definito 'il Santo Graal' della genetica.
Grazie alle più recenti innovazioni, le prospettive tecniche del progetto di mappatura e di sequenziamento del genoma umano erano eccellenti. La tecnica del DNA ricombinante, elaborata negli anni Settanta, permetteva agli scienziati di manipolare i geni e alcuni ricercatori, tra cui Gilbert, avevano ideato tecniche che consentivano di determinare la sequenza dei nucleotidi in un tratto di DNA. Inoltre, all'inizio degli anni Ottanta, gli scienziati che operavano presso il California institute of technology avevano messo a punto una nuova tecnica in grado di automatizzare e rendere più veloce il processo di sequenziamento. Molto incoraggiante era anche la recente individuazione nel genoma dei polimorfismi nella lunghezza dei frammenti di restrizione (RFLP, restriction fragment length polymorphisms) prodotti dall'azione degli enzimi di restrizione che tagliano il DNA in siti specifici. La distanza esistente tra i siti varia da un individuo all'altro; di conseguenza, i frammenti di DNA creati in due individui da un enzima di restrizione applicato alla stessa regione cromosomica tendono a presentare lunghezze differenti. Dal momento che sono di forme diverse, ossia polimorfici, per usare la terminologia dei genetisti, e sono inoltre disseminati in tutti i cromosomi, gli RFLP costituiscono una struttura dei marcatori genetici in riferimento alla quale si considerava possibile mappare tutti i geni.
Verso la metà degli anni Ottanta la mappatura degli RFLP permise di identificare a un ritmo vertiginoso i geni responsabili delle malattie. L'attribuzione della causa del cancro agli oncogeni spinse il premio Nobel Renato Dulbecco a dichiarare che la scienza si trovava a un punto di svolta nella ricerca su questa malattia e che si sarebbero rapidamente compiuti ulteriori passi in avanti una volta che si fosse entrati in possesso di una sequenza completa del DNA nel genoma umano. Dulbecco affermò che gli Stati Uniti dovevano impegnarsi a fondo nel conseguimento di questo obiettivo, intraprendendo la realizzazione di un programma paragonabile per impegno e spirito a quello che aveva portato alla conquista dello spazio.
Gilbert sosteneva instancabilmente che era necessario procedere senza perdere tempo al sequenziamento del patrimonio genetico umano dal momento che era già disponibile la tecnologia necessaria. Nel giugno del 1986 egli dichiarò che era possibile ridurre i tempi di realizzazione del progetto qualora si fossero impiegate in questo lavoro molte migliaia di persone, asserendo che, al costo di un dollaro a nucleotide, si poteva ottenere la sequenza umana completa per tre miliardi di dollari; la biologia si trovava di fronte a un progetto di grande portata.
Il Department of energy, dove lavorava DeLisi, aveva già intrapreso l'attuazione di molti grandi progetti scientifici e, in particolare, di programmi di ricerca che implicavano l'uso di sofisticate tecniche quali, per esempio, gli acceleratori di particelle. Nel settembre 1987 il segretario del Department of energy dispose la creazione di centri di ricerca sul genoma umano in tre dei laboratori nazionali del dipartimento: Los Alamos, Livermore e Lawrence Berkeley. Tuttavia, il coinvolgimento del Department of energy in un grande programma di ricerca che riguardava l'area delle scienze biologiche e mediche aveva suscitato il malumore di un certo numero di scienziati che lavoravano in questi ambiti di studio. I National institutes of health costituivano il più importante organismo federale nel campo delle scienze della vita, genetica inclusa. Dominato da studiosi di scienze biomediche, questo organismo non imponeva ai centri che finanziava obiettivi di studio e, per tradizione, incoraggiava l'iniziativa locale e ricerche su scala ridotta. Il Department of energy, invece, era guidato da studiosi di scienze fisiche e i suoi programmi di ricerca, di cui i laboratori nazionali erano espressione, tendevano a essere molto vasti, di carattere burocratico e orientati verso scopi precisi.
Per molti studiosi di scienze biomediche, l'ingresso di questo organismo nel progetto di studio del genoma minacciava di sottrarre fondi ai National institutes of health e di sottoporre il processo di mappatura e sequenziamento a un controllo centralizzato, autocratico. Ciononostante, numerosi eminenti scienziati del settore biomedico insistevano sul fatto che i National institutes of health dovevano prendere parte al progetto, se non altro per sottrarlo al controllo del Department of energy. Così, all'inizio del 1987, i rappresentanti dei National institutes of health approvarono dinanzi al Congresso il progetto di studio del genoma. Nell'autunno, la legge Domenici cessava di essere in vigore e, a dicembre, il Congresso stanziava una considerevole somma a favore sia dei National institutes of health sia del Department of energy - la prima istituzione ricevette 17,2 milioni di dollari, una cifra superiore del 50% ca. rispetto alla somma concessa alla seconda - per la ricerca sul genoma umano nell'anno fiscale 1988.
Il crescente coinvolgimento dei National institutes of health nel Progetto genoma, tuttavia, non poneva fine al dissenso, che nel 1987 si inasprì, diffondendosi in ampi settori della comunità scientifica biomedica. Il progetto, infatti, era ancora legato all'immagine che di esso aveva offerto Gilbert, ossia quella di un grande programma scientifico intensivo da tre milioni di dollari, costruito intorno a pochi grandi centri burocratizzati, cui sarebbe stato affidato il compito di realizzare, in diversi anni, il sequenziamento del DNA. In quel periodo, inoltre, si riteneva che solo il 5% dei nucleotidi del DNA umano contenesse informazioni riguardanti i geni. Queste regioni codificanti, gli esoni, erano intervallate da estese regioni non codificanti, lunghi tratti di DNA chiamati introni o, informalmente, 'DNA spazzatura'. Per molti biologi non aveva senso impiegare tempo e risorse per ottenere dati che, nella maggior parte dei casi, rivelavano poco o nulla sulle malattie e sullo sviluppo umano. Così, nel febbraio 1988, un gruppo di insigni biologi si riunì intorno a un progetto di ricerca sul genoma che si sarebbe rivelato di grande interesse, che non si presentava come un programma intensivo e che non avrebbe sottratto fondi alle ricerche biomediche in corso. Questi scienziati proposero di destinare 200 milioni di dollari l'anno alla mappatura fisica e genetica dell'uomo e di altri organismi - in particolare del gatto, del lievito e del nematode Caenorhabditis elegans - che, a sua volta, avrebbe accelerato la ricerca dei geni legati alle malattie (un genere di ricerca che molti biologi intendevano comunque portare avanti). Una parte di questa somma sarebbe stata investita nello sviluppo di tecniche che avrebbero reso il sequenziamento rapido e poco costoso, al punto da poter essere realizzato in molti laboratori di dimensioni normali piuttosto che in poche, grandi strutture.
Accogliendo questi suggerimenti, i National institutes of health crearono l'Office for human genome research la cui direzione fu affidata a James D. Watson, uno degli scopritori della struttura del DNA. La nomina di Watson definì de facto la spinosa questione relativa al tipo di organismo federale cui sarebbe spettato il controllo degli aspetti biologici del progetto.
Watson, il signor DNA per eccellenza, aveva già dimostrato di essere un autorevole sostenitore del progetto presso il Capitol Hill e nel suo compito era coadiuvato da potenti alleati, inclusi molti studiosi di scienze biomediche e numerosi rappresentanti delle industrie farmaceutiche e biotecnologiche. I primi tendevano a sottolineare il fatto che il progetto di studio del genoma era molto promettente dal punto di vista medico; i secondi, invece, ritenevano che una tale impresa fosse di fondamentale importanza per il prestigio della nazione nel mondo della biotecnologia, soprattutto se gli Stati Uniti intendevano continuare a essere competitivi nel sistema economico in via di globalizzazione dell'alta tecnologia.
Tra il 1987 e il 1988 in Gran Bretagna, in Francia, in Italia, nella Germania occidentale, in Olanda, in Danimarca e persino in Unione Sovietica la ricerca sul genoma e i tentativi di sequenziamento si erano intensificati ma, come negli Stati Uniti, il rapido sviluppo di queste indagini aveva suscitato l'inquietudine di un certo numero di biologi. Verso la metà del 1988, sulle pagine del quotidiano francese "Le Figaro", era apparso un articolo in cui si asseriva che molti scienziati consideravano il sequenziamento del patrimonio genetico umano prematuro: secondo l'articolo era come se ci si proponesse "di elencare i milioni di lettere dell'alfabeto contenute in un'enciclopedia senza essere in grado di interpretarle, ignorando praticamente tutto del vocabolario e della sintassi". Nel corso di una tavola rotonda organizzata a Parigi molti mesi prima per discutere dell'opportunità del progetto, undici insigni biologi francesi avevano espresso i loro timori circa la sua novità e le sue dimensioni, che minacciavano di orientare la biologia nella direzione della Grande Scienza caratteristica della fisica delle particelle e dei programmi spaziali. Tuttavia, nel corso di tale tavola rotonda Jean-Michel Claverie, uno dei pochi difensori del programma di studio del genoma dell'Istituto Pasteur, centro in cui coordinava un gruppo di ricercatori che si occupava dell'uso del computer in campo biologico, dopo aver riconosciuto che l'esplorazione del genoma del topo e del coniglio sarebbe stata senza dubbio scientificamente più utile e interessante a breve termine, aggiunse che "quella umana è l'unica specie che pagherà per il sequenziamento del suo genoma". Se non si fosse inserita nel Progetto genoma umano, l'Europa molto probabilmente si sarebbe trovata in condizioni d'inferiorità nell'area biomedica, anche per quanto riguardava i metodi diagnostici e i materiali terapeutici. Nel 1987 due celebri biologi molecolari, uno inglese e l'altro tedesco, avevano fatto notare che "'Il libro dell'uomo', contenente 3500 milioni di paia di basi, sarà molto probabilmente disponibile su compact disc nell'anno 2000; tra i suoi autori non possono assolutamente mancare gli scienziati europei".
Nel 1988 Ernst-Ludwig Winnacker, vicepresidente della Deutsche Forschungsgemeinschaft, uno dei più importanti istituti di ricerca della Germania occidentale, e direttore del Gene centre di Monaco, dichiarò che, se l'Europa doveva collaborare sul piano scientifico e competere su quello tecnologico con gli Stati Uniti e con il Giappone nell'ambito della ricerca sul genoma, allora era necessario coordinare le diverse indagini condotte dai paesi della Comunità. Nel luglio 1988 la Commissione europea propose il varo di un progetto di studio del genoma umano. Considerata una misura sanitaria, questa proposta fu presentata in un documento intitolato Medicina predittiva: l'analisi del genoma umano, che si basava su un semplice sillogismo: molte malattie derivano dall'interazione tra i geni e l'ambiente; è impossibile eliminare dalla società tutti i fattori ambientali nocivi; quindi, per difendere in modo più efficace la salute degli individui, è opportuno identificare la loro predisposizione genetica a essere colpiti da tali malattie. Al fine di promuovere lo sviluppo europeo attraverso la creazione di un''Europa della salute', la Commissione proponeva l'avvio di un modesto progetto di studio del genoma stanziando a suo favore la somma di 15 milioni di ECU (17 milioni di dollari ca.) per tre anni, a partire dal 1° gennaio 1989. Tuttavia, nella definizione di 'medicina predittiva' che caratterizzava il programma, a molti membri del Parlamento europeo parve di scorgere un tentativo di rilancio dell'eugenica. Il 12 settembre 1988 il Parlamento affidava il compito di valutare la proposta del Progetto genoma al Comitato per l'energia, la ricerca e la tecnologia che, analizzandola nel corso di molti incontri, alla fine del gennaio 1989 si accinse a votarla sulla base di una relazione che riguardava la materia in questione. Il relatore nominato dal Comitato era Benedikt Härlin, membro del partito dei verdi della Germania occidentale, dove l'opposizione all'ingegneria genetica era molto diffusa, in particolare proprio tra i verdi, rappresentati da una coalizione eterogenea tenuta insieme soprattutto dal comune interesse per la protezione dell'ambiente. I verdi avevano sollevato una serie di obiezioni a proposito della ricerca sul genoma umano, sostenendo che queste indagini avrebbero potuto portare a una recrudescenza della politica biologica nazista. James Burn, uno scozzese esperto di biotecnologia che viveva da molto tempo in Germania occidentale, a tale proposito dichiarò che "I Tedeschi hanno una costante e comprensibile paura di qualsiasi cosa abbia a che fare con la ricerca genetica. Essa rappresenta l'unica scienza che ricorda loro tutto ciò che vogliono dimenticare".
Nella sua relazione Härlin, insistendo sulla necessità di non dimenticare, ricordava alla Comunità che nel passato le idee che erano alla base dell'eugenica avevano prodotto spaventose conseguenze e affermava che, dietro l'intenzione di evitare che gli individui contraessero e trasmettessero malattie genetiche, si potevano individuare chiari indizi di tendenze e scopi eugenici. L'uso delle informazioni genetiche per il conseguimento di questi scopi avrebbe quasi sempre implicato decisioni riguardo a quelle che erano "le forme normali e anormali, accettabili e inaccettabili, vitali e non vitali della costituzione genetica degli esseri umani prima e dopo la nascita". Härlin faceva inoltre osservare che le nuove tecniche biologiche e riproduttive potevano portare a "una forma moderna di eugenica basata sull'uso delle provette", evento che, rispetto alle precedenti e più grossolane esperienze storiche, si sarebbe rivelato tanto più insidioso quanto più facilmente dissimulabile, costituendo "una forma di 'biopolitica' persino più radicale e totalitaria". Sostenendo che la principale funzione della politica sanitaria e scientifica europea doveva essere quella di opporsi a ogni tendenza eugenica per quanto riguardava la ricerca sul genoma umano, Härlin giudicava il programma relativo alla medicina predittiva inaccettabile in quella formulazione.
In realtà, Härlin non intendeva rifiutare il progetto ma renderlo accettabile. Riguardo al coinvolgimento del suo paese nella ricerca sul genoma, in seguito affermerà che "non si può tenere la Germania fuori dal futuro". Il 25 gennaio 1989 il Comitato per l'energia decise di adottare con una maggioranza di venti voti a uno la relazione di Härlin, che raccomandava al Parlamento di approvare la proposta della Commissione europea modificata in base ai trentotto emendamenti suggeriti nella relazione, inclusa la completa espunzione dal testo dell'espressione 'medicina predittiva'. Nell'insieme, le modifiche miravano a impedire qualsiasi politica sanitaria di impronta eugenica, a proibire ogni ricerca che tentasse di modificare la linea germinale umana, a proteggere la riservatezza e l'anonimato dei dati genetici individuali e ad assicurare un continuo dibattito sugli aspetti sociali, etici e legali della ricerca sul genoma umano.
In risposta alla decisione del Comitato per l'energia, verso la metà di novembre la Commissione europea formulò una proposta con alcune modifiche, che accoglieva la sostanza e in alcuni casi persino il linguaggio degli emendamenti. Nella nuova proposta, la Commissione suggeriva di intraprendere un programma di studio del genoma umano della durata di tre anni, senza fare alcun cenno alla medicina predittiva, e impegnava in diversi modi la Comunità a evitare pratiche di carattere eugenico e passi falsi in campo etico, così come a proteggere i diritti individuali e la riservatezza, vietando, in particolare, la ricerca sulla linea germinale umana e l'intervento genetico sugli embrioni. Essa assicurava, inoltre, che il Parlamento e il pubblico sarebbero stati dettagliatamente informati sugli aspetti morali e legali della ricerca sul genoma umano mediante un rapporto annuale. Il 15 dicembre 1989 la proposta con le modifiche fu approvata dal Consiglio dei ministri della Comunità europea quale espressione della posizione comune dei suoi membri sul progetto di studio del genoma. Il 29 giugno 1990, non avendo il Parlamento sollevato obiezioni, questa posizione comune fu adottata dal Consiglio come programma di studio della Comunità sul genoma umano, della durata di tre anni e a un costo totale di 15 milioni di ECU; il 7% di questa somma fu destinato a studi di carattere etico.
Lo spettro dell'eugenica ossessionava anche coloro che negli Stati Uniti si occupavano del progetto di studio del genoma umano. Verso la metà del 1990 il giornalista Robert Wright faceva osservare sulle pagine di "The new republic" che "i biologi e gli studiosi di etica hanno speso fiumi di parole per metterci in guardia dalla china scivolosa dell'eugenica e per riflettere sulla lezione della Germania nazista, affermando che, qualora non si seguisse con cura vigilante la situazione, il governo potrebbe tentare ancora una volta di intraprendere ricerche volte alla creazione di una razza superiore". Tuttavia, tra gli scienziati americani più sensibili nei confronti dei rischi di carattere eugenico e delle sfide etiche inerenti al progetto vi erano coloro che l'avevano promosso con più entusiasmo e, in particolare, Watson, il primo dei suoi difensori ufficiali. Benché non si considerasse un'autorità nel campo dei problemi etici sollevati dal Progetto genoma, Watson pensava che fosse non soltanto opportuno ma anche necessario che il programma dei National institutes of health fosse rivolto a incoraggiare lo studio e la discussione delle implicazioni sociali, etiche e legali che esso comportava. Nel 1988, durante la conferenza stampa indetta per annunciare la sua nomina a direttore del nuovo Office for human genome research, Watson dichiarò che i National institutes of health dovevano impiegare parte della somma stanziata per il Progetto genoma per analizzarne le implicazioni di carattere etico, precisando, in seguito, che a queste attività sarebbe stato destinato circa il 3% di tale somma.
La scelta di impiegare le risorse dei National institutes of health per suscitare un dibattito di carattere etico non aveva precedenti, come, del resto, il fatto di considerare la bioetica parte integrante di un programma di ricerca biologica dei National institutes of health stessi. Non tutti i biologi che si occupavano del Progetto genoma difendevano la politica di Watson e, secondo alcuni, era solo una minoranza a farlo. Tuttavia, nel 1989, durante una conferenza scientifica dedicata al genoma, Watson, senza farsi intimorire, dichiarò: "Dobbiamo essere consapevoli degli atroci misfatti compiuti in passato dall'eugenica, allorché una serie di conoscenze incomplete fu usata in modo del tutto spregiudicato e terribile sia negli Stati Uniti sia in Germania. Dobbiamo rassicurare le persone sul fatto che il loro DNA è un dato riservato e che nessuno potrà appropriarsene". Con il suo impegno in campo etico, Watson si mostrò non solo inflessibile ma anche, come vedremo, lungimirante. La sua politica contribuì senza alcun dubbio a dissipare i timori suscitati dall'ipotesi di un progetto di studio del genoma non soggetto a controlli di carattere etico.
Nell'ottobre 1989 il Segretario degli Health and human services, Louis Sullivan, promuoveva l'ufficio occupato da Watson presso i National institutes of health a National centre for human genome research. Watson annunciò che questo istituto avrebbe usato la metà dei fondi stanziati per creare e rendere operanti in tutto il paese diversi centri di ricerca sul genoma, ognuno dei quali avrebbe lavorato su aspetti specifici del progetto e avrebbe ricevuto tra i 2 e i 3 milioni di dollari all'anno per cinque anni. Egli destinò inoltre una parte non irrilevante dei fondi a disposizione per finanziare conferenze e ricerche dedicate a questioni etiche e creò un comitato di consulenti per l'etica costituito da cinque scienziati, un avvocato e uno studioso di etica. Nel 1991 il Progetto genoma umano, a cui quell'anno erano stati destinati 135 milioni di dollari, iniziò a funzionare a pieno ritmo, grazie alla sua solida infrastruttura. I centri dei National institutes of health, otto in tutto, erano operativi: sette si occupavano della mappatura genetica umana e uno di quella del topo. La mappatura genetica e le attività di sequenziamento erano realizzate anche da decine di altri laboratori, ognuno dei quali svolgeva attività iniziate autonomamente e finanziate dai National institutes of health.
I dati relativi al genoma ottenuti sulle due sponde dell'Atlantico furono immagazzinati in alcuni data base centralizzati, inclusi quelli del Laboratorio europeo di biologia molecolare, del Laboratorio nazionale di Los Alamos e del centro di ricerche sul genoma dei National institutes of health di Washington. Tutti gli enti coinvolti concordavano sul principio base secondo il quale la comunità scientifica mondiale poteva accedere gratuitamente ai dati raccolti. Tuttavia, il Progetto genoma forse non sarebbe mai stato intrapreso se uno studioso di scienze biomediche che lavorava presso i National institutes of health, J. Craig Venter, non avesse sollevato, dopo aver effettuato le sue indagini, una serie di questioni che riguardavano questo principio.
Nel 1987 il laboratorio di Venter operava come centro di verifica delle nuove tecniche di sequenziamento genetico sviluppate presso il California institute of technology e prodotte dalla Applied biosystems. Il sequenziatore automatico di DNA (ABI 373A), che costava 100.000 dollari, marcava con coloranti fluorescenti i nucleotidi del DNA, che divenivano così leggibili attraverso uno scanner laser. In questo modo era possibile identificare 12.000 paia di basi al giorno, poiché l'apparecchiatura era sorprendentemente veloce; Venter la usò per sequenziare alcune centinaia di basi di DNA, inclusi i geni espressi nel corpo. Ciascuno di questi frammenti fu chiamato 'sequenza espressa che funge da contrassegno' o EST (expressed sequence tag). Benché contenesse dalle 150 alle 400 paia di basi, ognuno di questi frammenti era unico e serviva a identificare il gene di cui era parte.
Nel giugno 1991, Venter e i National institutes of health inoltrarono richieste di brevetto per 315 EST e per i geni umani da cui provenivano. Grazie agli elaboratori ABI, il laboratorio di Venter era in grado di produrre sequenze EST così rapidamente che i National institutes of health programmarono di presentare 1000 richieste di brevetto al mese per le EST. A questo ritmo, Venter e i National institutes of health si sarebbero ben presto impossessati di una considerevole parte dei 100.000 geni che si pensava fossero contenuti nel genoma umano. In effetti, nel 1994, le EST oggetto delle richieste di brevetto di Venter e dei National institutes of health erano ormai quasi 7000.
Tale iniziativa fu denunciata da molti scienziati ed esperti di biotecnologia europei e statunitensi, i quali temevano che, se le EST e i geni da cui provenivano fossero stati brevettati, nessun altro avrebbe più potuto condurre ricerche su un numero incalcolabile di geni umani. Nell'aprile 1992, Watson si era dimesso dal suo incarico di direttore del Progetto genoma, spiegando di essere decisamente contrario ai tentativi dei National institutes of health di brevettare le EST; alcuni affermarono che era stato il conflitto di interessi sorto dal suo essere in possesso di un portafoglio di azioni biotecnologiche a spingerlo a questo passo. La controversia si esaurì quando, nell'agosto 1992, l'Ufficio dei brevetti degli Stati Uniti rifiutò le richieste di Venter e dei National institutes of health, definendole vaghe, indeterminate, inesatte, poco accurate e incomprensibili.
Il mese precedente Venter aveva annunciato che avrebbe lasciato il suo incarico per guidare un nuovo centro di ricerca no profit, l'Institute for genomic research, che sarebbe sorto nel Maryland nei pressi della sede dei National institutes of health. L'Institute for genomic research ottenne un finanziamento decennale di 70 milioni di dollari da una società venture capital del New Jersey, la Healthcare investment corporation, che aveva promosso la costituzione di molte società biotech. Il presidente di questa azienda, Wallace Steinberg, creò un'altra società, la Human genome sciences, incaricata di sviluppare e commercializzare i prodotti derivanti dalle ricerche dell'Institute for genomic research. Venter, con il quale collaboravano trenta ricercatori dei National institutes of health, dichiarò che l'Institute for genomic research avrebbe realizzato il Progetto genoma a partire dall'intensificazione del suo programma di sequenziamento delle EST. Egli installò nei laboratori dell'Institute for genomic research 30 sequenziatori automatizzati ABI 373A, 17 stazioni di lavoro ABI Catalyst e un data base gestito da un computer Sun SPAR Center 2000. Certo di riuscire ad aumentare di dieci volte la produzione delle EST, Steinberg affermò che l'Institute for genomic research avrebbe individuato 1000 geni al giorno e identificato la maggior parte dei geni umani in 3-5 anni.
Nel 1993 Hamilton O. Smith, uno scienziato insignito nel 1978 del premio Nobel per aver partecipato alla scoperta degli enzimi di restrizione, propose a Venter un metodo radicalmente nuovo di procedere al sequenziamento genomico. L'approccio convenzionale, adottato nel progetto pubblico di studio del genoma, era quello di scomporre in frammenti il DNA contenuto in ogni cromosoma e di determinare l'ordine in cui i segmenti si succedevano. Una volta costruita questa mappa fisica del DNA, ogni segmento era sequenziato. Nell'approccio di Smith, invece, gli enzimi di restrizione avrebbero tagliato il DNA; i frammenti così ottenuti sarebbero stati sequenziati e l'ordine dei frammenti nel DNA originario sarebbe stato ricostruito con il computer. Smith pensava che, evitando la fase della costruzione della mappa fisica, che richiedeva molto tempo ed era decisamente dispendiosa, si poteva accelerare e rendere meno costoso il processo di sequenziamento del genoma. Egli persuase Venter a provare questo sistema - che in seguito sarebbe stato chiamato 'metodo a colpo di fucile' in quanto con esso si producono frammenti di DNA a caso, come se fossero colpiti dalla rosa di proiettili che si forma sparando con un fucile - sul batterio Haemophilus influenzae, da lui utilizzato vent'anni prima nelle sue ricerche sugli enzimi di restrizione. Nel 1995 l'Institute for genomic research annunciò che i suoi ricercatori avevano portato a termine la grande impresa: il sequenziamento del batterio (1,8 Mb) al costo di 48 centesimi di dollaro per paia di basi, meno della metà del costo di sequenziamento previsto all'inizio del progetto di studio del genoma.
Nel maggio 1998 Venter dichiarò che avrebbe lasciato l'Institute for genomic research per guidare la sua nuova società a fini di lucro, la Celera genomics, attraverso la quale si proponeva di giungere al sequenziamento di tutto il DNA contenuto nel genoma umano molto prima della data originariamente indicata nel progetto pubblico. Questa audace dichiarazione era ispirata non solo dal successo del metodo a colpo di fucile, ma anche dal potentissimo sequenziatore prodotto poco prima dall'Applied biosystems, l'ABI PRISM 3700, che costava 300.000 dollari e poteva sequenziare un milione di basi di DNA al giorno. La Celera avrebbe utilizzato 300 sequenziatori di questo tipo e immagazzinato e analizzato i dati così ottenuti con l'aiuto di un computer Compaq da un terabyte; in tal modo, secondo Venter, la sequenza umana sarebbe stata completata nel 2001. Egli dichiarò che la Celera avrebbe divulgato gratuitamente ogni tre mesi i dati non elaborati, affermando, tuttavia, che le società farmaceutiche e biotech avrebbero potuto accedere, tramite pagamento, a un data base più elaborato e adattato alle singole esigenze aziendali. Egli aggiunse che la Celera avrebbe tentato di brevettare solo tra i 100 e i 300 geni umani, poiché si trattava di una società specializzata nel campo dell'informazione e non in quello della produzione di farmaci.
Il nuovo metodo di Venter portò i critici scientifici a prevedere che i dati relativi al DNA forniti dalla sua società avrebbero presentato numerose e gravi lacune, almeno 100.000, secondo alcuni; a loro parere, infatti, la tecnica di Venter non poteva dare buoni risultati se applicata a un genoma tanto vasto come quello umano. Alcuni scienziati, inoltre, diffidavano degli intenti commerciali della Celera. Il progetto pubblico intrapreso negli Stati Uniti e le sue filiali internazionali attribuivano una grande importanza al libero accesso ai dati genomici. Nel 1996, durante un meeting internazionale organizzato alle Bermuda, i più importanti laboratori coinvolti nella ricerca sul genoma sottoscrissero un accordo, definito Accordo delle Bermuda, in base al quale "tutte le informazioni relative alla sequenza del genoma umano devono essere disponibili gratuitamente e accessibili al pubblico, in modo da incoraggiare la ricerca e lo sviluppo e da massimizzare i benefici sociali di questa ricerca". Molti scienziati pensavano che, benché la Celera pubblicasse i dati non elaborati del sequenziamento, in quanto società a fini di lucro costituisse una minaccia per il libero accesso alle informazioni relative alla sequenza e riponevano quindi le loro speranze nel progetto pubblico internazionale.
Il progetto internazionale di studio del genoma poteva vantare il conseguimento di molti importanti risultati. Nell'aprile 1996 cento diversi laboratori, situati negli Stati Uniti, in Europa, in Canada e in Giappone, avevano completato la prima sequenza di un genoma eucariotico, quello del lievito di birra Saccharomyces cerevisiae, il cui DNA è formato da 12 milioni di basi. Nel dicembre 1998 il Sanger centre, un centro di ricerca britannico sostenuto finanziariamente dal Wellcome trust, un'istituzione filantropica che opera in campo medico, portò a termine, dopo 15 anni di sforzi, il lavoro di sequenziamento dei 97 milioni di basi del verme C. elegans, rivelando che nel genoma di questo organismo erano presenti 19.099 geni, il 30% dei quali simili ai geni umani ma, nella maggior parte dei casi, mai osservati prima di allora. In precedenza, il Wellcome trust aveva raddoppiato il sostegno finanziario concesso al Sanger centre per il sequenziamento, fino a portarlo a 350 milioni di dollari; in questa occasione il direttore del programma genetico del centro aveva dichiarato a un gruppo di scienziati che si congratulavano con lui: "Abbandonare quest'area di ricerca a una società privata, costretta a fare soldi, mi sembra una cosa quanto mai stupida".
Francis Collins, che nel 1993 aveva sostituito Watson alla guida del Progetto genoma dei National institutes of health, ora denominato National human genome research institute, faceva affidamento su sei principali centri di sequenziamento che operavano negli Stati Uniti, ma all'inizio del 1998 questi centri sequenziavano al massimo 30 milioni di paia di basi l'anno, meno della metà di quelle necessarie a completare la sequenza del genoma umano entro la data inizialmente stabilita (2005). Alcuni osservatori sostennero che il denaro investito nel progetto pubblico era mal impiegato e che il compito di sequenziare il genoma doveva essere lasciato alle società private. In una dichiarazione resa al Congresso, Collins replicò, alludendo ai sospetti che circondavano l'attività della Celera, che il sequenziamento del genoma doveva essere accurato, assemblato, leggibile e accessibile. Tuttavia, verso la fine della primavera del 1998, egli annunciò l'accelerazione nella tabella di marcia del consorzio che lavorava al progetto pubblico di studio del genoma, dichiarando che da quel momento in poi sarebbero stati utilizzati nuovi sequenziatori PRISM ABI che avrebbero consentito di definire 'il primo abbozzo' del genoma, completo solo al 90%, per la primavera del 2000, e che la sequenza sarebbe stata portata a termine nel 2003. Collins insistette sul fatto che quest'iniziativa non era una risposta all'attività della Celera, che si trattava di un'azione e non di una reazione e che il piano era già in cantiere da qualche tempo.
Nel 1999 la Celera completò il sequenziamento del genoma della Drosophila melanogaster, il moscerino della frutta su cui la genetica si esercitava da lungo tempo, che possedeva 120 milioni di basi, un'impresa che dimostrava la possibilità di utilizzare la nuova tecnica per sequenziare un genoma complesso. Collins tentò di stabilire un rapporto di collaborazione con la società, ma i suoi sforzi furono vani. La Celera rivendicava sui dati genomici una serie di diritti commerciali esclusivi che Collins rifiutava di riconoscere; la società aveva tutto da guadagnare da questa situazione di stallo, potendo sfruttare per almeno il 10% della sua copertura del genoma i dati prodotti dal progetto pubblico, ricerche che erano divulgate sul world wide web e aggiornate ogni ventiquattro ore.
Il 26 giugno 2000 il presidente degli Stati Uniti Bill Clinton organizzò una conferenza stampa, nel corso della quale sia Venter sia Collins annunciarono il completamento di un abbozzo del genoma umano, da cui risultava che quest'ultimo conteneva tra i 30.000 e i 40.000 geni, vale a dire un terzo di quelli indicati nelle prime stime, e 3,1 miliardi di basi circa. Nell'aprile 2003, il progetto pubblico di studio del genoma ha annunciato il completamento dell'intera sequenza del genoma umano (solo 400 brevi filamenti di DNA non sono stati ancora decifrati), stima corretta con un'approssimazione pari a un errore ogni 100.000 basi. La Celera, non riuscendo a guadagnare cifre consistenti come società d'informazione, si è ritirata dalla partita trasformandosi in una società farmaceutica. Il trionfo del progetto pubblico è stato il risultato di una collaborazione internazionale basata sul lavoro svolto da laboratori attivi negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, in Giappone, in Francia, in Germania e in Cina. Gli Stati Uniti hanno fornito gran parte dei finanziamenti per questa impresa, spendendo 2,7 miliardi di dollari, seguiti dal Sanger centre, che aveva sequenziato il 30% del genoma al costo di 235 milioni di dollari.
Collins ha dichiarato concluso il Progetto del genoma umano. Le tecniche e i metodi impiegati nel corso di questa impresa, tuttavia, attualmente possono essere utilizzati per sequenziare i genomi di altri organismi; i dati ottenuti in relazione al DNA degli esseri umani, dei lieviti, dei moscerini della frutta, del C. elegans e di altri animali da laboratorio quali, per esempio, i gatti, devono ancora essere analizzati. Il significato e il modo di operare dei codici genetici in relazione allo sviluppo organico, alle malattie e alla morte terranno occupati i biologi per decenni.
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