Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
L’acuirsi dei conflitti politici e religiosi all’interno dell’Impero germanico è la causa diretta della guerra dei Trent’anni. Essa non è però una guerra tedesca deviata progressivamente dalle sue origini, ma una guerra per l’egemonia in Europa con profonde ripercussioni sul piano sociale, economico e religioso. Tra il 1618 e il 1648 tramonta la supremazia spagnola e si afferma quella della Francia.
La “defenestrazione di Praga”
Il 23 maggio 1618 i gentiluomini boemi riuniti nell’assemblea degli Stati “utraquisti”, formata dalla grande aristocrazia, dai nobili minori e dalla borghesia cittadina, salgono al castello reale di Praga, abbandonato dall’imperatore-re Mattia d’Asburgo e dal suo successore Ferdinando II d’Asburgo, duca di Stiria, e attaccano il Consiglio di luogotenenza, incaricato di amministrare il regno in assenza del sovrano: afferrano due membri del Consiglio, i conti Martinic e Slavata, e un giovane segretario, Fabricius, e li gettano dalla finestra. I tre cadono sull’immondizia accumulata nel fossato del castello e si procurano solo lievi ferite, ma la “defenestrazione di Praga” segna, sul piano politico, una rottura tra il sovrano Asburgo e gli Stati cechi.
La rivolta contro l’autorità del sovrano è scoppiata, ma non è ancora irreversibile: l’obiettivo principale del governo provvisorio, costituito sotto la guida del generale boemo Mathias Thurn, è mantenere i diritti acquisiti nel 1609 con la Lettera di Maestà, che, promulgata dall’imperatore Rodolfo II, autorizza la pratica della confessione boema.
Il suo atto più significativo è la dichiarazione di decadenza di Ferdinando di Stiria, pronunciata dal Consiglio, e la promulgazione di una nuova costituzione, seguita dall’elezione a Francoforte il 26 agosto 1619 di un nuovo re: il principe elettore, palatino, calvinista, che prende il nome di Federico V.
Due giorni dopo viene eletto imperatore Ferdinando II d’Asburgo. La rivolta boema deborda in tal modo dal quadro regionale, mettendo in causa la struttura stessa dell’Impero germanico e, per il gioco delle solidarietà dinastiche, l’esistenza delle monarchie europee.
Il comportamento della Dieta boema è imitato, infatti, nelle altre province del Regno (Moravia, Slesia e Lusazia) e nell’Alta e Bassa Austria. Sotto il profilo giuridico, la decisione del governo provvisorio di dichiarare deposto Ferdinando e di eleggere Federico V è sostenuta dalla rivendicazione del carattere elettivo della corona boema.
Dal punto di vista politico, gli Stati boemi sperano di creare intorno a Federico V, genero di Giacomo I, re d’Inghilterra, un ampio fronte protestante.
Le forze in campo
La rivolta boema e l’inizio della guerra pongono il problema dell’alleanza tra le forze in gioco.
Il nuovo re Federico V e il conte di Thurn formano una milizia nazionale mobilitando un soldato ogni cinque cittadini e ogni venti contadini. Lo stesso Mathias Thurn ne assume il comando e, prima della fine dell’anno, le truppe protestanti occupano il Paese. Carlo Emanuele I di Savoia, cattolico ma nemico dell’Impero (che costituisce una perenne minaccia per il suo Stato), invia in aiuto ai rivoltosi truppe guidate dal capitano di ventura conte di Mansfeld, mentre la Repubblica di Venezia offre un aiuto finanziario.
Le Province Unite, benché siano dilaniate dal conflitto tra gomaristi e arminiani, dopo l’esecuzione di Johan van Oldenbarnevelt inviano anch’esse aiuti finanziari, interessate a tenere la Spagna impegnata altrove.
All’esercito di Thurn, in marcia verso Vienna, si uniscono gli Stati della Slesia, della Moravia, dell’Ungheria e quelli della Transilvania guidati da Gabor Bethlen.
Giacomo I d’Inghilterra, invece, riconoscendo nella rivolta boema un attentato al principio dinastico, rifiuta di intervenire nel conflitto: il politico inglese John Pym parla della religione protestante martirizzata in Boemia, i Comuni premono affinché l’Inghilterra prenda posizione come ai tempi di Elisabetta I, ma il re scioglie il Parlamento e fa arrestare molti membri di un’opposizione che, per la prima volta, espone un programma politico.
Tra gli elettori tedeschi soltanto Giovanni Giorgio di Sassonia e Massimiliano di Baviera (che mette a disposizione l’armata della Lega Cattolica condotta dal generale fiammingo Jean Tserclaes de Tilly) si schierano dalla parte di Ferdinando II d’Asburgo insieme ai re di Spagna e di Polonia e all’arciduca Alberto d’Asburgo, governatore dei Paesi Bassi meridionali. Dal punto di vista militare, l’imperatore può contare anche sulle truppe del generale genovese Ambrogio Spinola al servizio della Spagna che, dalla valle del Reno, minaccia il Palatinato.
La fase boemo-palatina
L’8 novembre 1620 l’esercito cattolico si scontra con gli avversari nella battaglia della Montagna Bianca, una collina nei pressi di Praga , e li sbaraglia in sole due ore. Nel mondo cattolico questa vittoria, dovuta alla compattezza dell’esercito di Tilly, è celebrata come un miracolo. Il “re d’inverno” Federico V fugge a L’Aia privato di tutti i suoi titoli, beni e diritti, mentre viene abolito il carattere elettivo della corona boema, e Praga è abbandonata per una settimana al saccheggio dei soldati.
L’imperatore Ferdinando II riorganizza il Regno di Boemia affidando a un governatore, Carlo di Liechtenstein, il compito di riportare l’ordine nel Paese. Ventisette membri degli Stati sono condannati a morte, l’amnistia viene subordinata al pagamento di multe da saldare con proprietà terriere; due terzi dei domini signorili boemi passano in mano cattolica, per pagare le spese di guerra e per ricompensare con feudi i capi militari. L’opera di confisca e di conversione al cattolicesimo è diretta soprattutto contro la nobiltà e le città, guide culturali e politiche della nazione.
Nel 1627 un decreto ordina ai Boemi di aderire al cattolicesimo o di lasciare il Paese, mentre ai Gesuiti viene affidato il controllo delle scuole e dell’università, e l’esercizio della censura. Praga perde la prerogativa di città imperiale.
La prima fase del conflitto, definita “boemo-palatina” è segnata anche da altri importanti eventi: il 31 marzo 1621 muore Filippo III, il 13 luglio dello stesso anno l’arciduca Alberto.
Il primo ministro del nuovo re – in castigliano valido –, Gaspar de Guzmán, conte-duca di Olivares è nipote di Baltasar de Zúñiga, un tempo ambasciatore a Praga. Il primo compito di Olivares è quello di eliminare il dualismo interno alla politica spagnola, riconfermando il controllo del governo di Madrid di fronte all’influenza dei generali e degli ambasciatori. Il suo problema principale è quello di trovare i mezzi necessari a sostenere una politica estera ambiziosa. La Spagna di Filippo IV e di Olivares ha ereditato una grande quantità di debiti e appare naturalmente avversaria delle Province Unite, che rappresentano un diverso tipo di organizzazione economica, politica e religiosa. In aperta sfida all’impero coloniale spagnolo, le Province Unite fondano nel 1621 la Compagnia olandese delle Indie occidentali.
Un nuovo fronte di guerra, determinante per le comunicazioni tra l’Italia e l’Europa centrale, si apre in Valtellina. Appartenente al cantone svizzero dei Grigioni, la Valtellina è dilaniata dal conflitto tra il partito dei Planta, filoasburgico, e quello dei Salis, che propendono per gli Stati boemi e olandesi, Venezia e la Francia.
L’occasione per l’intervento spagnolo è data da motivi religiosi: dopo una rivolta che sfocia nel cosiddetto “sacro macello” di 600 protestanti, le truppe spagnole e austriache occupano il Paese. Nel gennaio del 1622 il duca di Feria, governatore di Milano, e l’arciduca Leopoldo, futuro imperatore Leopoldo I, occupano la Valtellina. Il 30 settembre 1622 viene firmata la pace di Lindau: Madrid controlla i passi alpini.
La fase danese
L’intervento di Cristiano IV, re di Danimarca (che si sente minacciato da Gustavo II Adolfo Vasa, paladino della fede luterana, e dall’avanzata di Tilly nella Germania settentrionale), obbliga l’imperatore a riprendere le ostilità: il Sund dà l’accesso al Baltico. Il comando delle truppe imperiali è affidato a Wallenstein, un nobile boemo arricchitosi grazie alle speculazioni e ai patrimoni immobiliari accumulati durante la restaurazione cattolica del Paese. Il suo esercito è un’impresa privata, in cui tutti gli ufficiali hanno una partecipazione finanziaria e si attendono un ricco profitto dai saccheggi delle regioni attraversate. Dopo la vittoria di Tilly a Lutter e l’occupazione dello Jutland da parte delle truppe di Wallenstein, Cristiano IV è costretto a firmare il 7 giugno 1629 la pace di Lubecca che conclude la “fase danese” della guerra.
La restaurazione cattolica e il disegno di assoggettamento politico della Germania agli Asburgo trionfano.
Due mesi prima della pace di Lubecca, nel marzo del 1629, Ferdinando II emana l’editto di Restituzione, che stabilisce che i beni secolarizzati in Germania dopo il 1555 (“anno normale”) devono essere restituiti, e convoca nel giugno del 1630 la Dieta di Ratisbona con l’intenzione di far eleggere suo figlio Ferdinando re dei Romani e di applicare all’impero le misure imposte ai paesi cechi (ereditarietà della corona e restaurazione cattolica). Preoccupati per il modo in cui il Meclemburgo è stato confiscato ai duchi che vi regnavano (schierati al fianco del re di Danimarca) per darlo a Wallenstein, con un metodo che può costituire un precedente per future usurpazioni, e influenzati dal padre cappuccino Joseph du Tremblay, uomo di fiducia del cardinale Richelieu, con cui Massimiliano di Baviera ha stipulato un’alleanza, gli elettori di Germania chiedono il licenziamento di Wallenstein, la riduzione dell’esercito imperiale e il rinvio dell’editto di Restituzione alla decisione di un Reichstag.
Ferdinando II è costretto a cedere senza ottenere nulla in cambio. Dal 1625 al 1630 è mutato il carattere del conflitto: i vecchi punti nevralgici, la Boemia e i Paesi Bassi, rimangono cruciali; nuovi fronti di guerra si sono aperti in Italia e nel Baltico; l’Inghilterra si è ritirata e le Province Unite sopportano interamente l’offensiva asburgica; la Francia, non potendo assistere indifferente al rafforzamento asburgico, con il trattato di Monçon (1626) costringe gli Spagnoli a riconoscere l’indipendenza della Valtellina cattolica e con il trattato di Cherasco (1631) si garantisce il possesso di Pinerolo; stipula inoltre un’alleanza difensiva con Massimiliano di Baviera, firma con la Svezia il trattato di Bärwalde ed entra nel teatro della guerra, alleandosi con Gustavo II Adolfo Vasa (protettore dei protestanti) e con Massimiliano di Baviera, capo della Lega Cattolica.
La fase svedese
Meno di un anno dopo la Dieta di Ratisbona, l’entrata in guerra di Gustavo II Adolfo Vasa, interessato al dominio del Baltico, e i suoi primi successi producono un mutamento decisivo dell’equilibrio di forze creato dall’armata di Wallenstein: è la “fase svedese ” del conflitto.
Gli elettori di Sassonia e Brandeburgo si schierano con Gustavo II Adolfo: il 17 settembre 1631 nella battaglia di Breitenfeld le truppe imperiali, comandate da Tilly dopo l’allontanamento di Wallenstein, sono sconfitte.
Gustavo Adolfo Vasa marcia trionfalmente verso la Renania, occupando Francoforte, Magonza, Heidelberg e Mannheim; nella primavera del 1632 muove contro la Baviera ed entra a Monaco il 15 maggio; poi occupa Norimberga e cerca di raggiungere Giovanni Giorgio di Sassonia, che ha occupato Praga.
Il generale Tilly tenta di impedire agli Svedesi l’attraversamento del Danubio, ma viene ferito a morte nell’aprile del 1632 presso Rain.
Wallenstein è frettolosamente richiamato dall’imperatore e riorganizza il proprio esercito: nel maggio del 1632 riesce a cacciare i Sassoni dalla Boemia.
Il 16 novembre 1632 avviene a Lützen la battaglia decisiva: avendo Wallenstein abbandonato il campo di battaglia, la cavalleria svedese si dichiara vincitrice, ma Gustavo Adolfo è ferito a morte.
La morte di Gustavo Adolfo non modifica immediatamente le sorti della guerra. In Svezia la figlia Cristina ha soltanto sei anni: la reggenza viene affidata ad Axel Oxenstierna che riesce a mantenere unito il campo protestante formando, nell’aprile del 1633, la lega di Heilbronn. Wallenstein, che conduce intanto trattative personali con i nemici dell’imperatore, viene assassinato a Eger il 24 febbraio 1634.
Nella Germania meridionale truppe spagnole provenienti dall’Italia e destinate ai Paesi Bassi sconfiggono in due giorni (56 settembre 1634) gli Svedesi nella battaglia di Nördlingen. La conseguenza politica immediata è lo scioglimento della lega di Heilbronn e la fine del predominio svedese in Germania.
La fase francese
Nel campo antiasburgico la guida passa alla Francia che, dopo aver rinnovato l’alleanza con la Svezia, stipula il 25 febbraio 1635 un’alleanza con gli Olandesi e il 17 maggio dichiara guerra alla Spagna.
Lo scopo di Richelieu è quello di impedire il consolidamento della potenza imperiale in Germania; la Svezia vuole affermare la propria egemonia sul Baltico; le Province Unite vogliono consolidare le conquiste coloniali e l’indipendenza dalla Spagna. Le potenze non possono assistere, però, al rafforzamento della Sassonia e del Brandeburgo. Nella pace di Praga del 30 maggio 1635 ai Sassoni viene confermato il possesso della Lusazia superiore e inferiore, ma devono rompere i legami politici con le potenze straniere. L’editto di Restituzione viene abrogato per quarant’anni e il 1627 viene scelto come “anno normale” per dirimere le dispute sui diritti di proprietà.
La coalizione antiasburgica tra la Francia e le Province Unite sopravvive, manipolata dalle mire egemoniche di Richelieu. Finisce l’epoca del condottiero onnipotente: il ruolo di imprenditore militare appartiene allo Stato. Da parte imperiale, Olivares riesce a stipulare a Ebersdorf, il 31 ottobre 1634, un trattato segreto con l’impero e i principi tedeschi: l’intero Sacro Romano Impero avrebbe aiutato il re cattolico nella lotta contro gli insorti. Intanto le truppe svedesi rafforzano la propria posizione nell’Europa centrale sconfiggendo gli imperiali e i Sassoni nella battaglia di Wittstock (4 ottobre 1636) e, dal 1638, i Francesi e i loro alleati acquisiscono importanti vantaggi: in Alsazia viene occupata il 17 dicembre Breisach, che domina le vie di comunicazione spagnole dalla Franca Contea verso la Germania e da Milano verso i Paesi Bassi; in Germania, gli Svedesi penetrano in Slesia e in Boemia e, sul fronte dei Pirenei, nonostante la vittoriosa difesa di Fontanarabia nel settembre del 1638, gli Spagnoli perdono Rossiglione (con la conseguente rivolta della Catalogna) e Perpignano.
Lo scontro decisivo avviene a Rocroi, alla frontiera dei Paesi Bassi spagnoli, il 19 maggio 1643: i tercios spagnoli sono sconfitti dal principe di Condé; poi vengono espugnate Thionville, Gravelines, Courtrai e, nell’ottobre del 1646, Dunquerque.
Ma alcuni protagonisti della guerra dei Trent’anni sono scomparsi dalla scena politica e diplomatica da alcuni anni: l’imperatore Ferdinando II è morto nel 1637, Richelieu nel dicembre del 1642 e Olivares viene destituito un mese dopo, nel gennaio del 1643. Pochi giorni prima della battaglia di Rocroi, il 14 maggio 1643, muore anche Luigi XIII.
L’imperatore Ferdinando III viene stretto dagli Svedesi del generale Lennart Torstenson, che nel 1642 occupano ancora una volta la Boemia e nel 1645 avanzano in Moravia cingendo d’assedio Brno, e dalle truppe del principe di Transilvania Giorgio I Rákóczy, che occupano la riva settentrionale del Danubio. Egli deve riconoscere il fallimento dei piani volti ad assicurare l’egemonia degli Asburgo in Germania e il diritto della Svezia e della Francia di intervenire negli affari tedeschi. Con la pace di Linz (1645) Ferdinando III ottiene la neutralità della Transilvania.
Verso la pace
Nel 1644 gli Asburgo di Spagna, indeboliti nella penisola iberica (dalle rivolte della Catalogna e del Portogallo) e sul fronte francese, sono sulla difensiva come pure gli Asburgo d’Austria, abbandonati dagli elettori di Sassonia, del Brandeburgo e, in parte, della Baviera. Il fronte antiasburgico è al tempo stesso in gravi difficoltà con l’elezione al soglio pontificio del filospagnolo Innocenzo X, e il patriziato mercantile delle Province Unite non è più interessato a una guerra con la Spagna, redditizia ormai solo per la Francia.
Il 30 gennaio 1648 le Province Unite firmano a Münsterun il trattato di pace con la Spagna, ottenendo il riconoscimento dell’indipendenza e i territori di cui si sono impossessate in Brabante, Fiandre e Limburgo, e abbandonano l’alleanza antiasburgica.
Un congresso diplomatico si svolge dal 1644 nelle città di Münster (dove si svolgono le trattative tra l’imperatore e la Francia) e di Osnabrück (tra Ferdinando III e gli Stati protestanti guidati dalla Svezia). Il 24 ottobre 1648, nel quartier generale della delegazione imperiale a Münster, viene firmata la pace di Westfalia che pone fine alla guerra dei Trent’anni.