Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La guerra fredda è la fase successiva al secondo conflitto mondiale, contrassegnata dal bipolarismo Stati Uniti-Unione Sovietica e dallo scontro nella lotta per l’egemonia mondiale. Iniziata in Europa nell’immediato dopoguerra intorno al dissidio sulla questione tedesca, la guerra fredda si è conclusa tra il 1989 e il 1991 con la riunificazione della Germania e la dissoluzione dell’URSS. I Paesi di nuova indipendenza, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, hanno tentato vie di organizzazione originale, contrassegnate dal non allineamento rispetto alla logica bipolare.
Utilizzata la prima volta dal finanziere Bernard Baruch (1870-1965), un ex consigliere di Roosevelt (1882-1945), l’espressione “guerra fredda” viene nel 1947 resa popolare dal giornalista Walter Lippmann, che raccoglie in un volume intitolato The cold war i suoi articoli sulla natura dei rapporti tra le due potenze uscite vincitrici a conclusione della seconda guerra mondiale.
Per “guerra fredda” si intende la fase successiva la seconda guerra mondiale, contrassegnata dal bipolarismo Stati Uniti-Unione Sovietica. Accanto al dualismo tra il Primo mondo occidentale e il Secondo mondo sovietico, emerge una nuova realtà promanata dal coevo processo di decolonizzazione: i Paesi di nuova indipendenza, il Terzo Mondo che, a partire dalla metà degli anni Cinquanta, tentano vie di organizzazione originale, contrassegnate dalla ricerca di linee autonome di sviluppo come il non allineamento rispetto alla logica bipolare.
Il teatro su cui sorge, si sviluppa, cresce e si consuma la guerra fredda è quello europeo e da qui si irradia, investendo le aree in cui si fronteggiano le due superpotenze in lotta per l’egemonia mondiale. In Asia il fenomeno, scontrandosi con il processo di decolonizzazione e la realtà dei movimenti di indipendenza nazionale, si trasforma in guerra aperta. Le origini della guerra fredda sono quindi strettamente connesse con la risistemazione dell’Europa dopo la sconfitta della Germania e dei suoi alleati, con il ridimensionamento della Gran Bretagna e della Francia nel corso della seconda guerra mondiale, con il conseguente emergere dell’URSS quale potenza continentale. Il suo fondamento è la divisione dell’Europa in due distinte aree di influenza, della quale il simbolo più potente è la divisione della Germania sconfitta in due distinte entità statuali. Il suo esaurimento è sanzionato dal crollo del sistema sovietico e da una diversa ricomposizione degli equilibri. Il lungo periodo dal 1946 al 1991 si compone di fasi differenti.
La prima fase, di formazione e di consolidamento dei blocchi, dall’immediato dopoguerra giunge fino al 1953, anno della morte di Stalin e della conclusione della guerra di Corea. In questi anni lo scontro ha momenti di altissima tensione, investe zone diverse dall’Europa, mentre si dà inizio alla corsa agli armamenti atomici e termonucleari. Condiziona l’organizzazione interna dei sistemi politici: repressioni e purghe staliniane all’est, maccartismo negli Stati Uniti e forme di “democrazia protetta” nell’Europa continentale, laddove è rilevante la presenza comunista.
Alle origini vi è, nel 1948, il tentativo dei Sovietici di contrastare attivamente la formazione di uno Stato tedesco che comprenda le tre zone di occupazione occidentale. Esclusi dalle decisioni occidentali che conducono alla creazione della Bizona e alla sostituzione in essa del Reichsmark con un nuovo marco quando è introdotto a Berlino Ovest, i Sovietici, denunciando lo svuotamento del governo a quattro, sottopongono la città a un blocco delle vie di accesso a terra e isolano così la zona occidentale. La risposta degli Stati Uniti è l’organizzazione di un gigantesco ponte aereo che garantisce i rifornimenti della città e rivela l’impotenza dei Sovietici. Infatti, dopo 324 giorni di blocco, essi devono riaprire le vie d’accesso alla città. Anche sul piano dell’immagine, hanno la peggio, dato che appaiono come coloro che vogliono affamare un’intera città. Il blocco aereo accelera il processo che conduce alla divisione della Germania, con la costituzione nel 1949 di due entità statuali separate.
Il 1949 è anche l’anno della formazione dell’alleanza militare occidentale della NATO, degli esperimenti nucleari sovietici cui fa seguito, in ottobre, la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese. È in questo clima che gli Stati Uniti operano una revisione della propria politica. Il rapporto segreto Nsc-68, partendo dal presupposto che l’Unione Sovietica coltivi un disegno di dominio mondale, sostiene la necessità di un forte potenziamento della macchina militare. L’approvazione di tali linee programmatiche viene agevolata dallo scoppio della guerra di Corea, nel giugno 1950, che consente il superamento delle resistenze presenti nel Congresso.
Analogamente, anche nell’area egemonizzata dai Sovietici si perfeziona la formazione di un blocco omogeneo. Nel settembre 1947 i partiti comunisti al potere e i due maggiori partiti occidentali – PCF e PCI – riuniti nella cittadina polacca di Szklarska Poreba, danno a vita a un organismo permanente di collegamento tra i partiti comunisti, il Cominform. Le tappe successive sono la creazione del Comecon (Consiglio di mutua assistenza economica) nel 1949, che sancisce la dipendenza dall’URSS delle economie dei Paesi alleati, e il controllo sovietico sui loro eserciti, formalizzato soltanto nel 1955 con il Patto di Varsavia.
Il 25 giugno 1950 le truppe della Corea del Nord, a orientamento comunista, invadono la Corea del Sud con l’esplicito intento di procedere alla riunificazione del paese. Gli Stati Uniti riescono a fare approvare dall’ONU due risoluzioni che ingiungono il ritiro delle truppe della Corea del Nord e chiedono ai Paesi membri la fornitura di truppe militari per respingere l’invasione. Il 27 giugno Truman (1884-1972) annuncia che gli Stati Uniti avrebbero mobilitato proprie truppe, alla testa delle quali è posto il generale Douglas MacArthur (1880-1964). L’intervento degli Stati Uniti muta le sorti del conflitto: in settembre le unità delle Nazioni Unite superano il 38° parallelo, raggiungendo il confine tra la Corea del Nord e la Cina. L’assalto alla Corea del Nord produce l’intervento della Cina che lancia una grande offensiva: fallito l’obiettivo di conquista della Corea del Nord, i due schieramenti si ritrovano assestati intorno al 38° parallelo. Tra MacArthur, che intende allargare il conflitto alla Cina e Truman, fautore della strategia della “guerra limitata” tesa a ristabilire le condizioni precedenti la guerra, si produce uno scontro concluso con la destituzione del primo. La linea di Truman è sanzionata nel luglio 1953 con l’armistizio firmato a Panmunjon, dopo la morte di Stalin e dopo l’ascesa alla presidenza degli Stati Uniti del generale Eisenhower (1890-1969).
Le conseguenze della guerra di Corea sono molteplici. Si irrobustisce la persuasione degli Stati Uniti che la lotta contro il comunismo, lungi dal risolversi in Europa, ha carattere globale e impone quindi una strategia adeguata. Viene rafforzato l’appoggio economico e militare americano a Taiwan, ove ha sede il governo nazionalista di Chiang Kai-Shek (1887-1975), ammesso con un proprio seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU come rappresentante della Cina. È accelerata, con la firma del trattato di pace nel 1951, la restituzione di un regime di indipendenza al Giappone, lo storico nemico degli Stati Uniti in quell’area, che, nella prospettiva della lotta contro la Cina comunista, diviene ora un prezioso alleato. Si forma un’alleanza anticomunista, che viene perfezionata nel 1954 con la firma del SEATO (Trattato dell’Organizzazione del Sud-Est Asiatico), al quale aderiscono Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Australia, Nuova Zelanda, Pakistan, Thailandia e Filippine. In Europa ne consegue la tendenza al riarmo.
L’equilibio del terrore
La seconda fase, dalla metà degli anni Cinquanta fino ai primi anni Sessanta, è contrassegnata dall’emergere della composita realtà del Terzo Mondo e dalla cristallizzazione della divisione dell’Europa, esemplificata dalla costruzione nel 1961 del muro di Berlino. I Sovietici superano la tesi della “guerra inevitabile” tra mondo capitalista e mondo socialista, mentre i nuovi missili intercontinentali e la moltiplicazione delle testate nucleari conducono all’equilibrio del terrore, durante il quale si teorizza l’impossibilità del ricorso alla guerra, pena la distruzione dell’umanità. La vittoria di Eisenhower nelle elezioni presidenziali del 1952 conduce all’accantonamento della politica del containement, fondata su un massiccio riarmo, e all’adozione della politica del New Look, propugnata dal nuovo segretario di Stato John Foster Dulles (1888-1959). Essa si impernia sul contenimento della spesa federale: sul piano militare importa la riduzione delle forze convenzionali, bilanciate dal rafforzamento dell’aviazione. Ne consegue l’esigenza di procedere a un irrobustimento delle forze militari europee: riaffiora in tal modo la delicata questione del riarmo della Germania, rispetto alla quale è sempre attiva l’opposizione della Francia. Bocciata la Comunità Europea di Difesa (CED), risulta ineluttabile quella dell’integrazione delle forze armate tedesche occidentali nella NATO che viene perfezionata attraverso successivi passaggi nel 1955. Con la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, si registra un allentamento della tensione in Europa, come mostra nel maggio 1955 la firma del trattato di pace dell’Austria, che pone termine all’occupazione delle quattro potenze e ne realizza la neutralizzazione. Segue nel luglio l’incontro a Ginevra tra i leader delle grandi potenze. Il superamento dei veti incrociati posti dalle due superpotenze consente l’ammissione all’ONU di Paesi europei appartenenti ai due blocchi, fino allora esclusi, tra cui l’Italia. Pare prevalere nei rapporti internazionali un nuovo spirito, che però si scontra l’anno successivo con la repressione della rivolta ungherese da parte delle truppe del Patto di Varsavia e con la crisi di Suez. Nel 1956 il leader egiziano Gamal Abdel Nasser (1918-1970) nazionalizza il canale, provocando l’intervento di truppe inglesi e francesi, subito sconfessato dagli Stati Uniti che a partire da allora sostituiscono la Gran Bretagna quale potenza egemone della regione. La vicenda di Suez consente all’Unione Sovietica di accrescere la propria influenza nell’area mediorientale. L’ascesa di Kruscev (1894-1971), la sua denuncia dello stalinismo nel corso del XX Congresso del PCUS, il dinamismo sul piano degli armamenti sembrano nella seconda metà degli anni Cinquanta manifestazioni di una rinnovata vitalità del sistema sovietico, che dà un nuovo impulso alla corsa agli armamenti, sanzionata dall’aumento degli stanziamenti militari voluto dal nuovo presidente degli Stati Uniti, il democratico John F. Kennedy (1917-1963). Nel giugno 1961 Kruscev e Kennedy si incontrano a Vienna, dopo cioè il fallimento in aprile dello sbarco di esuli cubani nella Baia dei Porci, sostenuto dagli Stati Uniti nel tentativo di rovesciare il regime rivoluzionario di Fidel Castro (1927-), al potere dal 1° gennaio 1959.
Sul piano europeo, resta in piedi la questione di Berlino, divenuta nella sua parte occidentale via di fuga dei Tedeschi orientali. Alla reiterata minaccia sovietica di firmare un trattato di pace separato con la Germania orientale, alla quale affidare il controllo delle vie di accesso a Berlino Ovest, segue da parte di Kennedy il rafforzamento delle forze militari di terra. Nella notte tra il 12 e il 13 agosto 1961, la Germania orientale erige una barriera di filo spinato, che si trasforma presto in un muro che dà il segno, anche fisicamente, dell’irreversibilità della divisione tra le due parti della Germania.
L’iniziale svantaggio americano nelle armi strategiche è presto colmato con lo spiegamento dei missili Titan e Minuteman. È in questo quadro che si sviluppa nell’ottobre 1962 la crisi dei missili a Cuba. Voli di ricognizione degli aerei spia U2 – un esemplare dei quali nel maggio 1960 era stato abbattuto sui cieli dell’Unione Sovietica producendo il fallimento di un incontro al vertice tra Kruscev ed Eisenhower a Parigi – appurano che a Cuba sono in costruzione basi missilistiche da parte dei Sovietici, che costituiscono una diretta minaccia per il territorio degli Stati Uniti. Questi impongono a Cuba un blocco navale, mentre Kennedy, in un drammatico discorso televisivo, addita nell’azione sovietica un pericolo per la pace mondiale. Il 28 ottobre un telegramma di Chruscev annuncia la volontà di smantellare le basi, mentre gli Stati Uniti si impegnano a evitare azioni militari nei riguardi di Cuba.
La fase della distensione
La terza fase, dai primi anni Sessanta sino alla fine degli anni Settanta, è caratterizzata da una serie di accordi tra le superpotenze, culminati in quelli di Helsinki del 1975, che cristallizzano gli assetti europei. È la fase della distensione, nel corso della quale gli Stati Uniti, prima con le presidenze dei democratici John F. Kennedy e Lyndon Johnson (1908-1973), poi del repubblicano Richard Nixon (1913-1994) sono impegnati nella guerra del Vietnam, conclusasi nel 1975 con il riconoscimento dell’unità territoriale del Paese a egemonia comunista. Nel 1972 il viaggio di Nixon nella Repubblica Popolare della Cina prelude allo stabilimento di relazioni diplomatiche e all’ingresso del più popoloso Paese comunista nel Consiglio di sicurezza dell’ONU in luogo di Taiwan. Nel 1976, il democratico Jimmy Carter (1924-), divenuto presidente degli Stati Uniti, pone l’accento sul valore globale degli accordi di Helsinki e quindi sul rispetto dei diritti umani nel blocco sovietico.
Con la fine degli anni Settanta, quando, dopo la sconfitta americana nella guerra del Vietnam, l’espansionismo sovietico conosce una fase di nuovo vigore, si ha una nuova fase della competizione. In realtà, il gigante sovietico mostra pienamente le gracili fondamenta su cui posa. Nel 1985 l’elezione di Michail Gorbacev (1931-) a segretario del PCUS pone le basi per un tentativo di ristrutturazione dell’URSS, accompagnato a uno sforzo di trasparenza democratica. Incomincia il disimpegno sovietico, prima in Afghanistan, poi nel Corno d’Africa, per sfociare nel 1989 nella decisione di ritirare le truppe sovietiche dai Paesi dell’Est. Ne segue un processo di democratizzazione che conduce nell’autunno 1989 alla disintegrazione dei regimi filosovietici, al crollo del muro di Berlino, nel 1990 alla riunificazione della Germania, nel 1991 alla fine dell’URSS. La guerra fredda è conclusa.