La intrascrivibilità del matrimonio “same-sex”
Con la sentenza del marzo 2012, pur ribadendo la intrascrivibilità del matrimonio “same-sex” contratto all’estero da cittadini italiani, la Suprema Corte ha affermato, diversamente da quanto assunto in precedenza, che l’atto matrimonio non è inesistente a motivo della identità di sesso dei nubendi, bensì inefficace, perché il legislatore nazionale non ha sinora dettato una disciplina che consenta anche alle coppie omosessuali di accedere al vincolo matrimoniale, nonostante tale diritto fondamentale sia riconosciuto (anche se non garantito) dalla CEDU e dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea.
Un’altra tessera, probabilmente non l’ultima, si inserisce nel più ampio e complesso mosaico cui dà luogo il tema del matrimonio same-sex, arricchito e vivificato da un dibattito culturale e sociale che sovente riversa le proprie aspettative concrete nei pronunciamenti giurisdizionali, piuttosto che dalle risposte che dovrebbero anzitutto provenire dal tradizionale circuito della rappresentanza politica. Si tratta, del resto, di un fenomeno non circoscritto all’anzidetta specifica problematica, ma che investe l’esteso ambito dei diritti fondamentali, tributari di una tutela che sempre più, marginalizzando l’opzione politica, rinviene sostanza ed effettività negli esiti di quel ormai sperimentato rapporto dialogico tra le Corti, sovranazionali e nazionali1, e nel suo fattivo dispiegarsi nell’esercizio della giurisdizione da parte dei giudici comuni2.
Nella problematica qui all’esame l’ulteriore tessera del mosaico è costituita da Cass., 15.3.2012, n. 4184, che implementa la trama già delineata da C. cost. 15.4.2010, n. 138 e C. eur. dir. uomo, 24.6.2010, Schalk e Kopf c. Austria3, a sua volta, ricevendo da tali pronunce linfa autorevole e proficua.
1.1 La controversia esaminata dalla Cassazione
La vicenda portata alla cognizione del giudice di legittimità ha riguardato la richiesta avanzata da due cittadini italiani, che avevano contratto matrimonio in Olanda, di trascrizione dell’atto di matrimonio da parte del competente ufficiale dello stato civile, ai sensi dell’art. 18, d.P.R. 3.11.2000, n. 396; istanza che veniva respinta per contrarietà all’ordine pubblico di detto atto, formato all’estero. Sia il ricorso avverso il rifiuto di trascrizione proposto dinanzi al Tribunale, che il successivo reclamo alla Corte di appello venivano rigettati.
1.2 La decisione della Suprema Corte
Anche il ricorso per la cassazione del provvedimento negativo del giudice del reclamo ha avuto esito sfavorevole per gli interessati, ma ben diversa è la prospettiva ermeneutica che ha guidato il giudice di legittimità, sino a pervenire ad un ribaltamento dell’assunto del giudice del merito e ciò proprio in forza dell’apporto della giurisprudenza costituzionale ed europea sopra richiamata, intervenuta successivamente alla decisione della Corte di appello. L’approdo conclusivo è che la diversità di sesso dei nubendi non costituisce presupposto “naturalistico” di “esistenza” del matrimonio (come invece ritenuto dalla Corte di appello), per cui il matrimonio civile tra persone dello stesso sesso, celebrato all’estero, non è inesistente per l’ordinamento italiano, ma soltanto inidoneo a produrre effetti giuridici.
La risposta alla pretesa oggetto immediato e diretto della domanda di tutela giudiziale avanzata nello specifico dai contraenti matrimonio all’estero – e cioè la trascrizione di detto atto da parte dell’ufficiale di stato civile italiano – passa, nel percorso esegetico seguito dalla Cassazione, attraverso la previa soluzione della questione, mai affrontata in precedenza dal giudice della nomofilachia, concernente il «se la Repubblica italiana riconosca e garantisca a persone dello stesso sesso, al pari di quelle di sesso diverso, il diritto fondamentale di contrarre matrimonio».
La Corte di cassazione dà atto che la diversità di sesso dei nubendi costituisce, per diritto vivente, un «requisito minimo indispensabile per la stessa esistenza del matrimonio civile come atto giuridicamente rilevante», configurandosi come «postulato implicito» dell’istituto, ricavabile dal congiunto integrarsi delle norme di sistema che lo modellano4, le cui radici sono alimentate da «una consolidata e ultramillenaria nozione di matrimonio». Di qui, una prima conclusione negativa in ordine all’interrogativo di fondo, escludendosi che le fonti primarie e sub-primarie nazionali e la stessa Costituzione riconoscano a due persone del medesimo sesso di contrarre matrimonio. Invero, quanto alla Carta Fondamentale, la Cassazione evoca, in modo assorbente, la già citata sentenza n. 138/2010 del Giudice delle leggi, attribuendo un rilievo assai significativo alle relative affermazioni sulla inclusione dell’unione omosessuale nell’ambito delle formazioni sociali riconosciute e garantite dagli artt. 2 e 3 Cost.
Invero, l’ulteriore e decisivo passaggio argomentativo della sentenza della Cassazione si incentra sulla portata della decisione della Corte di Strasburgo sul caso Schalk e Kopf c. Austria del giugno 2010, la quale, pur rigettando il ricorso proposto da due cittadini austriaci che si erano visti negare la possibilità di contrarre matrimonio nel loro Paese in ragione della identità di sesso, ha mutato il proprio precedente orientamento sulla portata da ascrivere agli artt. 8 e 12 CEDU. La C. eur. dir. uomo – sottolinea il Collegio della Prima sezione civile – ha difatti ritenuto che l’art. 12, sul «diritto fondamentale di un uomo e di una donna di contrarre matrimonio», vada attualmente letto alla luce dell’art. 9 della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, quale disposizione che, pur sovrapponendosi a quella della Convenzione, ne amplia la portata, evitando intenzionalmente il riferimento di genere e lasciando ai singoli Stati la scelta di normare come istituto matrimoniale l’unione same-sex. Donde la conclusione per cui non è più possibile reputare che «il diritto al matrimonio di cui all’articolo 12 debba essere limitato in tutti i casi al matrimonio tra persone di sesso opposto», con la conseguenza che detta norma trova applicazione nel caso controverso, sebbene spetti a ciascun «Stato contraente se permettere o meno il matrimonio omosessuale».
Quanto poi all’interpretazione dell’art. 8 della Convenzione5, i giudici di Strasburgo – evidenzia ancora la sentenza della Cassazione – superano il proprio consolidato indirizzo per cui la relazione di una coppia omosessuale era da includere nella nozione di “vita privata”, ma non già in quella di “vita familiare”, a tal fine valorizzando l’evoluzione sociale e giuridica avutasi negli Stati contraenti. In ragione dell’accennato mutamento, dunque, la C. eur. dir. uomo afferma ora che una relazione di una coppia omosessuale convivente con una stabile relazione di fatto «rientra nella nozione di vita familiare, proprio come vi rientrerebbe la relazione di una coppia eterosessuale nella stessa situazione corsivo aggiunto»
In ragione della connotazioni illustrate, l’overruling della giurisprudenza di Strasburgo rappresenta il nucleo fondante della decisione assunta dalla Cassazione, in forza del quale viene operata, infatti, una rilettura della trama normativa implicata sino a giungere a conclusioni innovative quanto alla giustificazione della (comunque ancora) negata trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero tra persone dello stesso sesso.
Il primo passaggio in tal senso si rinviene, per l’appunto, nella puntualizzazione tra le posizioni assunte dalla Corte costituzionale e dalla Corte di Strasburgo quanto alla portata estensiva del diritto al matrimonio, in quanto inclusivo, o meno, della identità di sesso tra i nubendi, seppur muovendo entrambe le Corti dalla medesima premessa sulla natura inviolabile6 del diritto anzidetto.
Dunque, dalla negazione di un fondamento costituzionale del matrimonio same-sex (C. cost., sentenza n. 138/2010) si giunge al riconoscimento (C. eur. dir. uomo, sentenza giugno 2010) che il diritto di contrarre matrimonio spetta anche a persone dello stesso sesso, sebbene la sua garanzia sia rimessa al potere legislativo dei singoli Stati.
Di qui, pertanto, l’affermata elisione di quel “postulato implicito” dell’istituto matrimoniale che si radicava nella diversità di sesso dei nubendi.
La prima conclusione che trae la Corte di cassazione è che i componenti della coppia omosessuale, conviventi in stabile relazione di fatto, possono – a prescindere dal divieto posto dalla legislazione italiana alla trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero – far valere giudizialmente, in presenza di «specifiche situazioni», il diritto «ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata» e, ove tale trattamento non sia assicurato, anche sollecitare l’intervento del giudice delle leggi tramite l’incidente di costituzionalità.
L’ulteriore approdo della sentenza n. 4184/2012 riguarda un profilo che investe la dogmatica dell’istituto matrimoniale quanto all’atto che origina il relativo vincolo. L’operatività all’interno di tale ordinamento dell’art. 12 CEDU, siccome interpretato dalla Corte di Strasburgo nel senso della irrilevanza giuridica della diversità di sesso dei nubendi, comporta ora che l’intrascrivibilità delle unioni omosessuali è da reputarsi giustificata – «non più dalla loro inesistenza … e neppure dalla loro invalidità, ma – dalla loro inidoneità a produrre, quali atti di matrimonio appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano».
La decisione della Corte di cassazione sulla (in)trascrivibilità del matrimonio same-sex contratto all’estero da cittadini italiani è stata accolta, nell’ambito del dibattito tra giuristi7, da voci prevalentemente inclini a ritenere che essa costituisca non solo un innovativo apporto alla ricostruzione del diritto vivente, ma anche positivo fattore della sua evoluzione. Non mancano, tuttavia, voci dissonanti8 e, comunque, anche la dottrina adesiva non nasconde l’esigenza di giungere ad ulteriore approfondimento sugli snodi decisivi della pronuncia.
Due, essenzialmente, sono i corni problematici che si sono posti all’attenzione dei (primi) commentatori: il rapporto con il giudicato costituzionale recato dalla sent. n. 138/2010 e la categoria della inefficacia che viene a sostituire quella della inesistenza nella delibazione della trascrivibilità del matrimonio contratto all’estero da cittadini del medesimo sesso.
3.1 Il problema del giudicato costituzionale
La criticità della questione si annida tutta nella portata da ascrivere alla sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale, di cui la Cassazione fa mostra di condividere sostanzialmente l’impianto, sebbene evidenzi lo scarto con quanto affermato dalla Corte di Strasburgo in ordine al significato da attribuire alle norme convenzionali implicate nella vicenda.
Da parte di chi9 ritiene che nella decisione del Giudice delle leggi si possa rinvenire un divieto per il legislatore di riconoscere alle coppie omosessuali il diritto a contrarre matrimonio, risulta evidente il contrasto con il dictum della Corte eur. dir. uomo, assunto a ratio decidendi dalla Cassazione, per cui, ferma restando la discrezionalità legislativa, il diritto al matrimonio spetta anche a persone dello stesso sesso.
Su una lunghezza d’onda non dissimile si pone chi10 tenta di circoscrivere la portata stessa delle affermazioni di principio della sentenza n. 4184/2012, mettendo in risalto piuttosto l’esito del giudizio – e cioè la ribadita intrascrivibilità del matrimonio same-sex contratto all’estero – quale fattore collimante con la trama delle norme costituzionali, primarie e sub-primarie dell’ordinamento interno.
Diversamente opina altra parte della dottrina11, che, nello specifico, mette in risalto come la Cassazione non rilevi, all’esito di una attenta lettura della sentenza n. 138/2010, che il matrimonio tra persone dello stesso sesso sia vietato dalla Costituzione, assumendo invece che esso non rinvenga fondamento costituzionale, tanto da lasciare alla discrezionalità legislativa sia il suo riconoscimento che la sua garanzia. Sicché, la riconosciuta libertà di scelta verrebbe ad escludere la sussistenza di “vincoli costituzionali”, che, del resto, intesi in guisa di divieto assoluto, condurrebbero ad una collisione tra parametro costituzionale e parametro convenzionale, che, invece, una interpretazione, anche evolutiva, del primo, alla luce proiettata dal secondo, sarebbe in grado di evitare.
3.2 L’inefficacia del matrimonio same-sex contratto all’estero
La sostituzione della tradizionale categoria dell’inesistenza del matrimonio tra persone dello stesso sesso – come tale fatta propria dal diritto vivente – con quella dell’inefficacia dell’atto a produrre qualsivoglia effetto implica, come autorevolmente rilevato12, un ripensamento «in chiave critica di taluni concetti costruiti la fine di segnare i limiti di applicazione di specifiche discipline». La innovativa opzione per l’inefficacia dell’atto matrimonio, pur non collimando con le esigenze della “vecchia dogmatica” (che, con il concetto di inesistenza, intendeva arginare talune ipotesi di sanatoria dell’atto nullo), si è ritenuta esprimere il «positivo intento di contribuire … a sottrarre al divieto o all’irrilevanza un altro, non marginale frammento della realtà umana»13.
Peraltro, si è posto in rilievo14 che l’utilizzo della categoria della inefficacia andrebbe inteso secondo una chiave di lettura che privilegi una segmentazione della sua portata, nel senso di circoscriverla al “caso di specie”, ove si voglia escludere che l’innovazione ermeneutica sia stata priva di conseguenze pratiche.
Su altre e ben differenti posizioni si colloca chi15 assume che la distinzione «tra inesistenza, invalidità e inidoneità dell’atto di matrimonio di una coppia omosessuale celebrato all’estero» non è comunque in grado di scalfire quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 138/2010. In tal senso, si è sostenuto, infatti, che affermare l’inefficacia di detto vincolo starebbe a significare che esso, in ogni caso, «è altra cosa rispetto all’istituto matrimoniale quale disegnato dalla nostra Costituzione».
3.3 Osservazioni conclusive
In questo contesto, in continua evoluzione, siccome recettivo di apporti giurisprudenziali multilivello sempre più penetranti, non può mancare un riferimento anche alla Corte di giustizia UE, sebbene la sua giurisprudenza sia stata evocata dalla sentenza n. 4184/2012 della Cassazione soltanto a conforto della non applicabilità diretta dell’art. 9 della Carta di Nizza. Tuttavia, è difficile negare che l’elaborazione della Corte di Lussemburgo in tema di trattamenti differenziati tra coppie eterosessuali e coppie omosessuali non abbia anch’essa contribuito alla complessiva articolazione della ratio decidendi. Di qui l’importanza di evidenziare come, nella giurisprudenza UE16, il concetto di “omogeneità” assume la dimensione di un parametro di riferimento e di garanzia, per cui l’assimilabilità concreta in specifiche situazioni delle coppie omosessuali a quelle eterosessuali, in ragione della connotazione comune di «unione familiare fondata su un rapporto stabile e duraturo», comporta che anche le prime devono essere destinatarie delle tutele stabilite dall’ordinamento per le seconde17.
Dunque, la dialettica che si è ormai innescata sul tema in esame sembra rinvenire argomenti che, sempre più, privilegiano soluzioni inclusive delle posizioni soggettive fondamentali, con l’accortezza, almeno dichiarata, di non imporre, nella sua dimensione giurisdizionale, soluzioni definitive che esautorino le competenze legislative, cui la normativa tutta, nazionale e sovranazionale, affida le scelte compiute e la disciplina complessiva di tutela. Ed allora soccorre a valorizzare la posizione assunta dalla giurisprudenza il crisma metodologico dell’inclusività discorsiva18, che depriva di ogni valenza negativa quel lato compromissorio dei contenuti decisori che è anche riconoscibile nella sentenza n. 4184/2012, per cui, al pari delle altre pronunce delle Corti innanzi richiamate, «essa concede senza ledere, riconosce senza imporre, delimita senza confinare»19.
1 Si ritiene che la Koiné culturale sovranazionale sui temi dei “diritti naturali civili”, ispirante il dialogo tra le Corti, possa portare finanche ad uno smantellamento della «cultura politica delle forze che strutturano i sistemi politici regionali»; così Massa Pinto, I., “Fiat matrimonio!” L’unione omosessuale all’incrocio del dialogo tra Corte costituzionale, Corte europea dei diritti dell’uomo e Corte di cassazione: può una sentenza della Corte di cassazione attribuire a (un inciso di) una sentenza della Corte europea il potere di scardinare “una consolidata ed ultramillenaria tradizione” (superando anche il giudicato costituzionale)?, in www.rivistaaic.it, 4.4.2012.
2 Si pensi alla pronuncia del Trib. Reggio Emilia 13.2.2012, che ha riconosciuto al coniuge omosessuale di un cittadino italiano gli effetti del ricongiungimento familiare; a tal riguardo, Falletti, E., Quattro rondini fanno primavera?, in www.europeanrights.eu.
3 Sulla portata delle pronunce citate si rinvia a Vincenti, E., Il matrimonio tra persone di orientamento omosessuale, in Libro dell’anno del diritto 2012, Roma, 2012, 16 ss.
4 Segnatamente, vengono in rilievo, in modo più diretto, gli artt. 107, co. 1, e 108, co. 1, c.c., nonché l’art. 5 l. 1.12.1970, n. 898, nel testo sostituito dall’art. 9 l. 6.3.1987, n. 74; quanto alla giurisprudenza, si rammentano, tra le altre: Cass., 2.3.1999, n. 1739 e Cass., 9.6.2000, n. 7877.
5 Art. 8 CEDU che stabilisce che: «Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata a familiare».
6 In tal senso si veda anche C. cost., 25.7.2011, n. 245.
7 Oltre a quelli in precedenza citati – Massa Pinto e Falletti – tra i primi commenti alla sentenza n. 4184/2012 della Cassazione si segnalano: Rescigno, P., Il matrimonio same sex al giudizio di tre Corti, in Corr. giur., 2012, 861; Di Bari, M., Considerazioni a margine della sentenza 4184/2012 della Corte di cassazione: la Cassazione prende atto di un trend europeo consolidato nel contesto delle coppie same-sex anche alla luce della sentenza n. 138/2010 della Corte costituzionale, in www.rivistaaic.it, 28.3.2012; Gattuso, M., “Matrimonio”, “famiglia” e orientamento sessuale: la Cassazione recepisce la “doppia svolta” dela Corte europea dei diritti dell’uomo, in Fam. dir., 2012, 678; Carbone, V., Matrimonio omosessuale e trascrizione, in Corr. giur., 2012, 618; Finocchiaro, G., L’atto deve essere considerato inidoneo a produrre effetti giuridici nell’ordinamento, in Guida dir., 2012, 14, 35; Galluzzo, S.A.R., La Cassazione va in pressing sul legislatore per introdurre regole in favore delle unioni gay, in Guida dir., 2012, 14, 35; Lorello, L., La Cassazione si confronta con la questione del matrimonio omosessuale, in www.rivistaaic.it, 8.5.2012.
8 Segnatamente: Massa Pinto, I., op. cit.; Lorello, L., op. cit.
9 Massa Pinto, I., op. cit.
10 Lorello, L., op. cit.
11 Segnatamente Gattuso, M., op. cit., 684-685; ma del pari, sebbene con argomentazioni sintetiche, Rescigno, P., op. cit., 861 ss. e Falletti, E., op. cit.
12 Rescigno, P., op. cit., 864.
13 Rescigno, P., op. loc. cit.
14 Gattuso, M., op. cit., 687.
15 Lorello, L., op. cit.
16 C. giust., 1.4.2008, C-267/06, Maruko c. Versongungsanstalt der deutschen Bűhnen; C. giust., 10.5.2011, C-147/08, Römer c. Freie und Hansestadt Hamburg.
17 Di Bari, M., op. cit.
18 Habermas, J., Fatti e norme. Contributi ad una teoria discorsiva del diritto e della democrazia, Milano, 1996, 199 ss.
19 Di Bari, M., op. cit.