Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La tradizione manoscritta dei ricettari costituisce la fonte principale in nostro possesso per conoscere la chimica empirica del periodo tardoantico e medievale. Il ricettario più importante dei primi secoli del Medioevo è la Mappae Clavicula, un manoscritto nel quale sono raccolte le ricette per la produzione artificiale di pietre colorate usate nella composizione dei mosaici, o di sostanze da impiegare in processi chimici come la mordenzatura dei tessuti, la tintura delle pelli, la crisografia e la metallurgia.
Oltre ai reperti archeologici e i rari ordinamenti legislativi che regolano l’attività mineraria, la fonte più importante del periodo altomedievale relativa alle tecniche di lavorazione metallurgiche e in generale di tutte le arti che, usando un termine inappropriato per l’epoca possiamo definire chimiche, è la Mappae Clavicula, un ricettario di origine bizantina nel quale sono presenti anche numerosi brani tratti da Vitruvio e Faventino, il cui titolo risulta ancora oggi di difficile interpretazione. Il termine mappa in latino significa tovagliolo, panno, drappo, a volte anche carta, mentre clavicula significa piccola chiave. I due termini sembrano completamente slegati. Tale incongruenza è stata spiegata ipotizzando una traduzione sbagliata dal greco dovuta a un incrocio per metatesi della k, tra keiromakton corrispettivo di mappa e keirokmeton che significa “elaborazione manuale”, che al plurale è usato anche per indicare opere che contengono ricette. Il termine clavicula, invece, compare nella letteratura alchemica in un’opera attribuita a Zosimo di Panopoli dal titolo Chiave delle arti e in una lettera di Psello, nella quale si fa riferimento a un testo intitolato La chiave, che viene attribuito a Ermete Trismegisto. Il termine chiave nel titolo è spiegato nel prologo di una versione risalente al XII secolo della Mappae Clavicula dove l’autore dice di aver realizzato una compilazione per svelare i segreti di altri libri sacri.
Il tema principale della Mappae Clavicula è quello della colorazione delle pietre artificiali da usare nei mosaici, ma in realtà si tratta di un ricettario chimico più ampio, nel quale sono presenti anche numerose ricette per la mordenzatura e la tintura di pelli e stoffe, per la scrittura con l’oro e l’argento, per operazioni metallurgiche e per la preparazione di varie sostanze chimiche. Una particolarità importante dei ricettari antichi è quella di indicare le sostanze descritte o utilizzate con il loro luogo di origine. Tale convenzione si rende necessaria perché la stessa sostanza può avere caratteristiche completamente diverse a seconda dei luoghi dove è prodotta.
La Mappae Clavicula fa parte di un gruppo di manoscritti legati da percorsi comuni: le Compositiones ad tingendas musiva, altrimenti nota come Compositiones Lucenses, e le Compositiones matritenses del XII secolo, ma derivante da un manoscritto cassinese più antico. La compositiones ad tingendas musiva è di datazione incerta tra il VII e il IX secolo, ed è nota anche come Manoscritto di Lucca. L’origine di questo tipo di letteratura legata alla cultura alchemica sembra risalire all’ultimo periodo ellenistico e trova i suoi due testimoni più antichi nei cosiddetti Papiro di Leida> e Papiro di Stoccolma, due ricettari greci del IV secolo che sembrano provenire da un testo comune. Sugli intenti e i luoghi di realizzazione di queste opere sono state avanzate varie ipotesi, non ultima quella di essere in presenza di un manuale per la contraffazione delle sostanze naturali; tuttavia la grafia elegante di questi manoscritti ci porta a concludere che la loro destinazione fossero le biblioteche monastiche piuttosto che i laboratori degli artigiani e che, quindi, la loro redazione originaria vada cercata non nelle officine ma tra gli eruditi alchimisti della tradizione greco-bizantina.
Nel loro passaggio in Occidente, avvenuto nei primi secoli del Medioevo, le ricette perdono gradualmente la loro componente teoretica, mantenendo soltanto alcune tracce dei loro originari intenti esoterici che continuano a conferire loro un’aura di sacralità. Il successo di questi ricettari va comunque oltre i confini delle biblioteche monastiche raggiungendo anche il mondo degli artigiani. È significativo notare come il testimone più antico della Mappae Clavicula sia stato ritrovato nella biblioteca del monastero benedettino di Reichenau, che è uno dei centri più importanti per la ripresa delle arti e per lo studio della cultura classica dell’epoca carolingia. La tradizione dei ricettari incontrerà un notevole favore anche nei secoli successivi, dando luogo alla tradizione letteraria sui segreti delle arti.