La mediazione dopo C. cost. n. 272/2012
Il 2013 è un anno che registra notevoli mutamenti della normativa sulla mediazione contenuta nel d.lgs. n. 28/2010, in vigore dal 20 marzo 2010. La sentenza della Corte costituzionale del 6.12.2012, n. 272 aveva dichiarato incostituzionale la norma che prevedeva la mediazione come condizione di procedibilità della domanda giudiziale. Su questo aspetto incide il d.l. n. 69/2013 che reintroduce la cd. mediazione obbligatoria per quasi tutte le materie già contemplate dall’art. 5, co. 1. Il decreto inoltre ‘ripristina’ le norme caducate dalla Corte costituzionale in via consequenziale e aggiunge ulteriori novità che modificano notevolmente il precedente assetto.
La normativa sulla mediazione delle controversie civili e commerciali, introdotta dal d.lgs. 4.3.2010, n. 28, aveva trovato compiuta attuazione nel 2012, con l'operatività, dal 21.3.2012, della condizione di procedibilità costituita dal tentativo obbligatorio di mediazione (art. 5, co. 1) anche per le controversie in materia di risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti e in tema di condominio1. Tale assetto viene profondamente alterato dalla sentenza della Corte costituzionale 6.12.2012, n. 2722 che ha dichiarato la incostituzionalità dell’art. 5, co. 1, del decreto. A parere della Corte, il carattere obbligatorio dell’istituto di conciliazione non soltanto è privo di riferimenti ai principi e criteri della delega (art. 60 l. 18.6.209, n. 69), ma contrasta con la concezione della mediazione imposta dalla normativa delegata (la Corte evidenzia che il delegante aveva fatto riferimento alla conciliazione in materia societaria e cioè ad un modulo di fonte volontaria; inoltre la delega indicava il dovere dell’avvocato di informare il cliente, prima dell’instaurazione del giudizio, della possibilità di avvalersi dell’istituto della conciliazione, dunque di una facoltà, e non di un obbligo). La Corte ha quindi proceduto alla dichiarazione di incostituzionalità di altre norme del decreto legislativo in via consequenziale, ex art. 27 l. 11.3.1953, n. 873.
La pronuncia ha riaperto la discussione sul ruolo della mediazione nel nostro ordinamento e nuovo slancio hanno avuto le iniziative volte a promuovere la mediazione demandata dal giudice4.
Peraltro, il quadro è mutato nuovamente con il d.l. 21.6.2013, n. 69, convertito in legge con l. 9.8.2013, n. 98 (G.U. del 20.8.2013). Il capo VIII del titolo III del decreto – le disposizioni sono entrate in vigore il 21 settembre 2013 ex art. 84, co. 2 – incide profondamente sulla disciplina della mediazione, ripristinandola come condizione di procedibilità per quasi tutte le materie già contemplate dal testo originario e introducendo novità di rilievo.
Sul piano europeo va anche ricordato l'importante impulso ai sistemi di ADR rappresentato dalla approvazione della Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori, recante modifica del regolamento (CE) n. 2006/2004 e della direttiva 2009/22/CE (direttiva sull'ADR per i consumatori) e del Regolamento sulla risoluzione delle controversie online per le controversie dei consumatori, entrambi pubblicati nella G.U.C.E. del 18.6.20135.
Le novità introdotte con il d.l. n. 69/2013 sono numerose e di diverso spessore. Nel complesso mirano a ridare slancio alla mediazione dopo l'arresto segnato dalla sentenza della Consulta. Delineano una condizione di procedibilità di vasta applicazione, ma secondo una disciplina più 'leggera', quanto ad incidenza su processo e costi, per rispondere ai parametri in base a cui valutare la correttezza della disciplina alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale e della Corte di giustizia sulla cd. giurisdizione condizionata6. Valorizzano il ruolo del giudice, del mediatore nonché dell'avvocato, sia come consulente della parte che come mediatore. Appare utile passarle rapidamente in rassegna, con riferimento agli articoli del d.lgs. n. 28/2010 che sono stati modificati, tenendo conto del d.l. n. 69/2013, nel testo definitivo e dunque anche degli emendamenti introdotti dalla legge di conversione.
2.1 Definizione e accesso alla mediazione
Una prima modifica concerne la nozione di mediazione contenuta nell’art. 1, co. 1, del decreto, definita ora, molto più correttamente, come «l’attività, comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, anche con formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa».
L’art. 4, co. 1, nel testo modificato, introduce poi un criterio di competenza territoriale, prevedendo che la domanda di mediazione sia presentata «presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda».
Un’ulteriore modifica si riferisce al criterio per stabilire quando la istanza possa ritenersi presentata: mentre prima si faceva riferimento al momento della “ricezione” della comunicazione, ora «per determinare il tempo della domanda si ha riguardo alla data del deposito dell’istanza». Altre modifiche si limitano a reintrodurre il testo dell’art. 4 che era stato espunto in via consequenziale alla dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 5, co. 1; si tratta dunque di interventi di mero coordinamento, relativi all'informazione da parte dell'avvocato dell'assistito «dei casi in cui l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale», nonché agli adempimenti del giudice quando verifica la mancata allegazione del documento che contiene l’informazione al cliente.
2.2 Condizione di procedibilità e rapporti con il processo
L'intervento più rilevante è la nuova introduzione del tentativo di mediazione come condizione di procedibilità per tutte le controversie già indicate nell’art. 5, co. 1, falcidiato dalla Corte costituzionale, ad eccezione delle ipotesi di «risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti»; inoltre, dopo l’ipotesi della “responsabilità medica” si aggiunge, a chiarimento di problemi interpretativi sorti in precedenza, anche quella “sanitaria”7.
Rispetto alle previsioni originarie del d.lgs. n. 28/2010 un'altra innovazione fondamentale, fortemente voluta da gran parte del ceto forense e aggiunta in sede di conversione del d.l. n. 69/2013, è l’introduzione della presenza obbligatoria dell’avvocato nel procedimento di mediazione, prevista dall'art. 5, co. 1 bis, per la mediazione cd. obbligatoria (vedi, per la mediazione facoltativa, infra § 2.5). Infine, si prevede un periodo di applicazione e monitoraggio della mediazione obbligatoria, ad indicare chiaramente l’intento promozionale della previsione sulla condizione di procedibilità: tale previsione ha efficacia per i quattro anni successivi alla data di entrata in vigore (e dunque sino al 21 settembre 2017). Inoltre, già «al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio sugli esiti di tale sperimentazione».
Altrettanto fondamentale è la modifica della mediazione demandata dal giudice: se prima questi poteva invitare le parti ad esperire un tentativo di mediazione, ora gli è attribuito il potere di ordinare tale esperimento, prescindendo dal consenso delle parti. In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e addirittura mantiene tale natura anche in sede di appello.
L’introduzione del co. 2 bis nell'art. 5 è riferita a tutti i casi in qui la mediazione sia condizione di procedibilità e mira a chiarire quali siano i criteri in base ai quali la condizione può dirsi avverata stabilendo che «quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo».
Infine, il co. 4, lett. c) dell’art. 5 esclude l’applicabilità dei co. 1 bis e 2 anche «nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all’articolo 696 bis del codice di procedura civile», così risolvendo una questione sorta in precedenza.
2.3 Durata ed effetti sul processo
Un’altra novità introdotta dal d.l. n. 69/2013, volta ad alleggerire l'incidenza della condizione di procedibilità, è l’abbreviazione della durata massima del procedimento di mediazione prevista in tre mesi e non più in quattro (art. 6). La modifica al co. 2 costituisce, invece, un mero raccordo con la reintroduzione della cd. mediazione obbligatoria e ripristina la parte della norma originaria dichiarata incostituzionale in via consequenziale prevedendo l'inapplicabilità della sospensione feriale per la durata di tre mesi della mediazione, anche ai casi in cui questa è condizione di procedibilità della domanda, sia ex lege, sia su ordine del giudice. Anche l'art. 17 reca una modifica di mero raccordo con le disposizioni sulla mediazione obbligatoria: il periodo di tre mesi della mediazione e il rinvio disposto dal giudice ai sensi dell’art. 5, co. 1 bis e 2, non si computano ai fini della ragionevole durata del processo.
2.4 Incontro di “programmazione”, assistenza obbligatoria e mancata partecipazione
Ben più rilevanti le modifiche dell’art. 8 (Procedimento) sulla procedura di mediazione. Si prevede infatti che il mediatore, nel primo incontro, verifichi con le parti se vi sono le possibilità di proseguire il tentativo di mediazione; in particolare, durante il primo incontro il mediatore deve chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, invitando poi le stesse e i loro difensori ad esprimersi sulle possibilità di iniziare la procedura di mediazione «e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento». L'art. 8, in seguito agli emendamenti della legge di conversione, sembrerebbe indicare il patrocinio obbligatorio dell'avvocato per tutti i casi di mediazione: «al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l'assistenza dell'avvocato». Tuttavia sembra profilarsi l'opinione che l'assistenza degli avvocati sia necessaria solo per le materie per cui questa sia condizione di procedibilità: a favore di questa tesi è la considerazione che solo in questi casi la mediazione è strettamente connessa al giudizio, mentre argomenti letterali vengono tratti dall'art. 12 che, nel fare riferimento all'efficacia dell'accordo, usa l'espressione: «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato ...», lasciando la strada aperta ad ipotesi in cui le parti non siano tutte assistite dal difensore.
La disposizione dell'art. 8 presenta altre incoerenze: si parla infatti di possibilità di proseguire e poi di iniziare la mediazione dopo il primo incontro. Ai fini dell’avveramento della condizione di procedibilità, vale comunque la disposizione chiarificatrice dell’art. 5, co. 1 bis, prima ricordato: il primo incontro, indicato da tale norma, coincide comunque con il primo incontro di cui all'art. 8, co. 1, tenuto conto della ratio delle disposizioni, volte nel loro complesso a condizionare in modo soft il diritto della parte di formulare e coltivare la domanda giudiziale.
L’ultimo comma dell’art. 8 (co. 4 bis), relativo alle conseguenze della mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, reitera il precedente co. 5, caducato dalla Corte in via consequenziale. Ora dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’art. 116, co. 2, c.p.c. Inoltre, ritorna la previsione secondo cui «il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all’entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio».
2.5 Proposta del mediatore e mancata accettazione
Al co. 1 dell’art. 11, alla disposizione che prevede la formulazione di una proposta da parte del mediatore nel caso che le parti non raggiungano un accordo o ne facciano richiesta congiuntamente, è aggiunto l'obbligo del mediatore (già espunto, in via consequenziale, dalla Corte costituzionale) «di informare le parti delle possibili conseguenze di cui all’articolo 13»: la previsione è correlata alla reintroduzione del testo dell’art. 13, che prevede le conseguenze negative, sul piano delle spese processuali e altre sanzioni, all'esito del giudizio, quando la parte vincitrice abbia rifiutato la proposta del mediatore, distinguendosi il caso del provvedimento che definisce il giudizio corrispondente interamente al contenuto della proposta, dal caso in cui il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta. Il legislatore non ha tenuto conto delle tante critiche mosse a tale disposizione, tra l'altro difficilmente applicabile per le difficoltà di comparare gli interessi al centro della mediazione con i diritti oggetto delle statuizioni del giudice. In ogni caso, non ha colto l'occasione per correggere l'irrazionale asimmetria: nel testo (salvo interpretazioni “correttive”) le sanzioni non riguardano il convenuto che si rifiuti di aderire ad una proposta corrispondente alla sentenza.
2.6 Efficacia dell'accordo ed omologazione
Al co. 1 dell'art. 12 (Efficacia esecutiva ed esecuzione), con un'importante innovazione si riconoscono alcune funzioni certificative agli avvocati che rendono inutile l’omologazione da parte del presidente del tribunale: «ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico». Resta tuttavia ferma l'omologazione dell'accordo con decreto del presidente del tribunale «In tutti gli altri casi».
2.7 Gli avvocati mediatori
Con il nuovo co. 4 bis dell'art. 16 (Organismi di mediazione e registro. Elenco dei formatori), si riconosce agli avvocati iscritti all'albo la qualifica di “mediatori di diritto”, riconoscimento temperato dalla previsione di obblighi “formativi”: infatti «Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55 bis del codice deontologico forense …»8.
2.8 Indennità
Con riferimento all'art. 17 (Risorse, regime tributario e indennità) a parte alcune disposizioni di mero raccordo rispetto alla reintroduzione della cd. mediazione obbligatoria, è importante sottolineare il co. 5 ter: «Nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione». La disposizione, che si inserisce nella scia di interventi volti ad incentivare l'istituto, utilizza un'espressione impropria, quale il «compenso», mentre il d.lgs. n. 28/2010 parla di «indennità». (artt. 16 e 17). Il regolamento contenuto nel d.m. 18.10.2010, n. 180, all'art. 16, specifica poi che l'indennità di mediazione comprende le spese di avvio del procedimento e le spese di mediazione. Sembrerebbe corretto ritenere che il d.l. n. 69/2013 abbia inteso escludere le spese di mediazione, mentre dovrebbe essere fatta salva la corresponsione delle spese di avvio (fissate nella misura fissa di euro 40), che non hanno natura di “compenso”.
2.9 Trascrivibilità del verbale di mediazione
Si tratta di una innovazione molto importante concernente l’art. 2643 c.c. (Atti soggetti a trascrizione) che viene modificato con l’aggiunta di un co. 12 bis, inserendo, tra gli atti da render pubblici con il mezzo della trascrizione anche «gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Per la parte in cui il d.l. n. 69/2013 ripristina le previsioni originarie del d.lgs. n. 28/2010, ritornano ad essere attuali le discussioni e le soluzioni già prospettate dall’opera di assestamento demandata alla giurisprudenza e alla dottrina prima della sentenza della Corte costituzionale n. 272/2012, soluzioni che erano state poi superate dalla pronuncia di incostituzionalità ricordata9.
Come si è visto, alcune questioni risultano risolte dal nuovo intervento, come quelle relative alla trascrivibilità del verbale di conciliazione, all’esclusione dall’ambito dei procedimenti non soggetti all’obbligo di mediazione della consulenza tecnica preventiva di cui all’art. 696 bis c.p.c., alla previsione di una competenza territoriale dell’organismo o infine alle conseguenze della mancata adesione all'invito del giudice. Restano aperte ancora diverse questioni, prima tra tutte quella relativa al cumulo di domande tutte soggette a condizione di procedibilità, mentre nuovi problemi si pongono, come, ad esempio, la rilevanza dei criteri di competenza inderogabili rispetto alla competenza dell'Organismo o i limiti dell'obbligatorietà dell'assistenza del difensore. Inoltre, occorrerà armonizzare il d.m. n. 180/2010 rispetto alla nuova normativa.
I profili più problematici che si prospettano, tuttavia, sono in gran parte legati alla mediazione demandata, dal momento che ora è oggetto di un ordine, anziché di un invito del giudice10: il rischio è che prenda piede una sorta di giurisprudenza difensiva e, di fronte all'eccessivo afflusso di cause, si usi la mediazione demandata come improprio metodo di deflazione. La chance di un uso corretto dell’istituto resta fondata non sull’imposizione immotivata, ma sulla persuasione delle parti, veicolata dalla specifica motivazione del provvedimento e dal colloquio processuale, altrimenti la mediazione sarà svilita ad un primo incontro “preliminare”, vissuto dalle parti come un’inutile dilazione del percorso giudiziario da loro scelto.
1 Sull'istituto in generale si segnalano, tra le numerose nuove pubblicazioni, Mediazione e Progresso, a cura di P. Lucarelli e G. Conte, Torino, 2012; Danovi, F.-Ferraris, F., La cultura della mediazione e la mediazione come cultura, Milano, 2013; Gianniti, P.-Piccione, R., La mediazione professionale nel sistema degli a.d.r., Torino, 2012; La mediazione nelle controversie civili e commerciali, a cura di F. Delfini e A. Castagnola, Padova, 2012; Manuale della mediazione, a cura di G. Triscari e A. Giovannoni, Milano, 2012; vedi anche il dossier Cosa cambia dopo la conversione del decreto “del fare” 69/2013, in Guida dir., agosto 2013, agosto 2013.
2 Al momento della pubblicazione del precedente contributo nel Libro dell’Anno del Diritto, 2013, era noto solo un comunicato stampa della Consulta con cui si riferiva della dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 5, co. 1, d.lgs. n. 28/2010. La sentenza della Corte è stata pubblicata sulla G.U. 1° s.s. 12.12.2012, n. 47. Sulla pronuncia si veda Pagni, I., Gli spazi e il ruolo della mediazione dopo la sentenza della Corte costituzionale 6 dicembre 2012, n. 272, in Corr. giur., 2013, 257; Pasini, C., La pronuncia della Corte Costituzionale del 6 dicembre 2012, n. 272 e alcune promettenti applicazioni in materia di mediazione delegata, in www.judicium.it; Russo, F., mediazione civile - i paralipomeni alla batracomiomachia. Proposte per una nuova conciliazione, ibidem; Besso, C., La Corte Costituzionale e la mediazione, in Giur. it., 2013, 605.
3 A parte le disposizioni collegate alla condizione di procedibilità, appare rilevante la dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 8, co. 5, sulle conseguenze della mancata partecipazione al procedimento di mediazione; nonché delle disposizioni sulle sanzioni per il rifiuto della proposta del mediatore: art. 11, co. 1, limitatamente al periodo «prima della formulazione della proposta, il mediatore informa le parti delle possibili conseguenze di cui all’art. 13»; l’intero art. 13, escluso il periodo «resta ferma l’applicabilità degli articoli 92 e 96 del codice di procedura civile».
4 Si veda ad esempio il Progetto sulla mediazione delegata dal giudice del Gruppo mediazione dell’Osservatorio sulla giustizia civile di Milano, ed il Progetto Nausicaa2 dell’Osservatorio sulla giustizia civile di Firenze, reperibile al sito http://tribunale.firenze.fsegiustizia.it. In dottrina, Cerchia, A., nota a Trib. Vasto, 8.7.2012 e Trib. Prato, 16.1.2012, in Giur. it., 2013, 1161.
5 Si veda al riguardo il commento pubblicato su Guida dir., 2013, fasc. 14.
6 Si veda, in particolare, la pronuncia della C. giust., 18.3.2010, nei procedimenti riuniti C-317/08, C-318/08, C-319/08 e C-320/08, Alassini.
7 Il tentativo di mediazione è ora obbligatorio in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
8 La norma prevede che «l’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza».
9 Per tali profili rinvio, per brevità, ai precedenti contributi nel Libro dell’anno del diritto 2012 e Libro dell’Anno del diritto 2013.
10 Conformemente alla previsione della direttiva UE n. 52/2008, art. 3, par. 1, lett. a).