La multimedialità e il futuro della cartografia
Il rinnovamento disciplinare
La cartografia occupa per molti aspetti un ruolo centrale sulla scena della comunicazione contemporanea: la diffusione del GPS (Global Positioning System), dei palmari di ultima generazione dotati di sofisticati sistemi di localizzazione, degli strumenti interattivi di mappatura e delle reti sociali in Internet (social networks) alimenta lo sviluppo di tale settore, la cui crescente importanza deriva anche dal ruolo giocato in questo inizio di secolo dalla mobilità e dal monitoraggio territoriale.
La presunta oggettività delle mappe tradizionali è in una fase di declino apparentemente irreversibile; oggi esistono forme di comunicazione interattive caratterizzate da enormi possibilità di ampliare i punti di vista, mettendo in relazione tra loro temi diversi e condividendo informazioni. Parallelamente all’aumento della domanda, i recenti sviluppi degli strumenti tecnologici hanno modificato le capacità descrittive delle mappe tradizionali, fino al punto da imporre una vera e propria ridefinizione disciplinare della cartografia. Per quest’ultima si parla oggi, più propriamente, di cartografia multimediale, espressione in cui l’aggettivo identifica un tipo di comunicazione interattiva che allarga il campo d’azione della disciplina ben oltre le sole informazioni di tipo geospaziale.
La combinazione di diversi dati riferiti al territorio e la loro rappresentazione realistica e facilmente consultabile in maniera interattiva hanno aperto alla cartografia la strada verso nuove potenzialità comunicative e divulgative. Grazie alla gestione intuitiva e all’immediatezza di utilizzo di tali forme di comunicazione, si è verificato un rapido aumento dei suoi campi di applicazione. In generale, è cambiato il modo in cui gli utenti interagiscono con i dati, così come sono cambiati, allargandosi enormemente, la distribuzione e il profilo di chi cerca le informazioni. La cartografia è oggi uno dei principali strumenti di lavoro per politici, amministratori, pianificatori, enti governativi e grandi corporation; è indispensabile alle più diverse categorie: dalle agenzie che si occupano di protezione civile fino alle semplici compagnie di consegne a domicilio. I passi in avanti rapidamente compiuti negli ultimi anni forniscono la possibilità di comunicare secondo modalità radicalmente nuove, cambiando non solo il modo in cui vengono trasmesse le informazioni, ma anche il tipo di informazioni da trasmettere. Le mappe sono lo strumento che più di ogni altro è in grado di diffondere, in modo capillare, visualizzazioni di dati provenienti dalle fonti più diverse: per es., i satelliti che misurano il grado di umidità delle foglie di un albero, i collari radio su ignari uccelli migratori, i sensori che rilevano la temperatura sul fondo degli oceani, gli strumenti che misurano il livello di inquinamento nelle grandi città.
Alla base di questo fenomeno si pone un quadro tecnologico di grande interesse, che di fatto ha sostanzialmente modificato le modalità di rappresentazione e di gestione del territorio, e al contempo ha diffuso una nuova sensibilità nel rilevare aspetti appartenenti alla sfera sia ambientale sia ecologica.
La cartografia oggi
Passare in rassegna gli elementi teorici alla base della disciplina significa anche analizzare il procedimento seguito per la redazione cartografica, che si svolge in due tappe fondamentali: quella di raccolta, analisi e classificazione dei dati e, successivamente, quella del passaggio dalle tabelle ai grafici e quindi alle carte, un tempo vincolate al supporto, appunto, cartaceo, e oggi in formato digitale. Il progetto cartografico, in funzione dell’utenza cui si rivolge, ha comunque l’obiettivo, condiviso con i suoi antecedenti storici, di informare nel modo più completo ed esatto possibile. L’impiego di software per la graficizzazione vettoriale, o di tabelle di foglio elettronico con l’andamento dei dati studiati attraverso la costruzione di grafici e curve statistiche, verificati oppure arricchiti tramite ricerche sui siti web, non esclude tuttavia l’utilizzo delle tecniche tradizionali di comunicazione cartografica, anche per la produzione più recente e aggiornata. Non diversamente da quanto avviene in altri settori, le nuove tecnologie si aggiungono a quelle tradizionali, senza che ciò determini l’eliminazione di queste ultime. L’uso dei simboli puntuali e lineari, la loro declinazione attraverso le variabili di posizione, (grandezza, orientamento e forma), il ricorso al cromatismo con scale tonali diverse per classi ordinate di dati, il rapporto tra i colori e le dimensioni delle campiture, il ricorso a scale differenziali, i significati e le diverse implicazioni, anche di carattere politico-diplomatico, nell’uso dei segni – come il tracciamento delle linee di confine, continue o tratteggiate, per dichiarare lo status di territori occupati o contesi – e, ancora, titoli, legende, unità di misura, scale della rappresentazione, fondi cartografici, tematismi e fonti, sono tutti aspetti, alcuni più legati alle pratiche del passato, altri ancora oggi molto attuali, da considerare nella progettazione di una mappa. In ogni epoca, infatti, la cartografia nasce da un compromesso tra l’oggettiva complessità del mondo, la soggettività di un punto di vista, le capacità di chi rappresenta e, legate al periodo in cui le carte vengono elaborate, le tecnologie atte a riprendere, restituire e graficizzare i dati. Diversamente dall’acritica registrazione operata attraverso la fotografia satellitare, il continuum costituito dal reale viene discretizzato in elementi significativi, fino a produrre un elaborato cartografico orientato verso un percorso conoscitivo preciso e finalizzato al singolo utente. Certamente le carte topografiche generali, dovendo più di altre rispondere a criteri di obiettività, come base su cui identificare, nominare e collocare oggetti nello spazio, sono il supporto su cui si costruisce ogni cartografia tematica come visualizzazione sinottica, allargata rispetto alla sola dimensione numerico-quantitativa, di dati o layers organizzati secondo precise relazioni e spazialmente distribuiti.
È per tutte queste proprietà che le carte sono sempre state viste come strumenti di analisi e comunicazione efficaci, ma al tempo stesso, soprattutto in passato, essenzialmente legate a quanto il cartografo o i suoi committenti volevano mostrare. Non va infatti dimenticato che la cartografia, storicamente, nasce per esigenze di natura politica, per es. per offrire al monarca la rappresentazione del territorio dominato e per assicurarne la conoscenza, la difesa, l’amministrazione e così via. L’informazione geografica offriva al sovrano una testimonianza della propria autorità, ma gli dava anche la possibilità di gestire e proteggere i propri possedimenti e le proprie ricchezze. Questo giustifica tutto l’apparato decorativo fatto di stemmi, angeli musicanti, galeoni e caravelle, venti e sirene che affollavano le antiche mappe: l’interminabile Galleria delle carte geografiche in Vaticano, con le sue pareti interamente ricoperte, dal pavimento fino al soffitto, dalla topografia dell’Italia, costituisce forse uno degli esempi più straordinari che la storia ci abbia lasciato.
Il cartografo contemporaneo, pur avendo in comune con il suo antenato una sensibilità che lo rende, di volta in volta, osservatore, economista, demografo, geomorfologo, geografo e, non da ultimo, artista, ha committenti di tipo molto diverso, sebbene, anche oggi, sarebbe ingenuo pensare che gli Stati più potenti non esercitino un controllo strategico, economico o militare sulla produzione cartografica ufficiale e sulle stesse immagini satellitari.
Nell’evoluzione del settore cartografico quindi, più che la messa in discussione delle tecniche di redazione, da sempre oscillanti tra scienza, arte e manipolazione, ciò che ha inciso maggiormente è stata l’informatizzazione del prodotto, come anche la socializzazione delle conoscenze da questa derivate. Nel periodo storico attuale, caratterizzato dalla diffusione sociale di Internet e dall’interazione dinamica e multisensoriale con i data-base, si è registrato il maggiore avanzamento mai esperito dalla disciplina. Modificati il processo di produzione e le modalità di utilizzo, la cartografia, pur mantenendo nella sua definizione tradizionale il significato di rappresentazione simbolica di dati legati a luoghi geografici, è entrata a pieno titolo nel settore degli strumenti destinati a fare da supporto a un tipo di informazione diffusa e accessibile a tutti. In tale nuova accezione, è la figura dell’utente, libero di scegliere di volta in volta a quali specifiche forme di informazioni accedere, a svolgere un ruolo attivo e da protagonista.
Come suggerisce D.R. Fraser Taylor (direttore del Geomatics and cartographic research centre, GCRC, della Carleton university a Ottawa in Canada), «se la mappa cartacea era fondamentale per la navigazione nell’epoca delle esplorazioni geografiche, sarà la cybermappa a guidarci nel mare di informazioni rappresentato da questa era digitale» (2006, p. 9). Muoversi all’interno del cyberspazio e navigare nel web sono diventate, per una consistente parte della popolazione mondiale, esperienze di uso quotidiano al pari di televisione, cinema, giornali e radio.
I sistemi di interfaccia elettronici, i collegamenti ipertestuali, le funzionalità specifiche e tutta la gamma delle strumentazioni tecnologiche, seppur segnate da una crescente complessità interna, offrono una sempre maggiore semplicità di utilizzo in un ambito che quasi fino alla fine del secolo scorso era pressoché esclusivamente gestito da professionisti. Sebbene la produzione cartografica appaia connaturata all’operatività umana, come istinto a rilevare e rappresentare le caratteristiche significative di un territorio, è indubbio che fino a non molti anni fa essa è stata relegata in un settore scientifico specifico, con un linguaggio prettamente geografico, per un utilizzo per lo più professionale. Gli agili software che oggi delineano le nuove mappe non vengono infatti sviluppati in segreti centri di ricerca o dai server di grandi corporation, ma da un network produttivo di singoli, autonomi operatori. Con le nuove applicazioni concepite per uso di un pubblico sempre più vasto, Internet ha contribuito infatti, in modo molto efficace, a un’evoluzione della disciplina verso ambiti finora non considerati come aree d’intervento convenzionali. La capillarità del fenomeno ha fatto sì che oggi l’informazione geografica sia effettivamente alla portata di chiunque. Influenzato da questa prospettiva mediatica, il linguaggio cartografico si è aperto a immagini sempre più spettacolari, che lasciano percepire la profondità celata dietro la bidimensionalità dell’immagine; profondità accessibile a chiunque, dal momento che la cartografia digitale interattiva prevede funzioni sempre più autoesplicative. Gruppi di tali funzioni, collegati alle mappe, rendono facile la navigazione, la gestione dei dati e delle immagini, l’identificazione di posizioni georeferenziate, offrendo la possibilità di scaricare le immagini o di elaborarne direttamente i dati. Lo sviluppo della cartografia attraverso il web spinge chiunque, anche il fruitore più inesperto, a sperimentare strategie di navigazione diverse dalla lettura delle mappe tradizionali. I molti che non avevano mai preso in considerazione l’idea di studiare una mappa, la ritengono semplicemente come un’opportunità in più offerta oggi dal web, e l’approccio con cui questo tipo di utenti si avvicina alla cartografia ha spesso carattere ludico. Tale nuova strada offre alla disciplina la possibilità di intercettare innumerevoli nuovi fruitori. Non più limitate al supporto cartaceo, le mappe sono diventate istantaneamente accessibili, aggiornabili e trasmissibili. Interconnessione e immaterialità sono dunque le nuove caratteristiche convergenti di questa realtà in continua evoluzione, che sta modificando tutti i parametri di riferimento: la velocità dei cambiamenti cui si è sottoposti è senza precedenti. Tuttavia i limiti dello sviluppo risiedono proprio in questa stessa velocità, che, come rovescio della medaglia, rende necessario un continuo aggiornamento delle informazioni. Analogamente a quanto si verifica per molti aspetti della contemporaneità, la quantità di informazioni che, in tutti i campi, ci vengono trasmesse rischia di comprometterne la completa acquisizione.
Il ruolo di Internet
L’enorme sviluppo della distribuzione cartografica sulla rete è forse dipeso, più che da un effettivo interesse per la disciplina, dall’eccezionale crescita di Internet come mezzo di comunicazione. Secondo le statistiche della banca dati Internet world stats (2009), al 30 giugno 2009 gli utenti di Internet erano arrivati a 1,669 miliardi (il 24,7% della popolazione mondiale): dato impressionante se paragonato ai 361 milioni del 31 dicembre 2000. Tra le varie zone del mondo, la maggiore crescita percentuale si è registrata, nell’ordine, in Medio Oriente (+1360%), in Africa (+1359%) e in America Latina (+873%). Tra i Paesi, straordinario è il caso rappresentato dalla Cina, che ha raggiunto i 338 milioni di utenti (primo posto nel mondo), contro i 22,5 del 2000 (+1402%).
Il numero di mappe attualmente distribuite attraverso Internet è elevatissimo. Uno dei primi siti specializzati in quest’ambito, Map viewer (creato dallo Xerox PARC, Palo Alto Research Center), aperto nel giugno 1993 (e oggi non più operativo), nel febbraio 1994 era già in grado di fornire 90.000 mappe, e riceveva circa 25.000 richieste alla settimana (v. http:// www2.parc.com/istl/projects/www94/mapviewer.htm; 2 dic. 2009). I siti che distribuiscono mappe sono ormai nell’ordine delle migliaia; per es., la sola web directory specifica della University of Iowa (2009) ne elenca 741 attivi. Tuttavia, tale incremento è anche dovuto al fatto che costi e tempi si sono notevolmente ridotti e che le mappe vengono spesso aggiornate. Il tasso di crescita di coloro che richiedono informazioni cartografiche in Internet, soprattutto attraverso la telefonia cellulare, è notevole, e supera addirittura quello di chi accede a Internet come nuovo utente; fenomeno questo che viene spiegato dagli esperti con la considerazione che risulta più difficile avvicinarsi a una connessione per chi non conosce affatto Internet piuttosto che accedere alle mappe per coloro che già sanno navigare nel web.
Sull’utilizzo della cartografia attraverso Internet, l’ICA (International Cartographic Association) ha identificato le quattro aree guida su cui si concentrano le nuove ricerche. La prima investiga i metodi e gli approcci con cui gli utenti accedono alle mappe; la seconda, i nuovi protocolli e i formati grafici della cartografia rilasciata in Internet; la terza, l’integrazione di elementi multimediali con le mappe per rendere più efficiente la trasmissione dei contenuti; la quarta, infine, le modalità di consultazione delle mappe attraverso i cellulari, la diffusione del fenomeno, le possibilità di riduzione delle informazioni a dimensione del display, nonché l’aggiornamento, di volta in volta, della posizione dell’utente.
A dimostrazione di come, anche in Italia, i fruitori di tali servizi guardino con sempre maggiore interesse all’uso di Internet sui dispositivi tascabili, valga un rapporto dell’Osservatorio banda larga (2009): secondo tale studio, nel giugno 2009, rispetto a 8,5 milioni di famiglie italiane che hanno un collegamento a banda larga solo mediante linea fissa (cioè attraverso un personal computer), ve ne sono già 1,5 milioni che dispongono sia del collegamento fisso sia di quello attraverso un telefono cellulare, e 1 milione che è collegato a Internet soltanto attraverso la telefonia mobile. Nel mercato statunitense e in quello asiatico la domanda di telefoni mobili dotati di sistemi di localizzazione GPS risulta fortemente in crescita, parallelamente all’aumento della produzione di dispositivi GPS per il mercato degli autoveicoli e per l’elettronica di consumo. Anche in Europa i produttori si stanno preparando a operare in tal senso.
Risvolti economici
Per avere conferma della vastità del fenomeno, basti pensare alla vera e propria gara in corso tra produttori di telefonini, satellitari e grandi motori di ricerca Internet per acquisire aziende di cartografia digitale. La statunitense NavTeq e la nederlandese Tele Atlas, due fra le più importanti case produttrici di mappe, sui cui prodotti vengono impostati tutti i programmi di localizzazione di Nokia (leader nel campo della telefonia mobile) e di TomTom (il principale produttore di navigatori satellitari), hanno già iniziato una vera e propria battaglia per riuscire a rappresentare in maggiore dettaglio il mondo sullo schermo di un personal computer, di un GPS o di un semplice telefonino. La NavTeq è stata acquistata nell’ottobre 2007 da Nokia (per 5,1 miliardi di euro) e Tele Atlas nel luglio 2008 da TomTom (per 2,9 miliardi). Anche Google sta aggiungendo inquadrature su inquadrature alle sue riprese, per offrire una rappresentazione della Terra il più possibile fedele alla realtà: il servizio Street view, per es., permette di visualizzare, per le principali vie di determinate città, immagini a 360°, riprese non solo dall’alto ma anche all’altezza del marciapiede. Per esse, Google si è affidata all’agenzia canadese Immersive media, che ha installato su veicoli telecamere a risoluzione molto elevata, dotate di 11 obiettivi. Il 25 maggio 2007, quando fu inaugurato, il servizio era limitato a 5 città statunitensi; al 18 agosto 2009 era ormai esteso a diverse centinaia di città di dodici Paesi (Stati Uniti, Francia, Italia, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Portogallo, Svizzera, Giappone, Taiwan, Nuova Zelanda e Australia). Street view ha subito molte critiche sulle pagine di quotidiani come «The New York times» e di periodici specializzati come «Wired», soprattutto per i risvolti sul diritto alla privacy. I legali di Google hanno risposto sottolineando la liceità delle immagini riprese in luoghi pubblici.
Resta comunque il fatto che la nuova cartografia in rete muove ormai interessi economici prima inimmaginabili. Il processo evolutivo del fenomeno appare peraltro inarrestabile, e fornisce soluzioni e stimoli continui, spostando di volta in volta i propri limiti e delineando sempre nuove frontiere operative.
Tipologia delle mappe
Con l’ingresso nel nuovo secolo, la cartografia tradizionale ha imboccato due direzioni opposte: una legata alla sua trasposizione in digitale ai soli fini della trascrizione grafica; un’altra, invece, connessa alla capacità intrinseca di offrire un supporto elaborabile nel più vasto contesto concettuale di un sistema informativo territoriale integrato. Se la prima strada è espressione di un atteggiamento sostanzialmente conservativo, dato che si serve delle evoluzioni tecnologiche per elaborare un prodotto cartografico di utilizzo, ancora una volta, analogico, cartaceo e tradizionale, la seconda, attraverso l’integrazione tra informatica, mappatura e web, ha portato la cartografia all’interno dei sistemi di gestione del territorio. È per queste potenzialità che essa gioca un ruolo cruciale nell’era delle informazioni, diventando protagonista negli attuali scenari economici e culturali.
Menno-Jan Kraak (2001) ha proposto per primo una classificazione delle mappe disponibili sul web, distinguendole in statiche e dinamiche; ciascuna categoria è poi a sua volta suddivisa in mappe interattive o per sola lettura, senza animazioni. Oggi la situazione è certamente più articolata, e una vera e propria classificazione delle mappe disponibili sul web potrebbe risultare fuorviante, dal momento che alcune abbracciano più categorie. A seconda della loro distribuzione e del tipo di informazione che restituiscono, vanno comunque esaminate nel dettaglio le molteplici nuove strade percorribili. Ecco allora, in un crescendo di sofisticazione, la possibilità di avere mappe dinamicamente create di volta in volta su richiesta; personalizzate da combinazioni tematiche di layers scelti sulla base di specifici input; animate nelle variabili geografiche e temporali; aggiornate a intervalli regolari da sistemi di monitoraggio (per es., quelle per le previsioni del traffico o quelle meteorologiche); personalizzabili nello stile o anche aperte nei contenuti, da arricchire e pubblicare in rete; interattive nella navigazione, con rimandi ad altri siti. Molteplici, diversi, a portata di chiunque, i motori di ricerca cartografica in Internet fanno del ‘mondo visto dall’alto’ un fenomeno di moda. Google Earth, Microsoft virtual Earth, NASA world wind, tra i più noti, restituiscono visioni del pianeta attraverso mappe, carte stradali, spettacolari foto satellitari, in versione ibrida, con visualizzazioni fotografiche a 360° o, addirittura, con applicazioni tridimensionali che rappresentano una nuova frontiera, superata la quale la convergenza tra mondo reale e virtuale si avvia a compimento.
E, dopo aver cartografato la Terra, due siti patrocinati da Google forniscono la mappatura della Luna e di Marte, con immagini fornite dalla NASA e localizzazioni topografiche di montagne e pianure, canyon e crateri: Google Moon (lanciato il 20 luglio 2005 per celebrare il 36° anniversario del primo storico sbarco dell’uomo sulla Luna) e Google Mars (lanciato il 13 marzo 2005 in commemorazione della nascita dell’astronomo statunitense Percival Lowell che, nel 1895, pubblicò una mappa parziale di Marte usando solamente un telescopio). I due siti fanno in realtà parte di Google Galaxy, un progetto molto più ampio che mira a creare mappe on-line per tutti i pianeti del Sistema solare e, in futuro, addirittura per quelli di altri sistemi della nostra galassia (v. http://thegooglist.blogspot.com/2006/03/google-galaxy-starts-with-mars.html; 2 dic. 2009).
Nel panorama delle mappe georiferite sul web, vanno ancora ricordate, sebbene meno affascinanti, quelle analitiche, di tipo per lo più scientifico, attraverso cui si esprime la geografia nell’era dei sistemi informatici. Rivolte primariamente al paradigma geomatico, sono prodotte dal sistema informativo GIS (Geographic Information System). Tramite insiemi di dati che costituiscono modelli di fenomeni geografici, tali rappresentazioni si fondano su tabelle di attributi georiferiti che descrivono precise caratteristiche territoriali. Mantenendo la forma di comunicazione visuale, come prodotto di una conoscenza specialistica, esse diventano principalmente strumento per la gestione, l’analisi e la visualizzazione di informazioni dal contenuto geografico-spaziale.
Dagli anni Novanta, con il CPS (Collaborative Planning System), sistema molto diffuso negli Stati Uniti, si è avvertita l’esigenza di integrare il GIS con strumenti multimediali quali immagini, filmati e suoni, con l’idea di convogliare all’interno di un unico sistema tutte le informazioni, le immagini aeree e da satellite, i dati altimetrici, le coordinate GPS e i dati urbanistici. Già di per sé strumento completo di rappresentazione del territorio, il GIS, attraverso tali apparati multimediali e l’utilizzo in rete con la possibilità di elaborare i dati direttamente on-line, ha così raggiunto un elevato grado di interattività. Questi nuovi strumenti comunicativi, malgrado offrano la possibilità di essere accessibili a chiunque, hanno però per lo più continuato a interessare utenze ristrette, con valenze tecniche e specialistiche di gestione del territorio. Sebbene quindi molta della produzione cartografica sul web includa proprio gli studi sui sistemi informativi geografici GIS come sua parte integrante, la sfida attuale della cartografia in Internet si pone piuttosto come obiettivo primario quello di essere essenzialmente un prodotto sociale. È questa la base delle ricerche condotte, a partire dall’inizio del 21° sec., per tutti i progetti di atlanti on-line, nei quali la multimedialità diventa il principale strumento per una nuova forma di comunicazione. Attraverso un linguaggio multimediale, essi aggiungono alle posizioni scientifiche degli elementi del GIS un approccio, decisamente più olistico, di conoscenza integrata.
In questo specifico settore rientrano i citati studi di Taylor, che nel giugno 1997 fu il primo a introdurre, alla 18a Conferenza internazionale di cartografia di Stoccolma, il termine cybercartography per designare il nuovo modo di guardare alla cartografia. Nella sua presentazione egli definì la disciplina come «l’organizzazione, la presentazione, l’analisi e la comunicazione di informazioni spazialmente referenziate su di una vasta varietà di argomenti d’interesse per la società in un formato interattivo, dinamico, multisensoriale che fa uso di interfacce multimediali e multimodali» (1997, p. 2).
Tra i principali elementi intorno a cui ruota il dibattito, Taylor (2003) delinea sette punti chiave. Essi possono essere sintetizzati nell’essere la cybercartog-raphy una disciplina multisensoriale; nell’avere un formato multimediale e nell’utilizzare le nuove tecnologie di telecomunicazione offerte dal web; nell’essere altamente interattiva; nell’essere un prodotto sociale con un ampio raggio di interessi, che vanno oltre il semplice livello di ricerca sul territorio; nel non essere, come le tradizionali mappe, un prodotto isolato ma parte di un package di informazioni più ampio; nell’avere un carattere di multidisciplinarietà; nell’essere spesso frutto di partnership tra il settore pubblico e quello privato. Ciascuno di questi aspetti spiega perché la cybercartography sia vista oggi come vera e propria scienza, capace di superare la cartografia tradizionale nel confronto tra componenti quantitative e qualitative, in una nuova forma di interazione del computer con il data-base di riferimento. Si tratta dunque di un’opportunità rappresentativa più complessa e completa, perché lega gli elementi grafici, in diverse scale di dettaglio, con altre informazioni di natura anche umanistica, in modo da accrescerne la capacità descrittiva e migliorarne la gestione e la comunicabilità. La mappa resta centrale nell’organizzazione, ma la cybercartography considera principalmente il problema di come interfacciarsi con gli utenti, come navigare facilmente attraverso spazi virtuali e come ampliarne le prospettive. L’oggettività della cartografia tradizionale è perciò messa in secondo piano dalla cybercartography, che punta principalmente a ottenere una riproposizione della stessa realtà osservata da diverse angolazioni e punti di vista. L’utente può scegliere di accedere a determinate informazioni ma, in ultima analisi, può trascurare di consultare la mappa stessa.
Fra i Paesi maggiormente all’avanguardia nella definizione e nello studio di tale nuovo campo operativo e nell’evoluzione di queste tecnologie, vi è certamente il Canada. I primi studi di cybercartography sono stati infatti principalmente elaborati all’interno del già segnalato GCRC di Ottawa; ma sul tema hanno lavorato anche altri, come il CIGGET (Centro de Investigación en Geografía y Geomática ing. Jorge L. Tamayo) di Città di Messico.
Nel novembre 2002 il GCRC concluse una ricerca intitolata Cybercartography and the new economy, che faceva parte dell’innovativo programma The initiative on the new economy. Tra il gennaio 2003 e il dicembre 2006 fu completata la lavorazione dei suoi primi atlanti digitali, il Cybercartographic atlas of Antarctica, il Cybercartographic atlas of Canada’s trade with the world e il Living cybercartographic atlas of indigenous artifacts and knowledge, che ebbero grande successo. Tuttavia, nonostante tanta capacità di analizzare, teorizzare, descrivere e coordinare, nel web i risultati pratici del progetto del GCRC hanno forse finito con il perdersi in mezzo al proliferare di molte altre cartografie. Quello che però è importante sottolineare nell’esperienza portata avanti dal centro di ricerca canadese è come gli atlanti digitali, una volta in rete, non vadano semplicemente intesi come una casuale raccolta di informazioni spazialmente referenziate con cui l’utente interagisce in maniera multimediale e multimodale. Attraverso precise strutture logiche, tali atlanti sono piuttosto una forma di organizzazione delle informazioni spaziali e, quindi, una nuova strada di conoscenza integrata. Propongono diversi punti di vista, tutti con un loro livello di oggettività, che portano il fruitore a riflettere su di un gran numero di possibili interpretazioni, alimentando un meccanismo che conduce alla creazione di nuove mappe, orientate sempre su nuove esigenze, anche molto specifiche.
Se, attraverso un approccio tradizionale, la cartografia è stata sempre vista come guida preconfezionata, negli ultimi due decenni tale approccio si è andato via via modificando, fino a sfociare nella possibilità che sia oggi il fruitore a scegliere, on-line, di accedere solo alle informazioni che gli interessano, fino al punto di creare egli stesso una propria mappa interattiva partendo da un data-base cartografico generico. Questo processo, di tipo qualitativo, dinamico e interattivo, è molto diverso dalle pratiche del passato: in un’ottica di rottura della netta divisione tra chi produce e chi legge la cartografia, è insomma l’utente stesso, interrogando le mappe e interagendo con esse, a diventarne in parte l’ideatore.
Quanto detto mette in evidenza in che misura sia oggi cambiato l’utilizzo della cartografia: fondamentalmente non si cerca più (o non soltanto) sulla mappa dove ci si trova ma, comunicando le proprie coordinate alla mappa, si accede a un mondo di molteplici informazioni, che cresce automaticamente intorno all’utente. Tali informazioni, in grado di mediare e dare risposte a interrogativi specifici, permettono la simultaneità intercognitiva di esperienze collettive, investendo la disciplina di una forte valenza sociale.
Una concezione prevalentemente mirata alla diffusione e condivisione delle informazioni su larga scala spiega l’enorme potenziale delle mappe collaborative on-line, oggi così diffuse fra i neocartografi del web. Nata negli Stati Uniti, quella delle mappe collaborative è ormai divenuta una moda, che sta contagiando milioni di utenti e che consiste nel dare a chiunque, attraverso l’uso di software disponibili gratuitamente in Internet, la possibilità di diventare cartografo. Creando quello che tecnicamente viene definito mash-up, cioè un processo di fusione fra diverse tecnologie, si è infatti in grado di disegnare mappe digitali multimediali comprensive non solo di testi e immagini ma anche di contributi audio e video.
I dati, raccolti e pubblicati on-line, sono resi pubblici: una sorta di Wikipedia delle mappe. Tale innovativo modello di cartografia su scala mondiale, definito da Matthew H. Edney (titolare della cattedra di Storia della cartografia alla University of Southern Maine) come una vera e propria rivoluzione che ha definitivamente spostato il potere di produrre mappe su un piano nuovo, mira alla costruzione di un unico atlante virtuale mondiale. Openstreetmap, per es., creato nel luglio 2004 dall’inglese Steve Coast e basato sulla raccolta di informazioni degli utenti che, muniti del proprio GPS, mappano volontariamente il pianeta, è uno dei risultati più riconosciuti di quello che oggi viene definito web sociale.
Nuovo fenomeno emergente sono i mapping parties, incontri durante i quali, accanto a esperti, i neofiti o semplici appassionati, dotati di GPS, si ritrovano per mappare una località prescelta. Quello di Arezzo nel gennaio 2008 è stato il primo mapping party che si è svolto in Italia.
Con la stessa ‘filosofia Wiki’, il sito cartografico WikiMapia, creato nel maggio 2006 da due giovanissimi russi, Aleksandr Korjakin ed Evgenij Savel′ev, già dopo due anni aveva oltre 7 milioni di utenti, ed era uno dei 1000 siti web più visitati al mondo. John Hanke, direttore di Google maps e di Google Earth, nel 2007 ha lanciato Geoweb, un progetto basato sulla collaborazione degli internauti: una piattaforma aperta per la visualizzazione, lo scambio e la ricerca di informazioni di tipo geografico, disponibile sempre e dovunque attraverso la telefonia mobile, in auto e così via. Altro strumento di condivisione cartografica, il software SketchUp (creato nel 2000 dalla società statunitense @Last Software), con una tecnologia che permette di creare modelli tridimensionali in modo estremamente semplice, consente agli utenti di contribuire alle piattaforme geografiche attraverso la realizzazione di edifici in 3D da condividere su Google Earth.
Tra i tanti esempi di una cartografia partecipativa in continua crescita, si ricorda ancora My maps, lanciato nell’aprile 2007 da Google, che, con oltre 4 milioni di carte geografiche e urbane nate per mano degli utenti, rende immediatamente possibile risalire a punti di vario interesse, arricchiti da descrizioni, immagini e video prelevati direttamente da YouTube.
La condivisione di immagini e video, aspetto saliente di questa nuova faccia della cartografia in rete, diventa la filosofia portante per altri due progetti, Flickr (inaugurato nel maggio 2006 e di proprietà di Yahoo!) e Twitter (creato nel marzo 2006 dalla statunitense Obvious corp.): gli utenti, con milioni di fotografie, hanno fornito dati di localizzazione atti a essere visualizzati su una mappa o attraverso software 3D come Google Earth, creando così nuove e personali carte. Vi è inoltre, dal 2004, Platial, piattaforma per blogger itineranti con cartine costruite sulle basi satellitari di Google maps. Va citato, ancora, il servizio PlaceChannel, che combina le funzionalità di Google maps con i video di YouTube, così che diventa possibile accedere immediatamente ai video prodotti in particolari aree geografiche del mondo. Senza contare le centinaia di migliaia di nuovi itinerari che i principali produttori di GPS raccolgono sui propri siti: un esempio significativo è costituito da MotionBased della Garmin connect, a cui vengono inviate cartine, fornite dagli stessi utenti, riguardanti sentieri per il trekking e la mountain bike. In Italia, infine, nel giugno 2008 Fastweb ha lanciato la sua nuova community (http://community.fastweb.it), un social network a forte vocazione geografica che si propone di aggregare persone interessate a condividere in rete esperienze della vita reale.
Il proliferare di questo tipo di risorse ha certamente aperto nuovi orizzonti alla cartografia. Pur rimanendo la maggior parte delle mappe ancora di proprietà di compagnie, queste le rendono sempre più spesso disponibili agli utenti per precise strategie di marketing, in virtù della dimensione che il fenomeno sta assumendo. Un rapporto stilato dagli analisti della società Forrester research (2008) ha considerato il periodo che va dal 2007 al 2013, interpretando la fase attuale come una sorta di infanzia tecnologica del web di tipo ‘collaborativo’, caratterizzata da un alto livello di sperimentazione. Il rapporto prevede che entro il 2013 le tecnologie di social networking muoveranno un volume di affari pari a 4,6 miliardi di dollari.
Monitoraggio e governance del territorio
Le basi cartografiche diventano spesso il punto di partenza dal quale sviluppare applicazioni diverse, che coinvolgono, sempre più di frequente, anche le pubbliche amministrazioni. Con la nuova cartografia digitale è possibile e agevole realizzare collegamenti con stradari, numerazioni civiche o mappe catastali. Interrogando il sistema in modo interattivo, si arrivano a consultare tutte le informazioni sugli oggetti del catalogo del data-base, ottenendone di carattere molto specialistico, per es. il calcolo di volumi e superfici di un edificio in ogni sua componente. Tutte le informazioni raccolte per la costruzione del data-base confluiscono in un enorme archivio, che, messo a disposizione delle amministrazioni attraverso la realizzazione di strumenti di consultazione basati su criteri di ricerca geografica, facilita la partecipazione dei cittadini e la loro adesione a progetti collettivi.
Ma il dato più rilevante è come un siffatto sistema cartografico funzioni efficacemente per il monitoraggio e la governance dell’intero territorio. E questo è vero tanto in situazioni di normale pianificazione quanto (e più) nei momenti di criticità e di emergenza. L’accesso facilitato ai dati implica infatti l’immediata possibilità di ricorrere a essi nel momento del bisogno.
Un significativo esempio è costituito da quanto accadde a New York all’indomani dell’attacco terroristico al World Trade Center, avvenuto, com’è noto, l’11 settembre 2001. Sean Ahearn, professore al Depart-ment of geography dello Hunter college e direttore del laboratorio CARSI (Center for the Advanced Re-search of Spatial Information), servendosi delle tecnologie più avanzate al momento disponibili elaborò una serie di mappe che fornirono la prima chiara sintesi dei danni, diventando un prezioso strumento di orientamento per le operazioni di soccorso. Le mappe di Ahearn costituivano in realtà la base per raccogliere e ordinare spazialmente in maniera significativa una serie di dati diversissimi tra loro, per es. la presenza di materiali pericolosi per gli stessi soccorritori all’interno di alcuni edifici o la visualizzazione di parti strutturali verosimilmente esposte a probabili crolli.
Un altro esempio interessante risale all’agosto 2005, quando l’uragano Katrina colpì New Orleans. Mentre la tempesta montava e si dirigeva inesorabilmente verso la costa, un gruppo di lavoro diede velocemente vita a un sito web costruito per l’occasione, che utilizzava mappature aperte e flessibili (in particolare PrimaGIS e ka-Map, due dei sistemi più interessanti per condividere in tempo reale immagini e altri dati spaziali). Dopo pochi giorni le persone evacuate dalla città, dovunque si trovassero, poterono collegarsi al sito e, digitando il proprio indirizzo, verificare lo stato della situazione nella loro zona attraverso foto aeree a colori ad alta risoluzione; utenti dalle capacità tecniche più avanzate furono in grado di accedere a tali dati per immetterli a loro volta in altre mappe, combinando fra loro le diverse informazioni e riuscendo in tal modo a comunicare, per es., l’ubicazione delle stazioni di servizio funzionanti.
Applicazioni molto interessanti sono quelle nel campo del monitoraggio ecologico. Un esempio pilota è fornito da ciò che avviene nella James reserve, area protetta nelle San Jacinto Mountains della California. Gli scienziati hanno applicato un’estesa rete di sensori wireless in grado di misurare i fattori più diversi: dai cambiamenti barometrici in un determinato arco temporale al numero di volte in cui un certo uccello torna al suo nido in un dato periodo di tempo. Tutti i dati sono poi registrati e analizzati, portando alla comprensione di come lavori e viva tale porzione protetta di territorio. Simili network possono essere facilmente adoperati per monitorare interi ecosistemi, dalle foreste ai fondi oceanici; le mappe, ancora una volta, rendono comprensibili i dati riportati da tali sensori.
Su un piano diverso, per il monitoraggio e la govern-ance del territorio a livello nazionale, il primo vero esempio di raccolta cartografica distribuita in rete è il Portale cartografico nazionale (http://www.pcn. miniambiente.it/PCN/). Promosso dal Ministero dell’Ambiente, a partire dall’inizio del 2003 il sito permette, grazie a un visualizzatore di cartografia dell’intera Italia, l’accesso a diversi tipi di carte, da quelle dell’Istituto geografico militare, IGM (da 1:25.000 a 1:1.000.000) alle ortofoto, fino a quelle classiche di uso turistico, superando così le incongruenze che si verificano tra i dati raccolti a livello locale; ma la licenza d’uso del sito non consente di copiare facilmente e soprattutto legalmente le immagini.
Al di là dei prevedibili riscontri che tali sistemi consentono su eventuali abusi edilizi o irregolarità diverse, la cartografia digitale in rete, sovrapposta alle ortofoto satellitari, costituisce oggi un nuovo strumento di lavoro che offre tante, inaspettate possibilità. Affascinante è, per es., scoprire come ardite soluzioni tecniche abbiano permesso, attraverso foto satellitari notturne ad alta risoluzione, di studiare lo sviluppo delle città. La struttura urbana, la densità di popolazione e la ricchezza di un Paese emergono chiaramente proprio dall’esame dell’illuminazione notturna. Lo spettacolo di tale ‘inquinamento luminoso’, così com’è stato definito dagli astronauti impegnati nelle operazioni di ripresa, si trova on-line in un sito della NASA, Earth observatory (http://earthobservatory.nasa.gov).
La sfera di utilizzo della cartografia in Internet abbraccia in definitiva ambiti diversi dalle potenzialità molto estese, con tutti i vantaggi, ma anche con tutte le problematiche, derivanti in generale dalla contemporaneità. Senza pensare agli aspetti economici connessi alla produzione delle basi cartografiche, nonché al costo delle tecnologie, in continua evoluzione, a cui devono ricorrere gli utenti onde effettuare il progressivo aggiornamento necessario per superare le limitazioni generate dalla rapida obsolescenza delle strumentazioni, le maggiori perplessità sorgono su questioni quali la tutela della privacy e dei diritti d’autore.
Per molti aspetti, la condivisione sociale della cartografia sembra aver aperto la strada a un nuovo linguaggio, un nuovo modo di interpretare il mondo; per altri, tutto ciò coincide inevitabilmente con forme diverse di limitazione e controllo delle libertà personali. L’agenzia inglese Privacy international (2007) ha pubblicato la Map of surveillance societies around the world, che classifica i livelli di sorveglianza cui sono sottoposti i vari Paesi e, forse un po’ allarmisticamente, inserisce la Gran Bretagna e gli Stati Uniti nella categoria endemic surveillance societies, a fianco di Cina, Russia, Thailandia e Malaysia. Come tutte le innovazioni tecnologiche, la progressiva liberalizzazione della cartografia digitale da un lato spinge chiunque a produrre carte, al di là delle comunità scientifiche consolidate e con un’audience in continua espansione, dall’altro si traduce spesso in un marketing piuttosto che in un contesto georeferenziato e certificato. In assenza di ogni forma di certificazione, molte mappe finiscono per essere piuttosto delle mere contestualizzazioni di carattere pubblicitario.
Non andrebbe invece sottovalutata l’esistenza di una realtà tecnologica fatta di protocolli di comunicazione, scambi di dati, linguaggi di programmazione, personalizzazioni delle interfacce, e che va al di là dell’apparente semplicità e dell’interazione intuitiva garantita dall’approccio prevalentemente visivo della cartografia in rete. Non esiste ancora, a garanzia del rigore tecnico, un linguaggio convenzionale che uniformi il contenuto e le modalità di accesso e rappresentazione dei dati, mentre sarebbe di fondamentale importanza stabilire norme e standard. In mancanza di un modello comune di riferimento, si potrebbero infatti creare solo processi di semplice intrattenimento piuttosto che di reale trasmissione di informazioni. Se è vero, infatti, che la disponibilità di mappe sul web le rende potenzialmente accessibili a chiunque, diventa estremamente difficile determinare chi, di volta in volta, sia il fruitore e in quale circostanza egli acceda alla cartografia.
Un lavoro considerevole sugli standard scientifici e tecnici è stato fatto nel mondo del GIS, dove la compatibilità dei dati e dei formati è monitorata dall’OGC (Open Geospatial Consortium; http://www.opengeospatial.org/), ente internazionale a cui aderiscono i principali produttori di software, che ha emanato precise indicazioni riguardo ai formati da utilizzare sul web, anche per i dati vettoriali (rasters), in modo da renderli il più possibile omogenei fra loro. Ma in realtà, anche in questo caso, le norme e le specifiche (OpenGIS standards and specifications) sono rimaste per lo più ignorate. La rapidità con cui si evolvono oggi le tecnologie, quella wireless in particolare, e l’estremo livello di personalizzazione raggiunto dai navigatori, rende spesso inapplicabile l’idea di adattamento di un supporto cartografico preesistente alla qualità grafica e visuale di un nuovo prodotto.
A discapito della standardizzazione del sistema e in una logica di grande diffusione cartografica, non si può non considerare il fatto che, al di là dell’aspetto funzionale, da tale situazione scaturisce un immediato confronto che fa appello al fattore cognitivo attraverso cui il fruitore accede all’informazione e, più in generale, alla cultura con cui dialoga. Benché, quindi, l’esigenza di fornire indicazioni sugli aspetti tecnologici che regolano i nuovi strumenti operativi sia fortemente avvertita e condivisa, la ricerca sul design della cartografia in rete resta una sfida ancora tutta da giocare.
La sfera delle problematiche a tutt’oggi aperte abbraccia aspetti sia teorici sia pratici della disciplina; rimane, per es., il problema dell’archiviazione di tutti i prodotti cartografici disseminati nel web. Evidentemente è proprio la rapida evoluzione del settore a rendere subito desuete le opportunità che, a prima vista, emergono nella varietà dei percorsi attraverso i quali è oggi possibile trasmettere l’informazione cartografica.
In tal senso andrebbero analizzati i molti progressi registrati nel settore della visualizzazione, del suono e del tatto, nonché le potenzialità dei linguaggi non verbali che costituiscono l’interfaccia multisensoriale della disciplina, probabilmente l’ambito di ricerca più innovativo verso cui si muove la nuova cartografia. Importanti studi sulla comunicazione multisensoriale – tra cui quelli condotti da Richard Axel e Linda B. Buck, insigniti nel 2004 del premio Nobel per la medicina per il loro lavoro sulla genetica e la fisiologia dell’olfatto – sottolineano come nuove sintesi tra le diverse modalità della comunicazione vadano ricercate incorporando anche l’olfatto e il gusto, dal momento che i ricordi a essi legati restano nella nostra memoria molto più a lungo di quelli registrati dagli altri sensi. Queste le premesse che hanno spinto, sin dal 1999, le ricerche della società francese AC2i. Superando il linguaggio di tipo visuale con cui tradizionalmente si esprime la cartografia (testi e immagini), è stato sviluppato un sistema alternativo chiamato OlfaCom, che consente di sentire gli odori di ciò che appare sul video (http://www.olfacom.com/). Risale al 2003 la prima mappa con capacità multimediali olfattive, Balades olfactives (https://extranet.bivb. com/balade.htm; 2 dic. 2009), che riguarda i vini della regione della Borgogna ed è stata realizzata in cooperazione con il BIVB (Bureau Interprofessionnel des Vins de Bourgogne). L’applicazione di tali tecnologie, che rendono possibile pensare a un approccio olfattivo della cartografia, rischia tuttavia, a fronte di un eccesso di informazioni, di far perdere di vista il fine ultimo della disciplina. Ma la capacità di adottare un metodo cartografico per l’analisi dei fenomeni che influiscono sugli avvenimenti più significativi del nostro presente e di creare e gestire in Internet una comunicazione di tipo multimediale, rappresenta un’ulteriore, grande rivoluzione per la disciplina: è probabilmente proprio nella realizzazione di un’effettiva interdisciplinarità che va identificato il fattore più importante della politica e della pratica degli studi cartografici contemporanei.
Nuovi orientamenti di ricerca
Non è facile prevedere il futuro della cartografia e le sue possibili linee di sviluppo. La ricerca si orienta verso la creazione di cybermappe in grado di trasmettere qualsiasi tipo di dato o concetto in maniera immediata, fluida e dinamica: veri e propri strumenti per agevolare l’azione sociale e politica. La sfida sembra essersi spostata alle tecnologie, ai contenuti suppletivi che le mappe riescono a restituire facendo i conti, oltretutto, con i dati inseriti dagli stessi utenti in rete. Secondo una ricerca condotta nel settembre 2006 per la Navteq da Frost & Sullivan (società di consulenza a scala globale per lo sviluppo economico delle imprese), il 42% dei consumatori vorrebbe maggiori informazioni sui punti di interesse presenti nelle mappe, il 78% vorrebbe notizie aggiornate in tempo reale sul traffico, il 70% vorrebbe qualcosa in più, per es. la segnalazione di percorsi panoramici accanto al nome della strada che si sta percorrendo; ma il dato più interessante è che il 63% dichiara di essere disponibile a usare un navigatore portatile anche per gli spostamenti a piedi (Assouline 2006, pp. 19-20).
La cartografia diventa allora un tassello importante della strumentazione personale, e la dinamicità dei suoi contenuti il prossimo obiettivo da raggiungere. In un mondo in cui tutto è sempre più connesso, non è lontano il momento in cui la cartografia digitale sarà in grado di segnalarci non solo il parcheggio più vicino, ma anche il posto libero nell’esatto momento in cui questo ci serve; non solo un ristorante nei dintorni, ma anche il tavolo da prenotare.
È in definitiva proprio tale eccezionale partecipazione – si pensi che il software di Google Earth è stato scaricato 250 milioni di volte soltanto nei primi due anni di vita – ad aver reso le mappe da una parte oggetti molto personali in cui si cerca di localizzare soprattutto sé stessi, e dall’altra, in qualche misura, strumenti di esercizio del potere, in cui appare principalmente, se non esclusivamente, ciò che il portatore e gestore dell’informazione vuole mostrare, trascurando, in ultima analisi, l’originaria oggettività della geografia, obiettivo primario della cartografia tradizionale.
Bibliografia
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Webgrafia
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Tutte le pagine web s’intendono visitate per l’ultima volta il 2 dicembre 2009.