Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
I processi di diffusione della chimica antiflogistica nei diversi contesti politici europei costituiscono capitoli di rilievo nella storia della scienza tra Sette e Ottocento. Una volta lanciata la coterie antiflogistica, Lavoisier e seguaci si preoccupano di creare il consenso intorno alla nuova chimica ricorrendo a diverse strategie di persuasione. La nuova teoria dà vita a una grande controversia scientifica con caratteristiche variabili in corrispondenza di particolari contesti culturali e politici.
La coterie antiflogistica: la Francia
A partire dal 1785 intorno a Lavoisier si riuniscono alcuni chimici e fisici che adottano la sua teoria antiflogistica e collaborano alla sua diffusione. La riforma della nomenclatura chimica (1787) e la fondazione della rivista “Annales de chimie” (1789) sono tappe fondamentali nel processo di diffusione della “chimica francese”. Per favorire la creazione del consenso vengono inoltre adottate diverse strategie come contatti personali, epistolari, invio di volumi e lavori ai naturalisti più importanti del tempo, pubblicazione di manuali, di enciclopedie e di riviste. Il laboratorio parigino di Lavoisier diviene allora meta di scienziati desiderosi di assistere alla ripetizione di cruciali esperienze chimiche e hanno grande fortuna i volumi di chimica dell’ Encylopédie méthodique, curati sia da Louis-Bernard Guyon de Morveau sia da Antoine-François Fourcroy.
La Philosophie chimique (1792) e in genere tutte le opere di Fourcroy conoscono una diffusione europea capillare, favorendo così la circolazione delle nuove idee chimiche.
In Francia diversi naturalisti, soprattutto appartenenti alla generazione più anziana, si mantengono fedeli alle vecchie idee flogistiche. Jean-Claude de La Métherie (1743-1817, dopo il 1794 firma le sue opere col cognome repubblicano “Delamétherie”) è un attivissimo oppositore delle nuove idee. Come direttore del “Journal de physique”, il più importante periodico scientifico del tempo, utilizza la sua rivista per difendere la vecchia chimica.
Nel numero di gennaio della propria rivista, De La Métherie pubblica annualmente un Discours préliminaire contro la nuova chimica e nomenclatura, accogliendo lavori di colleghi europei in difesa delle vecchie concezioni. Da qui la fondazione da parte di Lavoisier e seguaci di una rivista, gli “Annales de chimie”, come organo della coterie antiflogistica.
Ad adottare la nuova chimica non sono solo gli scienziati parigini – come Laplace, Gaspard Monge, Fourcroy o Claude-Louis Berthollet – ma anche scienziati della provincia francese, come Guyton de Morveau a Digione, Jean-Antoine Chaptal a Montpellier, Friedrich Ludwig Schurer a Strasburgo. E ben presto le istituzioni scientifiche francesi, parigine e provinciali, vedono il dominio politico dei lavoisieriani.
La nuova teoria chimica trova subito un terreno favorevole nelle aree linguistico-culturali affini a quella francese: nei cosiddetti Paesi Bassi del Sud (l’odierno Belgio) l’accettazione delle idee lavoisieriane è assai veloce presso l’università di Lovanio, e Jean-Baptiste van Mons, attivo diffusore della chimica nuova, è il chimico “belga” più famoso del periodo. In Svizzera un celebre naturalista e alpinista come Horace-Bénédict de Saussure si converte nel 1788 grazie all’azione e all’insistenza di Madame Lavoisier, fortemente impegnata a favorire l’adozione delle teorie del marito. Agli inizi degli anni Novanta la cultura svizzera di lingua francese ha completamente abbandonato il flogisto e, secondo un modo di dire divenuto poi celebre – pronunciato da Madame Lavoisier – ha “abiurato”.
Negli altri Paesi europei il destino della teoria antiflogistica è storicamente complesso perché le controversie presentano caratteristiche variabili in corrispondenza di particolari contesti politico-culturali.
Opposizioni irriducibili e aspre lotte
In Gran Bretagna, la patria della chimica delle arie, la concezione antiflogistica di Lavoisier incontra resistenze e opposizioni formidabili. Il grande Joseph Priestley non accetta la teoria di Lavoisier, mentre Henry Cavendish si chiude in un emblematico silenzio scientifico e abbandona le ricerche chimiche. Ma se James Keir si oppone attivamente alla teoria francese, il mineralogista irlandese Richard Kirwan, uno dei più celebri chimici del tempo e attivo contro i francesi, nel 1791 abbassa le armi e dichiara d’abbandonare il flogisto.
La conversione di Kirwan conosce un’eco europea e crea sconforto tra i flogististi.
Se in Inghilterra sono i naturalisti più giovani a utilizzare i canoni teorici elaborati da Lavoisier, in Scozia si verifica un dibattito assai vivace nelle università e nelle accademie: nel 1790 si traduce in inglese il Traité élémentaire de chimie (1789) di Lavoisier, i giovani naturalisti adottano la nuova chimica e polemizzano contro il geologo James Hutton, mentre il “vecchio” Joseph Black – che nel 1754 ha isolato il primo gas – nel 1789 annuncia a Lavoisier la sua conversione alla chimie nouvelle. L’abbandono del flogisto da parte di uno dei padri fondatori della chimica delle arie è accolto come un evento luttuoso dai flogististi di tutt’Europa.
In Scozia la chimica di Lavoisier incontra l’opposizione del fisico John Robison, incaricato di pubblicare le lezioni di chimica del suo maestro Black. Tale opposizione in realtà è riconducibile a una vera forma di paranoia politica: Robison vede nella cultura illuministica francese una grande cospirazione massonica e la chimica di Lavoisier, più che una vera scienza, gli sembra una forma di giacobinismo scientifico, un capitolo di questa cospirazione. Il caso Robison mostra pertanto che intorno alla teoria di Lavoisier, come sempre accade nei casi di grandi controversie scientifiche, si sommano discussioni e argomenti di ordine diverso.
Gli Stati tedeschi sono l’altra zona politica europea in cui le opposizioni alla teoria lavoisieriana sono più feroci. E mentre i principali naturalisti degli Stati asburgici si convertono senza opposizioni apprezzabili alla chimica francese, la variegata comunità dei chimici tedeschi si trova unita nello sforzo di mantenere la Germania immune dal contagio delle idee antiflogistiche. I lavori francesi di chimica sono definiti “nauseanti”, la nuova nomenclatura è considerata “ridicola” e Lavoisier uno scienziato meritevole solo di un qualche sprezzante sorriso.
All’origine di quest’atteggiamento vi è un preciso fattore ideologico: la convinzione che la Germania sia la patria della chimica. Un’adozione della chimie française, dunque, per i tedeschi significa abdicare a un primato scientifico e a una posizione culturale dominante. Così nel 1786 Lorenz von Crell, professore di chimica ed editore di importanti riviste scientifiche, invita i suoi compatrioti a compiere tutti gli sforzi necessari per mantenere la supremazia tedesca in campo chimico. L’appello di Crell è accolto dai principali chimici e farmacisti, ma a partire dal 1789 alcuni giovani naturalisti si convertono e operano in favore della nuova chimica.
Sigismund Friedrich Hermbstädt traduce il Traité di Lavoisier che appare a Berlino nel 1792 col titolo di System der antiphlogistischen Chemie. Christoph Girtanner tiene a Gottinga conferenze private, in occasione delle quali insegna la chimica di Lavoisier, in aspra opposizione alle lezioni ufficiali del professore della celebre università hannoveriana. Nel 1792 a Vienna esce la traduzione tedesca completa della Méthode de nomenclature chimique, mentre nel 1793 Girtanner pubblica un manuale di chimica antiflogistica, Anfangsgründe der antiphlogistichen Chemie, che diffonde le nuove teorie in Germania.
Nonostante l’opposizione della scienza ufficiale, alla fine del Settecento un gruppo di giovani e pugnaci chimici costringe la scienza tedesca a una resa di fronte alle idee francesi e a prendere coscienza dell’avvenuta perdita di un primato culturale.
Passaggi non drammatici al nuovo ordine scientifico
La dinamica Olanda, dove da tempo esiste un’alleanza tra naturalisti, docenti universitari, membri di istituzioni scientifiche e commercianti, svolge un ruolo centrale nel dibattito sui fondamenti del sapere chimico. Il fisico Martinus van Marum, curatore dei Gabinetti naturali della Società olandese delle scienze e della fondazione scientifica Teyler a Haarlem, ripete gli esperimenti di Lavoisier e arriva alla loro conferma sperimentale.
Proprio a Haarlem le grandi opportunità di compiere indagini sperimentali consentono a Van Marum e a “dilettanti” olandesi quali Adriaan Paets van Troostwijk e Jan Rudolph Deiman di verificare direttamente la validità sperimentale dei principali canoni teorici lavoisieriani. Le esperienze olandesi sulla composizione chimica dell’acqua hanno un’eco europea ed entrano in tutte le discussioni su questo argomento.
In Paesi come la Spagna e il Portogallo la teoria chimica di Lavoisier penetra con facilità, perché non esistono forti tradizioni locali di chimica in grado di ostacolarla. Non a caso i chimici spagnoli si formano alla scuola francese. A San Pietroburgo, sede dell’Accademia delle scienze dell’Impero russo, dominano gli scienziati tedeschi che tentano di impedire la diffusione delle teorie lavoisieriane.
Mentre i russi Vasilij Michailovic Severgin e Jacob Sacharov pubblicano opere originali basate sulla nuova teoria e traduzioni di manuali antiflogistici, il tedesco Alexander Nicolaus Scherer, nato però a San Pietroburgo, è attivo nella diffusione delle nuove idee sia in Germania (a Jena), sia in Russia.
In Svezia la mancanza di un forte dibattito sulla teoria lavoisieriana può essere considerata a prima vista un fatto sorprendente, data l’importanza degli scienziati svedesi per lo sviluppo della chimica settecentesca. Vero è, del resto, che quando si diffondono le idee di Lavoisier nel mondo scandinavo la coterie antiflogistica non trova un interlocutore in grado di accettare un confronto sul piano teorico: tra la morte di Bergman e gli inizi della carriera scientifica da parte di Berzelius, in Svezia dominano i chimici pratici, poco interessati a questioni di fondamenti teorici. Il primo manuale svedese di chimica antiflogistica è tuttavia pubblicato nel 1798 da Jan Gadolin, professore nell’ateneo finnico-svedese di Åbo (l’attuale Turku).
Il flogisto esiliato: gli Stati italiani
A fronte della teoria di Lavoisier, i naturalisti italiani danno vita a due veri e propri partiti contrapposti. Presso l’Accademia delle scienze di Torino Giovanni Antonio Gioberti opera a favore della nuova chimica in un contesto difficile, ma la sua tenacia è tale da vederlo ben presto annoverato come membro attivo della coterie lavoisieriana.
Il farmacista veneto Vincenzo Dandolo diviene il traduttore ufficiale del Traité di Lavoisier e di altri classici della chimica antiflogistica e nel 1795 pubblica un manuale di chimica contenente anche il dizionario della nuova nomenclatura. La sua azione apre la cultura veneta alla chimica francese e nel 1796 un opuscolo di Lazzaro Spallanzani difende la teoria di Lavoisier dagli attacchi dei chimici tedeschi. In Toscana Felice Fontana non riesce ad accettare la nuova chimica, mentre Giovanni Fabbroni e Giorgio Santi –quest’ultimo professore a Pisa –costituiscono il nucleo per l’aggregazione dei naturalisti a Lavoisier. Nel Regno di Napoli, l’adozione della chimica nuova è una vera tappa per il rinnovamento della cultura scientifica locale che nel 1791-1792 è segnato anche da una traduzione del Traité lavoisieriano.
Il dibattito sulla validità della concezione antiflogistica continua in Europa sino agli inizi dell’Ottocento, ma la complessità delle controversie è sicuramente da ascrivere alle difficoltà incontrate da molti naturalisti nel seguire e adottare il nuovo modo di vedere la chimica e di fare scienza proposto da Lavoisier. Grazie all’espansione dell’influenza politica e della presenza militare francese a livello continentale, i seguaci di Lavoisier possono efficacemente aiutare i propri seguaci nei diversi contesti nazionali. In Francia, molti degli allievi e collaboratori di Lavoisier, giacobini della prima ora, poi fedeli servitori di Napoleone, occupano sistematicamente le scarse posizioni istituzionali assegnate alla chimica (ad esempio nell’insegnamento) o assumono importanti incarichi di governo: Foucroy siede nel Consiglio di Stato, e Chaptal diviene per alcuni anni ministro dell’interno (1801-1804).