La nuova responsabilità nel pilotaggio
Il servizio di pilotaggio rappresenta la particolare attività di assistenza che il pilota portuale, negli spazi acquei dove ne è prevista l’obbligatorietà o a richiesta del comandante della nave, presta in favore della nave nelle località di approdo e transito; il pilota indica la rotta al comandante, lo assiste nella manovra e gli suggerisce tutte le necessarie istruzioni riguardo le manovre necessarie per garantire che il transito e l’approdo della nave avvenga in sicurezza e senza danni. La l. 1.12.2016, n. 230 ha apportato significative modifiche al codice della navigazione in tema di responsabilità dei piloti dei porti nonché alcune disposizioni in materia di obbligatorietà dei servizi tecnico-nautici.
L’attività di pilotaggio viene affidata mediante d.P.R. alla corporazione dei piloti o, nelle località ove questa non è istituita, al pilota pratico locale al quale il comandante del porto rilascia autorizzazione al servizio ai sensi dell’art. 96 c. nav. Il codice della navigazione e il regolamento della navigazione marittima presuppongono un modello organizzativo tendenzialmente monopolistico secondo il quale i singoli piloti, costituiti in corporazione mediante apposito
d.P.R. e sotto la vigilanza del comandante del porto, assicurano il servizio1.
Secondo la disciplina del codice, la corporazione ha autonomia patrimoniale così che i creditori dei singoli piloti non possono escutere il patrimonio della corporazione e viceversa. Vi è un vincolo di carattere associativo tra i piloti2; essi accedono alla corporazione mediante un concorso pubblico riservato a personale marittimo particolarmente qualificato che attribuisce una licenza e l’iscrizione in uno speciale registro. La giurisprudenza ha chiarito che il rapporto che lega i piloti alla corporazione non è un rapporto di lavoro subordinato ma un rapporto organico3. Tali elementi hanno condotto la dottrina a qualificare la corporazione come società mutua cooperativa di lavoro a responsabilità limitata regolata da leggi speciali4 o quale species di società tra professionisti5. Sotto il profilo privatistico l’attività di pilotaggio, risolvendosi in una prestazione di assistenza, viene assicurata alla nave in seguito al perfezionamento di un contratto sulla cui natura non vi è in dottrina univocità di opinioni. A chi ritiene, infatti, di dovere inquadrare la prestazione nell’ambito della locatio operis o dell’appalto, a seconda che l’impegno sia stato assunto dal pilota locale o dalla corporazione dei piloti, si contrappongono coloro che ritengono che la prestazione sia sostanzialmente di natura intellettuale, potendosi riconoscere nella medesima i caratteri della prestazione di apprestamento di mezzi piuttosto che di risultato6. Mediante tale contratto, infatti, la corporazione dei piloti si obbliga, verso corrispettivo, a mettere a disposizione della nave il pilota, il quale, a norma dell’art. 92 c. nav., è tenuto a suggerire la rotta ed ad assistere il comandante nelle determinazione delle manovre necessarie per seguirla.
È comunque indiscusso che debba escludersi ogni vincolo di subordinazione tra armatore e pilota benché l’art. 316, co. 2, c. nav. inquadri il pilota, quando è a bordo, tra i membri dell’equipaggio della nave in qualità di primo ufficiale.
La l. 1.12.2016, n. 230 interviene significativamente sul problema delle responsabilità scaturenti dall’attività di pilotaggio. Si tratta di un tema tradizionalmente vivacemente dibattuto, sia prima che dopo l’emanazione del codice, e che ora si definisce in termini nuovi che impongono la riapertura del confronto. Nel vigore della vecchia disciplina, l’art. 93 c. nav. stabiliva che il pilota era responsabile dei danni subiti dalla nave durante il pilotaggio qualora fosse stato provato che tali danni erano derivati da inesattezza delle informazioni e delle indicazioni da lui fornite per la determinazione della rotta. Questa disposizione andava poi coordinata con l’art. 298 c. nav., secondo il quale il comandante è tenuto a dirigere personalmente la manovra anche quando è assistito dal pilota, e con l’art. 313 c. nav., secondo il quale il comandante è responsabile dei danni arrecati alla nave da errata manovra se non prova che l’errore è derivato da inesatte indicazioni ed informazioni del pilota. Il criterio di imputazione della responsabilità del pilota, imponendo in capo al danneggiato (la nave o il suo comandante) di provare l’inesattezza delle indicazioni e delle informazioni fornite dal pilota, aveva indotto parte della dottrina7 a ritenere che tale responsabilità costituisse eccezione ai principi di diritto comune sulla responsabilità contrattuale.
Conclusione parzialmente condivisa da altra dottrina8 che ha evidenziato come risultasse discutibile ricondurre il sistema ai principi della responsabilità contrattuale dal momento che, in mancanza di alcuna presunzione dell’inadempimento del pilota, era (ed è) il danneggiato a dovere dimostrare l’inesattezza delle indicazioni e delle informazioni; con la precisazione che, data tale dimostrazione, prescindendosi dall’accertamento di ogni tipo di colpa e non essendo stabilito alcun evento esonerativo, la responsabilità del pilota dovrebbe intendersi di natura oggettiva. Per altri9 la responsabilità del pilota dovrebbe invece essere ricondotta nell’ambito dei principi generali muovendo dalla responsabilità ex art. 313 c. nav. del comandante per il danno alla nave in manovra e dalla rilevanza causale interruttiva ed assorbente in tale contesto della prestazione di assistenza del pilota. Alla responsabilità del pilota singolo, poi, si aggiungeva la responsabilità solidale della corporazione dei piloti seppure nei limiti della cauzione prestata dalla medesima a garanzia di eventuali responsabilità sulla base di regolamenti locali (art. 89 c. nav.). Quanto alla responsabilità nei confronti dei terzi, i già richiamati artt. 298 e 313 c. nav., indicando nel comandante della nave il responsabile dei danni derivati dalla manovra, conducevano ad individuare nell’armatore della nave pilotata che ha causato il danno il soggetto responsabile verso i terzi salva la rivalsa verso il pilota. Tale soluzione risultava infatti imposta dai principi della responsabilità di cui all’art. 274 c. nav. secondo il quale l’armatore risponde del fatto del comandante che conserva sempre la direzione della manovra anche in caso di pilotaggio (art. 298 c. nav.). Occorre tuttavia osservare come la giurisprudenza abbia talvolta offerto una interpretazione del principio volta a ritenere responsabile il solo comandante, con esclusione della responsabilità dell’armatore ai sensi dell’art. 274 c. nav., dal momento che l’obbligo di avvalersi del pilota e di concertare con quest’ultimo la manovra da eseguire è attività del comandante, che il medesimo assume come «capo della spedizione», della quale pertanto risponde personalmente10.
Con la riforma il descritto sistema di responsabilità viene radicalmente modificato mediante una nuova formulazione dell’art. 93 c. nav. che, pur non alterando il criterio di imputazione della responsabilità del pilota, si consolida verso un modello apparentemente orientato a individuare nel solo pilota il responsabile dei danni provocati sia alla nave che a terzi derivanti dall’esecuzione del servizio. L’abolizione dell’istituto della cauzione, che i piloti erano tenuti a prestare ai sensi dell’art. 110 reg. nav. mar., e la nuova formulazione dell’art. 94 c. nav., che introduce l’obbligo assicurativo in capo ai piloti della propria responsabilità civile (per un massimale non inferiore alla somma limite stabilita dall’art. 93, co. 2, c. nav.) e non ripropone una previsione di condivisone solidale della responsabilità della corporazione (originariamente entro i limiti delle cauzione), sembrerebbe, ad un primo esame comparativo, avere voluto sopprimere ogni previsione di responsabilità in capo alla corporazione dei piloti in ordine all’esecuzione dell’attività di pilotaggio da parte del singolo pilota.
Il nuovo testo del co. 1 dell’art. 93 c. nav. dispone che «il pilota è responsabile per i danni cagionati da atti da esso compiuti o fatti da esso determinati durante il pilotaggio quando venga provato che l’evento dannoso occorso alla nave, a persone o a cose deriva da inesattezza delle informazioni o delle indicazioni fornite dal pilota medesimo per la determinazione della rotta». Accanto alla conferma di un criterio di imputazione della responsabilità privo di alcuna presunzione di responsabilità del pilota (la presunzione di inadempimento è tuttavia propria del regime generale di responsabilità contrattuale in funzione del principio della persistenza del diritto), si pone l’estensione orizzontale della posizione potenziale d’obbligo del pilota nei confronti non più solo della nave (rectius del suo armatore), e quindi, dell’immediata beneficiaria dell’attività di pilotaggio, ma anche dei terzi (persone o cose). Inoltre, il nuovo co. 2 dell’art. 93 c. nav. stabilisce che «la responsabilità del pilota è comunque limitata all’importo complessivo di euro un milione per ciascun evento, indipendentemente dal numero dei soggetti danneggiati e dai tipi di sinistro occorsi, ferma restando la responsabilità dell’armatore secondo i principi dell’ordinamento».
La previsione di tale limitazione dell’esposizione risarcitoria del pilota, della quale il medesimo può beneficiare salvo il caso di proprio dolo o colpa grave (art. 93, co. 3, c. nav.), contribuisce ad apprezzare la rilevante estensione, in termini oggettivi e soggettivi, della responsabilità del pilota che, ad un primo esame, pare affrancarsi ancor di più, evocando modelli già sperimentati nel nostro ordinamento a proposito della responsabilità di operatori di professioni cd. protette (responsabilità del sanitario ex l. 8.3.2017, n. 24), da ogni logica e dinamica di tipo contrattuale.
Il nuovo sistema di assicurazione obbligatoria dei piloti dovrà essere completato mediante un decreto del Governo volto ad adeguare, modificandolo ed integrandolo, il regolamento per la navigazione marittima. Il carattere imperativo della previsione è rafforzato mediante accorgimenti di natura sostanzialmente sanzionatoria in caso di mancato rispetto dell’obbligo assicurativo. Ed infatti, accanto all’obbligo di deposito di una copia del contratto di assicurazione presso la corporazione di appartenenza, viene espressamente stabilito (art. 94, co. 3, c. nav.) che «la mancanza, l’invalidità o l’insufficienza della copertura assicurativa ai sensi del primo comma (dell’art. 94 c. nav.) preclude l’esercizio o la prosecuzione dell’attività di pilotaggio» da parte del singolo pilota (sul quale grava l’obbligo). Lo scrutinio sulla validità e l’idoneità della copertura è affidato all’autorità marittima in ragione dei poteri di vigilanza che le competono ex art. 88 c. nav. Inoltre il regolamento dovrà introdurre tutte le disposizioni di dettaglio per rendere operativo l’obbligo assicurativo e per stabilire le conseguenze amministrative della mancanza, dell’invalidità o dell’insufficienza della copertura assicurativa.
La riforma, estendendo il regime generale della responsabilità del pilota ai danni provocati a terzi e non riproponendo la previsione della responsabilità solidale della corporazione, impone che venga riconsiderato il ruolo della corporazione stessa non solo nell’economia della fase del perfezionamento del contratto, ma anche in quella della eventuale deriva patologica dell’esecuzione della prestazione di pilotaggio. Ed infatti, fatta eccezione per il caso del servizio assunto dal pilota locale non costituito in corporazione, caso nel quale il pilota perfeziona il contratto in prima persona ed assume contestualmente i relativi obblighi, la conclusione del contratto ad opera della corporazione, nei luoghi in cui sia stata costituita, sembrerebbe rappresentare un dato che la riforma non pone in discussione. La corporazione dei piloti, infatti, in ragione del carattere di servizio di interesse generale attribuibile all’attività espletata, si trova in una situazione di permanente offerta al pubblico che la obbliga a contrarre ai sensi dell’art. 2597 c.c.
Se, pertanto, il servizio viene affidato alla corporazione, che deve dotarsi dei mezzi tecnici, personali e materiali, a tal fine necessari ex art. 88 c. nav., e se il contratto viene concluso dalla corporazione, risulta difficile ipotizzare che la medesima possa andare esente da responsabilità, ai sensi dell’art. 1228 c.c., in caso di inadempimento o inesatto adempimento della prestazione del proprio pilota dovuta al contraente. E ciò anche in ragione dei doveri di protezione e di sicurezza nei confronti dell’utenza cui deve intendersi tenuta la corporazione nello svolgimento di un servizio di interesse generale, a prescindere dal fatto che siano stati lesi dal fatto di un proprio preposto. In sostanza, la corporazione che, nell’adempimento dell’obbligazione, si avvale dell’opera del pilota, individuato secondo le previsioni del regolamento del servizio ex art. 95 c. nav., risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., della condotte del pilota stesso. Del resto, il semplice nuovo dato negativo della mancata conferma della responsabilità solidale della corporazione non sembra possa impedire l’applicazione dei principi generali; tanto più che nel vigore del precedente regime, la responsabilità della corporazione era espressamente stabilita (in via solidale) per definire la limitazione della esposizione della medesima nei confronti dei danneggiati sul presupposto implicito della detenzione da parte sua delle cauzioni prestate dai piloti.
Per escludere tale conclusione andrebbe quindi integralmente ripensato il ruolo della corporazione dei piloti che interverrebbe nella conclusione del contratto quale semplice mandataria per conto dei piloti ad essa legati da rapporto organico ovvero, alternativamente, per conto del pilota da nominare ex art. 1404 c.c. In tal caso, la corporazione non assumerebbe l’obbligo contrattuale in proprio e non potrebbe essere chiamata a rispondere né a titolo contrattuale verso l’armatore della nave, nei confronti del quale diritti ed obblighi sarebbero assunti direttamente in capo al pilota singolo, né, tanto meno, nei confronti dei terzi che ricevono pregiudizio da un atto o da non fatto riferibile solo ed esclusivamente all’attività del pilota.
Ad una prima sommaria valutazione complessiva, appare probabilmente maggiormente coerente con i caratteri tradizionali dell’istituto la conclusione secondo la quale la corporazione dovrebbe comunque essere chiamata a rispondere a titolo contrattuale dei danni provocati dall’attività di pilotaggio mentre la responsabilità del pilota, secondo il regime speciale, sembrerebbe rilevare esclusivamente sotto il profilo extracontrattuale. È la corporazione infatti che assume ed assicura il servizio (in una prospettiva evolutiva, non è escluso anche in regime di concorrenza tra le corporazioni e non tra i singoli piloti) ed è titolare dell’esercizio delle navi di comproprietà dei piloti e dai medesimi concesse in uso alla corporazione11. Il pilota, del resto, presta il suo servizio per conto della corporazione. Tuttavia l’esposizione della corporazione andrebbe delimitata solo nei confronti della nave che, con la conclusione del contratto, si è assicurata l’assistenza di un pilota in proprio favore. In tal caso, la corporazione non beneficerebbe di alcun limite del debito come pure avviene nei confronti dei propri creditori diversi dai danneggiati a causa di un errore commesso dal pilota. In tale ipotizzabile sistema di doppio binario, il meccanismo dell’assicurazione obbligatoria della responsabilità del pilota, pur individuando il singolo pilota quale soggetto sottoposto all’obbligo assicurativo e pur non essendo assistito dalla previsione dell’azione diretta contro l’assicuratore, sotto il profilo pratico non dovrebbe impedire l’intervento della copertura anche nel caso in cui l’azione di responsabilità dovesse coinvolgere la corporazione senza la partecipazione al giudizio del pilota (la sentenza emessa in contraddittorio col pilota non destinatario della domanda, ma comunque convenuto o intervenuto in giudizio, farebbe stato anche nei confronti del medesimo nel successivo giudizio di rivalsa). E ciò dal momento che, scaturendo l’eventuale condanna della corporazione dall’accertamento, seppure mediante regole probatorie differenti, della mancata o inesatta assistenza alla nave, e stante il divieto di moltiplicazione delle poste risarcitorie, la copertura assicurativa dovrebbe intendersi impegnata per effetto della rivalsa nei confronti del pilota (qualora la domanda non sia stata proposta direttamente nei suoi confronti), tenuto in base al rapporto organico a rivalere la corporazione.
Qualora invece l’azione venga proposta nei confronti di entrambi e si ritenga sopravvissuta l’ipotesi della solidarietà passiva originariamente prevista dal codice, la corporazione beneficerebbe della copertura assicurativa mediante l’eventuale azione di regresso; e ciò sul presupposto dell’unicità del fatto dannoso seppure imputabile a più persone in ragione di titoli di responsabilità diversi (anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale e extracontrattuale)12. In tal caso, sul presupposto del titolo extracontrattuale della responsabilità del pilota, il regresso andrebbe esercitato ai sensi dell’art. 2055, co. 2, c.c., con riferimento all’esistenza ed alla gravità delle condotte del pilota la cui rilevanza causale è da ritenersi esclusiva ed assorbente, posto che l’illecito del pilota in tal caso sarebbe requisito costitutivo anche della responsabilità della corporazione.
Del resto, la previsione dell’obbligo assicurativo in capo al solo pilota e non alla corporazione dovrebbe spiegarsi proprio in ragione dell’ampliamento delle situazioni potenziali d’obbligo del pilota verso i terzi estranei al contratto di pilotaggio nei confronti dei quali, al contrario, la corporazione non può intendersi esposta. Rimane comunque il fatto che, potendosi avvalere solo il pilota della limitazione del debito, la corporazione potrebbe trovarsi a dovere rispondere della eventuale differenza tra la quantificazione complessiva del danno alla nave e la minore somma corrispondente alla limitazione del debito del pilota ed oggetto di copertura assicurativa.
Diversamente, per la responsabilità nei confronti dei terzi (persone e cose), l’unico soggetto responsabile, ferma restando la responsabilità dell’armatore per i fatti del comandante e dell’equipaggio, andrebbe individuato nel singolo pilota nell’ipotesi, identica a quella della responsabilità per i danni arrecati alla nave, di inesattezza delle informazioni o delle indicazioni rese dal pilota stesso per la determinazione della rotta. In tal caso la responsabilità andrebbe ricondotta senz’altro in un ambito extracontrattuale secondo un meccanismo di imputazione corrispondente.
1 La struttura monopolistica dell’organizzazione del servizio è stata recentemente messa in discussione con riguardo a tutti i servizi tecnico-nautici; per quel che concerne il pilotaggio, è stato rilevato che l’art. 86 c. nav. non esclude che le corporazioni dei piloti possano essere anche più di una per lo stesso porto e possano quindi agire in regime di concorrenza offrendo un ventaglio di scelte all’utenza interessata; in questi termini TAR Sicilia, Catania, 16.2.2015, n. 495, in Dir. maritt., 2016, 792 e in Dir. trasp., 2016, 513.
2 Cass., sez. lav., 7.7.2014, n. 15451.
3 Cons. St., sez. II, 17.2.1970, n. 80, in Cons. St., 1970, I, 1826; Cass., S.U., 16.12.1986, n. 7533, in Dir. maritt., 1987, 901, con nt. di Fogliani E., In tema di rapporti tra corporazione piloti ed utenti del servizio di pilotaggio; Cass., n. 15451/2014.
4 Righetti, G., Trattato di diritto marittimo, I, Milano, 1987, 791.
5 Cottignola, A., Studi sul pilotaggio marittimo, Milano, 2003, 93 ss.
6 Righetti, G., op. cit., 802; Lefebvre D’Ovidio, A.Pescatore, G.Tullio, L., Manuale di diritto della navigazione, Milano, 2016, 623 s.
7 Scialoja, A., Corso di diritto della navigazione, Roma, 1943, 153.
8 Tullio L., Pilotaggio, in Enc. dir., XXXIII, 1983, 860.
9 Cottignola A., op. cit., 115.
10 Trib. Genova, 7.7.2003, in Dir. maritt., 2005, 956.
11 Lefebvre D’Ovidio A., Pescatore G., Tullio L., Manuale di diritto della navigazione, cit., 170.
12 Cass., S.U., 15.7.2009, n. 16503.