La pagella ai professori
La formazione degli insegnanti e la loro valutazione sono obiettivi primari della UE, e in molti paesi europei scuole ed enti locali sono responsabili del reclutamento dei docenti. Ma in Italia una riforma che dà più poteri ai capi di istituto e introduce premi di merito incontra forti resistenze.
Il 2015 è stato l'anno della riforma della scuola: la quarta nell'arco di 20 anni. Ma questa volta la coppia Renzi-Giannini non si è occupata di curricula o di cicli scolastici, come hanno fatto i precedenti ministri, da Luigi Berlinguer a Mariastella Gelmini, passando per Letizia Moratti. Con la riforma della scuola, il premier in persona ha deciso di toccare alcuni santuari considerati off limits per decenni da sindacati e insegnanti: il ruolo del capo d'istituto, la chiamata 'diretta' dei docenti da parte di questi ultimi e la valutazione degli insegnanti. O almeno tenta di farlo. Perché, nel settembre 2014, la riforma era partita con tutt'altro piglio rispetto alla versione che il 15 luglio del 2015 approda sulla Gazzetta ufficiale. Cambia, per così dire, la filosofia in corso d'opera. Il cambio di rotta è determinato dal fuoco di sbarramento opposto nel frattempo dalla base di insegnanti e sindacati che organizzano il più imponente sciopero generale della scuola degli ultimi 10 anni. Quanto basta, e avanza, per aprire una interminabile discussione su aspetti mai toccati prima. La riforma crea una infinità di polemiche e di proteste da parte dei docenti, ma anche degli studenti e di una parte dei genitori. La legge che passerà agli archivi parlamentari col numero 107 del 2015 viene contestata in diversi punti. Quello su cui si sono accese le maggiori polemiche riguarda certamente la nuova figura del dirigente scolastico, che dagli articoli del provvedimento esce con poteri abbondantemente amplificati rispetto al passato. Un ruolo, quello del super preside, che la versione presentata alla stampa il 3 settembre del 2014 non contemplava neppure: tutto il provvedimento si incentrava sul mega piano da 150.000 assunzioni volto a eliminare il precariato scolastico nel volgere di 2 anni. Dal quale scaturisce l'intera riforma: la carriera dei docenti, con stipendi differenziati in base al merito, più autonomia e risorse per gli istituti - pubblici e privati - e l'ingresso di capitali privati nelle scuole. Ma nel corso di 10 mesi di travaglio politico, il merito e la carriera degli insegnanti si sgonfiano e a metà percorso il capo del governo tira fuori dal cilindro il preside-sindaco. Una rivoluzione copernicana per il sistema scolastico italiano, che dal 2016-17 consentirà ai dirigenti scolastici di scegliere i nuovi insegnanti da reclutare - per realizzare la mission contenuta nel nuovo Piano triennale dell'offerta formativa - e valutare maestri e professori al loro primo anno di ruolo. Due terreni - scelta degli insegnanti da parte del preside e valutazione degli stessi - inavvicinabili per decenni dai sindacati e da buona parte del corpo docente. Ma che adesso vengono sdoganati e con i quali la scuola obtorto collo dovrà confrontarsi. Dal settembre 2016 il reclutamento degli insegnanti da parte delle scuole cambierà totalmente. Fino allo scorso anno scolastico, il personale docente a tempo indeterminato è stato reclutato individuando gli aspiranti per metà dalle graduatorie regionali di merito dei concorsi ancora attivi e per l'altro 50% dalle liste provinciali dei precari. A stipulare i contratti ci pensavano i dirigenti degli uffici periferici del Ministero dell'Istruzione che provvedevano anche a individuare la scuola di destinazione del neo insegnante. Il dirigente scolastico era, ed è, in potere di reclutare i supplenti d'istituto, ma da graduatorie in cui gli stessi sono inseriti in base a un punteggio.
La formazione degli insegnanti - e il conseguente reclutamento in base a criteri che ne mettano in evidenza la preparazione - è uno dei punti su cui la Commissione europea dal 2000 punta maggiormente la propria attenzione per rilanciare l'intero sistema scolastico del Vecchio continente, ritenuto il motore di uno sviluppo economico e sociale che intenderebbe porre l'Europa nuovamente ai vertici mondiali, ma che, per alcune nazioni come l'Italia, costituisce un vero e proprio nervo scoperto. Gli esperti del settore scommettono infatti sulla correlazione diretta tra livello di formazione/preparazione del personale docente ed efficacia dell'azione educativa, che viene 'misurata' attraverso test standardizzati di lettura, matematica e scienze. La legge di riforma del sistema scolastico italiano assegna al dirigente scolastico il compito di valutare "il personale docente ed educativo in periodo di formazione e di prova" dopo avere "sentito il comitato per la valutazione" d'istituto costituito da insegnanti, genitori e componenti esterni alla scuola, con obiettivi e modalità fissati dal Ministero dell'Istruzione. Il capo d'istituto sarà invece più libero di conferire nomine triennali agli insegnanti di cui la scuola necessita, perché potrà sceglierli tra tutti quelli già assunti dagli organi periferici del Ministero e inseriti negli albi territoriali. In questo caso, la novità introdotta dalla riforma consiste nella possibilità di scelta che il preside può operare tra gli insegnanti non più assegnati alle scuole ma inseriti negli albi sub-provinciali con tanto di curriculum. Il capo d'istituto, dopo avere esaminato i curricula di più docenti, propone l'incarico a quelli che reputa più adatti alle esigenze didattico-educative della scuola.
Niente più punteggi e graduatorie.
Ma come funziona all'estero? Come riferisce la Commissione europea, in molti paesi del Vecchio continente si utilizza un sistema di reclutamento 'aperto', in cui sono le scuole (o l'ente locale) a occuparsi del reclutamento degli insegnanti.
In quasi tutti i paesi dell'Europa meridionale - ma anche nel Liechtenstein -, quali Grecia, Italia, Spagna, Francia e Malta (cui si può aggiungere anche la Turchia), il reclutamento degli insegnanti è invece centralizzato attraverso concorsi pubblici. In Ungheria e Scozia, nei Paesi Bassi, in Danimarca, Norvegia, Islanda e Finlandia, l'unico datore di lavoro degli insegnanti che operano nelle scuole pubbliche è l'autorità locale, mentre in Bulgaria, Repubblica Ceca, Estonia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Polonia, Slovenia, Slovacchia e Croazia sono le scuole gli unici responsabili dell'assunzione dei docenti. Con la riforma Renzi, l'Italia passa a un sistema di reclutamento misto: l'autorità centrale provvederà a reclutare gli insegnanti e a inserirli negli albi territoriali, i capi d'istituto li sceglieranno. Ma poi dovranno rispondere, attraverso i risultati conseguiti, delle scelte operate.
Sul fronte della valutazione, dopo un primo timido tentativo, l'Italia fa un piccolo passo in avanti: alla valutazione alla fine dell'anno di prova viene affiancato un bonus in denaro che il dirigente scolastico potrà assegnare agli insegnanti migliori, ma sulla base dei criteri individuati dal Comitato per la valutazione dell'istituto. In Europa, a eccezione di Finlandia, Regno Unito (Scozia) e Norvegia, la valutazione strutturata degli insegnanti fa ormai parte della normale attività scolastica di tutti i paesi, nella maggior parte dei quali spetta al capo d'istituto valutare gli insegnanti. Ma in Finlandia, con i 15enni al top nei test sulle competenze fondamentali, i dirigenti scolastici possono intrattenere colloqui o proporre valutazioni annuali per i propri insegnanti. Un'attività più rivolta al futuro: a come orientare le attività per migliorare i risultati scolastici degli allievi. In Grecia, Polonia e Turchia, come è avvenuto finora in Italia, il capo di istituto interviene soltanto in circostanze specifiche, mentre in 17 paesi europei la valutazione degli insegnanti è affidata a valutatori esterni. I corpi ispettivi sono i principali responsabili della valutazione degli insegnanti in Francia, nelle scuole primarie del Lussemburgo e in Turchia. Anche se non tutti i sistemi scolastici europei assegnano una pagella agli insegnanti, come in Italia da quest'anno, quasi tutti contemplano un processo di valutazione degli istituti, nel quale la valutazione individuale degli insegnanti non è che una parte di un sistema più complesso.
I punti principali della legge
- Introduzione della programmazione triennale dell'offerta formativa, nella quale le scuole indicheranno il fabbisogno di personale docente e ATA (Amministrativo tecnico ausiliario). Il piano sarà predisposto dal collegio dei docenti sulla base delle scelte di gestione del dirigente.
- Istituzione dell'organico (docente) dell'autonomia, composto da posti comuni, posti di sostegno e posti per il potenziamento dell'offerta formativa.
- A partire dall'anno scolastico 2016-17, attribuzione al dirigente scolastico del compito di conferire incarichi triennali ai docenti assegnati all'ambito territoriale di riferimento.
- Avvio per l'a.s. 2015-16 di un piano straordinario di assunzione di docenti a tempo indeterminato, rivolto ai vincitori di concorso del 2012 e agli iscritti nelle graduatorie a esaurimento. Il piano è avviato dopo aver proceduto, per lo stesso a.s., alle immissioni in ruolo effettuate attingendo per il 50% alle graduatorie dei concorsi e per il 50% alle graduatorie a esaurimento.
- Indizione entro il 1° dicembre 2015 di un concorso per l'assunzione di ulteriori docenti.
- Immissione in ruolo subordinata al superamento del periodo di formazione e prova. La valutazione sarà effettuata dal dirigente scolastico sentendo il Comitato per la valutazione dei docenti.
- Formazione in servizio obbligatoria, sulla base delle priorità definite nel Piano nazionale di formazione. Prevista l'istituzione di una carta elettronica per l'aggiornamento e la formazione del docente, da utilizzare per acquisti o iniziative di carattere culturale.
- Istituzione nel 2016 di un fondo per la valorizzazione del merito del personale docente di ruolo. Le risorse saranno assegnate dal dirigente scolastico sulla base di criteri individuati dal Comitato per la valutazione dei docenti.
- Valutazione dei dirigenti scolastici, coerente con l'incarico triennale e con il profilo professionale e connessa alla retribuzione di risultato.
- Rafforzamento del collegamento scuola-lavoro, con percorsi di alternanza negli ultimi 3 anni di scuola secondaria di secondo grado (almeno 400 ore negli istituti tecnici, 200 nei licei).
- Credito d'imposta del 65% per il 2015 e il 2016 e del 50% per il 2017 per le erogazioni liberali a favore delle scuole, con tetto massimo di 100.000 euro per periodo d'imposta.
- Detrazione IRPEF fino a 400 euro per studente per le spese sostenute per la frequenza delle scuole paritarie.
- Disposizioni per l'edilizia scolastica: costruzione di scuole altamente innovative, rafforzamento delle funzioni dell'Osservatorio per l'edilizia scolastica e redazione di un piano del fabbisogno nazionale 2015-17.
Erasmus + per la scuola
Erasmus + è il programma dell'Unione Europea per l'istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport, che parte dal 2014 e arriva al 2020, combinando e integrando tutti i meccanismi di finanziamento attuati dall'Unione Europea fino al 2013: il Programma di apprendimento permanente (Comenius, Erasmus, Leonardo da Vinci, Grundtvig); Gioventù in azione; i 5 programmi di cooperazione internazionale (Erasmus Mundus, Tempus, Alfa, Edulink e il programma di cooperazione bilaterale con i paesi industrializzati); le attività Jean Monnet. Erasmus+ si inserisce in un contesto socio-economico che vede quasi 6 milioni di giovani europei disoccupati, con livelli che in alcuni paesi superano il 50%. Allo stesso tempo si registrano oltre 2 milioni di posti di lavoro vacanti e un terzo dei datori di lavoro segnala difficoltà ad assumere personale con le qualifiche richieste, dimostrando il sussistere di importanti deficit di competenze in Europa. Erasmus + è pensato per dare risposte concrete a queste problematiche, attraverso opportunità di studio, formazione, esperienze lavorative o volontariato all'estero. Il bilancio è di 14,7 miliardi di euro per il periodo 2014-20, con un aumento del 40% rispetto alla programmazione precedente. Per il 2015 Erasmus + dispone complessivamente di 1 miliardo e 736 milioni di euro per finanziamenti volti a promuovere opportunità per:
- Progetti nell'istruzione scolastica: dirigenti scolastici, insegnanti e personale della scuola, alunni di tutti i livelli dell'istruzione scolastica, dalla scuola dell'infanzia alla scuola primaria e secondaria.
- Progetti nell'istruzione superiore: studenti (nei 3 cicli di studio), docenti, staff degli istituti di istruzione superiore, formatori e professionisti in imprese.
- Progetti nell'istruzione e nella formazione professionale (VET, Vocational education and training): apprendisti e studenti che frequentano istituti professionali, professionisti e addetti alla formazione professionale, personale di organizzazioni di formazione professionale iniziale, formatori e professionisti in imprese.
- Progetti per l'educazione degli adulti: membri di organizzazioni per l'educazione degli adulti, formatori, personale dell'istruzione per adulti e discenti adulti nei percorsi formale, informale e non formale.
- Progetti per la gioventù: giovani dai 13 ai 30 anni (la partecipazione a livello individuale è prevista solo nel caso del Servizio volontario europeo), animatori giovanili (Youth workers), organizzazioni attive nel settore della gioventù, associazioni, enti locali, ONG, gruppi informali di giovani.
- Progetti nel settore sport: professionisti e volontari nel settore dello sport, atleti e allenatori.
Opportunità per la scuola
Per la prima volta il Programma concede finanziamenti anche a partenariati innovativi ('alleanze della conoscenza' e 'alleanze delle abilità settoriali'), che costituiranno sinergie tra il mondo dell'istruzione e quello del lavoro consentendo agli istituti d'istruzione superiore, ai formatori e alle imprese di incentivare l'innovazione e lo spirito imprenditoriale nonché di elaborare nuovi programmi e qualifiche per colmare le lacune a livello delle abilità. Le opportunità per il mondo della scuola in Erasmus + mirano a migliorare la qualità e l'efficacia dell'istruzione. Nello specifico gli obiettivi Erasmus + per l'istruzione scolastica prevedono:
- migliorare le competenze del personale della scuola e rafforzare la qualità dell'insegnamento e dell'apprendimento;
- ampliare la conoscenza e la comprensione delle politiche e delle pratiche educative dei paesi europei;
- innescare cambiamenti in termini di modernizzazione e internazionalizzazione delle scuole;
- creare interconessioni fra istruzione formale, non formale, formazione professionale e mercato del lavoro;
- promuovere attività di mobilità all'estero per gli alunni e lo staff delle scuole, anche a lungo termine;
- accrescere le opportunità per lo sviluppo professionale e per la carriera del personale della scuola.
I test PISA
Partita nel 2000, PISA (Programme for international student assessment) è un'indagine internazionale promossa con periodicità triennale dall'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per accertare le competenze dalla popolazione di riferimento costituita dai 15enni scolarizzati. L'attenzione si focalizza specialmente sulla misura in cui gli studenti sono in grado di utilizzare competenze acquisite durante gli anni di scuola per affrontare e risolvere problemi e per svolgere un ruolo consapevole e attivo nella società, continuando ad apprendere per tutta la vita (lifelong learning). Gli ambiti dell'indagine PISA sono: lettura, matematica e scienze. Ogni ciclo dell'indagine rileva le competenze in tutti gli ambiti ma ne approfondisce uno in particolare. PISA 2015 è il sesto ciclo e ha come dominio principale la competenza in scienze. A partire dalla edizione 2015 la somministrazione avviene in modo informatizzato per tutti gli ambiti previsti. La prova 2015, iniziata a essere organizzata nel 2014, vedrà presentati i risultati nazionali e internazionali nell'autunno 2016. In Italia, il campione di studenti che partecipa è rappresentativo a livello di macroaree geografiche (Nord Est, Nord Ovest, Centro, Sud, Isole) e tipologie di scuole (licei, istituti tecnici e professionali, formazione professionale, scuole secondarie di primo grado). PISA prevede opzioni internazionali alle quali i paesi possono aderire e l'Italia partecipa a PISA 2015 aderendo alle opzioni: rilevazione delle competenze in problem solving collaborativo (CPS); rilevazione delle competenze in ambito finanziario; rilevazione sulla familiarità degli studenti con le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (TIC); rilevazione sulle esperienze scolastiche passate.