La penisola balcanica
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La restaurazione dell’autorità di Bisanzio sull’intera penisola balcanica si dimostra ben presto effimera. L’irreversibile decadimento dell’Impero d’Oriente e la parallela ascesa delle potenze limitrofe favoriscono l’emancipazione dei popoli balcanici dal controllo bizantino, che si realizza nella costituzione di deboli principati slavi e, al volgere del XII secolo, nella rinascita del regno bulgaro.
Con l’aprirsi dell’XI secolo, la penisola balcanica ritorna sotto il controllo di Bisanzio, dopo un lungo e incontrastato dominio bulgaro. La riconquista imperiale, avviata già dalla seconda metà del X secolo, vince l’ostinata resistenza, opposta dalle regioni balcaniche centrali, quando Basilio II assume personalmente il comando delle operazioni di guerra.L’improvvisa morte di Samuele, che disorienta irrimediabilmente la resistenza bulgara, agevola non poco il successo di Bisanzio. Secondo quanto riportato dalle cronache storiche, Basilio, sorpreso l’esercito bulgaro nel luglio del 1014, fa accecare tutti i prigionieri fatti in battaglia, circa 14 mila, e li lascia liberi di tornare dal proprio sovrano. Si narra che Samuele non abbia sopportato questo raccapricciante spettacolo e sia morto sul colpo. La sua scomparsa provoca la rapida disgregazione del regno bulgaro e la sostituzione della sua consolidata autorità con il fragile e lontano potere imperiale.
Il vittorioso ritorno del potere bizantino sull’intera penisola si dimostra ben presto effimero. Il controllo imperiale sulla vasta e articolata regione è infatti assai precario e in gran parte soltanto apparente. D’altronde, la caratteristica composizione orografica dell’area, dominata da imponenti catene montuose, e la complessa articolazione dei popoli in essa insediati sono di ostacolo all’unificazione della penisola sotto un solo potere accentrato e anzi incoraggiano le tendenze centrifughe, favorite anche dalla considerevole frammentazione etnica della popolazione, che rendono difficile a qualunque formazione dominante di imporre il proprio potere su territori di grande estensione.
Quando Bisanzio perde il controllo dell’Anatolia, cedendo all’avanzata turca nella battaglia di Mantzikert (1071), il suo potere sulla penisola balcanica è prima insidiato dalle potenze confinanti per poi essere progressivamente eroso dalla nascita dei regni slavi medievali. La formazione di principati balcanici indipendenti dal potere imperiale è ritardata dall’influenza esterna esercitata da Venezia e dal regno normanno di Puglia che dominano i popoli slavi grazie alla loro supremazia bellica e all’incontrastata egemonia commerciale.
È soprattutto la potente città mercantile veneta a tentare di occupare una posizione dominante nelle zone costiere della Dalmazia, sfruttando il controllo delle vie commerciali, che passano lungo il bacino adriatico, e gli ampi privilegi ottenuti da Bisanzio, che consentono ai mercanti della Serenissima libero accesso in tutti i territori che ricadono anche soltanto formalmente sotto l’autorità imperiale.
L’inevitabile influenza delle potenze confinanti e la residua autorità di Bisanzio non impediscono però per molto la formazione di deboli principati slavi, prima nella regione croata e successivamente nelle aree popolate dalle stirpi serbe.
Il Regno di Croazia, fondato da Tomislav I già al principio del X secolo e legittimato dalla Chiesa di Roma nel 924, raggiunge la sua massima estensione nella prima metà dell’XI secolo con l’annessione dell’Istria, della Bosnia e della Dalmazia. Il rafforzamento delle potenze limitrofe, veneziana e ungherese, minano la sua autonomia e contrastano apertamente le sue mire espansionistiche.
Nella seconda metà del secolo, i sovrani ungheresi Ladislao I e il suo successore Colomanno intraprendono una lunga campagna bellica nei territori croati. La guerriglia che si oppone all’avanzata ungherese, organizzata sin dal 1091 con il sostegno delle concorrenti potenze veneziana e normanna, viene definitivamente debellata nel giro di pochi anni. Nel 1097 è sancita l’unione tra la corona croata e il Regno di Ungheria, suggellata dai cosiddetti Pacta conventa del 1102, secondo i quali l’autorità croata avrebbe mantenuto le proprie leggi e costumi locali, nonché il proprio sistema amministrativo, e avrebbe continuato a disporre di un proprio esercito, posto sotto il controllo dei ceti dominanti.
Ancora più favorevole è la condizione delle regioni balcaniche centrali, meno coinvolte dalle rivalità tra le potenze esterne alla penisola. La debolezza del controllo imperiale, che nelle regioni serbe equivale a un’autorità in gran parte soltanto formale, favorisce le spinte irredentiste, incentivando l’intraprendenza dei potentati locali. Già nel 1035, Stefano Vojislav, signore del principato di Zeta, rifiuta di prestare obbedienza a Bisanzio, resiste alle perentorie ingiunzioni dell’autorità imperiale che gli ordina di adeguarsi alla sua condizione di vassallo, ed estende i suoi domini alle regioni serbe confinanti.
Il suo successore, Michele, ottiene il riconoscimento del proprio potere regio da parte della Chiesa di Roma, con Gregorio VII. Il figlio, CostantinoBodin, allarga i territori settentrionali del regno annettendo anche la regione bosniaca. Tuttavia, a causa dell’incapacità e dell’inettitudine dei successori, il processo di consolidamento del principato e di emancipazione da Bisanzio stenta a compiersi. Soltanto nel 1168, Stefano Nemanjia si pone a capo dell’importante regione del Rascia, dalla quale avvia una forte opposizione contro il potere imperiale. Con l’aiuto del potente Regno di Ungheria, con il quale i serbi stringono un’alleanza militare nel 1183, Stefano riunisce sotto la sua autorità anche il principato di Zeta. Approfittando del successo della rivolta bulgara, che ancor più destabilizza la già precaria organizzazione dell’impero, il principato si dichiara indipendente da Bisanzio nel 1185, ponendo le basi dell’ascesa del regno serbo nei due secoli successivi.
Nell’autunno del 1185, due potenti proprietari terrieri, i due fratelli Pietro (futuro zar di Bulgaria dal 1185 al 1197) e Ivan Asen chiedono la concessione di benefici in cambio della loro partecipazione all’esercito imperiale. Al rifiuto opposto da Bisanzio alle loro richieste, organizzano un agguerrito gruppo di rivoltosi, in gran parte composto dalle popolazioni montane gravate da pesanti imposte e infiammate dall’edificazione di una nuova chiesa dedicata a san Demetrio, loro patrono. Dopo ripetuti tentativi di repressione della guerriglia, l’imperatore Isacco II Angelo è costretto a trattare una mediazione e a riconoscere, al volgere del secolo, l’indipendenza del nuovo regno, che stabilisce la sua capitale a Tarnovo.