La periodizzazione della Grecia antica. Il sistema cronologico greco
L’anno è in generale designato presso i Greci dal nome di un funzionario civile o religioso che funge da eponimo: l’arconte ad Atene, l’eforo a Sparta, la sacerdotessa di Hera ad Argo, lo stefaneforo a Mileto e in varie altre città della Ionia e della Caria (Magnesia al Meandro, Priene, Iaso, ecc.), il sacerdote di Halios a Rodi, lo stratego federale nelle leghe achea ed etolica, ecc. Dal IV sec. a.C. sino a tutta l’età imperiale non è infrequente il caso, particolarmente nelle città microasiatiche o del Mar Nero, che talvolta l’eponimia sia conferita per un determinato anno a una divinità o a un eroe (numerosi esempi presso Robert 1946). Tali liste di eponimi avevano inizio con date svariate: quella degli efori spartani, la più antica, si diceva prendesse le mosse dal 756 a.C.; quella degli arconti annui ateniesi col 683/2; quella dei sacerdoti di Halios a Rodi col 408/7, anno in cui, dal sinecismo delle tre città di Lindo, Camiro e Ialiso, si costituì lo stato rodio unitario. Ogni città aveva regolari elenchi di questi eponimi, registrati su pietra, e frammenti più o meno lunghi di tali liste ci sono pervenuti.
Se per Atene possediamo solo un frammentino di lista per gli anni 527/6-522/1 (Meritt 1939), per Delo la lista degli arconti si ricostruisce con esattezza per il periodo dell’indipendenza isolana (326-168 a.C.) in base agli inventari dei templi e a frammenti di liste; per Mileto la lista degli stefanefori è completa per il periodo 525/4-260/59 a.C. e poi, con due grosse lacune, sino al 31/2 d.C.; per Rodi essa è completa dal 408/7 al 369/8 e poi dal 333/2 (327/6) al 300/299 (294/3) a.C. Tutte queste serie di eponimi sono per noi del più alto interesse: è chiaro infatti che ove possa appurarsi con certezza la esatta rispondenza di tali liste a una determinata serie di anni, vengono automaticamente datati tutti quei documenti (decreti, leggi, dediche, ecc.) che furono redatti sotto l’eponi-mia dell’uno o dell’altro funzionario elencato nella lista medesima. Solo per Atene la tradizione manoscritta ha conservato, tramite Diodoro Siculo, la lista completa degli arconti per il periodo 480/79-302/1 a.C.: invece la ricostruzione della lista degli arconti ateniesi per il III sec. a.C. e dopo, fondata su documenti epigrafici, è tuttora piena di incertezze. Non meno difficoltosa, malgrado l’abbondanza dei testi epigrafici, è la ricostruzione della lista degli arconti delfici.
In queste condizioni, possedendo ogni città una propria lista di eponimi, gli storici seguivano nelle loro opere un criterio annalistico, narrando cioè gli avvenimenti anno per anno e avendo come guida cronologica la successione degli eponimi della propria città: questo criterio, già usato dal logografo Carone negli Annali di Lampsaco e dagli scrittori di antichità ateniesi, aveva però gravi inconvenienti e già Tucidide (V, 20) ne aveva rilevato le gravi insufficienze. Esso inoltre imponeva di vedere lo svolgersi degli avvenimenti dal ristretto angolo di visuale cittadino e non consentiva facilmente in siffatte cronache l’inserzione di avvenimenti, magari importanti, di città che seguivano un calendario diverso. Ma appunto la riduzione di date del calendario attico a date del calendario spartano, o argivo, o di qualunque altra città, era problema estremamente complicato: ciò non dipendeva tanto dall’essere diverso il nome dei mesi corrispondenti nei calendari delle varie città, bensì dal variare della data d’inizio dell’anno ufficiale che era il solstizio d’estate per alcuni (Atene, Delo, Delfi, Epidauro, ecc.), l’equinozio d’autunno per altri (Macedonia, Rodi, Sparta, Etolia, ecc.), il dicembre per la Beozia, ecc.
Sicché, anche quando furono adottate le ere seleucidica e aziaca, tali difficoltà non poterono mai essere superate del tutto e l’era aziaca (che muoveva dal 2 settembre del 31 a.C.) cominciava, ad esempio, con l’anno 32/1 per i calendari che vanno da un equinozio d’autunno a un altro (Macedonia, ecc.), e con l’anno 31/0 per quelli che vanno invece da un solstizio d’estate all’altro (Atene, ecc.); analogamente l’era seleucidica cominciava nel 312/1 per i Macedoni, ma nel 311/0 per gli Orientali, presso i quali vigeva il calendario babilonese che ha inizio a primavera col 1 Nisannu. A queste imprecisioni non poterono sottrarsi quei cronografi ellenistici i quali, come vedremo, adottarono il sistema misto “olimpico-attico” che consiste nel calcolare per Olimpiadi di quattro anni, computando però gli anni del quadriennio in base agli arconti attici. Qui l’errore è in ciò: che l’anno olimpico comincia in agosto, mentre quello attico comincia in luglio; analogo errore è quello di Polibio, che praticamente identifica l’anno olimpico (agosto) con quello acheo (equinozio d’autunno).
Tuttavia, malgrado questo elemento di incertezza, sempre latente negli antichi computi cronologici, nell’età ellenistica si compirono, in questo campo, passi veramente decisivi. Sebbene il sistema annalistico non fosse mai ripudiato del tutto, gli venne preferito un sistema nuovo, che, non necessariamente legato alla cronologia di una determinata città, muovesse da un punto fisso, da un anno-base, da un “chiodo” cioè cui appendere la lunga maglia degli anni. Un primo sistema è quello della partenza “dal basso”: anno-base è quello in cui viene redatta l’opera cronografica e tutti gli avvenimenti sono datati a seconda della distanza che intercorre tra l’anno di partenza e quello dell’avvenimento da datare. Questo è il sistema del Marmo Pario (FGrHist, n. 239), redatto nel 264/3 a.C., ove gli avvenimenti sono datati con la formula: “dacché avvenne la tal cosa (sono trascorsi sino a oggi) anni ...”, ad esempio “dacché morì Dionisio (I) di Sicilia e gli succedette nella tirannide il figlio Dionisio (II), anni 104 essendo arconte di Atene Nausigene”, cioè 264/3 + 104 = 368/7 che è appunto l’anno della morte di Dionisio I e dell’arcontato di Nausigene. Questo tipo di computo dal basso, attestato ancora in età romana nel cosiddetto Chronicon Romanum (IG, XIV, 1297 = FGrHist, n. 252), fu però superato dal sistema che muove “dall’alto”, cioè da una data più o meno remota assunta a punto di partenza del sistema cronologico. Tale data base fu quella della caduta di Troia che, fissata presuntivamente da Eratostene al 1184/3 a.C., finì, malgrado qualche dissenso (Timeo, 1194/3; Sosibio, 1172/1), con l’essere considerata quella canonica: l’autorità di Apollodoro di Atene (autore dei Chronikà, che giungevano sino allo scorcio del II sec. a.C.) diede ulteriore conferma alla data eratostenica.
Ma una vera e propria era dalla presa di Troia non esistette mai: se quella data costituì un eccellente punto di riferimento per tutti gli avvenimenti dell’età antichissima, per gli avvenimenti dell’età storica Eratostene introdusse il calcolo per Olimpiadi, fondato cioè sul regolare succedersi ogni quattro anni della massima festività panellenica: i giochi di Olimpia, celebrati la prima volta nel 776 a.C. In verità le Olimpiadi erano già state usate sporadicamente come punto di riferimento cronologico da Hippys di Regio e Tucidide nel V sec. a.C. e da Filisto nel IV, ma non in modo coerente: Hippys (fr. 3 J) le designava col numero d’ordine e col nome del vincitore nella corsa dello stadio; Tucidide (V, 49) senza numero d’ordine e col nome del vincitore del pancrazio; Filisto (fr. 2 J) senza numero d’ordine e col nome del vincitore dello stadio. Di questi vincitori delle gare di Olimpia si redassero liste amplissime che comprendevano tutti i vincitori nelle gare per adulti, per fanciulli e nei concorsi ippici: primo a redigerne una era stato Ippia di Elide sullo scorcio del V sec. a.C., poi, in età ellenistica, Eratostene e altri; in età romana Flegonte di Tralles (fino alla ol. 229 = 137 d.C.), Sesto Giulio Africano (sino alla ol. 249 = 217 d.C.: l’unica che ci sia pervenuta integralmente, sia pure limitata in massima ai soli vincitori nello stadio, tramite il Chronicon di Eusebio di Cesarea), Dexippo (fino all’ol. 262 = 269 d.C.).
Di tali liste abbiamo alcuni frammenti su papiro (P. Oxyrh. 222, 2082, 2381, ecc.) che non sappiamo se possano attribuirsi all’uno o all’altro degli scrittori ora ricordati. Alcune di queste liste (come P. Oxyrh. 222 = FGH, n. 415) sono pure e semplici liste di vincitori olimpici e quindi fine a se stesse; altre (come P. Oxyrh. 2082 = FGH, n. 257 a) fanno parte di opere cronografiche vere e proprie in cui cioè la lista dei vincitori dell’olimpiade costituisce la premessa alla narrazione degli avvenimenti che si verificarono nel corso di quella Olimpiade. In altri casi, come nel cosiddetto Chronicon Oxyrhynchium (P. Oxyrh. 12 = FGH, n. 255), viene prima registrato il numero d’ordine dell’Olimpiade col relativo vincitore dello stadio, poi i quattro arconti ateniesi successivamente in carica nel quadriennio olimpico, infine gli avvenimenti corrispondenti, volta per volta, agli anni dei quattro successivi arconti. Il computo per Olimpiadi, forse adottato da Timeo (fine IV - inizi III sec. a.C.), fu diffuso solo al tempo di Eratostene (seconda metà del III sec. a.C.) e fu largamente usato nel secolo successivo da Polibio. La prima attestazione epigrafica (Kern 1900 ove, alla maniera di Tucidide, non si dà il nome del vincitore nello stadio, ma nel pancrazio) è dell’ol. 140 = 220 a.C.: col tempo prevalse l’uso di designare l’olimpiade col nome del vincitore nello stadio; se uno stesso atleta avesse vinto più volte la gara dello stadio in Olimpia, per precisare si aggiungeva anche il nome del vincitore in altra gara, ad esempio nel pugilato (così in una iscrizione di Teichiussa in Paton - Myres 1896).
La riduzione di una data olimpica al nostro sistema cronologico si attua moltiplicando il numero della Olimpiade per quattro e sottraendo il prodotto da 780: ad esempio, la Olimpiade 109 corrisponde al 344 a.C. (109 x 4 = 436; 780-436 = 344); conseguentemente si computano anche gli anni infraolimpici: il terzo anno della ol. 109 (ol. 109, 3), corrisponde al 342. Ciò vale per le Olimpiadi anteriori alla 195a (1 d.C.) in cui i cronografi cristiani collocarono la nascita di Cristo; per le Olimpiadi successive alla 195a la riduzione a date volgari si attua moltiplicando per quattro il numero della Olimpiade, aggiungendo al prodotto il numero d’ordine dell’anno infraolimpico nella Olimpiade in corso e sottraendo dal numero così ottenuto 780: ad esempio, il secondo anno della Olimpiade 259 (ol. 259, 2) è il 258 d.C. (259 x 4 =1036 + 2 =1038; 1038-780 = 258).
L’uso dell’era olimpica tuttavia era più frequente nei libri che nella vita pratica: rarissimi, sono, fuori di Olimpia, i documenti datati con tale sistema. Frattanto, mentre nella Grecia propria non esisteva ancora nel III sec. a.C. un sistema cronologico praticamente accettato da tutti, nell’Asia Minore le dinastie greco-macedoni sorte dallo sfacelo dell’impero di Alessandro Magno erano riuscite a imporre, col calendario macedonico (che tuttavia non soppiantò i vecchi calendari locali in città di antica tradizione come Efeso, Mileto, Smirne, ecc.), ere particolari che muovevano dall’anno in cui il capostipite della dinastia aveva assunto il titolo regio o affermato il proprio potere: più nota e diffusa tra tutte l’era seleucidica, che muove dal 312 a.C., data del ritorno di Seleuco I a Babilonia, e che ancora agli inizi del VII sec. d.C. si usava largamente in Siria e sporadicamente qua e là anche più tardi. Tuttavia, malgrado la grande diffusione dell’era seleucidica, il progressivo restringersi spaziale dell’impero dei Seleucidi fece sì che varie città che a esso erano appartenute adottassero ere particolari che prendevano le mosse dalla “liberazione” dai Seleucidi: Arado dal 259 a.C., Tiro dal 126, Sidone dal 111, Laodicea e Berito dall’81, ecc. Dopo l’intervento romano si riscontra frequentemente in queste regioni l’uso dell’era pompeiana (dal 64 a.C.) e cesariana (dal 48 a.C.). Tutte queste ere particolari sono attestate quasi esclusivamente dalle monete sino al III sec. d.C.
Tra le ere maggiormente in uso nell’Oriente si ricordino anche quella bitinica che, sebbene attestata più tardi, prendeva le mosse dal 298/7, anno in cui Zipoites riuscì ad affermare l’indipendenza della Bitinia. Altrove, come nei regni di Pergamo e di Egitto (ove accanto al macedonico era in uso anche il calendario indigeno, che poi prevalse in età romana) non si adottarono ere particolari, ma si computò il tempo in base agli anni di regno dei singoli sovrani. Ancora in Asia Minore, per l’età romana, è attestato l’uso di un’era sillana a partire dall’autunno 85/4 a.C., fine della prima guerra mitridatica e nuovo assetto della regione. Per la Grecia propria, dopo l’intervento romano, è attestato l’uso dell’era macedonica (dal 148/7, data della costituzione della provincia romana), dell’era acaica (dal 145/4), dell’era aziaca (dal giorno della battaglia di Azio, 2 settembre 31 a.C.). Talvolta alcune di queste ere sono usate contemporaneamente, come avviene nel caso di varie iscrizioni greche che recano la datazione secondo l’era macedonica e quella aziaca.
Ottima introduzione generale è quella di E. Bickermann, Chronologie, in A. Gercke - E. Norden, Einleitung in die Altertumswissenschaft, III, 5, Leipzig - Berlin 1933.
Id., La cronologia nel mondo antico, Firenze 1963 (trad. it.).
Specifico e ricco di dati, ma oggi alquanto invecchiato: W. Kubitschek, s.v. Aera, in RE, I, 1893, coll. 606-66 con aggiornamenti; ibid., Suppl. III, 1918, coll. 24-30.
Inoltre:
J. Delorme, Les grandes dates de l’antiquité, Paris 19785.
E. Biémont, Rythmes du temps. Astronomie et calendriers, Bruxelles 1999.
Sulle divinità eponime:
L. Robert, Hellenica, II, Paris 1946, pp. 51-64.
Sulla lista degli arconti di Atene, Delo, Delfi, sugli stefanefori di Mileto:
B.D. Meritt, Greek Inscriptions, in Hesperia, 8 (1939), pp. 58-65.
G. Klaffenbach, Griechische Epigraphik, Göttingen 1957, pp. 93-96 (con bibl.).
Per i sacerdoti di Halios a Rodi:
L. Morricone, I sacerdoti di Halios. Frammento di catalogo rinvenuto a Rodi, in ASAtene, 27-29 (1949-51), pp. 351-80.
Per la lista dei vincitori di Olimpia:
L. Moretti, Olympionikai, in MemLinc, 8 (1957), pp. 55-198.
Sul computo per Olimpiadi:
W.R. Paton - J.L. Hyres, Karian Sites and Inscriptions, in JHS, 16 (1896), pp. 222-24.
O. Kern, Die Inschriften von Magnesia am Meander, Berlin 1900, pp. 12-13, n. 16.
Per la cronologia sulle origini dell’età del Bronzo:
P. Warren - V. Hankey, Aegean Bronze Age Chronology, Bristol 1989.
J. Coleman, Greece and the Aegean from the Mesolithic to the End of the Early Bronze Age, in R.W. Ehrich (ed.), Chronologies in Old World Archaeology, Chicago - London 1992, I, pp. 247-79; II, pp. 203-21.
Per la cronologia di età geometrica e orientalizzante:
J. Ducat, L’archaïsme et la recherche de points de repère chronologiques, in BCH, 86 (1962), pp. 165-84.
R.M. Cook, A Note on the Absolute Chronology of the Eight and Seventh Centuries B.C., in BSA, 64 (1969), pp. 13-15.
L. Hannestad, Absolute Chronology: Greece and the Near East c.1000-500 B.C., in ActaArch, 67 (1996), pp. 39-49.
Per l’età arcaica:
J. Boardman, Signa tabulae priscae artis, in JHS, 104 (1984), pp. 161-63.
Per l’età classica:
E. Langlotz, Zur Zeitbestimmung der strengrotfigurigen Vasenmalerei mit der gleichzeitigen Plastik, Leipzig 1920.
W.R. Biers, Art, Artefacts and Chronology in Classical Archaeology, London - New York 1992.
Per l’età ellenistica:
W.K. Pritchett - B.D. Meritt, The Chronology of Hellenistic Athens, Cambridge (Mass.) 1940, pp. XIV-XXXV.
Per l’era seleucidica:
F.M. Abel, in RBi, 47 (1938), pp. 198-213.
Per le ere indipendenti delle città della Siria:
H. Seyrig, Antiquités syriennes, in Syria, 27 (1950), pp. 5-50; ibid., 31 (1954), pp. 73-80.
Per l’era macedonica:
M.N. Tod, The Macedonian Hera Reconsidered, in Studies Presented to David Moore Robinson, II, Saint Louis 1953, pp. 382-97.
Per l’era acaica:
S. Accame, Il dominio romano in Grecia, Roma 1946, pp. 11-14.
Per quella di Azio:
S. Accame, Il dominio romano in Grecia, Roma 1946.
M.N. Tod, The Macedonian Hera Reconsidered, in Studies Presented to David Moore Robinson, II, Saint Louis 1953, pp. 382-97.
Inoltre:
A.J. Gossage,The Date of IG V (2) 516 (SIG3 800), in BSA, 49 (1954), pp. 52-56.