Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Le vicende politiche e religiose delle Province Unite influenzano in modo decisivo la pittura olandese del Seicento. La presa di potere della classe mercantile protestante determina un orientamento artistico laico e, insieme, l’allargarsi della committenza privata. Nel clima di iconoclastia religiosa della nuova repubblica si afferma una pittura di genere altamente specializzata, i cui soggetti vanno dal paesaggio al ritratto, dalla pittura d’interni alla natura morta.
La nuova committenza mercantile dalle Province Unite
Il clima di repressione politico-religiosa e di rivolta sotto il regno di Filippo II porta, dopo alterne vicende, alla divisione dei Paesi Bassi: le Province meridionali, riconoscendo la sovranità del monarca spagnolo, restano fedeli alla religione cattolica; gli Stati del Nord, dichiarandosi liberi e indipendenti (Unione di Utrecht, 1579), ristabiliscono il culto protestante e segnano l’avvento di una cultura borghese.
La nascita della Repubblica delle Province Unite è all’origine di un intenso sviluppo economico e di un processo di unificazione nazionale che avrà importanti ripercussioni sul piano dell’autonomia culturale del Paese. La rete commerciale in continua espansione e il primato olandese sui mari d’Europa portano in breve tempo la Repubblica a uno stato di grande prosperità.Nel corso del Seicento il mercato artistico diviene sempre più fiorente, grazie all’allargamento della committenza pubblica, rappresentata dalle corporazioni cittadine, e di quella privata, formata dalla nuova classe mercantile al potere.
La caduta del potere ecclesiastico e la fine dell’egemonia cattolica contrastano quello stile “persuasivo” di matrice barocca, che trova invece diffusione nei Paesi cattolici d’Europa. Il paesaggio, il ritratto, la pittura d’interni, la natura morta, resi con attenzione realistica, sono quindi i temi che meglio rispondono all’ideologia laica della nuova Repubblica.
Su queste premesse, un graduale mutamento d’indirizzo, dai soggetti storici verso le più varie sfaccettature della pittura di genere, interessa la maggior parte dei pittori attivi nella prima metà del XVII secolo.
Gli artisti si riuniscono all’interno di corporazioni, allo stesso modo degli artigiani (la gilda di San Luca comprende vetrai, ceramisti, tappezzieri, incisori, stampatori d’arte, oltre che “coloro che si guadagnano da vivere con l’arte della pittura”), secondo una tradizione nordica antiaccademica cui è estranea la possibilità di riscatto intellettuale e sociale. Gli stessi pittori, per compensare l’attività non sempre redditizia, esercitano attività parallele, e spesso il mestiere di mercanti d’arte.
La pittura come analisi della realtà
Fattore unificante dell’arte olandese del Seicento, pur nella frammentazione dei generi, è la devozione al vero, la propensione a registrare con occhio obiettivo le manifestazioni del reale: una ricerca che si esprime in termini oggettivi, assolvendo quasi ad una funzione documentaria.
Mentre sul versante scientifico si consolida la tradizione cartografica, favorita dall’egemonia olandese sui mari e dalla conquista di nuovi territori, gli artisti sviluppano un’attitudine topografica, specializzandosi nel genere della veduta di città, di monumenti e del paesaggio.
La diffusione della “camera ottica” (perspektyfkas in olandese, peepshow in inglese) in Olanda determina un ulteriore avvicinamento tra mondo reale e rappresentazione artistica. Le immagini della realtà in movimento, scrutate attraverso le lenti, affascinano scienziati e artisti, che si servono degli strumenti ottici per allargare il proprio campo d’indagine.
La Veduta di Delft di Carel Fabritius viene dipinta nel 1652 con l’ausilio della “camera ottica”. Essa presenta, nel formato minimo di 15x31 cm, un campo visivo aperto su più direttrici: al centro è la chiesa Nuova col campanile, attorno a cui ruotano, come su una superficie sferica, la figura di primo piano, le prospettive laterali fortemente scorciate e lo sfondo. Nulla è precluso all’occhio dell’artista, cui sono note le ricerche sulla prospettiva illusionistica. Egli forza i limiti consentiti allo spazio pittorico, riproducendo l’effetto convesso della lente.
“Un pittore la cui opera è in grado di ingannare la vista”, scriverà più tardi Samuel Hoogstraten (1678), compagno di Fabritius nella bottega di Rembrandt, “deve avere una comprensione tale della natura da conoscere a fondo in che modo gli occhi vengano ingannati”, ribadendo il concetto che “l’arte della pittura è una scienza per rappresentare e per ingannare la vista col disegno e il colore”.
Lo studio (1983) della critica Svetlana Alpers ha sottolineato il carattere descrittivo, la vocazione cartografica dell’arte olandese del Seicento, suggerendo il parallelo tra pittura e cartografia, accomunate dallo stesso principio della descriptio. Tale atteggiamento descrittivo viene contrapposto a quello della “persuasione retorica”, tipico della tradizione classicista italiana.
Centri artistici delle Province Unite: lo sviluppo dei generi pittorici
La rapida ascesa economico-culturale di centri quali Amsterdam, Leida, Haarlem, L’Aia, Utrecht, Delft determina la nascita di altrettante scuole pittoriche autonome. Favoriti dal commercio e dalle richieste pressanti, i pittori si spostano da un centro all’altro.
A Haarlem era sorta, sul finire del XVI secolo, un’accademia di pittura dagli indirizzi italianizzanti promossa da Cornelis Cornelisz, Karel van Mander e Hendrick Goltzius, artisti che avevano soggiornato a lungo in Italia.
In questa cultura accademica, fondata sullo studio del nudo e delle statue antiche, si forma un pittore come Frans Hals, che tuttavia si volgerà presto alla pittura di genere, specializzandosi nel ritratto.
Originario di Anversa, Frans Hals inaugura a Haarlem una tipologia di ritratto individuale e di gruppo che celebra il trionfo della nuova borghesia al potere.Già a partire dagli anni Trenta egli elabora una pittura veloce di gesto, dalle pennellate larghe e marcate, la cui immediatezza rompe la fissità della posa ufficiale. La nuova concezione di Hals, partecipe del naturalismo introdotto in Olanda dai caravaggeschi di Utrecht, costituisce la risposta borghese alla tradizione aristocratica di Rubens e di van Dyck.
La pittura di paesaggio, rappresentata da pittori quali Hercules Seghers, Hendrick Cornelisz Vroom, Salomon e Jacob van Ruisdael, Nicolaes Berchem costituisce, insieme con il ritratto, il genere che maggiormente si sviluppa a Haarlem. Dal realismo atmosferico di Seghers, che influenzerà le generazioni successive fino a Rembrandt, alle marine del Vroom, dai paesaggi dal vero di Jacob van Ruisdael alle ambientazioni arcadiche dell’italianizzante Berchem, il paesaggio si articola secondo una ricca gamma di sfumature e di tendenze.
Con Jan van Goyen, Jacob van Ruisdael, Meindert Hobbema, Philips de Konink la pittura di paesaggio esprime una visione oggettiva, obbedendo a criteri di indagine e conoscenza della natura. Nel restituire un effetto di luce o nel soffermarsi su un particolare botanico, i pittori salvano sempre l’equilibrio formale della composizione.
Jacob van Ruisdael dipinge una serie di quindici vedute rappresentanti le dune tra le città di Haarlem e Alkmaar. Ciò che rende particolare il paesaggio di Ruisdael, e in genere degli artisti nordici, è la presenza della natura, restituita in tutta la sua vastità, negli spazi incommensurabili, sproporzionati all’uomo.
Una tale pittura di ampi orizzonti è spiegabile solo attraverso una reale esperienza del paesaggio olandese: così nella serie di vedute di Haarlem la vastità del cielo e la bianca architettura di nuvole vengono a occupare fino a due terzi della superficie della tela, determinando addirittura uno sviluppo verticale del dipinto.
La natura morta e la pittura di interni in Olanda
Fin dal primo decennio del Seicento Haarlem si afferma anche come centro di produzione e diffusione della natura morta. Sostituendosi gradatamente al quadro di storia, la natura morta si pone dapprima come tema di osservazione della natura attraverso la rappresentazione di cibi, fiori, frutta e oggetti variamente disposti sul piano. In seguito, tra il secondo e il terzo decennio del secolo, essa assume una connotazione simbolica e allegorica, divenendo spesso un pretesto per rappresentare la vanità dell’esistenza umana.
Il tema del banketje (“tavole imbandite”) e delle “colazioni”, sviluppatosi in area tedesca e fiamminga, conosce a Haarlem una particolare fortuna con Nicolaes Gillis, Florisvan Dijck e Pieter Claesz.
Composizioni con soggetti di fiori e frutta si diffondono nei vari centri dell’Olanda, assumendo tipologie differenti. A Delft, intorno al terzo decennio del secolo, Balthasar van der Ast sviluppa il tema dei fiori, non più raccolti entro un vaso, ma variamente disposti sul tavolo, accanto a insetti e conchiglie esotiche. Oltre a racchiudere una serie di significati simbolici allusivi al memento mori, tali motivi riflettono il gusto crescente per la curiosità e per il particolare naturalistico, gusto che si viene affermando in quegli anni nei cabinets dei collezionisti.
Nell’ambiente riformato di Leida, David Bailly esprime le tendenze moralizzanti della città, con opere ispirate ai simboli dell’effimero e della transitorietà della vita umana. Jan Davidsz de Heem diffonde tra il ’25 e il ’32 composizioni con libri e strumenti musicali, dove il motivo della vanitas si carica di riferimenti eruditi.
Nel campo della pittura di architettura Pieter Saenredam, formatosi a Haarlem come pittore di paesaggi e ritratti, si dedica agli interni di chiese, un genere che riproduce le architetture reali o immaginarie dei templi protestanti. Gli interni disadorni, immersi in un’atmosfera contemplativa e percorsi da figure prive di ogni corporeità, si trasformano sulla tela in pure e silenziose strutture: come nell’interno della chiesa di Santa Cunera a Rhenen, dove la luce rimbalza da una parete all’altra, attraverso la fuga degli archi ogivali. Tra i principali esponenti di questa pittura, oltre al Saenredam, sono Emanuel de Witte, Hendrick van Vliet e Gerard Houckgeest, tra Delft, Amsterdam e L’Aia.
Indirizzi caravaggeschi della scuola
Protagonisti della scuola di Utrecht, con forte impronta caravaggesca, sono Hendrik Ter Brugghen, Gerrit van Honthorst (Gherardo delle Notti), Dirck van Baburen e Jan van Bijlert. Questi artisti, tra il secondo e il terzo decennio del secolo, diffondono a Utrecht l’esperienza realista assimilata in Italia a diretto contatto con l’opera del Caravaggio. Il tema delle scene di taverna, dei giocatori, dei musicanti, con figure a mezzo busto a grandezza naturale, diviene usuale nel repertorio degli artisti olandesi, che del Caravaggio accolgono la potente visione naturalistica, l’intuizione della luce come mezzo espressivo e fondante della pittura.
Un soggetto come la Vocazione di Matteo, dipinto dal Caravaggio per la chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma (1599-1600), ha particolare fortuna in Olanda, attraverso numerose riletture in chiave profana.
Per Ter Brugghen, che era stato in Italia tra il 1604 e il 1614, lo stesso tema sacro è un pretesto per ricreare una scena di “costume moderno”, dove la luce, trattata in termini generici di chiaroscuro, ha ormai perso la funzione simbolica e drammatica presente nel Caravaggio. E ancora, la versione del van Bijlert, che era stato a Roma nel 1621, riprende il taglio ravvicinato di Ter Brugghen e lo schema delle “allegre compagnie” di Honthorst.
I centri di sviluppo dell’arte olandese
Situata tra Rotterdam e L’Aia, la città di Delft si afferma anch’essa come centro artistico di rilievo, nell’ambito di una qualificata tradizione artigiana. La casa di arazzi di origine fiamminga Spyerinx e le manifatture di ceramica che fioriscono nel corso del Seicento richiamano nella città numerose maestranze.
A Delft si trasferiscono nella prima metà del secolo pittori di nature morte e numerosi artisti appartenenti ai più diversi settori: Gerard Houckgeest ed Emanuel de Witte specializzati negli interni di chiese, Carel Fabritius pittore di ritratti e di trompe-l’oeil, già allievo di Rembrandt ad Amsterdam.
Su queste premesse Johannes Vermeer e Pieter de Hooch, volgendosi principalmente alla pittura d’interni borghesi con figure, rivelano una particolare attenzione a cogliere gli effetti di luce e a inseguire geometrie prospettiche. In queste ambientazioni di vita quotidiana, la figura umana viene ridotta a semplice volume nello spazio, e indagata con lo stesso distacco di una natura morta. Essa non costituisce il perno sentimentale della composizione, ma determina piuttosto l’equilibrio formale e cromatico del dipinto.
La pace di Münster del 1648 conferma l’indipendenza delle Province Unite dalla Spagna. A partire da quella data il Reno, principale via di comunicazione interna dei Paesi nordici, viene riaperto al traffico e si incrementano così ulteriormente gli scambi commerciali interni.
Amsterdam conosce uno sviluppo urbano e culturale senza precedenti e diviene un punto di riferimento per quasi tutti gli artisti dell’epoca. Rembrandt, proveniente da Leida, passa ad Amsterdam nei primi anni Venti e lì stabilisce la propria bottega (1631).
La città di Leida, divenuta centro teologico e universitario di notevole importanza, mantiene un’identità culturale autonoma.
Gerrit Dou, tra gli artisti più reputati del momento, è il primo rappresentante della scuola dei fijnschilder (“pittori fini”): dopo aver frequentato la bottega di Rembrandt, egli apre la strada al genere aneddotico di piccolo formato e di tecnica minuziosa, che proseguirà con l’opera di Frans Mieris e di Gabriel Metsu e, più tardi, con Jan Steen.
La città de L’Aia, invece, sede del Consiglio di Stato che fa capo allo stadhouder, mantiene un carattere più aristocratico. Il clima di tolleranza religiosa e la concentrazione della nobiltà attirano nella città molti artisti cattolici. I pittori J.A. Ravesteyn e M.J. Mierevelt sono gli interpreti della ritrattistica ufficiale alla corte degli Orange. Gerardvan Honthorst, che era stato tra gli esponenti del caravaggismo della scuola di Utrecht, si stabilisce a L’Aia negli anni Trenta, divenendo ritrattista ufficiale di corte.
Tendenze classiciste dell’ultimo trentennio del Seicento
L’invasione francese del 1672, nel raggio delle conquiste di Luigi XIV, favorisce una più vasta circolazione della cultura francese nei territori d’Olanda.
A partire da quelle date, i pittori olandesi vengono influenzati dalle teorie artistiche dell’Accademia di Francia, che raccomanda soggetti nobili e idealizzati, mentre condanna i motivi tratti dal quotidiano e dal reale.
La pittura olandese dell’ultimo trentennio si orienta quindi verso uno stile più classico: la figura umana diviene più stilizzata e i personaggi perdono i loro tratti individuali. La semplicità degli ambienti borghesi di Gabriel Metsu o di Pieter de Hooch cede al lusso aristocratico degli interni di Eglon van der Neer.
La Francia si impone anche nel ritratto. Le fogge eleganti, i tratti nobili e regolari delle figure si sostituiscono al gusto borghese dei ritratti di Frans Hals.
Al servizio di una committenza nuova per gusto e ambizioni sociali, Nicolaes Maes (già allievo di Rembrandt), insieme con Caspar Netscher, preannuncia negli ultimi decenni del Seicento una peinture de beautés, i cui modelli si trasmetteranno a tutto il XVIII secolo.