Diabete, la più grande epidemia planetaria
Il diabete è uno dei grandi ‘killer’ del nostro secolo. La frequenza di questa malattia insidiosa sta aumentando ovunque, anche in paesi come il Bangladesh in cui lo stile alimentare è molto diverso dal nostro. Nell’insorgenza del diabete interviene una componente genetica, ma questa non è certo il fattore più importante, come suggeriscono diversi indizi: i rapidi cambiamenti temporali, inclusa l’epidemia cui stiamo oggi assistendo; la forte associazione con l’obesità; la riduzione netta del rischio attraverso
la perdita di peso e l’esercizio fisico. Indicativo in questo senso è l’articolo pubblicato nei primi mesi del 2011 dal New England Journal of Medicine (n. 364), in cui si affronta l’impatto che il diabete ha sulla mortalità complessiva, sulla base di una ricerca condotta su più di 800.000 persone in 25 paesi del mondo. L’incidenza del diabete sul rischio di morte non ha pari tra le altre condizioni patologiche, a parte forse l’appartenenza a determinate classi sociali. Esso è responsabile della maggiore mortalità che si registra (in misura dell’80%) tra i diabetici rispetto ai non diabetici.
In particolare, la mortalità per malattie cardiovascolari risulta più che raddoppiata, ma più frequenti sono anche le morti per tumori, le malattie infettive e perfino i suicidi. Una persona diabetica di 50 anni ha una speranza di vita inferiore di 6 anni rispetto a un non-diabetico. Non si conoscono bene i meccanismi attraverso cui si esercitano questi effetti, così diversi e devastanti. Ma l’aumento del glucosio nel sangue, accertabile con un test diagnostico, svolge un ruolo rilevante, se – come mostra la ricerca in questione – a una riduzione dei livelli di glucosio corrisponde una notevole attenuazione della mortalità.
Il diabete è una malattia sistemica che coinvolge molti organi, e in particolare i vasi sanguigni.
È, inoltre, una malattia cronica che dura decenni e per la quale le cure sono solo parzialmente efficaci, specie se la diagnosi è tardiva. Sono tutti motivi per concentrarsi sulla prevenzione primaria o, come si usa dire ora, sulle ‘cause delle cause’. Che l’aumento del diabete sia legato ai cambiamenti radicali verificatisi nel nostro stile di vita con l’industrializzazione è fuor di dubbio, ma il quadro è ancora sfocato. Un esempio paradigmatico è comunque quello di Nauru, una piccola isola-nazione del Pacifico. Nelle isole di questo oceano si registrano i tassi di obesità e di diabete più elevati al mondo, e Nauru non sfugge alla regola. Nell’isola, originariamente gli abitanti si dedicavano alla pesca e alle attività agricole, e avevano un’alimentazione tradizionale e un elevato livello di attività fisica. Poi, negli anni Settanta del secolo scorso fu scoperto un enorme deposito di guano, ricco di fosfati, che poteva essere sfruttato per produrre fertilizzanti e Nauru divenne un’isola ricchissima (con un reddito pro capite fra i più alti al mondo).
Gli abitanti cessarono di pescare e di coltivare e iniziarono a importare cibo e altre merci occidentali. Quando il deposito di guano si esaurì si ritrovarono poveri, forse più di prima, e con una delle più alte frequenze di obesità e diabete al mondo, tanto che il 15% del prodotto interno lordo viene ora assorbito dalle cure mediche. Di certo l’obesità e lo scarso esercizio fisico svolgono un ruolo essenziale nello sviluppo del diabete, ma conta anche la qualità del cibo, fattore, questo, su cui non è ancora stata fatta abbastanza ricerca. Una notevole incertezza, per esempio, circonda il ruolo dei dolcificanti a base di fruttosio, presenti ormai in molti cibi industriali e sui derivati dal mais. È possibile – ma non ancora provato – che l’ampio impiego di tali prodotti spieghi, almeno in parte, la diffusione del diabete. Si tratterebbe, in tal caso, della seconda grande ‘epidemia’ di una grave malattia degenerativa causata da un prodotto industriale, dopo quella da tabacco.
Aumento del diabete nel mondo
Secondo l’International Diabetes Federation, sono circa 285 milioni le persone affette da diabete in tutto il mondo. Un numero che sembra destinato a raddoppiare entro il 2025, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, a causa non solo della crescita di popolazione e dell’invecchiamento, ma anche di diete poco idonee, obesità e sedentarietà. In questa mappa sono visualizzate le stime di aumento percentuale previste per il 2025 nelle varie aree rispetto ai dati del 2006.
Nauru: un paradiso malato
Nauru è la più piccola repubblica indipendente del mondo. I suoi 10.000 abitanti vivono su un’amena isola cristallina larga 4 km e lunga 6 situata nell’Oceano Pacifico, 60 km sotto l’Equatore. È uno Stato nel quale non è mai stata proclamata una capitale anche se esiste un centro principale, Yaren, che ospita gli uffici governativi. Per anni l’isola ha goduto di alti redditi grazie allo sfruttamento di grandi depositi di fosfati; tuttavia, in seguito al loro esaurimento, il paese è rimasto privo di risorse ed è entrato in una crisi economica senza precedenti. Tutti i beni di consumo devono oggi essere importati e l’isola non produce praticamente nulla.
Grave è la situazione sanitaria: basti pensare che la percentuale di persone in sovrappeso è del 94,5%, la più alta al mondo, con un’aspettativa di vita per le donne di 62 anni e per gli uomini di 58, decisamente bassa se raffrontata agli standard occidentali. Secondo l’OMS il 30% della popolazione di Nauru soffre di diabete di tipo 2 con una correlata diffusione di malattie renali e cardiache.
Diabete mellito
Il diabete mellito è un’alterazione del metabolismo energetico che comprende condizioni morbose molto differenti tra loro, contraddistinte dalla presenza di un denominatore comune: l’iperglicemia (patologica concentrazione degli zuccheri nel sangue), causata da un deficit assoluto o relativo dell’insulina prodotta dall’organismo. Questa malattia cronica comprende almeno due varietà distinte: il diabete di tipo 1e quello di tipo 2.
Il diabete di tipo 1, o giovanile, più raro fra le due forme, è a carattere ereditario anche se con variabilità discontinua. Risulta causato da un processo cronico autoimmune che distrugge specificamente le cellule del pancreas deputate alla sintesi e alla secrezione dell’insulina, un ormone essenziale per il corretto utilizzo del glucosio presente nel sangue; non esiste una cura specifica anche se questo tipo di diabete viene gestito per mezzo di un trattamento insulinico.
Il diabete di tipo 2 è causato invece dalla ridotta efficacia dell’azione dell’insulina e dal deterioramento delle cellule che la producono. L’iperglicemia alla lunga causa complicanze legate a un restringimento delle arterie, associato a ipertensione e a presenza di grassi nel sangue, accrescendo il rischio cardiovascolare. Insorge di solito in età matura ed è connessa a fattori di rischio legati a uno stile di vita sedentario e a un’iperalimentazione. Sono questi fattori che, determinando un eccesso ponderale, provocano una riduzione dei recettori per l’insulina e della loro funzione a livello dei tessuti periferici su cui agisce l’insulina stessa (insulinoresistenza). Si cura con una dieta, associata a una calibrata attività fisica ed, eventualmente, assumendo farmaci ipoglicemizzanti.
La parola
Il termine ‘diabete’, derivato dal greco diabáino ‘passare attraverso’, è stato ripreso nella lingua latina (diabetes) con il significato di ‘sifone’. Si alludeva infatti alla manifestazione più evidente della patologia, quella che determina nel paziente una produzione di urina (in linguaggio medico la ‘poliuria’) che attraversa il corpo senza venirne trattenuta. L’altra peculiarità della patologia è che l’urina, carica di glucosio, è dolce come il miele (in latino mellitus); da qui trae origine l’aggettivo ‘mellito’, che connota la più diffusa forma di diabete.