La polemica di Gentile con Federigo Enriques
Quando Gentile recensisce nel 1908 sulla «Critica» (6, pp. 430-46) la principale opera filosofica di Federigo Enriques (1871-1946), i Problemi della scienza (1906), non si trova dinanzi soltanto un matematico di rilievo internazionale, docente dal 1894 di geometria descrittiva all’Università di Bologna. Nel primo decennio del Novecento Enriques è uno tra i maggiori promotori della diffusione della cultura scientifica e filosofica in Italia: nel 1906 fonda la Società filosofica italiana (SFI), che presiede fino al 1913, e collabora alla fondazione della Società italiana per il progresso della scienza; è tra i fondatori della «Rivista di scienza, organo internazionale di sintesi scientifica», nata nel 1907 e divenuta nel 1910, sotto la sua direzione, «Scientia, rivista internazionale di sintesi scientifica». Partecipa attivamente, anche in qualità di presidente della SFI, al III Congresso internazionale di filosofia di Heidelberg (31 agosto-5 settembre 1908), dove riceve il mandato per organizzare il IV Congresso a Bologna, in occasione del cinquantenario dell’Unità d’Italia (1911).
Il suo impegno culturale si indirizza anche nella proposta di una riforma della formazione universitaria (formulata già nelle relazioni tenute al I e al II Congresso della SFI nel 1906 e nel 1907 e poi in L’università italiana. Critica degli ordinamenti in vigore, 1908), retta dall’idea di un ordinamento didattico coerente con una unificazione del sapere su basi scientifiche, nella quale diventi centrale il ruolo della storia e della filosofia della scienza, discipline da inserire organicamente all’interno delle facoltà scientifiche. La proposta di riforma universitaria di Enriques diverrà documento programmatico della SFI e verrà trasmessa alla Commissione reale per la riforma della scuola secondaria.
L’iniziativa di Enriques si sviluppa quindi nel primo decennio del Novecento lungo tre assi tra loro collegati: promozione di un’associazione dei filosofi italiani e di una divulgazione della cultura filosofica e scientifica; elaborazione di una «filosofia scientifica», in rapporto con le tendenze più avanzate della filosofia della scienza europea; riforma dell’istruzione superiore. Se si eccettua il primo asse, non perseguito direttamente, gli altri due indirizzi sono parimenti al centro – negli stessi anni – dello sforzo culturale e filosofico di Croce e Gentile. Peraltro, proprio la realizzazione, già nel 1906, della prima iniziativa permetterà a Enriques di partecipare a quella rete associativa internazionale delle società filosofiche che gli consentirà di organizzare il Congresso del 1911 in Italia, facendo del matematico filosofo livornese il più temibile avversario di Croce e Gentile in quella lotta per l’egemonia filosofica e culturale italiana che costituirà l’obiettivo di fondo della polemica tra Enriques e i due filosofi neoidealisti.
Il primo significativo confronto tra Gentile ed Enriques è costituito dunque dalla recensione del 1908 ai Problemi della scienza. Si tratta di una lunga nota che prende le mosse dalla fondazione della «Rivista di scienza», «espressione del bisogno oggi sentito da molti scienziati di orientarsi nel dominio generale del sapere scientifico». Gentile si interroga sulla «filosofia scientifica» proposta da Enriques come espressione di tale bisogno e vede nel suo metodo una contraddizione «tra il lavoro speciale d’indagine e lo sforzo generale di sintesi», in quanto per il filosofo siciliano è una «vana speranza» ritenere che la tendenza analitica e quella sintetica possano coesistere in un’unica prospettiva filosofica, ancorché Enriques ne ritenga possibile il «giusto equilibrio» grazie alla «sostituzione […] del lavoro sociale agli sforzi individuali». La «Rivista di scienza» si presenta quindi per Gentile come una raccolta miscellanea e disorganica di studi disparati, piuttosto funzionale a «incoraggiare il dilettantismo scientifico, di cui non so quanto sia per giovarsi la scienza» (pp. 430-32). L’unità organica e storica del sapere deve porsi sul piano dell’universalità e Gentile intende dimostrare come la «filosofia scientifica» non colga l’«ingenua vita della scienza, che realizza da sé la sua concordia discors», in quanto il «libro dell’Enriques» è «oscillante tra la filosofia, non mai raggiunta, e la scienza particolare faticosamente filosofeggiata, con non so quale vantaggio dello spirito scientifico» (pp. 433-34). Nello specifico Gentile imputa a Enriques una visione della filosofia come critica del linguaggio metafisico, poco attenta alla sua ricchezza e tradizione e incapace di comprendere che il linguaggio è «un momento dello spirito» (p. 435): è il caso del concetto di Assoluto e della distinzione tra sostanza e apparenza, fenomeno e noumeno. Su questa seconda coppia Gentile sostiene che il presunto kantismo di Enriques si risolva in positivismo, perché non coglie il valore dell’attività creatrice dello spirito.
Dopo aver individuato la fragilità metafisica della «filosofia scientifica», Gentile si sofferma sulla visione enriquesiana di un progresso continuo e mai concluso della conoscenza, ritrovandovi un errore gnoseologico: «la correzione progressiva del sapere è la storia della conoscenza», ma la gnoseologia è «visione dell’eterno» e di conseguenza la «teoria formale del conoscere» non può avere una dimensione storica (p. 439). La metafisica si propone, hegelianamente, come coscienza assoluta della realtà assoluta, anche quando, nella storicità della filosofia, ha visto – con Talete – nell’acqua il principio universale. Essa non è, e non è mai stata, ricerca positiva. Con la sua adesione all’«empirismo volgare» Enriques non comprende neppure la pregnanza spirituale del concetto di esperienza, che è pensiero in atto e quindi spirito. Gentile trascura i capitoli relativi alla geometria e alla meccanica, soffermandosi soltanto sul 3° capitolo (“I problemi della logica”) e appuntando una nuova critica alla riduzione empirica della logica a psicologia. I principi logici riguardano la verità assoluta del pensiero e non possono quindi essere descritti da una psicologia empirica, come vorrebbe Enriques. In definitiva, il libro non trova soluzione alla contraddizione interna tra «lavoro speciale d’indagine» e «sforzo generale di sintesi» (p. 430), perché non si avvia nella direzione della filosofia, che è metafisica come coscienza dello spirito.
Questa recensione non indulge mai alla denigrazione, ma presenta una critica severa della «filosofia scientifica» e dell’intera operazione culturale di Enriques. Essa contiene il nocciolo teorico della polemica, che si svilupperà anche con risvolti personali nel 1911-12, ma sempre soltanto nel contrasto tra Enriques e Croce. La recensione costituisce un primo tassello di quello scontro, gestito in prima persona da Croce, che assumerà i toni giornalistici successivi al Congresso di Bologna con un carattere e una forma che
discendono dalla volontà di non dare alcuno spazio ad un antagonista legato ad un mondo di cultura irriducibilmente avverso, teso a riaprire – anche sul piano istituzionale e organizzativo – questioni e problemi che Croce voleva risolutamente chiudere, in ogni modo, impedendo che ridiventassero oggetti di dibattito, di una discussione “generale” (Ciliberto, in Federigo Enriques. Approssimazione e verità, 1982, p. 133).
Enriques replicherà alla critica di Gentile, senza citarla, nella “Prefazione alla seconda edizione” dei Problemi della scienza (1909), rivendicando l’originalità della sua ricerca nella tematica gnoseologica. Quanto scritto nel 1909 non verrà smentito in una nuova prefazione inserita nella ristampa pubblicata nel 1926, quando Enriques siede nel Consiglio direttivo dell’Enciclopedia Italiana diretta da Gentile: il suo libro, ribadiva Enriques, forniva «una soluzione nuova dei problemi della critica kantiana», soprattutto nei capitoli più epistemologici, dalla «maggior parte dei critici più superficiali, tra i filosofi che hanno esaminato l’opera mia» (il riferimento a Gentile è chiaro), «a torto considerati esclusivamente per il loro contenuto scientifico» (“Prefazione alla ristampa della seconda edizione”, 1926, p. IX).
La polemica diverrà pubblica con la preparazione e la realizzazione a Bologna del IV Congresso internazionale di filosofia (6-11 aprile 1911), che assume in Italia un valore particolare, culturale e politico, perché coincide con la prima celebrazione dell’Unità d’Italia. Enriques si impegna, già nel marzo 1910, per favorire la più ampia partecipazione, inviando una Circolare d’invito «a tutti coloro che s’interessano ai problemi filosofici di parteciparvi in modo che le più diverse correnti d’idee possano incontrarvi e dar luogo a una discussione libera e feconda» (Atti del IV Congresso internazionale di filosofia, 1° vol., 1913, p. 335). Il tema del confronto tra scienza e filosofia assume un ruolo centrale, soprattutto nelle sedute plenarie. In questo contesto i rapporti tra Enriques e la coppia degli idealisti italiani divengono via via più difficili, fino a esplodere in una pubblica polemica giornalistica. Polemica che contrappone Croce a Enriques, in quanto il primo incarna il neoidealismo italiano elaborandone la strategia culturale complessiva, mentre Gentile appare in questi anni in secondo piano. Croce, che ha partecipato al precedente Congresso di Heidelberg ed è entrato nella Commissione permanente dei Congressi internazionali di filosofia, non accetta il reiterato invito del presidente Enriques a presentare una relazione per il Congresso del 1911.
Dall’epistolario tra Croce e Gentile emergono i retroscena del dissidio, che diventerà polemica aperta. Gentile, inserito da Enriques nel «comitato ordinatore» italiano, il 1° febbraio 1910 comunica a Croce la sua intenzione di dimettersi se il presidente non coinvolgerà attivamente il comitato nell’organizzazione del Congresso. Gentile non accetta che Enriques faccia il «caposcuola» degli studi filosofici in Italia e ribadisce a Croce un secco «io non ci sto»: «se nei giornali deve continuarsi a parlare e sparlare del Congresso come opera personale del prof. Enriquez [sic]» o se questi «si deve presentare al Congresso come il rappresentante più competente degli studi italiani di Logica e Filosofia generale, e parlare poi all’inaugurazione come il Presidente della Società filosofica italiana». La contrapposizione di Gentile verso Enriques è attenuata da «molta stima e simpatia» per «il merito di aver suscitato un certo interesse filosofico nei matematici italiani» (Lettere a Benedetto Croce, 4° vol., Dal 1910 al 1914, a cura di S. Giannantoni, 2004, p. 10).
Croce risponde il 3 febbraio rassicurandolo sugli accordi avuti con Enriques sull’organizzazione del Congresso, tra i quali spicca la messa tra parentesi del ruolo della SFI: il discorso inaugurale di Enriques sarà tenuto in qualità di presidente del comitato organizzatore e non della SFI; la SFI non apparirà nella preparazione del Congresso; Gentile sarà inserito nella commissione per la sezione di storia della filosofia e Croce in quella di estetica, in modo che entrambi possano partecipare a pieno titolo al comitato organizzatore italiano. Croce riconosce, a questa data, un unico, vistoso limite nel Congresso: la presenza, anche nelle sedute plenarie generali, di molti scienziati tra i relatori, tra i quali «non pochi che non hanno nulla che fare con la filosofia» (corsivo nel testo). Su questo punto Croce chiede a Enriques di introdurre due filosofi tedeschi – Wilhelm Windelband e Rudolf Christoph Eucken, o in subordine Georg Simmel e Heinrich Rickert – e di non sostituire gli scienziati che non accetteranno l’invito. La prima richiesta non verrà esaudita poiché nessuno dei filosofi interpellati accetterà di venire a Bologna (Lettere a Giovanni Gentile. 1896-1924, a cura di A. Croce, 1981, pp. 368-70). Croce parteciperà al Congresso senza presentare alcuna relazione. Gentile invece non potrà andare per una malattia della sorella.
Ma prima del Congresso, sempre nel 1910 e dietro invito pressante dello stesso Croce («avrai visto la pappolata dell’Enriques sulla Metafisica di Hegel, pubblicata al posto d’onore sulla “Revue de métaphysique”. È anche ricca d’insolenze contro gli hegeliani. Se vuoi dedicarle una recensione o una piccola varietà (ma breve: 3 o 4 pagine al più) fa pure e mandamela presto», p. 368), ribadito nella lettera successiva del 3 febbraio, anche se con la preghiera «di non accentuare troppo la polemica contro la sua persona e contro la sua Società» (p. 370), esce sulla «Critica» (1910, 8, pp. 142-45) un secondo più breve scritto di Gentile – Scherzi innocenti intorno alla metafisica hegeliana – che discute l’articolo di Enriques, La métaphysique de Hegel considérée d’un point de vue scientifique («Revue de métaphysique et de morale», 1910, 18, pp. 1-24; in italiano, «Rivista di filosofia», 1910, 2, pp. 56-75), ripreso dalla sua relazione al III Congresso della SFI (1909).
Rispetto alla recensione del 1908, il secondo intervento di Gentile sul pensiero di Enriques si presenta molto più polemico. Gentile protesta contro i «bei fiori d’insolenze all’indirizzo di Hegel e dei metafisicizzanti alla maniera di Hegel» (p. 142). Enriques avrebbe dimostrato qui la sua ignoranza filosofica, dovuta all’adozione di un punto di vista scientifico, fondato kantianamente sulla conoscenza intellettuale e inadeguato per comprendere la ragione dialettica hegeliana, che Gentile identifica con la filosofia. Ed è proprio l’idea di filosofia che costituisce l’elemento di frattura: Enriques la rappresenta tramite le metafisiche naturalistiche, Gentile la intende hegelianamente come filosofia dello spirito. La critica a Georg Wilhelm Friedrich Hegel verrà giudicata irrispettosa da Gentile, per aver definito il filosofo di Stoccarda «un pauvre intellect» (La métaphysique de Hegel, cit., p. 3) se pure unito a «una straordinaria immaginazione, genio poetico, coerenza di ispirazione sentimentale» (Scherzi innocenti, cit., p. 142). Non sarà sufficiente la replica di Enriques, rivolta a Croce, nella quale segnalerà che «la frase in cui ho qualificato Hegel come una grande fantasia e un pauvre intellect, porta la specificazione essenziale della parola “intelletto” secondo il linguaggio hegeliano» (Mettiamo le cose a posto, «Rivista di filosofia», 1911, 3, p. 583). Ma la critica di Gentile non rimane nell’ambito tecnico; essa tocca – in una fase cruciale per l’organizzazione del Congresso del 1911 – la questione dell’egemonia nella comunità filosofica:
Diciamolo francamente: il prof. Enriques dà in mille modi prova del più lodevole zelo pratico per l’incremento degli studii filosofici in Italia, ed è giunto perfino a creare il nome, se non ancora la realtà, di una Società filosofica italiana. Ma non dovrebbe pur fare qualche cosa anche a vantaggio di sé stesso, procurando di educarsi mentalmente e formarsi un concetto chiaro dello stato presente della filosofia, studiandone coscienziosamente la storia? (Scherzi innocenti, cit., p. 145).
Peraltro, la stessa delega di Croce all’intervento di Gentile mostra che il conflitto «investe il terreno dell’“egemonia”, i suoi caratteri costitutivi, a quella data della storia degli intellettuali nazionali» (Ciliberto, in Federigo Enriques. Approssimazione e verità, 1982, p. 135).
Lo svolgimento del Congresso di Bologna mostrerà anche all’opinione pubblica la divergenza tra Croce (e Gentile) da un lato ed Enriques dall’altro, anche a motivo della grande copertura giornalistica fornita all’evento. Gentile si terrà molto defilato: oltre a non partecipare, sarà prudente nel rendere esplicito il contrasto con Enriques, come traspare da una lettera a Giuseppe Prezzolini del 18 marzo 1911 (G. Gentile, G. Prezzolini, Carteggio 1908-1940, a cura di A. Tarquini, 2006, p. 60), nella quale invita l’amico a far slittare a dopo il Congresso l’uscita di un numero unico della «Voce» dedicato alla filosofia italiana (che uscirà infatti il 19 dicembre 1912) e al quale contribuisce lo stesso Gentile con un articolo molto critico sullo stato degli insegnamenti universitari di filosofia.
Croce invece andrà a Bologna, ma si terrà ai margini del Congresso. Subito dopo però rilascia la nota intervista a Guido De Ruggiero («Il Giornale d’Italia», 16 aprile 1911, poi riedita in Pagine sparse, 1° vol., Letteratura e cultura, 2a ed. interamente riveduta dall’autore, 1960, pp. 342-49), che darà avvio a un lungo confronto sulle pagine di quel giornale. In questo contesto Gentile non compare mai pubblicamente, anche se rimane in contatto epistolare con Croce, consentendo con la sua posizione (A. Croce, Mio padre al congresso filosofico di Bologna, in Carducci e Croce, a cura di G. Spadolini, 1966, pp. 143-46). La polemica tra Enriques e Croce ruota tutta sulla legittimità o meno di una replica di Croce nel merito delle critiche rivoltegli da Enriques nel saggio Esiste un sistema filosofico di Benedetto Croce? («Rassegna contemporanea», 1911, 4, pp. 405-21) e coinvolge anche Gentile: il matematico filosofo giudica scorretto che il confronto avvenga tra lui e Gentile e non con Croce, vero portavoce del neoidealismo italiano. La possibilità di un confronto viene rifiutata da Croce: questi sostiene che Enriques non è esperto di questioni filosofiche, le quali «non si trattano ad orecchio, ma richiedono una lunga preparazione, che Ella, matematico, non possiede» (lettera del 26 aprile 1911, pubblicata su «Il Giornale d’Italia» del 28 aprile 1911, poi riedita in B. Croce, Pagine sparse, 1° vol., cit., p. 189). La polemica proseguirà sulle pagine della «Critica», con lo scritto Ancora del prof. Enriques (1912, 10, pp. 79-80, poi in Pagine di letteratura e di cultura, in Id., Pagine sparse, raccolte da G. Castellano, 1919, pp. 192-93), in cui Croce lo accusa di aver organizzato un congresso di filosofia da dilettante («che egli di filosofia non sappia nulla di nulla non è un segreto»), di promuovere una filosofia per un pubblico di massa, poco adatto a padroneggiare la specificità complessa e spirituale della disciplina, di «trascinarsi dietro una turba d’ignoranti, e ottenere, diciamo così, “successi elettorali”, che nella filosofia, nell’arte, nella scienza contano un bel nulla». Tuttavia Gentile non compare più nella vicenda, e si può concludere che il suo ruolo polemico sia stato limitato alla contestazione tecnica dei due articoli apparsi sulla «Critica» nel 1908 e nel 1910. Rimangono le attestazioni private nell’epistolario con Croce, nel quale Gentile accusa Enriques di arrogarsi il ruolo di sedicente caposcuola della filosofia italiana, come nella già citata lettera del 1° febbraio 1910.
Le vicende belliche e l’avvento del fascismo segnano uno spartiacque anche nella storia culturale italiana, tale che la vivace polemica del 1911-12 perde di significato. Nel primo dopoguerra non è soltanto venuta meno in Italia l’idea di una filosofia scientifica, ma sono cambiate le condizioni per la riforma della scuola e dell’università, poste al centro dall’attività di Enriques con la presidenza della SFI e con la partecipazione alla Commissione reale per la riforma della scuola. Enriques, nel suo ruolo di presidente della Mathesis, Società italiana di scienze matematiche e fisiche, fondata nel 1895 e da lui presieduta dal 1919 al 1932, oltre che di direttore, dal 1921, dell’organo della Società, il «Periodico di matematiche», continua ad auspicare, nella relazione su Il valore delle matematiche nella filosofia italica tenuta al Congresso triestino del 1919, una riforma della scuola nella quale sia assegnato più peso alla formazione scientifica e si schiera contro l’abbinamento di fisica e matematica nei licei (Guerraggio, Nastasi, in Gentile e i matematici italiani. Lettere 1907-1943, 1993, p. 73).
Ma la battaglia per stabilire l’orientamento di fondo della politica scolastica in Italia, nel quadro di un progetto più ampio di rifondazione della formazione scolastica e universitaria e di unificazione della cultura italiana sulle basi della filosofia idealistica, è vinta, se pure parzialmente, da Gentile, che metterà a frutto la sua carica di ministro della Pubblica Istruzione per far approvare il 6 maggio 1923 la riforma della scuola in tutti i suoi ordini e gradi, mentre le proposte di riforma universitaria elaborate da Enriques e dalla SFI prima della guerra rimarranno sulla carta.
L’epistolario mostra un vuoto tra il 12 giugno 1910 e il 23 dicembre 1922. La lettera del 23 dicembre è indirizzata al ministro Gentile per caldeggiare l’attivazione del corso di matematiche elementari, al quale Enriques aspira, e viene accompagnata dall’invio di una copia dell’edizione tedesca (1907) delle sue Questioni riguardanti la geometria elementare (1900) dedicate al problema dell’insegnamento della matematica.
Un motivo di contatto è legato ad Albert Einstein, che su invito di Enriques era giunto nel 1921 a Bologna per tre conferenze sulla teoria della relatività, tenutesi il 22, 24 e 26 ottobre nell’aula dello Stabat Mater dell’Archiginnasio. L’interesse mostrato da Gentile per Einstein si concretizza nell’invito (non accolto) a insegnare in Italia, di cui Enriques si fa intermediario in una lettera a Gentile del 13 aprile 1923 (Gentile e i matematici italiani, 1993, p. 151; A. Einstein, Autobiografia e colloqui, a cura di A. Brissoni, 1994, p. 110). Nella stessa lettera Enriques torna a farsi portavoce degli insegnanti di matematica dei licei, che osteggiano l’ipotesi dell’abbinamento della matematica con la fisica. La diffusa protesta della comunità matematica sarà sostenuta da Enriques, senza successo, in quanto Gentile anteporrà alle pur condivisibili obiezioni questioni di bilancio.
Altro motivo di contatto è quello legato alla costituzione (r.d. 30 sett. 1923, nr. 2102, Disposizioni sull’ordinamento dell’istruzione superiore) e al finanziamento della Scuola di storia delle scienze, che non avrà vita facile anche per il ridotto sostegno accademico e ministeriale. Le due lettere del 20 e del 22 dicembre 1924 rivelano una certa amicizia che si sta consolidando tra i due, anche in funzione degli studi fisici e matematici del figlio primogenito di Gentile, Giovannino, al quale Enriques dona una copia del suo manuale di geometria descrittiva (Gentile e i matematici italiani, 1993, p. 153).
Nel 1926 si registra la nomina di Gentile a socio d’onore dell’Istituto nazionale per la storia delle scienze fisiche e matematiche e il dispiacere di Enriques per la mancata partecipazione dello stesso al Congresso internazionale di filosofia di Cambridge.
È intanto avviata, dal 1925, la collaborazione di Enriques con l’Enciclopedia Italiana, con la direzione della sezione di matematica, assunta il 18 febbraio e tenuta fino al 1938. Già nel marzo 1925 egli chiama a raccolta i «più illustri rappresentanti della scienza del nostro paese» per partecipare «a quest’opera di interesse nazionale» (Cavaterra 2014, p. 159). Dal 1926 partecipa al Consiglio direttivo, dal quale verrà escluso nel 1933, quando nascerà l’Istituto della Enciclopedia Italiana, in sostituzione dell’Istituto Treccani, «forse a motivo dell’intensificarsi dei suoi attriti con Severi» (Guerraggio, Nastasi, in Gentile e i matematici italiani, 1993, p. 96). La sua presenza si unisce, spesso favorendola, a quella di 62 matematici e storici della matematica italiani e produce la redazione di 38 voci. Proprio intorno all’Enciclopedia, Enriques propone a Gentile la stesura di un articolo sul valore dell’opera, da pubblicarsi su quella rivista, «Scientia», che era stata oggetto di critica nel 1908 per l’idea stessa di una sintesi scientifica come risultato della sommatoria delle diverse discipline e non di una metafisica unitaria (lettera del 20 aprile 1930; Gentile e i matematici italiani, 1993, pp. 163-64). Gentile non accoglie l’invito di Enriques, ma la collaborazione nell’Enciclopedia sfocia in rapporti sempre più amichevoli, arricchiti anche da incontri nelle rispettive residenze di villeggiatura e dal progetto di un comune viaggio negli Stati Uniti nell’estate 1926.
Nella lettera di Enriques del 25 marzo 1935 traspare ancora un elemento della lontana contrapposizione filosofica: l’invito, non raccolto da Gentile, alla Settimana della Scuola di storia delle scienze (Roma, 15-22 settembre 1935) si conclude con l’ammissione di una distanza filosofica: «il Suo intervento alle nostre discussioni sarà tanto più gradito ed interessante, quanto maggiore possa essere la distanza delle nostre idee» (p. 165).
Le ultime due lettere di Enriques pervenuteci toccano i temi tragici delle leggi razziali e della morte: in una breve missiva dell’8 dicembre 1940 Enriques, che nel 1938 era stato costretto ad abbandonare l’insegnamento, mostra tutta la sua gratitudine perché il ministro Giuseppe Bottai ha accettato (se pure tardivamente) la sua richiesta – presentata nel febbraio 1940 – per la «discriminazione per eccezionali benemerenze», alla quale era stata anche acclusa l’iscrizione al Partito nazionale fascista dal 1933. La letizia di Enriques sarà di breve durata, perché sarà costretto, nel 1943-44, a nascondersi per evitare la deportazione, a Roma in casa dell’allievo Attilio Frajese e poi nella basilica di San Giovanni in Laterano, ma ciò non cancella l’impegno amicale di Gentile in suo favore. L’ultima lettera esprime una triste condoglianza per la morte del figlio di Gentile, Giovannino, che Enriques aveva seguito nella sua precoce carriera scientifica, anche ospitando su «Scientia» un suo articolo su Il mesotrone (1939, 66, 10-11, pp. 165-74).
Si è discusso sul rapporto stabilito da Enriques con Gentile all’Enciclopedia. Si è sostenuto che per Enriques, e in generale per gli scienziati, il campo dell’intervento era limitato alle competenze specialistiche, mentre gli aspetti storici e/o filosofici delle voci scientifiche venivano appaltati da Gentile ai suoi allievi idealisti. Vi sono evidenze in tal senso, come nel caso dell’attribuzione a Vito Fazio-Allmayer della sezione “Galilei filosofo”, o della suddivisione tra la voce Logica matematica, affidata a Beppo Levi, e la voce Logica di Guido Calogero, alla quale Enriques aggiunse il paragrafo “Il significato della logica”. Ancora più problematica fu la definizione della voce Scienza, che per Enriques avrebbe dovuto comprendere, come scrisse in una lettera a Gentile del 5 aprile 1935,
una veduta sintetica dell’evoluzione del pensiero scientifico […] un resoconto delle diverse classificazioni delle scienze, esposizione delle principali questioni […] intorno alla teoria della conoscenza scientifica. Quest’ultimo punto tocca evidentemente la filosofia, e niente impedisce – se le apparirà manchevole – che sia integrato da un successivo articolo filosofico, nel senso che la parola ha per Lei, diverso dal mio (Istituto della Enciclopedia Italiana, Archivio storico, Enciclopedia Italiana, Serie Lettere, fasc. F. Enriques; cit. in Turi 2002, p. 128).
Gentile non concorderà e sottrarrà la voce al settore scientifico per inserirla in quello filosofico, affidandola a Ugo Spirito per la parte generale e a Rodolfo Mondolfo per il paragrafo “Classificazione delle scienze e storia della scienza”, mentre a Enriques rimarrà la competenza sulla voce Naturali, scienze.
Tuttavia, non si possono intendere tali contrasti come il segno di un costante «confronto anche aspro con la redazione della sezione filosofica tutte le volte che le voci scientifiche si avvicinano a quest’ambito» (A. Guerraggio, P. Nastasi, Matematica in camicia nera, 2005, p. 90), ma piuttosto come quello della concordia discors richiamata da Gentile nella “Prefazione”, non firmata, al 1° volume dell’Enciclopedia, con un’espressione già usata da lui stesso nel 1908 proprio in polemica con Enriques (Cavaterra 2014, p. 51). La presenza di Enriques si unisce a quella, certo notevole, di nove direttori di sezione ebrei. Pur non mancando incidenti e incomprensioni tra i vari direttori, come nel caso di quelli tra Enriques e Ferdinando Lori, direttore della sezione di ingegneria, a proposito dell’assegnazione delle voci di meccanica pura, o Michele La Rosa, Enrico Fermi (fisica) ed Emilio Bianchi (astronomia) per divergenze sui lemmi e sulla loro articolazione, essi vengono tutti appianati e la direzione di Enriques appare abbastanza autonoma e non priva di uno spessore storico e culturale, come si evince dalle voci di storia della scienza affidate a Giorgio Diaz de Santillana.
Si può rintracciare, all’interno dei 35 volumi dell’Enciclopedia pubblicati tra il 1929 e il 1937, un personale programma di Enriques, anche se non sempre omogeneo. Assistito dal segretario della sezione Luigi Fantappiè e successivamente da Fermi e dal 1929 da Ugo Amaldi, il matematico filosofo si apre, per es., a una considerazione positiva dell’assoluto hegeliano: nella voce L’infinito nella storia del pensiero
riconoscerà all’assoluto hegeliano il suo porsi come infinito non attuale, ma potenziale, decantando la contrapposizione inizialmente assai forte posta fra il filosofo tedesco e la matematica moderna (Pompeo Faracovi, in Federigo Enriques. Approssimazione e verità, 1982, p. 185).
D’altra parte, Gentile nel corso degli anni Trenta assume dinanzi alla scienza una diversa posizione rispetto a quella sostenuta nei primi anni del Novecento: da un lato, grazie all’iniziativa filosofica dell’allievo Spirito e della cosiddetta sinistra gentiliana, dall’altro, per la presenza stimolante dei figli Gaetano (medico) e Giovannino (professore ordinario di fisica teorica a Milano).
Tuttavia non andrebbe enfatizzato un mutamento teoretico di Gentile, ben attrezzato nell’interlocuzione diretta o indiretta sul tema del rapporto scienza-filosofia con uomini di scienza, come Eugenio Colorni o Sebastiano Timpanaro Sr, e con lo stesso Spirito, che a partire dalla pubblicazione di Scienza e filosofia (1933) svilupperà un confronto dialettico con Gentile e con Enriques. In un bilancio sul tema del 1971, Scienza e filosofia in Gentile e in Enriques, Spirito sostiene che la polemica tra Enriques e i neoidealisti italiani fu «semplicemente una discussione in termini confusi, da una parte e dall’altra; per inesperienza filosofica, da una parte, per inesperienza scientifica dall’altra», esaurendosi nel 1912 (Spirito 1976, p. 155).
Se si vuole sintetizzare in un bilancio conclusivo il significato della polemica e del rapporto tra i due pensatori, vanno ribadite le differenze tra lo scontro precedente la Prima guerra mondiale, che si esaurisce nel 1912, e i nuovi rapporti che si instaurano dopo la guerra e con l’avvento del fascismo, quando Gentile sarà protagonista della politica culturale del regime. Lucio Lombardo-Radice (1958, pp. 42-46) ha rilevato come né l’idealismo né la filosofia scientifica saranno capaci di conquistare l’egemonia culturale in Italia. Il primo, per la scarsa attenzione alla critica filosofica della scienza, si isolerà dalla filosofia della scienza contemporanea. La filosofia scientifica non saprà porsi come cultura di riferimento della comunità scientifica italiana e non entrerà nel merito dell’interpretazione complessiva della storia e della cultura italiana postrisorgimentale.
Il contrasto tra le ‘due culture’ esprime sul piano culturale le condizioni sociali di un Paese ancora in larga parte arretrato, che con la rivendicazione idealistica dell’autonomia della cultura celava la difficoltà a orientare lo sviluppo in direzione scientifica e tecnologica. Il contrasto tra Enriques e Gentile riguarda sì l’idea della filosofia, e del suo rapporto con la scienza, ma si traduce in un conflitto culturale che tocca il cuore del progetto politico postbellico: la definizione delle linee basilari dell’istruzione secondaria e superiore per l’Italia uscita dal conflitto mondiale.
L. Lombardo-Radice, Federigo Enriques e la filosofia naturale agli inizi del secolo ventesimo, prefazione a F. Enriques, Natura, ragione e storia. Antologia degli scritti filosofici, a cura di L. Lombardo-Radice, Torino 1958, pp. 3-67.
U. Spirito, Scienza e filosofia in Gentile e in Enriques (1971), in Id., Dall’attualismo al problematicismo, Firenze 1976, pp. 153-60.
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Gentile e i matematici italiani. Lettere 1907-1943, a cura di A. Guerraggio, P. Nastasi, Torino 1993 (in partic. A. Guerraggio, P. Nastasi, Matematica, cultura e potere nell’Italia postunitaria, pp. 11-104).
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