La procedura di mediazione riformata
Con il d.l. 21.6.2013, n. 69 la disciplina della mediazione introdotta dal d.lgs. 4.3.2010, n. 28 viene modificata in modo rilevante. La mediazione torna ad essere condizione di procedibilità per quasi tutte le materie originariamente indicate, ma, nel complesso, si articola secondo una disciplina più leggera, quanto ad incidenza su processo e costi. Le modifiche trovano applicazione solo dal 21.9.2013 ed è dunque soprattutto nel 2014 che si susseguono gli interventi della giurisprudenza e i commenti della dottrina volti a sciogliere i nodi interpretativi e le questioni controverse.
Particolare attenzione viene posta sulla mediazione demandata dal giudice, divenuta oggetto di un ordine e non più di un semplice invito.
Dopo la sentenza della C. cost., 6.12.2012, n. 272, che aveva dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 5, co. 1, del d.lgs. n. 28/2010, in tema di tentativo obbligatorio di mediazione, la disciplina dell’istituto muta nuovamente con il d.l. n. 69/20131. La novella incide profondamente sulla mediazione, ripristinandola come condizione di procedibilità per quasi tutte le materie già contemplate dal testo originario e introducendo novità di rilievo.
L’intervento normativo riaccende la discussione sui temi della mediazione, attenuatasi dopo la decisione della Consulta. A partire dalla fine del 2013 inizia l’opera di assestamento della giurisprudenza teorica e pratica sui punti più rilevanti introdotti dal d.l. n. 69/20132. Particolare interesse riveste il rapporto tra mediazione e processo, divenuto più stretto con la previsione del potere del giudice di ordinare lo svolgimento della mediazione: di questo snodo fondamentale si occupano numerose pronunce dei giudici di merito nonché le iniziative volte a promuovere la mediazione demandata dal giudice3. In generale, sembra farsi strada una cultura della mediazione che contamina anche il processo, come emerge dalle iniziative sperimentali adottate da alcuni Tribunali. Il riferimento è al cd. rito partecipativo, adottato dal Tribunale di Milano, nella sezione IX, che si occupa del settore familiare e prevede la delega ad un giudice onorario (specializzato in mediazione) per il tentativo di conciliazione rispetto a determinate controversie. Anche il Tribunale di Cremona ha adottato il rito partecipativo, con qualche variante rispetto al modello milanese4. Sul piano della normativa secondaria, è da segnalare la circolare del Ministero del 27.11.2013 che offre primi chiarimenti sulla nuova disciplina5. Nel corso della redazione del presente scritto è stato emanato l’atteso decreto ministeriale (d.m. 4.8.2014, n. 139, in G.U. 23.9.2014, n. 221), necessario per l’adeguamento della normativa secondaria (d.m. 18.10.2010, n. 180) alla luce delle modifiche apportate con la riforma del 2013 alla normativa primaria6. Al momento gli organismi iscritti nel Registro presso il Ministero sono ben 1022, anche se non tutti “attivi”.
Prima di esaminare i profili problematici posti dalla nuova disciplina della mediazione, appare necessario ricordare le questioni più rilevanti legate alle novità introdotte con il d.l. n. 69/2013 .Nel complesso la novella mira a ridare slancio alla mediazione valorizzando il ruolo del giudice, del mediatore, nonché dell’avvocato, sia come consulente della parte che come mediatore.
L’intervento più rilevante è la nuova introduzione del tentativo di mediazione come condizione di procedibilità per tutte le controversie già indicate nell’art. 5, co. 1, (eliminato dalla Corte costituzionale), ad eccezione delle ipotesi di «risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti»; inoltre, dopo l’ipotesi della «responsabilità medica» si aggiunge, a chiarimento di problemi interpretativi sorti in precedenza, anche quella “sanitaria”7. La mediazione obbligatoria ex lege ha però un termine di applicazione delimitato: la previsione ha infatti efficacia per i quattro anni successivi alla data di entrata in vigore (e dunque sino al 21.9.2017). Inoltre, già «al termine di due anni dalla medesima data di entrata in vigore è attivato su iniziativa del Ministero della giustizia il monitoraggio sugli esiti di tale sperimentazione».
L’intento di rendere l’incidenza della mediazione sul processo meno gravosa si manifesta anche nell’introduzione di un criterio di “competenza” territoriale per la presentazione della domanda di mediazione (art. 4, co. 1) e nella riduzione della durata massima dell’intera procedura a 3 mesi (art. 6).
Le innovazioni più rilevanti riguardano tuttavia il ruolo del giudice e dell’avvocato.
Il giudice può ora disporre che le parti svolgano la mediazione senza che occorra, come in precedenza, il consenso delle medesime (art. 5, co. 2).
L’avvocatura d’altronde vede riconosciuto un suo ruolo peculiare nell’ambito della gestione dei conflitti. Innanzitutto, l’art. 16, co. 4-bis, prevede che gli avvocati siano, di diritto, mediatori, riconoscimento collegato alla previsione di obblighi formativi: «Gli avvocati iscritti all’albo sono di diritto mediatori.
Gli avvocati iscritti ad organismi di mediazione devono essere adeguatamente formati in materia di mediazione e mantenere la propria preparazione con percorsi di aggiornamento teorico-pratici a ciò finalizzati, nel rispetto di quanto previsto dall’articolo 55-bis del codice deontologico forense».
In base ad un’altra innovazione fondamentale aggiunta in sede di conversione del d.l. n. 69/2013, si prevede poi l’assistenza obbligatoria del difensore per chi debba esperire il procedimento di mediazione (art. 5, co. 1-bis e art. 8). L’art. 12, co. 1, infine, riconosce alcune funzioni certificative agli avvocati ai fini della formazione del titolo esecutivo: «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato, l’accordo che sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati costituisce titolo esecutivo per l’espropriazione forzata, l’esecuzione per consegna e rilascio, l’esecuzione degli obblighi di fare e non fare, nonché per l’iscrizione di ipoteca giudiziale.
Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell’accordo alle norme imperative e all’ordine pubblico». Resta ferma l’omologazione dell’accordo con decreto del Presidente del tribunale «in tutti gli altri casi». Il ruolo importante dell’avvocato ha posto in primo piano l’esigenza di una seria formazione. Al riguardo il Consiglio Nazionale Forense, in una circolare del 7.3.2014 inviata agli Ordini, ha suggerito un percorso formativo e di aggiornamento per gli avvocati-mediatori, in adempimento del dovere deontologico specifico di assicurare “adeguata competenza”, previsto anche nella nuova versione del codice deontologico pubblicato in Gazzetta Ufficiale8.
Anche il ruolo del mediatore è destinato ad essere potenziato in seguito alle rilevanti modifiche portate all’art. 8 relativo alla procedura di mediazione.
Si prevede infatti che il mediatore nel primo incontro verifichi se vi sono le possibilità di avviare la mediazione; in particolare, il mediatore deve chiarire la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, invitando le stesse e i loro difensori ad esprimersi sulle possibilità di iniziare la procedura di mediazione. Su questa norma, come vedremo, si sono concentrati alcuni degli interventi più significativi della giurisprudenza.
Tra le novità più rilevanti va segnalata anche la reintroduzione del testo dell’art. 13 nella versione originaria del d.lgs. n. 28/2013, che prevede le conseguenze negative, all’esito del giudizio, quando la parte vincitrice abbia rifiutato la proposta del mediatore, distinguendosi il caso del provvedimento che definisce il giudizio corrispondente interamente al contenuto della proposta, dal caso in cui il provvedimento che definisce il giudizio non corrisponde interamente al contenuto della proposta. Infine, si è inteso superare i problemi posti in tema di trascrizione quando la mediazione ha ad oggetto diritti reali con una innovazione molto importante, che riguarda il codice civile e in particolare l’art. 2643 (“Atti soggetti a trascrizione”), articolo che viene modificato con l’aggiunta di un co. 12 bis, inserendo, tra gli atti da render pubblici con il mezzo della trascrizione anche «gli accordi di mediazione che accertano l’usucapione con la sottoscrizione del processo verbale autenticata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato».
Le novità segnalate, se hanno chiarito alcuni problemi posti in precedenza (come quello sulla trascrivibilità del verbale di mediazione), hanno aperto altre questioni: alcune di queste sembrano di agevole soluzione,mentre altre, al di là dello specifico profilo interessato, chiamano in causa la concezione di fondo del ruolo della mediazione nel nostro ordinamento e quindi, inevitabilmente, il ruolo del giudice, dell’avvocato e del mediatore.
3.1 Rapporti tra competenza dell’ufficio giudiziario e mediazione
L’art. 4, co. 1, nel testo modificato, sembra introdurre un criterio di “competenza” territoriale, prevedendo che la domanda di mediazione sia presentata «presso un organismo nel luogo del giudice territorialmente competente per la controversia. In caso di più domande relative alla stessa controversia, la mediazione si svolge davanti all’organismo territorialmente competente presso il quale è stata presentata la prima domanda». Va precisato che l’individuazione dell’organismo di mediazione competente a ricevere l’istanza va fatta tenuto conto del luogo ove lo stesso ha la sede principale o le sedi secondarie; condizione necessaria è che tali sedi siano state regolarmente comunicate all’amministrazione ed oggetto di provvedimento di iscrizione (così precisa la circ. ministeriale del 27.11.2013).
Al riguardo si è posta la questione del rapporto tra la competenza dell’ufficio giudiziario e il procedimento di mediazione. Secondo una prima opinione la domanda di mediazione presentata unilateralmente dinanzi all’organismo che non ha competenza territoriale non avrebbe effetti, al di fuori di un accordo, espresso o tacito, tra le parti9.
La dottrina ha tuttavia posto in luce come il parametro indicato dall’art. 4 cit. non costituisca un criterio di competenza in senso tecnico ma una mera indicazione: anche quando la controparte non si sia presentata in mediazione, così accettando tacitamente la scelta dell’organismo, il mancato rispetto dell’indicazione del co. 1 dell’art. 4 non priverebbe affatto, come asserito dal Tribunale di Milano, la domanda di mediazione dei suoi «effetti»10. In questa scia si colloca un’altra opinione11 che analizza la questione con alcune distinzioni. Se viene raggiunto l’accordo tra le parti, poiché l’atto deve essere valutato alla stregua di un accordo negoziale, non avrebbe alcuna rilevanza il fatto che la procedura si sia svolta dinanzi ad un Organismo non “competente” ex art. 4 cit., anche nei casi di mediazione “obbligatoria”.
Se poi l’accordo non venisse sottoscritto dai legali delle parti o per assenza di questi (anche di uno solo), oppure perché i difensori hanno dichiarato di non voler sottoscrivere l’accordo, ciò non impedirebbe alle parti di chiedere e ottenere l’omologazione da parte del Tribunale dal momento che la cd. competenza dell’organismo prevista dall’art. 4 cit. non rileverebbe come requisito di validità dell’accordo.
Nell’ipotesi in cui non sia raggiunto l’accordo tra le parti in mediazione (oppure nel caso che la parte invitata non si presenti o si presenti solamente per eccepire preliminarmente l’incompetenza dell’Organismo adito) occorre distinguere. Se si tratta di controversia rientrante nella competenza territoriale derogabile dell’ufficio giudiziario, ai sensi dell’art. 28 c.p.c., le parti possono derogare alla competenza territoriale (la deroga che può risultare da una clausola contrattuale, da un accordo espresso o anche da un patto tacito tra le stesse parti). In tali casi dovrebbe ritenersi che le parti possano derogare anche alla cd. competenza dell’organismo, ad esempio, con la presentazione di una domanda congiunta.
La parte invitata, qualora partecipi all’incontro di mediazione, non potrebbe dunque sollevare successivamente in giudizio come vizio della mediazione la cd. incompetenza territoriale dell’Organismo. In caso di assenza o di eccezione sollevata nell’incontro preliminare dalla parte invitata alla mediazione, quest’ultima sarà tenuta entro la prima udienza a sollevare l’eccezione di mancato assolvimento della condizione di procedibilità, mentre l’eccezione non potrà essere sollevata dalla parte invitante.
Il giudice, in caso di assenza della parte in mediazione, potrebbe anche ritenere, trattandosi di competenza per territorio derogabile, che la condizione di procedibilità sia stata assolta e, se del caso, che l’assenza della parte alla procedura di mediazione sia giustificata così da non ritenere applicabili le sanzioni processuali previste dall’art. 8, co. 4-bis, d.lgs. n. 28/2010 (così come modificato dalla l. n. 98/2013).
In caso di contumacia processuale della parte assente in mediazione, invece dovrebbe essere il giudice a rilevare d’ufficio il mancato assolvimento della condizione di procedibilità. In caso di incompetenza inderogabile dell’ufficio giudiziario, se le parti in mediazione abbiano depositato una domanda congiunta, sembra preferibile ritenere che nessun rilievo negativo potrà aversi in ordine alla procedibilità della domanda12: la “competenza” dell’Organismo non sembra in effetti soggetta alle regole processuali sulla competenza del giudice e occorre valorizzare l’autonomia delle parti rispetto alla mediazione; solo così resta soddisfatta l’esigenza di non rendere difficoltoso l’accesso al giudizio una volta che la fase mediativa sia stata congiuntamente ma infruttuosamente tentata.
In caso di mancato accordo, nel successivo giudizio troverà applicazione l’art. 38 c.p.c.: il giudice potrà rilevare l’incompetenza alla prima udienza se si tratti di incompetenza per materia, per valore e per territorio nei casi di cui all’art. 28 c.p.c. e allora le parti dovranno reiterare il tentativo di mediazione perché si verifichi la condizione di procedibilità rispetto al processo dinanzi al giudice competente.
Nei casi di mediazione facoltativa, secondo tale opinione, il fatto che la procedura di mediazione sia promossa dinanzi ad un Organismo non avente il requisito della “competenza” territoriale come indicato dall’art. 4 non avrebbe nessuna rilevanza, sia nel caso che il tentativo non abbia successo sia nel caso in cui le parti raggiungano l’accordo.
3.2 L’ assistenza obbligatoria del difensore
In sede di conversione del d.l. n. 69/2013, come si è detto, il legislatore ha introdotto la presenza obbligatoria dell’avvocato nel procedimento di mediazione: è prevista dall’art. 5, co. 1-bis per la mediazione cd. obbligatoria, nonché dall’art. 8 relativo al procedimento di mediazione. In seguito agli emendamenti della legge di conversione, sembrerebbe dunque che il patrocinio dell’avvocato sia obbligatorio per tutti i casi di mediazione: «Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato».
La questione è in realtà molto dibattuta13. Secondo l’opinione maggioritaria l’assistenza degli avvocati sarebbe necessaria solo per le materie per cui questa sia condizione di procedibilità: a favore di questa tesi è la considerazione che solo in questi casi la mediazione è strettamente connessa al giudizio, mentre argomenti letterali vengono tratti dall’art. 12 (“Efficacia esecutiva ed esecuzione”), che, nel fare riferimento all’efficacia dell’accordo, prevede che sia inutile l’omologazione da parte del Presidente del tribunale ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato e l’accordo sia stato sottoscritto dalle parti e dagli stessi avvocati.
Resta ferma l’omologazione dell’accordo con decreto del Presidente del tribunale «in tutti gli altri casi». La previsione dunque sembra lasciare la strada aperta ad ipotesi in cui le parti non siano tutte assistite dal difensore.
In questo senso si esprime anche la circ. del Ministro di giustizia del 27.11.2013 secondo cui l’assistenza dell’avvocato è obbligatoria esclusivamente nelle ipotesi di cd. mediazione obbligatoria (ivi compresa quella disposta dal giudice ex art. 5, co. 2), ma non anche nelle ipotesi di mediazione facoltativa.
Secondo altri, al contrario, sarebbe chiara l’intenzione del legislatore di voler rendere obbligatoria la assistenza tecnica per tutti i tipi di mediazione, obbligatoria e volontaria; si osserva che l’art. 12 distinguerebbe in ragione del fatto che gli avvocati abbiano o meno certificato la conformità dell’accordo alle norme imperative ecc. In difetto, sarebbe necessaria l’omologa presidenziale. L’assistenza dei legali resterebbe dunque necessaria a prescindere dalla fonte che ha innescato il procedimento di mediazione (volontaria, legale o giudiziaria). Tuttavia l’art. 12 recita «Ove tutte le parti aderenti alla mediazione siano assistite da un avvocato» e dunque il discrimine è tra i casi in cui l’avvocato assiste le parti e i casi in cui non le assista, e non a seconda dell’esercizio dei poteri certificativi. Sembra dunque preferibile un’interpretazione costituzionalmente orientata che consideri la assistenza tecnica obbligatoria solo quando la mediazione è condizione di procedibilità; in caso contrario peserebbero sulle mediazioni volontarie costi legali che potrebbero essere ingiustificati: si pensi che non sono previsti per l’arbitrato in generale, per l’Arbitrato Bancario e finanziario della Banca d’Italia (ABF), per il Servizio Conciliazione del settore energia o dinanzi CORECOM, per le controversie in materia di telecomunicazioni; nemmeno è previsto per le cause avanti al giudice di pace di valore sino a 1.100,00 euro.
La genesi della norma può spiegare l’attuale incerta formulazione: il primo comma dell’art.12 («ove tutte le parti ... siano assistite ...») riprendeva testualmente un emendamento proposto dal CNF e presupponeva ‒ in quel momento ‒ l’assenza dell’obbligo di difesa tecnica. Successivamente in commissione referente è stato aggiunto l’obbligo della difesa tecnica, con evidente riferimento a tutte le mediazioni, visto che ci si riferiva alla procedura di mediazione tout court; come spesso accade, non si è pensato di armonizzare la previsione con tutto il testo della riforma.
Il risultato è dunque una palese contraddizione.
La questione è ancora dibattuta, ma pare comunque destinata a evaporare alla luce del fatto che l’avvocato risulta presente nell’80% delle mediazioni; inoltre, la maggiore formazione del foro sui temi mediativi renderà sempre più utile la sua presenza in mediazione; il dialogo tra foro e mondo della mediazione farà sì che anche i mediatori potranno apprezzare l’aiuto degli avvocati, anziché percepirli, come avveniva agli inizi dell’esperienza, come elementi di impaccio e di difficoltà.
Un’altra questione che si pone sul tema è verificare quale sia la rilevanza del fatto che una delle parti o entrambe non siano assistite dal legale durante la procedura di mediazione. Secondo un’opinione, l’assistenza del difensore renderebbe non avverata la condizione di procedibilità e integrerebbe addirittura una condizione legale di efficacia dell’accordo14. Secondo altri, occorre distinguere tra requisiti di validità dell’accordo e condizioni in base alle quali la condizione di procedibilità può ritenersi assolta.
L’assistenza del legale non sarebbe requisito di validità dell’accordo, pertanto se l’accordo è raggiunto sarebbe valido. In caso di inadempimento, il Tribunale potrà altresì concedere l’omologa, salvi i controlli di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 28/2010. Se l’accordo non venisse raggiunto, nei casi di mediazione obbligatoria, si ritiene invece che la condizione di procedibilità non sia stata assolta15. Di segno contrario anche a questa impostazione intermedia, è quella di chi ritiene che l’assenza dei difensori non comporti conseguenze pregiudizievoli per le parti, sia per quanto concerne la validità della conciliazione eventualmente conclusa, sia per quanto attiene l’adempimento della condizione di procedibilità. Sarebbe infatti irragionevole sostenere che la mancanza della tutela costituita dall’assistenza dei difensori non trovi sanzione rispetto all’accordo e invece venga sanzionata nel processo quando il tentativo di mediazione è fallito e quindi i diritti delle parti non possono essere stati lesi dall’assenza dell’avvocato16. Va ricordato infine che la direttiva n. 11 del 21.5.2013 «sulla risoluzione alternativa delle controversie dei consumatori» ‒ che va recepita entro il 9.7.2015 – indica tra i requisiti da rispettare nei procedimenti di Adr per i consumatori (e, perciò, anche dalla mediazione)
quello in base al quale «le parti hanno accesso alla procedura senza essere obbligate a ricorrere a un avvocato o consulente legale…»17.
3.3 La mediazione demandata dal giudice
Secondo l’art. 5, co. 2 «Fermo quanto previsto dal comma 1-bis e salvo quanto disposto dai commi 3 e 4, il giudice, anche in sede di giudizio di appello, valutata la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, può disporre l’esperimento del procedimento di mediazione; in tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale anche in sede di appello...». Come si è accennato, è una delle modifiche più rilevanti: se prima il giudice poteva “invitare” le parti ad esperire un tentativo di mediazione, ora gli è attribuito il potere di “ordinare” tale esperimento, prescindendo dal consenso delle parti. In tal caso, l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale e addirittura mantiene tale natura anche in sede di appello. Si tratta dunque di mediazione obbligatoria che, a differenza di quella prevista dall’art. 5, co. 1-bis, non è soggetta al termine di scadenza di quattro anni previsto dalla novella.
Per quanto concerne l’applicabilità dell’istituto si ritiene unanimemente che si applichi ai processi già pendenti al 21.9.2014 in base al principio tempus regit actum18.
La previsione dell’art. 5, co. 2, riveste un’importanza fondamentale in quanto rende efficace la possibilità di collegare il percorso mediativo rispetto a quello giudiziario. Inoltre i progetti sulla mediazione demandata dal giudice hanno costituito un’occasione di “formazione sul campo” che è destinata ora ad essere valorizzata. La sperimentazione del Laboratorio Un Altro Modo dell’Università degli Studi di Firenze, nell’ambito del progetto Nausicaa dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile, ad esempio, ha visto giovani borsisti, studiosi di mediazione, affiancare i giudici nell’analisi del contenzioso, per verificare le tipologie di cause per le quali appariva più idonea la via della mediazione, in tal modo praticando effettivamente un diverso modo di soluzione dei conflitti rispetto alla giurisdizione. Non è un caso che proprio sulla mediazione demandata si sono registrati gli interventi più incisivi della giurisprudenza e si sono concentrati gli sforzi di formazione e di elaborazione di buone prassi19. Passiamo quindi a esaminare i principali nodi emersi all’attenzione dei giuristi.
3.4 Mediazione demandata, presenza delle parti e primo incontro
Un punto focale della nuova disciplina riguarda l’individuazione delle condizioni affinché l’ordine del giudice possa ritenersi correttamente eseguito (e la condizione di procedibilità verificata). L’art. 5, co. 5-bis, d.lgs. n. 28/2010, dispone: «Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo».
L’art. 8, co. 1, in tema di “procedimento”, dispone: «All’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre trenta giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante. Al primo incontro e agli incontri successivi, fino al termine della procedura, le parti devono partecipare con l’assistenza dell’avvocato. Durante il primo incontro il mediatore chiarisce alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione. Il mediatore, sempre nello stesso primo incontro, invita poi le parti e i loro avvocati a esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione e, nel caso positivo, procede con lo svolgimento».
Come si vede, le due norme sono formulate in modo ambiguo: nell’art. 8 sembra che il primo incontro sia destinato solo alle informazioni date dal mediatore e a verificare la volontà di iniziare la mediazione.
L’invito rivolto dal mediatore alle parti e agli avvocati ad esprimersi sulla possibilità di iniziare la procedura di mediazione prima di procedere allo svolgimento della stessa è stato in effetti interpretato inizialmente come invito a dichiarare la volontà delle parti rispetto all’avvio della procedura di mediazione in senso stretto. Tuttavia, nell’art. 5, co. 5-bis, si parla di “primo incontro concluso senza l’accordo”.
Sembra dunque che il primo incontro non sia una fase estranea alla mediazione vera e propria: non avrebbe molto senso parlare di “mancato accordo” se il primo incontro fosse destinato non a ricercare l’accordo tra le parti rispetto alla lite, ma solo la volontà di iniziare la mediazione vera e propria. Senza contare la difficoltà di individuare con precisione scientifica il confine tra la fase cd. preliminare e la mediazione vera e propria (difficoltà ben nota a chi ha pratica della mediazione).
Il problema interpretativo si incentra sulla natura del primo incontro, dal momento che se fosse sufficiente per l’avveramento della condizione di procedibilità un incontro in cui i difensori e o le parti dichiarino di non voler effettuare il vero tentativo di conciliazione, la mediazione demandata dal giudice sarebbe oggetto di un ordine privo di consistenza. La prassi avviata sotto la normativa riformata ha in effetti visto ridursi spesso l’incontro tra il mediatore e le parti al mero recepimento, da parte del primo, della mancanza di volontà delle seconde ‒ magari espressa solo dai difensori ‒ circa l’avvio della mediazione.
Di fronte a tali prassi si sono registrati alcuni tentativi della giurisprudenza volti a ridare spessore all’ordine del giudice.
Secondo un orientamento, espresso da alcune decisioni del Tribunale di Firenze, l’ordine del giudice non può considerarsi osservato quando i difensori si rechino dal mediatore e, ricevuti i suoi chiarimenti su funzione e modalità della mediazione (chiarimenti per i quali i regolamenti degli organismi prevedono tutti un tempo molto limitato), dichiarino il rifiuto di procedere oltre. Occorre invece che la mediazione sia effettivamente avviata e che le parti compaiano personalmente (assistite dai propri difensori come previsto dall’art. 8, d.lgs. n. 28/2010).
In particolare, secondo l’ordinanza del Tribunale di Firenze del 19.3.201420 a tale conclusione si arriverebbe tenendo conto della ragion d’essere della mediazione in base ad una interpretazione sistematica e teleologica, anche alla luce del contesto europeo in cui si inserisce (direttiva 2008/52/CE). Il Tribunale enuclea sei argomenti a sostegno della tesi indicata.
Rileva che i difensori, definiti mediatori di diritto dalla stessa legge, hanno sicuramente già conoscenza della natura della mediazione e delle sue finalità, tanto che sono onerati dell’obbligo di fornire al cliente l’informazione prescritta dall’art. 4, co. 3, del d.lgs. n. 28/2010 (obblighi informativi in tal senso si desumono già sul piano deontologico: art. 40 codice deontologico).
Non avrebbe dunque senso imporre l’incontro tra i soli difensori e il mediatore solo in vista di un’informativa. Rileva inoltre che la natura della mediazione esige che siano presenti di persona anche le parti, perché l’istituto mira a riattivare la comunicazione tra i litiganti al fine di renderli in grado di verificare la possibilità di una soluzione concordata del conflitto: questo implica necessariamente che sia possibile una interazione immediata tra le parti di fronte al mediatore. La presenza dei soli difensori, secondo il giudice, darebbe vita ad altro sistema di soluzione dei conflitti, magari utile, ma non potrebbe considerarsi mediazione. Nell’ordinanza si ricorda anche l’interpretazione letterale: l’art. 5, co. 1-bis e l’art. 8 prevedono che le parti esperiscano il (o partecipino al) procedimento mediativo con l’assistenza degli avvocati, e questo implicherebbe la presenza degli assistiti.
Secondo il Tribunale, ritenere che la condizione di procedibilità sia assolta dopo un primo incontro, in cui il mediatore si limiti a chiarire alle parti la funzione e le modalità di svolgimento della mediazione, significherebbe in realtà ridurre ad un’inaccettabile dimensione notarile il ruolo del giudice, quello del mediatore e quello dei difensori. La dilazione del processo civile sarebbe ingiustificatamente prevista per un adempimento puramente burocratico. D’altronde, il Tribunale rileva come l’informazione sulle finalità della mediazione e le modalità di svolgimento sia già assicurata non solo dall’informativa che i difensori hanno l’obbligo di fornire ex art. 4 cit., come si è detto, ma anche dalla possibilità di sessioni informative presso luoghi adeguati. In particolare, l’art. 5 della dir. europea del 2008 distingue le ipotesi in cui il giudice invia le parti in mediazione rispetto all’invio per una semplice sessione informativa: un ulteriore motivo, secondo il giudice, per ritenere che nella mediazione disposta dal giudice, viene chiesto alle parti (e ai difensori) di esperire la mediazione e cioè «l’attività… svolta dal terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti nella ricerca di un accordo amichevole» (secondo la definizione data dall’art. 1 del d.lgs. n. 28/2010) e non di acquisire una mera informazione e di rendere al mediatore una dichiarazione sulla volontà o meno di iniziare la procedura mediativa.
Per il Tribunale, l’ipotesi che la condizione si verifichi con il solo incontro tra gli avvocati e il mediatore per le informazioni appare particolarmente irrazionale nella mediazione disposta dal giudice: in tal caso, infatti, si presuppone che il giudice abbia già svolto la valutazione di “mediabilità” del conflitto (come prevede l’art. 5 cit.: che impone al giudice di valutare «la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti»), e che tale valutazione si sia svolta nel colloquio processuale con i difensori. Questo presuppone anche un’adeguata informazione ai clienti da parte dei difensori; inoltre, in caso di lacuna al riguardo, lo stesso giudice, qualora verifichi la mancata allegazione del documento informativo, deve a sua volta informare la parte della facoltà di chiedere la mediazione.
Essendo previsti plurimi livelli informativi, non sarebbe pensabile che il processo venga momentaneamente interrotto per un’ulteriore informazione anziché per un serio tentativo di risolvere il conflitto.
Anche i giudici fiorentini della sezione specializzata per le imprese hanno ritenuto che per la mediazione demandata occorra la presenza delle parti dinanzi al mediatore e un effettivo tentativo di mediazione, rilevando che, ai sensi dell’art. 8 cit.: «il mediatore nel primo incontro chiede alle parti di esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, vale a dire sulla eventuale sussistenza di impedimenti all’effettivo esperimento della medesima e non sulla volontà delle parti, dal momento che in tale ultimo caso si tratterebbe, nella sostanza, non di mediazione obbligatoria bensì facoltativa e rimessa alla mera volontà delle parti medesime con evidente, conseguente e sostanziale interpretatio abrogans del complessivo dettato normativo e assoluta dispersione della sua finalità esplicitamente deflativa»21.
In senso contrario al Tribunale di Firenze (ma in epoca antecedente alle ordinanze ricordate) si era espresso il Tribunale di Milano, secondo cui nel cd. primo incontro il mediatore si limiterebbe a chiarire alle parti funzione e modalità di svolgimento della mediazione e quindi ad invitare le parti e i difensori a esprimersi sulla possibilità di iniziare la mediazione: si tratterebbe pur sempre di un momento dedicato alla valutazione di mediabilità della lite, preliminare alla mediazione vera e propria. A favore di tale conclusione militerebbe un dato letterale chiaro, perché l’art. 5, co. 5-bis nel prevedere che «Quando l’esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l’accordo», richiamerebbe espressamente il “primo incontro” di cui all’art. 8, co.1, cit.22.
L’orientamento espresso dal Tribunale di Firenze peraltro sembra confermato dalle successive pronunce dei giudici di merito. Anche secondo il Tribunale di Roma23 le parti devono essere rese edotte che la mediazione delegata deve innanzitutto vedere la partecipazione personale delle parti evitando che il procedimento si areni al primo incontro per una mera ed aprioristica indisponibilità di uno dei litiganti. Ne consegue, conclude il giudice, che dalla mancata partecipazione non potrà che pervenirsi ad un giudizio negativo sulla condotta tenuta sia ai fini della valutazione del superamento della condizione di procedibilità sia nel giudizio di merito della causa. Nello stesso senso si è espresso il Tribunale di Bologna, con ordinanza del 5.6.201424. Anche il Tribunale di Rimini, con ordinanza 16.7.2014 considera necessaria la mediazione effettiva ai fini di ritenere adempiuto l’ordine del giudice: «Nel caso in cui le parti producono in giudizio un verbale di mediazione dal quale si evince che l’esito negativo sia seguito alla semplice illustrazione da parte del mediatore della funzione e dello svolgimento della procedura mediativa, senza alcun tentativo di effettiva valutazione circa la possibilità di iniziare la procedura, non può ritenersi superata la condizione di procedibilità della domanda prevista dal D.Lgs. 28/2010».
Anche il Tribunale di Palermo conferma, in parte25, l’orientamento fiorentino con ordinanza del 16.7.201426, approfondendo il nodo interpretativo posto dall’art. 5, co. 2-bis del d.lgs. n. 28/2010 che sembra richiamare espressamente “il primo incontro” di cui all’art. 8, co. 1, cit. Il giudice non potrebbe quindi esigere, al fine di ritenere correttamente formata la condizione di procedibilità, che le mediazione sia stata tentata anche oltre il primo incontro.
Il Tribunale sottolinea, tuttavia, che ben potrebbe il giudice richiedere che in questo primo incontro il tentativo di mediazione sia stato effettivo.
La disposizione normativa in questione secondo il giudice, se diversamente interpretata, rischierebbe di rendere la mediazione di fatto facoltativa, perché ognuno dei partecipanti sarebbe titolare di un diritto potestativo alla chiusura del procedimento (diritto che verrebbe spesso esercitato se si considera che il co. 5-ter dell’art. 17 del d.lgs. n. 28/2010, prevede che nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione). Una corretta interpretazione (in linea con la ratio della direttiva europea che mira ad agevolare il più possibile la soluzione delle controversie in modo alternativo a quello giudiziario) è invece quella che ritiene che il mediatore, nell’invitare le parti e i loro procuratori a esprimersi sulla “possibilità” di iniziare la procedura di mediazione, deve verificare se vi siano i presupposti per poter procedere nell’effettivo svolgimento della mediazione, ad esempio, l’esistenza di una delibera che autorizza l’amministratore di condominio a stare in mediazione (così come previsto dalla l. 11.12.2012, n. 220) o l’esistenza di un’autorizzazione del giudice tutelare ‒ se debba partecipare alla mediazione anche un minore – ovvero la presenza di tutti i litisconsorti necessari. Il mediatore non dovrebbe invece verificare la “volontà” delle parti e dei procuratori. Ad avviso del Tribunale la norma secondo cui “nel caso positivo, procede con lo svolgimento” non va intesa nel senso di rimettere agli avvocati o alle parti di andare oltre. È il mediatore che deve valutare se sussiste questa possibilità: «nella norma, infatti, non si legge “nel caso di risposta positiva”, ma “nel caso positivo”». Da ultimo, anche il Tribunale di Padova raccomanda un «effettivo tentativo di risolvere la controversia»27. Sembra dunque confermarsi l’orientamento volto a dare effettività alla mediazione demandata dal giudice, secondo argomentazioni che paiono valide anche per i casi di mediazione obbligatoria ex lege.
3.5 Criteri di mediabilità della lite
Il rafforzamento della mediazione demandata attraverso il potere del giudice di ordinare l’invio in mediazione, ha riattivato la discussione sulle condizioni che devono ricorrere perché una causa possa essere inviata in mediazione correttamente. L’art. 5, co. 2, dispone che occorre valutare la natura della causa, lo stato dell’istruzione e il comportamento delle parti, ma si tratta di valutazioni generiche.
Nelle prime sperimentazioni avviate28 si tenta una prima disamina delle caratteristiche del contenzioso a seconda delle materie: ad es. per le cause in materia ereditaria si nota la particolare qualificazione dei rapporti di natura personale, familiare o affettiva, di durata nel tempo nonché la frequente separazione tra l’oggetto del conflitto e l’oggetto della controversia.
Per i diritti reali pure si assiste alla frequente dissociazione tra oggetto del conflitto ‒ personale e oggetto della disputa ‒ giuridico. Nelle locazioni si è in presenza di un rapporto di durata e vi è frequentemente divergenza tra l’oggetto della controversia e gli interessi concreti delle parti, non sempre giuridicamente rilevanti: è particolarmente sentito il bisogno di un ventaglio di soluzioni più ampio e flessibile di quello che offre la disciplina normativa.
Possono essere indicazioni per la mediazione l’esigenza di soluzioni flessibili e rapide specie in casi con dinamiche psicologiche complesse (es. affitti di azienda, in genere il campo societario), dove c’è bisogno di ascolto e riconoscimento del danneggiato (certe cause in materia di responsabilità extracontrattuale, specie in campo medico;ma anche in certe controversie bancarie). Nelle linee guida del progetto milanese si indicano anche i casi in cui vi siano complesse poste di dare e avere da negoziare, possibilità e utilità di liquidazioni forfettarie.
Valutazioni più ragionate potranno essere approfondite all’esito dei monitoraggi (avviati anche dalle sperimentazioni di Firenze e Milano).Nel frattempo le prime ordinanze dei giudici di merito iniziano ad individuare degli elementi concreti in base ai quali sembra corretto l’invio in mediazione, articolando i motivi che, nel caso concreto, fanno ritenere la via mediativa più adeguata. In un caso deciso dal Tribunale di Firenze29, il ricorso alla mediazione delegata era opportuno in quanto il conflitto nasceva da un precedente assetto coniugale e la possibilità dell’accordo sarebbe stata di giovamento per il figlio e adeguata alla natura sostanziale del rapporto che, al di là degli aspetti economici, riguardava aspetti di natura personale ed affettiva. In altri provvedimenti il ricorso alla mediazione è stato ritenuto giustificato dalla natura personale o familiare del rapporto30 o dalla utilità di evitare una consulenza tecnica oppure dall’esistenza di trattative iniziate tra le parti e interrotte senza che fossero chiari i motivi oppure ancora dal buon andamento per molti anni di un rapporto di durata (locazione) prima della rottura31.
Non mancano decisioni che utilizzano la mediazione demandata anche di fronte a problemi particolari, come ad esempio l’ordinanza del Tribunale di Brescia del 28.11.201332 secondo cui il giudice può far ricorso alla mediazione anche per far fronte ad eventuali stasi del processo, per motivi che prescindono dalle parti, come lo smarrimento di atti di causa. Per Tribunale di Milano, un’indicazione per la mediazione è anche la sproporzione tra l’iter giudiziario della causa rispetto ai termini reali della controversia33.
Non è di ostacolo all’ordine del giudice ex art. 5, co. 2, il fatto che le parti abbiano già avanzato la domanda dimediazione prima del processo34, poiché il giudice prospetta alle parti la soluzione più opportuna allo stato degli atti in base a «un giudizio di bilanciamento delle rispettive difese, scegliendo il momento opportuno per comunicare loro con pacatezza e imparzialità i punti di debolezza e di forza delle rispettive posizioni, nonché gli sviluppi della causa, se del caso, offrendo validi spunti e parametri su cui intavolare la trattativa».
3.6 Il problema dei costi
Uno dei problemi più rilevanti della normativa sulla mediazione era la previsione dell’obbligatorietà accompagnata dall’onerosità della medesima, problema che la novella ha inteso superare attraverso la gratuità del primo incontro di mediazione. L’art. 17, co. 5-ter prevede che «nel caso di mancato accordo all’esito del primo incontro, nessun compenso è dovuto per l’organismo di mediazione». Secondo la circolare del Ministero del 27.11.2013 il riferimento al termine “compenso”, quale corrispettivo per una prestazione professionale svolta, fa riferimento unicamente a quella voce dell’indennità complessiva che riguarda le sole spese relative all’attività di mediazione vera e propria, mentre sarebbe rimasto fuori dall’ambito di applicazione il riferimento alle spese di avvio del procedimento che, pertanto, devono continuare ad essere corrisposte. In dottrina si dubita peraltro della legittimità, anche sul piano costituzionale, della previsione di gratuità dell’attività del mediatore, soprattutto in considerazione della natura privata dell’organismo35.
Come è stato chiarito anche dalla circolare del Ministero, data la natura obbligatoria della mediazione disposta dal giudice, ne discende che dovrà trovare applicazione anche in tal caso la riduzione dell’importo massimo del compenso (e i divieti di aumento del compenso) previsti dall’art. 16, co. 4, lett. d) del d.m. n. 180/2010 per la mediazione obbligatoria ex lege.
3.7 Le sanzioni
Il d.l. n. 69/2013, come si è detto, ha ripristinato le disposizioni travolte dalla pronuncia della C. cost., 6.12.2012, n. 272, che prevedevano alcune sanzioni connesse al comportamento delle parti in mediazione (articoli 8, 11 e 13 del d.lgs. n. 28/2010). La giurisprudenza negli ultimi tempi si è rilevata incline ad applicare le possibilità sanzionatorie previste dalle norme indicate, nonché dalla previsione dell’art. 96, ult. co., c.p.c.
Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, sez. I, con ordinanza del 23.12.2013, accoglie la richiesta di condanna ex art. 96, co. 3, c.p.c. in una fattispecie in cui i ricorrenti anziché recepire l’invito della convenuta e la sua disponibilità, per trovare una soluzione del problema, avevano preferito adire il Tribunale, «in un’ottica conflittuale decisamente lontana dalla nuova prospettiva nella quale, anche alla luce della recente reintroduzione con il c.d. decreto del fare della mediazione obbligatoria, appare muoversi il legislatore negli ultimi tempi, prospettiva che attribuisce al difensore un ruolo centrale, prima ancora che nel giudizio, nell’attività di mediazione delle controversie»mentre il ricorso al Tribunale dovrebbe essere l’extrema ratio. Proprio in vista dell’applicabilità eventuale dell’apparato sanzionatorio, il Tribunale di Firenze, sez. imprese, con ordinanza del 18.3.201436 ha posto a carico dei difensori l’obbligo di comunicare, tramite i loro avvocati, l’esito della mediazione, con nota da depositare in cancelleria almeno dieci giorni prima della successiva udienza. Il giudice prescrive che la nota contenga alcune informazioni e precisamente «‒ in relazione a quanto stabilito dall’art. 8, comma 4 bis (D.L.vo citato), in merito all’eventuale mancata (fattiva) partecipazione delle parti (sostanziali) senza giustificato motivo; ‒ in relazione a quanto stabilito dall’art. 5, comma 2 (D.L.vo citato) in merito alle eventuali ragioni di natura pregiudiziale o preliminare che hanno impedito l’avvio del procedimento di mediazione; ‒ in relazione a quanto stabilito dall’art. 13 (D.L.vo citato), anche ai fini del regolamento delle spese processuali, in merito al rifiuto delle parti – con specifica menzione della parte (delle parti) che ha (hanno) opposto il rifiuto – dell’eventuale proposta di conciliazione formulata dal mediatore, con indicazione del suo contenuto; relazione sull’esito del primo incontro, indicando le parti sostanziali assenti, le questioni pregiudiziali che hanno impedito la mediazione, la proposta del mediatore ed il suo contenuto con l’indicazione della parte che l’ha rifiutata ai fini della valutazione delle spese di giustizia». Anche il Tribunale di Roma, sez. XIII, con sentenza del 29.5.201437, ha condannato una compagnia di assicurazione, designata dal fondo di garanzia delle vittime della strada, che non si era presentata in mediazione senza giustificare i motivi (ed era stata del tutto indifferente rispetto all’articolato percorso conciliativo proposto dal giudice), non solo al pagamento di una somma equivalente al contributo unificato (art. 8, d.lgs. n. 28/2010), ma anche ad una somma a titolo di responsabilità ex art. 96, co. 3, c.p.c. Il giudice ha anche inviato gli atti alla Procura della Corte dei conti per l’eventuale valutazione del danno erariale.
3.8 Mediazione obbligatoria e opposizione a decreto ingiuntivo
Rispetto all’assetto precedente alla novella, restano aperte ancora diverse questioni che la riforma malauguratamente non ha inteso chiarire e che continuano a ricevere risposte diverse dai giudici delle varie sedi.
La querelle più accesa e anche più rilevante concerne il procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo: si continua a discutere se l’onere del tentativo obbligatorio di mediazione (una volta esaurita la fase delle decisioni interinali ex artt. 648 e 649 c.p.c.) sia posto a carico dell’opposto ovvero dell’opponente.
Secondo alcune decisioni del Tribunale di Firenze, l’onere di nuovo impulso del procedimento deve essere posto a carico della parte opposta, dal momento che nell’ipotesi di opposizione a decreto ingiuntivo è da ritenersi quest’ultima parte attrice in senso sostanziale con l’esercizio in giudizio dell’azione monitoria, di cui la fase di opposizione rappresenta mera prosecuzione eventuale38. Secondo altri, invece39, la domanda che diviene improcedibile nel giudizio che si instaura in seguito all’opposizione a decreto ingiuntivo, sarebbe la domanda formulata con l’atto di citazione in opposizione, cioè l’atto che ha dato origine al procedimento nel quale l’opponente ha la veste processuale di attore (ciò che significa essenzialmente che l’onere di impedire che il decreto divenga definitivo è rimesso all’iniziativa processuale dell’ingiunto: senza opposizione il decreto diviene definitivo; se il processo si estingue il decreto diviene definitivo). Questo importa, secondo il giudice riminese, «in ossequio ai principi processuali propri di tale procedimento speciale (ai quali, è bene ricordarlo, la normativa in tema di mediazione non deroga espressamente), che all’estinzione (o, come nel caso di specie, all’improcedibilità) del procedimento di opposizione consegua il consolidarsi degli effetti del decreto ingiuntivo (art. 653 c.p.c.; conforme Tribunale di Busto Arsizio, 15.6.2012)».
La tesi opposta, secondo il giudice «condurrebbe ad un risultato opposto rispetto a quello – deflattivo per il sistema giudiziario ‒ che l’istituto della mediazione si propone di raggiungere, imponendo ad una parte (l’opposto) che già è munita di un titolo (il decreto ingiuntivo) che si consolida in caso di estinzione del giudizio (di opposizione) e che può dirsi non interessata alla prosecuzione della lite, di attivarsi anche laddove l’altra parte (l’opponente), non si dimostri più interessata all’esito della stessa (e ciò, come sovente avviene in caso di opposizioni dilatorie, in seguito all’emissione dei provvedimenti di cui agli artt. 648 e 649 c.p.c.)».
Il Tribunale non manca di notare che, in caso di inosservanza dell’onere di procedere a mediazione, in seguito alla revoca del decreto opposto, la causa di merito verrebbe puntualmente riproposta.
3.9 Mediazione obbligatoria e domande riconvenzionali
Sul tema, è intervenuto da ultimo il Tribunale di Reggio Calabria con ordinanza del 22.4.201440 confermando l’orientamento maggioritario della giurisprudenza di merito, che ritiene non estendibile la mediazione obbligatoria alle domande riconvenzionali spiegate dal convenuto o da terzi a giudizio già iniziato (in tal senso, in precedenza,Tribunale di Palermo, sez. distaccata di Bagheria, 11.7.2011). Infatti, pur se l’art. 5, d.lgs. n. 28/2010 non sembra distinguere tra domanda principale e quella riconvenzionale (la norma si riferisce a «chi intende esercitare in giudizio un’azione relativa a…») occorre aver presente la ratio della legge, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata, che faccia salvi i principi della ragionevole durata del processo e dell’efficienza ed effettività della tutela giurisdizionale (anche in relazione alla dir. 2008/52/CEE, in tema di equilibrata relazione tra procedimento giudiziario e mediazione).
In base a tale criterio il giudice rileva che: a) l’obbligo di preventiva mediazione, avendo come scopo principale quello di evitare l’instaurazione di un giudizio (ormai sorto), non avrebbe, comunque, l’effetto di definire l’intero contenzioso, dal momento che il tentativo conciliativo è già fallito per la domanda principale e la mediazione per le riconvenzionali non sarebbe preventiva, ma successiva; b) si avrebbe un allungamento dei tempi del processo, in contrasto con l’art. 111 Cost., senza possibilità di verificare l’eventuale scopo dilatorio dell’azione del convenuto o del terzo; c) lo stesso art. 5 cit. dà facoltà al convenuto di eccepire il mancato tentativo di mediazione e tale va considerato chi viene citato in giudizio in base alla domanda principale.
1 Convertito in legge con l. 9.8.2013, n. 98 (G.U. del 20.8.2013). Le disposizioni sono entrate in vigore il 21.9.2013 ex art. 84, co 2.
2 Al momento della pubblicazione del precedente contributo nel Libro dell’anno del diritto 2014, si era potuto tener conto essenzialmente delle modifiche normative. Vanno ricordati ora i contributi pubblicati sulla disciplina novellata; Falco,G.-Spina,G., a cura di, La nuova mediazione,Milano, 2014; Marinaro, M., a cura di, La giustizia sostenibile, VI e VII, Roma, 2014; Id., Materiali di ricerca per la mediazione conciliativa, Roma, 2014; Id., Mediazione e processo, Roma, 2014; Id., a cura di, Codice della mediazione e dell’arbitrato in materia bancaria e finanziaria, Roma, 2014;Martello,M., La formazione del mediatore. Comprendere le ragioni dei conflitti per trovare le soluzioni, Torino, 2014; Lucarelli, P., La mediazione obbligatoria fra ordine del giudice e principio di effettività: verso una riduzione certa e significativa dei processi pendenti, in www.judicium.it, 5.5.2014; Ferri, C.M., a cura di, Manuale della nuova mediazione e conciliazione giudiziale, Padova, 2014; Busacca, A., a cura di, La «nuova» mediazione civile e commerciale dopo la legge 9 agosto 2013, n. 98. Profili di continuità e innovazioni,Messina, 2014;De Cristofaro, M.-Murino, F., Commento al D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, in Codice di procedura civile commentato, a cura di C. Consolo,Milano, 2013, III, 2359; Cuomo Ulloa, F., La nuova mediazione, Bologna, 2013; Mazzamuto, P., La mediazione nella tutela della famiglia, Torino, 2013; Masoni, R., Procedimento di mediazione per le liti locative in seguito al “decreto del fare”, in www.giustiziacivile.com, 21.2.2014; Rizzello, A., La mediazione e le liti in materia di usucapione, ivi, 11.3.2014; Martucci, R., La legislazione sulla mediazione in Germania: profili comparativi con la normativa italiana, in Contratti, 2014, 403; Corvino, A., L’accordo di conciliazione e la coercizione indiretta all’adempimento,in Contratti, 2014, 278; Minervini, E., La storia infinita della mediazione obbligatoria, ivi, 2013, 1153; Carnevali, U., Nuova mediazione civile e commerciale e ‘’decreto fare’’, ivi, 2013, 977; Celeste, A., La preventiva mediazione (di nuovo) obbligatoria nelle cause condominiali, in Immobili e proprietà, 2013, 726;Nicola, A., La nuova mediazione dopo il c.d. decreto ‘’del fare’’ e la mediazione condominiale, ivi, 2013, 587; Martinelli, P., Il ruolo dell’’amministratore della mediazione condominiale, in La mediazione, 2014, 45 ;Moriconi, M., Mediazione e proposta del giudice: le problematiche relative alla acquisizione, rilevazione e valutazione dei dati relativi, in www.judicium.it.
3 Nell’ambito del Progetto Nausicaa dell’Osservatorio sulla giustizia civile di Firenze, sono state elaborate le Linee guida su alcuni aspetti della mediazione modificati dal d.l. n. 69/2013 convertito con la legge n. 98/2013 ed è stato aggiornato, nell’aprile 2014, il Protocollo sulle migliori prassi in tema di mediazione demandata dal giudice alla luce delle ultime novità legislative: i documenti sono reperibili al sito http://tribunale.firenze.fsegiustizia.it. Anche a Milano, il gruppo mediazione dell’Osservatorio sulla giustizia civile ha avviato un progetto per la registrazione e monitoraggio dei casi di mediazione inviati dai giudici del tribunale civile di Milano, nell’effettuazione di interviste ai magistrati per illustrare il progetto e valutarne il gradimento, nella redazione di un vademecum per fornire delle informazioni utili. Si veda inoltre il Protocollo sulla mediazione elaborato dall’Osservatorio di Verona nel giugno 2014, in www.mondoadr.it.
4 Per approfondimenti e statistiche dell’esperienza milanese si rinvia alla relazione a cura di G. Buffone e G. Servetti pubblicata nel sito www.altalex.it; vedi anche la relazione di I. Marini per l’incontro tenutosi a Milano il 12.2.2014, organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura, struttura territoriale di Milano su Le novità del diritto di famiglia:il rito partecipativo. L’esperienza innovativa del Tribunale di Cremona.
5 Su cui v. Tommasi, L., Mediazione civile: il Ministero fornisce chiarimenti in termini di spese, indennità, formazione, monitoraggio, in Fisco, 2014, 247. L’intervento in esame si aggiunge alla direttiva ministeriale sui controlli del 5.11.2013.
6 Il decreto, entrato in vigore il 24 settembre, introduce modiche in materia di criteri e modalità di iscrizione nel registro degli organismi di mediazione e dell’elenco dei formatori, nonché di criteri per la determinazione delle indennità.
7 Il tentativo di mediazione è ora obbligatorio in materia di condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione, comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante da responsabilità medica e sanitaria e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
8 L’articolo 55 bis cod. deontologico , richiamato dall’art. 16, co. 4 bis, cit., prevede che «L’avvocato che svolga la funzione di mediatore deve rispettare gli obblighi dettati dalla normativa in materia e le previsioni del regolamento dell’organismo di mediazione, nei limiti in cui dette previsioni non contrastino con quelle del presente codice. L’avvocato non deve assumere la funzione di mediatore in difetto di adeguata competenza». La previsione risulta confermata dall’art. 62 del nuovo codice deontologico forense in corso di pubblicazione in Gazzetta ufficiale.
9 In tal senso Trib. Milano, sez. IX civile, ordinanza 29.10.2013, in. Nuova giur. civ. comm., 2014, 3; in Giur. it., 2014, 88 con nota di Besso, C., La novellata mediazione e due precetti con sanzione positiva; nonché Buffone,G., La Mediazione delegata e il tentativo di conciliazione: perché come e quando, Relazione svolta all’incontro organizzato l’8.4.2014 dalla Scuola Superiore della Magistratura, struttura territoriale di Milano, 9.
10 Così Besso, C., La novellata, cit.
11 Espressa nelle Linee guida su alcuni aspetti della mediazione, cit.
12 In tale senso Ruvolo, M., La mediazione obbligatoria: l’individuazione delle materie e il rilievo di improcedibilità, relazione per l’incontro organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura il 7.4.2014.
13 Ieva, L.,Mediazione e assistenza (non imperativa) dell’avvocato, in Corriere giur., 2014, 949.
14 Contra Buffone, G., La mediazione, cit., 10.
15 In tal senso Linee guida interpretative, cit.
16 Così Besso, C., La novellata , cit.
17 Al riguardo, vedi Marinaro,M., La Ue non prevede l’assistenza legale per la mediazione, in Sole24ore, 4.11.2013.
18 In tal senso la giurisprudenza unanime; cfr. tra le altre, Trib. Milano, 29.10.2013, in Giur. it., 2014; Trib. Milano, ord. 11.11.2013, in www.ilcaso.it; Trib. Firenze, 19.3.2014, in www.altalex.com; Trib. Brescia, ord. 28.11.2013, in www.ilcaso.it.
19 In dottrina, vedi Canata, S., La proiezione diacronica del conflitto e i poteri del giudice nella nuova mediazione delegata, in Nuova giur. civ. comm., 2014, 10230; Ruvolo,M., La mediazione ex officio iudicis e la proposta conciliativa ex art.185 bis cpc, in Corriere giur., 2014, 1001; Amendolagine, V., Alcuni chiarimenti sulla mediazione ‘delegata’ dal giudice alle parte in causa, osservatorio di merito, in Contratti, 2014, 567; Masoni, R., La nuova mediazione delegata: dove eravamo rimasti? in www.giustiziacivile.com, 18.7.2014.
20 Cfr. Trib. Firenze, sez. II civile, 19.3.2014, in Sole24ore, Norme e Tributi, 24.3.2014, con commento di Marinaro,M., Dal tribunale di Firenze arriva un convinto sostegno alla mediazione civile.
21 Fra altri provvedimenti dei Giudici della stessa Sezione, vedi Trib. Firenze, sez. specializzata impresa, 17.3.2014, in www.101mediatori.it.
22 Così Trib. Milano, 29.10.203, citata alla nota 8.
23 Ord. del 30.6.2014, in www.101mediatori.it.
24 In www.adrmaeremma.it.
25 A differenza dei giudici fiorentini, il Trib. di Palermo non reputa necessaria la presenza personale delle parti in considerazione del fatto che le stesse possono conferire eventualmente una procura di carattere sostanziale ad un altro soggetto (che può pure essere l’avvocato difensore).
26 In www.osservatoriomediazione.it, con nota di Murino, F.-De Cristofaro,M.,Mediazione esterna delegata: l’incerta individuazione del momento in cui può dirsi rimossa la condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
27 Trib. Padova, ord. 4.8.2014, in Marinaro, M., Mediazione e processo, cit.
28 Vedi nota 3.
29 Trib. Firenze, ord. 9.7.2014, r.g. 14492/2013, inedita.
30 Trib. Milano, sez. Specializzata impresa (B), ord. 11.11.2013 in www.101mediatori.it; dello stesso tribunale, sez. IX, ord. 29.10.2013, cit.
31 Trib. Firenze, ord. 5.12.2013, r.g. 16739/2013 e ord. 23.1.2014, r.g. 13493/2013, inedita.
32 www.101mediatori.it.
33 Trib. Milano, ord. sez. specializzata in materia impresa, 21.3.2014, in www.101mediatori.it.
34 Trib. Roma, sez. XIII, ord. del 5.12.2013 del Trib. di Roma in Foroeuropeo.it nonché in www.osservatoriomediazione.it, con nota di Sirotti Gaudenzi, A., La domanda di mediazione precedente al giudizio civile non esclude la c.d. mediazione demandata dal giudice. Nell’ordinanza si valorizza peraltro il potere conciliativo del giudice rispetto alla mediazione stragiudiziale, cui il giudice può fare ricorso, in via successiva, ove le parti non abbiano aderito alla soluzione negoziale proposta dallo stesso. Sul “cumulo” tra proposta conciliativa del giudice e mediazione esterna, v. ord. Trib. Milano, sez. specializzata impresa, 21.3.2014, in www.adrintesa.it.
35 Lucarelli, P., La mediazione obbligatoria, cit.
36 Entrambe le decisioni citate si trovano nel sito www.101mediatori.it.
37 In www.adrmaremma.it e www.foroeuropeo.it.
38 Tra le varie ordinanze della sezione specializzata imprese, v. ord., 18.3.2014, cit.
39 Ad es. Trib. Rimini, 5.8.2014, in www.adrintesa.it.
40 In www.adrintesa.it.