La règle du jeu
(Francia 1939, La regola del gioco, bianco e nero, 106m); regia: Jean Renoir; produzione: Claude Renoir per NEF; sceneggiatura: Jean Renoir, Carl Koch; fotografia: Jean Bachelet; montaggio: Marguerite Renoir; scenografia: Eugène Lourié; costumi: Coco Chanel; musica: Roger Désormières.
I marchesi Robert e Christine de la Chesnaye si accingono a recarsi da Parigi nel loro castello in Sologne, dove hanno invitato un gruppo di amici per una battuta di caccia. Grazie alla mediazione di Octave, viene invitato anche André Jurieu, 'eroico' aviatore innamorato di Christine. Octave è un vecchio amico della marchesa, del cui padre, famoso direttore d'orchestra austriaco, aveva sognato di seguire le orme. Tra gli altri è stata invitata anche Geneviève de Marras, amante di Robert: una relazione a cui Robert è intenzionato a porre fine. Al castello i padroni di casa, accompagnati dalla giovane cameriera Lisette e dal capocameriere Corneille, sono accolti da Schumacher, il guardiacaccia ottuso e violento che Lisette, senza alcun trasporto, ha sposato. Durante una ricognizione nella campagna circostante viene colto in flagrante il bracconiere Marceau. Ma il marchese lo fa liberare e lo assume, vista la sua capacità di tendere trappole a lepri e conigli, flagello del territorio. Nel pomeriggio, sotto un temporale, arrivano gli ospiti. Nel seminterrato, i camerieri cenano parlando dei padroni e del loro grado di nobiltà. Marceau sorride allusivo a Lisette, che non disdegna la sua corte. Il giorno dopo ha luogo la battuta di caccia, vera mattanza di conigli selvatici e fagiani, e sulla via del ritorno Christine, scrutando attraverso il cannocchiale, vede e fraintende il bacio d'addio tra il marito e Geneviève. Per rivalsa, dà a intendere all'amica di avere anche lei i suoi amori segreti. Lisette, che non perde occasione per umiliare il marito, continua a lasciarsi corteggiare in cucina da Marceau; Schumacher sopraggiunge, prende Marceau per il collo e lo minaccia. La sera, nella sala del castello, si tiene un piccolo spettacolo teatrale, che culmina con la Danse macabre di Saint-Saëns. Mentre gli attori in veste di spettri scendono dal palco in mezzo al pubblico, ospiti e padroni di casa si dileguano, dando inizio a una sarabanda di intrecci amorosi che non risparmia nessuno. Schumacher spara con la sua pistola contro Marceau per poi essere disarmato grazie al provvidenziale intervento di Corneille. La serata sembra ricomporsi. Gli ospiti si accingono ad andare a letto. Il marchese licenzia Schumacher per il suo comportamento, e subito dopo, poiché Lisette intende restare, licenzia anche Marceau. Nel giardino, al buio, mentre i due stanno per lasciare il castello, un equivoco che coinvolge Christine e un nostalgico Octave che le rivela il suo amore spinge il guardiacaccia a far fuoco sulla sagoma di quello che ritiene sia l'amante della moglie. A restare ucciso è Jurieu, che all'ultimo momento Octave ha spinto tra le braccia della marchesa. Sconvolto dalla tragica fatalità, Octave lascia il castello, mentre Christine rientra in casa con il marito, perfettamente padrona di sé. Robert spiega che si è trattato di un incidente e invita tutti a tornare nelle proprie stanze per la notte: "Domani renderemo onore al nostro amico Jurieu".
Ispirato ai classici della commedia francese, La règle du jeu è il ventiquattresimo film di Jean Renoir ed è considerato il suo capolavoro. Due mesi dopo la sua presentazione in sala a Parigi (8 luglio 1939), la Francia era in guerra con la Germania. Del contesto politico e sociale che preparò il secondo conflitto mondiale ‒ e che in Francia fu segnato dalla caduta di quelle speranze del Fronte Popolare che avevano ispirato film come La vie est à nous (1936) e La Marseillaise (La Marsigliese, 1937) ‒ La règle du jeu è a suo modo prodotto e sintomo.
Film corale, presenta otto personaggi principali, che attraverso un gioco di spostamenti e contraddizioni cercano ciascuno il proprio spazio invadendo quello degli altri e creando una struttura instabile, il cui senso più profondo è quello dell'ambiguità. Gioco già presente nel teatro settecentesco, che Renoir riprende amplificandolo e facendone una perfetta metafora della società del tempo e di quella profonda instabilità che si tradurrà di lì a poco nella tragedia della guerra. Nel suo gioco di specchi, nell'intrecciarsi degli amori impediti, nella ricerca, in definitiva, di un'identità per i suoi personaggi, Renoir sembra indicare un unico punto di consistenza, quello che dà il titolo al film: la regola del gioco, vale a dire la dialettica di Apollo e Dioniso che è costante nelle sue opere, e che assurge qui a struttura stessa e a senso profondo del film. Gioco in cui si articolano inconscio e coscienza, pulsioni, rimozioni e ritorni del rimosso. La borghesia, ci dice Renoir, ha portato questo gioco al suo livello di massima sofisticazione, di massima censura e al tempo stesso di massima coscienza di tale censura. L'incapacità della borghesia di trovare uscite dal funzionamento di tali dinamiche, l'implosione della Natura che la borghesia realizza, preludono alla violenza e alla deflagrazione, come il film sembra dirci attraverso l'omicidio finale.
Sul piano stilistico, La règle du jeu segna il compimento della ricerca renoiriana sullo spazio e sul tempo continui già in atto nei film precedenti. Le vedute attraverso le finestre, l'uso di praticabili, i movimenti di macchina (gru, carrelli, panoramiche), il 'tempo reale', la profondità di campo, trovano in La règle du jeu un compendio di straordinaria efficacia, punteggiato da elementi mediatizzanti quali la trasmissione radio dell'inizio del film, il cannocchiale, il teatro, gli ambienti di passaggio, i corridoi e i saloni. L'insieme di questi indici stilistici, coniugato con il gioco degli attori, definisce una pratica del cinema che a ragione può definirsi 'moderna', poiché invera la tensione, caratteristica della 'modernità' cinematografica, verso l'operazione metalinguistica da un lato e l'apertura del testo nei confronti dei suoi materiali dall'altro. Il referente privilegiato, il luogo per eccellenza dei materiali che il testo lavora diviene così il set, con le dinamiche che vi si producono, non solo tra i personaggi ma anche tra gli attori e tra gli attori e il regista (e tra il film e lo spettatore). È nella sua struttura dunque che La règle du jeu realizza il senso profondo del proprio discorso (l'instabilità dei rapporti e il gioco della rimozione), mettendo in gioco il cinema come processo di scoperta-invenzione del referente e del suo senso. Motivo, questo, che i giovani della Nouvelle vague riprenderanno, coniugandolo con il neorealismo fenomenologico di Rossellini e ponendolo alla radice del loro cinema.
Interpreti e personaggi: Marcel Dalio (Robert de la Chesnaye), Nora Gregor (Christine de la Chesnaye), Roland Toutain (André Jurieu), Jean Renoir (Octave), Mila Parély (Geneviève de Marras), Odette Talazac (Charlotte de la Plante), Pierre Magnier (generale), Pierre Nay (Saint-Aubin), Anne Mayen (Jackie), Paulette Dubost (Lisette), Gaston Modot (Schumacher), Julien Carette (Marceau), Eddy Debray (Corneille).
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Sceneggiatura: La règle du jeu, a cura di O. Curchod, Ch. Faulkner, Paris 1999.