Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La Restaurazione non riesce a impedire che le forze messe in movimento dalla Rivoluzione francese emergano prepotentemente, per quanto essa si accompagni a uno sforzo generale dei governi che non è solo politico, ma soprattutto culturale e istituzionale. Se l’epicentro di questa insofferenza è ancora la Francia, agitata dalle grandi battaglie in difesa delle libertà costituzionali, è in realtà periferiche – quali l’Italia, la Spagna e la Grecia – che la ribellione si manifesta in forme aperte.
La Francia dei Borbone
“Il fanciullo era cresciuto, e si vedeva, o ci si accorgeva alla prova, che non poteva rientrare negli abiti di una volta”, scrive Benedetto Croce, spiegando la difficoltà di chi dopo il 1815 vorrebbe restaurare un sistema ormai scosso alle fondamenta dalle vicende rivoluzionarie. E proprio in Francia, protagonista di quelle vicende, questa difficoltà emerge subito e con maggiore chiarezza. Il ritorno dei Borbone è accompagnato da una Carta costituzionale, che, solo per il fatto di essere “concessa”, conferma come rimanga estraneo a quella dinastia il concetto di sovranità popolare; inoltre – come si disse allora – in Francia si assiste al contrapporsi di due realtà, l’una tesa alla riaffermazione di antichi privilegi e l’altra legata indissolubilmente alle conquiste ideali e materiali della Rivoluzione francese.
In Francia si apre così una stagione politica di singolare intensità intellettuale: uomini come Benjamin Constant, Victor Cousin, François Guizot difendono idee e istituzioni della nuova civiltà liberale, definendo in forme che rimarranno esemplari le garanzie individuali, la funzione della libertà di stampa e di associazione, i rapporti tra parlamento e sovrano. A questa battaglia reca un contributo importante anche il lavoro degli storici: Augustin Thierry, Adolphe Thiers e Guizot scavano con le loro opere nel passato della nazione o nelle più recenti giornate della rivoluzione e dell’impero, per ritrovarvi il filo di un’ininterrotta tradizione di libertà. Nel febbraio del 1820, tuttavia, l’assassinio del duca di Berry, probabile successore al trono, imprime una svolta in senso ancor più reazionario alla politica borbonica. La legge detta del “miliardo”, perché con tale cifra si intende indennizzare i nobili “emigrati” che avevano perso i loro beni durante la rivoluzione, rappresenta – sotto il nuovo e ancor più chiuso sovrano Carlo X – il punto di partenza di un’offensiva conservatrice che, all’opposto, favorisce il coalizzarsi dei ceti più diversi e moderni (dalla borghesia finanziaria al proletariato urbano) presenti nella società francese. Sono queste forze, differentemente orientate tra liberalismo e democrazia, che danno vita alle nuove, “gloriose” giornate rivoluzionarie del luglio del 1830.
Austria, Prussia, Russia e Italia
Anche dove la Restaurazione si manifesta nelle forme ideologicamente e politicamente più chiuse, il dinamismo dello sviluppo economico e intellettuale crea evidenti contraddizioni.
Nell’area tedesca, in particolare, la nascita della Confederazione germanica viene salutata come un’opportunità per superare le vecchie frammentazioni doganali e avviarsi alla creazione di una grande area (Zollverein) di libera circolazione delle merci. Il processo di modernizzazione è agevolato dall’abolizione generalizzata degli obblighi servili da parte dei contadini, in particolare in Prussia, dove tradizionale era il predominio della grande proprietà terriera (con gli Junker). Altrettanto non accade però in Austria, né soprattutto in Russia, dove la servitù della gleba rimane l’elemento portante di un’arretrata economia agricola e il fondamento di un ordine politico illiberale.
A differenza di quanto avviene in Francia, l’assenza di un sia pur controllato dibattito favorisce il diffondersi di associazioni segrete, nelle quali confluiscono antichi discepoli della massoneria e militari influenzati dagli ideali della Rivoluzione o dal modello dello Stato napoleonico. In Germania sono soprattutto le associazioni studentesche (le Burschenschaften) e la Lega della virtù (Tugendbund) a farsi interpreti del malcontento per l’assoluta mancanza di garanzie di libertà; mentre in Russia la Lega della liberazione si organizza sin dal 1816 intorno a un programma di modernizzazione politica ed economica dell’impero. È in questo ambiente che nel dicembre del 1825 matura l’insurrezione decabrista, nella quale si tenta la sollevazione delle truppe, radunatesi per l’occasione nella capitale contro il nuovo zar Nicola I. La rapida e feroce repressione, però, mette in luce un isolamento delle avanguardie liberali dalla maggior parte della società russa: il rapporto tra intellettuali e popolo, e cioè il modo di ricucire questa separazione, diventerà da questo momento uno dei grandi interrogativi della migliore cultura russa dell’Ottocento.
In tutti gli Stati della penisola italiana, invece, all’indomani del 1815, si assiste al tentativo di riassopire una società che nel periodo napoleonico aveva dato segni di inattesa vivacità. Una parziale eccezione è rappresentata dalla Toscana e dalla Lombardia austriaca, dove sembra in qualche modo riproporsi la tradizione dell’assolutismo illuminato.
A Milano con “Il Conciliatore” e a Firenze con l’“Antologia”, fondata dal ginevrino Giampietro Vieusseux che dà vita anche a un importante gabinetto scientifico-letterario, si assiste alla nascita di due riviste fortemente rappresentative delle idealità del tempo. Nelle loro pagine, infatti, si affacciano i protagonisti della nuova cultura romantica, in dichiarata opposizione ai sostenitori della tradizione classicista; è una battaglia, quella classico-romantica, che dalla letteratura non tarda a trasferirsi alla politica. La rivendicazione di una letteratura nazionale, legata alle più moderne correnti europee e in grado di abbandonare i modelli stilistici del passato per affrontare i nuovi temi dell’interiorità individuale, si traduce in un’esigenza di libertà espressiva e d’indipendenza dallo straniero. La generazione romantica è, nella sua interezza, patriottica e coinvolta direttamente nei primi moti risorgimentali.