Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La conquista di Granada segna un momento esaltante, da un punto di vista politico e religioso, per gli esiti finali della “riconquista”. Le fasi precedenti l’episodio guerresco sono simili a quelle che hanno preceduto il fenomeno delle crociate, con ampie concessioni di privilegi, da parte papale, ai sovrani cristiani, e non meno ampie concessioni di indulgenze a quanti prendono le armi contro i Mori. Da parte loro i Mori del Regno di Granada testimoniano un alto grado di frammentazione politica che li porta inevitabilmente alla sconfitta. Con il Regno moresco scompare un luogo di contatto e conoscenza tra culture diverse.
Il vassallaggio moresco
A partire dal 1272, l’ultima postazione musulmana nella penisola iberica rimane il Regno di Granada, una regione che si estende nella parte sud-orientale della Spagna occupando buona parte della costa in prossimità dello Stretto di Gibilterra. Si tratta di una provincia strategicamente importante, poiché attraverso di essa i Mori potranno esercitare nei secoli successivi un’influenza sulla politica iberica, attraverso complessi intrecci di alleanze e vassallaggio con le potenze cristiane. Il matrimonio tra Isabella di Castiglia e Ferdinando il Cattolico e la loro rispettiva ascesa al trono di Castiglia e di Aragona pongono le premesse di una definitiva soluzione del problema della persistenza moresca, in quanto i due sovrani, potendo procedere di comune accordo, esprimono i termini di una strategia politica che presenta le stesse caratteristiche quanto alla riaffermazione della matrice cattolica nei due regni.
Dopo che Isabella ha affrontato la guerra con Alfonso V di Portogallo, che rivendicava alla moglie Giovanna la successione legittima sulla corona di Castiglia, il dispendio di risorse economiche che il conflitto ha comportato ha ripercussioni in entrambi i regni. La risoluzione di questi problemi sembra essere determinata anche dall’allettante possibilità di una legittima appropriazione di tutti i benefici ecclesiastici, vigenti nel Regno di Granada, che viene riconosciuta da una bolla di papa Innocenzo VIII dell’8 dicembre 1484. Essa concede, tra l’altro, il patronato delle chiese e dei monasteri del Regno di Granada con la facoltà, da parte dei sovrani spagnoli, di presentare alla Santa Sede i nominativi di vescovi e abati scelti da loro stessi.
Le fonti tradizionali attestano che il sultano del Regno di Granada, Muley Abu al-Hasan, si oppone al tributo che il suo Stato deve pagare nei confronti dei sovrani di Castiglia. Alle richieste da parte di questi ultimi che l’omaggio vassallatico sia rinnovato come condizione della conferma della tregua tra musulmani e cristiani, il sovrano moro risponde minacciosamente che le monete per pagare il tributo servono ai suoi sudditi per fabbricare armi contro i cristiani. È con queste premesse che i due regni cristiani, agli inizi degli anni Ottanta del Quattrocento, procedono assieme, sul piano militare, contro il Regno di Granada.
La crisi dei due sultani
Il conflitto ha una durata più che decennale, poiché le operazioni militari sono inframmezzate con trattative tra i sovrani cattolici e i personaggi che guidano le diverse città moresche diventate obiettivo di attacchi militari cristiani. Il marchese di Cadice Rodrigo Ponce de Léon ottiene il primo significativo risultato già nel febbraio 1482, quando penetra negli Stati moreschi conquistando la città di Alora, che si arrende alla fine di giugno del 1484. La città conquistata si trova a poca distanza da Granada capitale del regno, di cui Alora costituisce una sorta di avamposto difensivo. Proprio per questo gli abitanti della capitale Granada si ribellano al sultano, nominando al suo posto il figlio Boabdil (Abu ‘Abd Allah). Il sultano spodestato si salva con la fuga e si rifugia a Malaga presso il fratello Zaghal.
Come conseguenza di questa vicenda, scoppia una guerra civile tra il sultano spodestato e il figlio, a causa della quale si rompe il fronte difensivo dei Mori nei confronti degli attacchi cristiani. Il nuovo sultano, per fronteggiare contemporaneamente i suoi nemici cristiani e i sostenitori del vecchio sultano, assedia la città di Lucene che viene liberata dall’intervento cristiano; nel corso della battaglia, lo stesso Boabdil viene fatto prigioniero. La detenzione del giovane riunifica le truppe moresche sotto la guida e l’esperienza del padre. Ferdinando, per cercare di frantumare di nuovo il riacquistato amalgama del fronte moresco, libera il giovane capo musulmano e lo dota di mezzi finanziari e di milizie per essere in grado di affrontare il padre.
La conquista del Cattolico
Le truppe ferdinandee entrano nel regno dei Mori, ottenendo risultati cospicui in termini di conquiste di centri urbani. Nel settembre del 1484 viene acquisita Setenil, nel maggio del 1485 Ronda, un anno dopo Loja; infine, nell’aprile del 1487 e nel successivo agosto, prima Vélez-Málaga, poi Málaga. Di fronte ai disastri militari che hanno fatto perdere centri importanti del regno, i “reguli” che guidano le città moresche decidono di porre alla guida dello Stato un nuovo sultano, sostituendo i due fautori della guerra civile. Viene scelto Zaghal, fratello del vecchio sultano e zio di Boabdil. La grave crisi militare che ha colpito il regno moresco non si arresta nonostante il cambio dinastico, poiché Zaghal, nel corso del 1489, perde Baza, Cadige e Almeria.
Lo slancio delle armate cristiane viene rinsaldato dalla bolla papale del 1479 di indizione della crociata, più volte reiterata negli anni successivi. Essa offre, come controprestazione al pagamento di una somma stabilita, l’indulgenza plenaria, l’assoluzione da peccati riservati, la commutazione di voti, il perdono e l’omissione di censure, dell’interdetto, del digiuno. Si tratta di una sorta di composizione pecuniaria per delitti spirituali realmente commessi o soltanto imputati. Due anni più tardi, infine, è la stessa capitale del regno e residenza del sultano a essere minacciata dalle truppe dei due re cattolici, i quali il 6 gennaio del 1492 penetrano con il loro esercito all’interno delle mura della città islamica.
A distanza di otto secoli dalla conquista musulmana del regno visigoto i seguaci di Maometto sono costretti ad abbandonare la penisola iberica e lasciano nelle mani di Isabella e Ferdinando la città che meglio rappresenta la civiltà araba, conservando nel suo seno l’Alhambra e la Generalife, monumenti tra i più rappresentativi dell’arte orientale. Proprio Granada era stata fondata dagli Arabi nel 756 presso le rovine della città di Illiberis divenendo, dopo la conquista di Cordova, la capitale dell’ultimo dei regni dei Mori.
La cacciata dei Mori
La costante crescita civile e socio-economica che ha caratterizzato Granada durante i secoli della presenza moresca e la specificità che si è espressa grazie all’influenza di maestranze artigiane arabe viene intaccata a causa della conquista cristiana. Inoltre viene meno il ruolo di cerniera fra i due mondi, quello islamico e quello cristiano, che la città ha svolto nel corso del basso Medioevo. La conquista dei re cattolici sottopone a dura prova l’economia della provincia andalusa e ne consegue una grave crisi. L’avvento degli Spagnoli si manifesta con una forte pressione politico-religiosa, che ha l’obiettivo di costringere la popolazione moresca alla conversione, oppure all’emigrazione, determinando una condizione di forte insicurezza che non favorisce la vitalità civile ed economica. Ripercussioni di questa condizione di subalternità si manifesteranno a lungo termine con la rivolta e la conseguente repressione dei moriscos sotto Filippo II, nel 1561. La débâcle che interessa la città capoluogo dell’ultimo regno di Granada è testimoniata dalla crisi demografica: la popolazione, che nell’ultima età moresca ha raggiunto i 200 mila abitanti, ai primi dell’Ottocento si presenta come quella di una modesta provincia spagnola di circa 18 mila abitanti.