‘Grande gioco’ è la definizione attribuita tradizionalmente dagli storici alla competizione scatenatasi, nel 19° secolo, tra Impero britannico e Impero russo per il controllo della regione centro-asiatica e del subcontinente indiano. Nel quadro del contesto regionale post-bipolare, un numero crescente di analisti ha ripreso la denominazione di ‘Grande gioco’ per indicare la competizione tra Russia e Stati Uniti per l’influenza sullo spazio meridionale della ex Unione Sovietica - dal Caucaso sino all’Asia centrale. Obiettivo e al contempo strumento della riedizione del Grande gioco sarebbe lo sfruttamento e il trasporto delle ingenti - e in gran parte inesplorate - risorse energetiche di un’area rimasta, fino al 1991, economicamente e politicamente isolata rispetto alla comunità internazionale.
Per quanto sia innegabile che - specie nella seconda metà degli anni Novanta - Russia e Stati Uniti siano stati protagonisti di un’accesa competizione regionale, ridurre le dinamiche in atto nell’area a una competizione a due russo-statunitense appare tuttavia fuorviante. Le dinamiche geopolitiche intrecciatesi nell’area all’indomani della dissoluzione sovietica presentano, infatti, caratteristiche estremamente più complesse rispetto a quelle ottocentesche, tanto sotto il profilo ‘qualitativo’ - per la varietà degli scenari politici, militari ed economici - quanto sotto il profilo meramente ‘quantitativo’. Oltre ai due paesi già richiamati, risultano difatti attivamente impegnati nell’area anche altri e rilevanti attori, che vanno dalla Turchia all’Iran, dall’Unione Europea alla Cina, ciascuno con le proprie motivazioni - geostrategiche, energetiche, di sicurezza - e con i propri approcci - economico, culturale, religioso. A completare la sostanziale diversità dell’odierna riedizione del ‘Grande gioco’ contribuisce infine la circostanza che, a differenza che in passato, i leader nazionali degli stati terreno di confronto, lungi dal contrastare l’influenza straniera, sembrano piuttosto inclini a massimizzarne i benefici, tanto in termini di investimenti, quanto dal punto di vista dell’importazione di modelli sui quali basare il proprio sviluppo politico, economico e sociale.