La riforma del riesame delle misure cautelari reali
Nel contesto della riforma delle misure cautelari, seppur di riflesso, è toccato anche il tema delle cautele reali. Il punto centrale riguarda la disciplina del riesame, per effetto delle ricadute delle interpolazioni normative attuate ed omesse, generando – da subito – alcuni non secondari contrasti interpretativi.
Se la l. 16.4.2015, n. 47 ha polarizzato l’attenzione degli operatori sulla disciplina delle misure cautelari personali, suscitando opinioni contrastanti, non minore interesse prospettano le ricadute delle modifiche sulla disciplina delle misure cautelari reali.
Il discorso è reso complesso in quanto il legislatore non interviene direttamente sulla disciplina de qua, ma attraverso i richiami – vecchi e nuovi – alle regole operanti per le misure cautelari personali. Il tema riguarda soprattutto la materia delle impugnazioni.
Il tema, invero, apparentemente non pare prospettare eccessivi dubbi per quanto attiene al giudizio d’appello ed il giudizio di rinvio.
Infatti, alla luce del richiamo all’art. 310 c.p.p., seppur nei limiti della compatibilità, il nuovo comma 2 dell’art. 310 c.p.p., contenuto al comma 2 dell’art. 322 bis c.p.p., che prevede i nuovi termini per il deposito del provvedimento, sarà operante anche nell’appello dei provvedimenti cautelari reali: trenta giorni o quarantacinque giorni in relazione alla complessità soggettiva o oggettiva del provvedimento. Sono escluse le perdite di efficacia della misura e, conseguentemente, il divieto di riproposizione.
Una significativa modifica della procedura di gravame delle misure cautelari personali è stata introdotta al comma 5 bis dell’art. 311 c.p.p., prevedendo che in caso di annullamento con rinvio del provvedimento che ha disposto o confermato la misura ai sensi del comma 9 dell’art. 309 c.p.p., la decisione deve essere pronunciata entro dieci giorni dalla ricezione degli atti e che l’ordinanza va depositata entro trenta giorni dalla decisione, esclusa la possibilità del più lungo termine di quarantacinque giorni previsto ex artt. 309, co. 10 e 310, co.2, c.p.p.
Il mancato richiamo al citato comma 5 bis dell’art. 311 c.p.p. da parte dell’art. 325 c.p.p. rende inoperante la previsione in sede di gravami cautelari con le ulteriori implicazioni di cui alla previsione di nuovo conio.
L’aspetto più problematico, oggetto di interpretazioni contrapposte, è costituito dalla disciplina del riesame e dal preciso significato da attribuire alla previsione per la quale al comma 7 dell’art. 324 c.p.p. le parole «articolo 309 comma 9» sono sostituite dalle seguenti: «articolo 309 commi 9 e 9 bis».
La questione controversa riguarda l’operatività del nuovo comma 10 dell’art. 309 c.p.p. ove si prevede oltre al nuovo termine per il deposito del provvedimento, la perdita di efficacia della misura ed il divieto di riproposizione della stessa, salve eccezionali esigenze cautelari. Si sostiene, al riguardo, che si tratterebbe di un rinvio meramente recettizio, cioè, di tipo statico. Conforterebbero queste conclusioni la difficile sovrapposizione delle due situazioni, così da non rendere il richiamo compatibile con le misure cautelari reali. Non si prospettano argomenti sul punto, in conseguenza del mancato richiamo nella procedura de qua del comma 5 bis dell’art. 311 c.p.p.
Le affermazioni non possono essere condivise.
Sotto il profilo formale, il richiamo al comma 9 era necessario dovendosi inserire una virgola al posto della «e»; collocato dopo la virgola, il riferimento al comma 9 bis, non c’era bisogno di richiamare nulla del seguito, perché la previsione poteva regolarmente proseguire, essendo già prevista la «e» ed il comma 10.
In altri termini, il richiamo espresso del comma 9 non può essere assunto come elemento formale, sotto nessun profilo, in relazione al comma 10.
Il richiamo al comma 9 di cui all’art. 324, co. 7, c.p.p. deve sicuramente essere riferito al contenutodel nuovo comma 9 dell’art. 309 c.p.p. È invero indiscutibile che anche per le misure cautelari reali operi la nuova previsione di cui all’art. 292 c.p.p. in materia di motivazione e soprattutto di autonomia delle argomentazioni poste alla base del provvedimento. Sarebbe inutile quest’onere, se non fosse sanzionato, anche in materia di misure cautelari reali, dai nuovi poteri di controllo del giudice del riesame.
Nessun problema dovrebbe essere sollevato in relazione al richiamo al comma 9 bis. Se il legislatore non avesse voluto richiamarlo, sarebbe bastato non farlo. Invece, il richiamo del nuovo comma 9 bis non può essere messo in discussione, unitamente al suo contenuto, che assume un significativo rilievo proprio in relazione al comma 10 (che non richiedeva nessun richiamo essendo già previsto dal comma 7 dell’art. 324 c.p.p.).
Il riferimento non riguarda la possibilità del differimento dell’udienza, ma la previsione per la quale il termine per la decisione e quello per il deposito dell’ordinanza sono prorogati nella stessa misura. Ora, il termine per il deposito della misura non era previsto prima della riforma; si tratta di un elemento di assoluta novità, introdotto proprio al comma 10. In altri termini, con il comma 9 bis dell’art. 309 c.p.p, richiamato nell’art. 324, co. 7, c.p.p., il legislatore fissa anche per il riesame delle misure cautelari reali il tempo del deposito, cioè, non si tratta del richiamo al vecchio comma 10 dell’art. 309 c.p.p., ma al nuovo comma 10 c.p.p. È ragionevole ritenere che la previsione di un termine – rigido, perché allungabile per il differimento – al pari di quello operante per le decisioni, in caso di mancato rispetto, determini la perdita di efficacia della misura e per l’effetto la nuova previsione che ne esclude la reiterazione, fatta salva l’eccezionalità delle esigenze cautelari.
Se in occasione della riforma della l. 8.8.1995, n. 332 il legislatore non aveva toccato le norme del riesame delle misure cautelari reali, questa volta appare difficile poter concludere negli stessi termini.
Non si prospettano problemi, invece, in ordine all’operatività della disposizione introdotta all’art. 292 c.p.p. relativamente alla necessità di una valutazione “autonoma” dei presupposti e degli elementi posti a fondamento della decisione, con superamento delle cd. motivazioni per relationem della necessità – comunque – dell’attualità dei pericula, ancorché diversi per quanto attiene alla res, dei poteri di controllo e di annullamento da parte del Tribunale del riesame.