La riforma della dirigenza sanitaria
L’attuazione della riforma della dirigenza sanitaria di cui al d.lgs. 4.8.2016 n. 171 mira ad assicurare, nel rispetto dei principi fondamentali individuati dalla legge delega 7.8.2015, n. 124, mediante la pubblicità dei sistemi selettivi e degli obiettivi programmatici, la formazione di una classe manageriale, nel settore della sanità pubblica, dotata di elevate competenze professionali, e, quindi, tendenzialmente indipendente dalle influenze politiche.
Con d.lgs. 4.8.2016, n. 171, pubblicato in G.U. del 3.9.2016, n. 206 e in vigore dal 18.9.2016, il Governo ha dato attuazione alla delega di cui alla l. 7.8.2015, n. 124 (segnatamente art.11, co. 1, lett. p), che – secondo il modello costituzionale della legislazione delegata (art. 77 Cost.) e della normazione primaria concorrente (art. 117 Cost.) – ha definito i principi fondamentali per la riforma della dirigenza pubblica, con specifico riguardo alla dirigenza sanitaria e, segnatamente, al conferimento degli incarichi di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario nonché, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi sociosanitari delle aziende e degli enti del Servizio Sanitario Nazionale – fermo restando quanto previsto dall’art. 3-bis del d.lgs. 30.12.1992, n. 502 e successive modificazioni – per quanto attiene ai requisiti, alla trasparenza del procedimento finalizzato alla scelta e dei risultati, alla verifica e alla valutazione dell’attività dirigenziale.
La riforma della dirigenza sanitaria, da iscrivere nel più ampio disegno di riforma della dirigenza pubblica, costituisce rispetto a questo un modello derogatorio – e, dunque, speciale – in ragione della peculiare “autonomia” che la figura del dirigente sanitario riveste rispetto al comune modello di dirigente pubblico, come delineato dalla disciplina generale di cui al d.lgs. 30.3.2001, n. 165.
La ragione di questa specialità – si è autorevolmente evidenziato – risiede «anzitutto, anche se non solo, nella considerazione che i dirigenti e, più in generale, gli operatori sanitari agiscono nel terreno estremamente sensibile dei diritti sociali costituzionalmente garantiti, che richiedono inderogabilmente azioni positive da parte dei poteri pubblici per la loro effettiva soddisfazione, in favore di un’utenza che, per il principio di universalità del servizio sanitario, nemmeno coincide con i soli possessori dello status di cittadini. L’esigenza di garantire un’azione amministrativa efficace ed efficiente, anzitutto per salvaguardare i livelli essenziali di assistenza sanitaria, deve misurarsi però con l’esigenza di contenere il disavanzo della spesa pubblica e raggiungere l’equilibrio economico delle singole aziende, sempre più forte e avvertita dal legislatore proprio per le gravi inefficienze registratesi nel Servizio Sanitario Nazionale, sicché al dirigente sanitario sono richieste elevate capacità manageriali, che contemperino l’esigenza di garantire fondamentali obiettivi, per la soddisfazione di esigenze primarie e costituzionalmente garantite quanto meno nel loro nucleo irriducibile, con l’altrettanto fondamentale esigenza di assicurare il rispetto dei vincoli di bilancio, a livello nazionale ed europeo, e di contenere la spesa pubblica»1.
Il significativo rilievo assegnato dal legislatore alle regole d’ingaggio del personale dirigenziale del settore sanitario, alla figura del direttore generale e l’attenzione prestata, nella definizione dei principi generali, all’istituto della revoca dell’incarico dirigenziale e di risoluzione del rapporto costituiscono gli aspetti salienti della riforma incentrata, pertanto, sui seguenti elementi connotativi:
1) l’affermazione della natura meritocratica delle nomine;
2) l’adozione di una serie di cautele procedimentali per ridurre o, comunque, meglio disciplinare l’influenza degli organi politici nella selezione dei dirigenti sanitari;
3) la predisposizione di un iter procedimentale, configurabile in termini di “giusto procedimento” alla base dell’esercizio del potere di revoca dei direttori generali;
4) la necessità di evitare ogni forma, anche surrettizia, di spoils system2.
Anche nel nuovo assetto normativo la figura del direttore generale riveste un ruolo di assoluta centralità: ad esso viene riconosciuta non solo la titolarità di obbligazioni di risultato, dovendo garantire il raggiungimento degli obiettivi primari stabiliti dal Piano Sanitario (nazionale, regionale ed aziendale), ma anche di obbligazioni di mezzi, dal momento che il perseguimento delle anzidette finalità deve essere attuato mediante una sapiente gestione delle risorse e un’efficiente organizzazione dell’apparato amministrativo.
Nel settore sanitario, infatti, in misura significativamente preponderante rispetto ad altri settori dell’azione amministrativa finalizzata all’erogazione dei pubblici servizi, la correlazione tra “organizzazione e diritti”3, è tanto stretta e delicata da giustificare l’ampia portata derogatoria della disciplina della dirigenza sanitaria, la cui azione è improntata a schemi e moduli di carattere imprenditoriale.
È noto che, trascorsi alcuni anni dalla riforma sanitaria attuata con la l. 23.12.1978, n. 833, a causa delle numerose inefficienze registrate e della pervasiva diffusione di fenomeni di politicizzazione e di corruttela nell’organizzazione del Servizio Sanitario, si è tentato di porre rimedio alla situazione mediante le riforme di cui ai d.lgs. n. 502/1992 e 7.12.1993, n. 517 (con le successive modifiche apportate dal d.lgs. 19.6.1999, n. 229), miranti ad attuare il processo di regionalizzazione e di aziendalizzazione del Servizio sanitario, mercé l’introduzione di criteri imprenditoriali e di moduli aziendalistici nell’organizzazione del servizio pubblico.
In particolare, già alla stregua di quanto previsto dal d.lgs. n. 502/1992, che aveva disegnato le aziende sanitarie come persone giuridiche pubbliche dotate di autonomia imprenditoriale, il cui principale interlocutore istituzionale è la Regione, vi era stata la volontà del legislatore di configurare un rapporto di tendenziale separazione tra politica e amministrazione: al vertice dell’azienda sanitaria, secondo il modello del management privato, era stato posto l’organo monocratico del direttore generale, con poteri di rappresentanza e di governo dell’azienda, “con tutti i poteri di gestione” (art. 3, co. 6, del d.lgs. n. 502/1992), al quale spettava la responsabilità della direzione aziendale, l’adozione degli atti aziendali di diritto privato, nonché la nomina del direttore sanitario e del direttore amministrativo, che lo coadiuvano, ciascuno per il settore di competenza, e che, insieme con lo stesso direttore generale, costituiscono la Direzione aziendale (cd. triade).
A rafforzare il regime di responsabilità del direttore generale era, poi, intervenuta la previsione come ipotesi di decadenza dall’incarico del «mancato raggiungimento dell’equilibrio economico delle aziende sanitarie e ospedaliere, nonché delle aziende ospedaliere autonome» di cui all’art. 52, co. 4, lett. d), della l. 27.12.2002, n. 289.
Era stato previsto, altresì, il carattere esclusivo del rapporto di lavoro del direttore generale e la sua regolamentazione mediante la stipula di un contratto di diritto privato della durata minima di 3 anni e massima di 5 anni4.
Proprio l’elevata instabilità dell’incarico di direttore generale registratasi nella prassi ha costituito una delle maggiori criticità del processo di aziendalizzazione delle strutture sanitarie, costituendo un serio impedimento alla programmazione della gestione aziendale di mediolungo periodo, idonea ad incidere effettivamente sull’organizzazione aziendale.
Altro snodo nevralgico del sistema – che la riforma del 2016 ha cercato di regolare al meglio – è rappresentato dal rapporto tra l’indirizzo politico regionale e la gestione aziendale: nell’impianto legislativo attualmente vigente il rapporto del direttore generale con l’azienda e, più in generale, con l’amministrazione regionale ha “natura privatistica e fiduciaria” (art. 2, co. 1, lett. u, della l. 30.11.1998, n. 419) e gli spazi di autonomia politica riservati alla Giunta regionale nella scelta del direttore generale sono funzionali ad assicurare una fondamentale coerenza tra l’indirizzo politico regionale e la gestione aziendale. L’effettivo contenuto di questo essenziale rapporto tra indirizzo politico regionale e gestione aziendale del direttore generale è tra i punti più delicati e controversi della dirigenza pubblica ed è un problema al quale la riforma del 2016 ha inteso porre rimedio con la previsione dell’elenco nazionale dei dirigenti generali, in relazione al procedimento di nomina, e con la previsione di un onere motivazionale ancorato a dati oggettivi, in relazione al provvedimento di revoca dall’incarico.
Si tratta di un aspetto sul quale la Corte costituzionale si è più volte pronunciata, precisando che il rapporto di fiduciarietà politica insito nel meccanismo della nomina del direttore generale non può sconfinare in uno spoils system senza limiti e garanzie, sicché la sua nomina e, ancor più, la sua rimozione deve passare attraverso un “giusto procedimento” di verifica dei risultati della gestione, tenendo conto della condizione economico-finanziaria di partenza della singola azienda, del budget assegnato e degli obiettivi di salute e di gestione fissati dalla Regione. La posizione del direttore generale, in altri termini, deve essere garantita per evitare che la sua posizione di dipendenza funzionale, rispetto alla volontà politica della Giunta regionale, si trasformi in dipendenza politica5.
Ancora più di recente, la Consulta ha ribadito che i direttori generali devono essere considerati “funzionari neutrali”, poiché non sono nominati in base a criteri “puramente fiduciari”, essendo l’affidamento dell’incarico subordinato al possesso di specifici requisiti di competenza e di professionalità, e non richiedendosi agli stessi “la fedeltà personale alla persona fisica che riveste la carica politica”, ma la «corretta e leale esecuzione delle direttive che provengono dall’organo politico, quale che sia il titolare pro tempore»6.
L’esigenza di assicurare la “neutralità amministrativa” del direttore generale ha spinto, perciò, il legislatore del 2016 a prevedere, in coerenza con le finalità più generali di trasparenza e imparzialità perseguite dalla l. n. 124/2015, una procedura bifasica per la designazione dei direttori generali, mediante l’istituzione di un elenco nazionale, tenuto e aggiornato da una apposita Commissione nazionale, di soggetti qualificati, elenco al quale la Commissione regionale deve, poi, necessariamente attingere per individuare la rosa (non inferiore a tre e non superiore a cinque) dei candidati idonei all’incarico da sottoporre all’organo politico perché questo eserciti il suo potere di nomina. In tal modo, la legge ha voluto valorizzare un modello di merit system che eviti, almeno nella prima fase del procedimento di nomina, il rischio di trasformare la dipendenza funzionale del dirigente sanitario in dipendenza politica secondo il modello dello spoils system.
Il d.lgs. n. 171/2016 avente ad oggetto «Attuazione della delega di cui all’articolo 11, comma 1, lettera p), della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di dirigenza sanitaria» si compone di nove articoli, dei quali i primi due dedicati all’individuazione, alla nomina, alla conferma e alla revoca dei direttori generali delle aziende sanitarie (e degli altri enti in cui si articola il sistema sanitario); il terzo al conferimento degli incarichi di direttore sanitario, direttore amministrativo e, ove previsto dalla legislazione regionale, di direttore dei servizi sociosanitari delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio Sanitario Nazionale; il quinto alle disposizioni in materia di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi sin qui menzionati; il sesto alle aziende ospedaliere universitarie; il settimo alle competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome; l’ottavo alle disposizioni finanziarie; il nono alle abrogazioni e disposizioni finali.
Ai sensi degli artt.1 e 2 del d.lgs. n. 171/2016, per la nomina dei direttori generali è prevista l’istituzione presso il Ministero della salute, di un elenco nazionale dei soggetti idonei, da aggiornarsi ogni due anni, selezionati da una Commissione composta da cinque membri, di cui uno designato dal Ministro della salute con funzioni di presidente scelto tra magistrati ordinari, amministrativi, contabili e avvocati dello Stato, e quattro esperti di comprovata competenza ed esperienza, in particolare in materia di organizzazione sanitaria o di gestione aziendale, di cui uno designato dal Ministro della salute, uno designato dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, e due designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. I componenti della commissione possono essere nominati una sola volta e restano in carica per il tempo necessario alla formazione dell’elenco e all’espletamento delle attività connesse e conseguenziali.La commissione procede alla formazione dell’elenco nazionale dei soggetti idonei alla nomina di direttore generale, entro centoventi giorni dalla data di insediamento, previa pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito internet del Ministero della salute di un avviso pubblico di selezione per titoli. Alla selezione sono ammessi i candidati, che non abbiano compiuto sessantacinque anni di età, in possesso di:
a) diploma di laurea di cui all’ordinamento previgente al d.m. 3.11.1999, n. 509, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 4.1.2000, n. 2, ovvero laurea specialistica o magistrale;
b) comprovata esperienza dirigenziale, almeno quinquennale, nel settore sanitario7 o settennale in altri settori, con autonomia gestionale e diretta responsabilità delle risorse umane, tecniche e o finanziarie;
c) attestato rilasciato all’esito del corso di formazione in materia di sanità pubblica e di organizzazione e gestione sanitaria.
La Commissione, ai sensi del co. 6 dell’art. 1, procede alla valutazione dei titoli formativi e professionali e della comprovata esperienza dirigenziale assegnando un punteggio secondo parametri definiti con decreto del Ministro della salute, da emanare entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto n. 171/2016, e criteri specifici predefiniti nell’avviso pubblico di cui al co. 4, considerando in modo paritario: a) relativamente alla comprovata esperienza dirigenziale, la tipologia e dimensione delle strutture nelle quali è stata maturata, anche in termini di risorse umane e finanziarie gestite, la posizione di coordinamento e responsabilità di strutture con incarichi di durata non inferiore a un anno, nonché eventuali provvedimenti di decadenza, o provvedimenti assimilabili; b) relativamente ai titoli formativi e professionali, l’attività di docenza svolta in corsi universitari e post universitari presso istituzioni pubbliche e private di riconosciuta rilevanza, delle pubblicazioni e delle produzioni scientifiche degli ultimi cinque anni, il possesso di diplomi di specializzazione, dottorati di ricerca, master, abilitazioni professionali.
Gli ultimi due commi dell’art. 1 del decreto in commento specificano, inoltre, che il punteggio massimo complessivamente attribuibile dalla commissione a ciascun candidato è di 100 punti, che possono essere inseriti nell’elenco nazionale i candidati che abbiano conseguito un punteggio minimo non inferiore a 75 punti, punteggio assegnato ai soli fini dell’inserimento del candidato nell’elenco nazionale (co. 7) e che non possono essere reinseriti nell’elenco nazionale coloro che siano stati dichiarati decaduti dal precedente incarico di direttore generale per violazione degli obblighi di trasparenza di cui al d.lgs. 14.3.2013, n. 33, come modificato dal d.lgs. 25.5.2016, n. 97.
La seconda fase del procedimento di nomina è di pertinenza regionale: ai sensi dell’art. 2 del d.lgs. n. 171/2016, le Regioni nominano direttori generali esclusivamente gli iscritti all’elenco nazionale dei direttori generali. A questo scopo, la Regione interessata dovrà rendere noto, con apposito avviso pubblico, pubblicato sul sito internet istituzionale della Regione l’incarico che intende attribuire, ai fini della manifestazione di interesse da parte dei soggetti iscritti nell’elenco nazionale.
La valutazione dei candidati per titoli e colloquio verrà affidata ad una commissione regionale, la quale dovrà considerare anche gli eventuali provvedimenti di accertamento della violazione degli obblighi in materia di trasparenza.
La commissione, composta da esperti, indicati da qualificate istituzioni scientifiche indipendenti proporrà, quindi, al Presidente della Regione una rosa di candidati, non inferiore a tre e non superiore a cinque, nell’ambito dei quali viene scelto quello che presenta requisiti maggiormente coerenti con le caratteristiche dell’incarico da attribuire.
I co. 2 e 3 dell’art. 2 del decreto si occupano di due aspetti essenziali per la tenuta e l’efficacia della normativa in tema di dirigenza sanitaria, ossia, rispettivamente dei provvedimenti di nomina, conferma e revoca dei direttori generali e della definizione dei criteri di valutazione e di verifica dell’attività svolta da detti organi dirigenziali. In particolare, il co. 2 prescrive che i provvedimenti di nomina, conferma o revoca dei direttori generali – il cui incarico ha una durata prevista non inferiore a tre anni e non superiore a cinque – siano motivati e pubblicati sul sito internet istituzionale della Regione e delle aziende o degli enti interessati unitamente al curriculum del nominato, nonché ai curricula degli altri candidati inclusi nella rosa e che, all’atto della nomina di ciascun direttore generale, le Regioni definiscano e assegnino, aggiornandoli periodicamente, gli obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi con riferimento alle relative risorse, gli obiettivi di trasparenza, finalizzati a rendere i dati pubblicati di immediata comprensione e consultazione per il cittadino, con particolare riferimento ai dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale, da indicare sia in modo aggregato che analitico, tenendo conto dei canoni valutativi di cui al successivo co. 3, e ferma restando la piena autonomia gestionale dei direttori stessi. Alla scadenza dell’incarico, ovvero, nelle ipotesi di decadenza e di mancata conferma dell’incarico, le Regioni procedono, quindi, alla nuova nomina, previo espletamento delle procedure di cui all’articolo in commento. È previsto, altresì, che in caso di commissariamento delle aziende sanitarie locali, delle aziende ospedaliere e degli altri enti del Servizio sanitario nazionale, il commissario sia scelto tra i soggetti inseriti nell’elenco nazionale.
Il co. 3 dell’art. 2 si preoccupa di individuare gli elementi di valutazione dell’attività svolta dal direttore generale, sforzandosi di ancorarla a dati oggettivi e facilmente verificabili. Si prevede, infatti, che al fine di assicurare omogeneità nella valutazione dell’attività dei direttori generali, entro centoventi giorni dalla data di entrata in vigore del decreto n. 171/2016, con accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, sono definiti i criteri e le procedure per valutare e verificare tale attività. In particolare, è necessario tener conto: a) del raggiungimento di obiettivi di salute e di funzionamento dei servizi definiti nel quadro della programmazione regionale, con specifico riferimento all’efficienza, all’efficacia, alla sicurezza, all’ottimizzazione dei servizi sanitari e al rispetto degli obiettivi economico-finanziari e di bilancio concordati, avvalendosi anche dei dati e degli elementi forniti dall’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali; b) della garanzia dei livelli essenziali di assistenza, anche attraverso la riduzione delle liste di attesa e la puntuale e corretta trasmissione dei flussi informativi ricompresi nel Nuovo Sistema Informativo Sanitario, dei risultati del programma nazionale valutazione esiti dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali e dell’appropriatezza prescrittiva; c) degli obblighi in materia di trasparenza, con particolare riferimento ai dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale; d) degli ulteriori adempimenti previsti dalla legislazione vigente.
Il successivo co. 4 stabilisce che il procedimento di monitoraggio, da svolgersi decorsi ventiquattro mesi dalla nomina, sull’attività del direttore generale verifichi, appunto, i risultati aziendali conseguiti e il raggiungimento degli obiettivi, sin qui elencati, di cui ai co. 2 e 3, e in caso di esito negativo si concluda, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio, con la dichiarazione di decadenza immediata dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto. A questa ipotesi di decadenza si aggiungono poi quelle dei co. 5 (la ricorrenza di gravi e comprovati motivi, una situazione di grave disavanzo imputabile al mancato raggiungimento degli obiettivi di cui al co. 3, o in caso di manifesta violazione di legge o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità dell’amministrazione, nonché di violazione degli obblighi in materia di trasparenza di cui al d.lgs. 14.3.2013, n. 33, come modificato dal d.lgs. 25.5.2016, n. 97) e 6 (si tratta delle previsioni di cui: a) all’art. 52, co. 4, lett. d), della l. 289/2002; b) all’art. 3-bis, co. 7-bis, del d.lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, e all’art. 1, commi 534 e 535, della l. 28.12.2015, n. 208).
Con la disposizione di chiusura, dettata dal co. 7, il legislatore ha previsto, infine, che i provvedimenti di decadenza di cui ai co. 4 e 5 e quelli di decadenza automatica di cui al co. 6 siano comunicati al Ministero della Salute perché si proceda alla cancellazione dall’elenco nazionale del soggetto decaduto dall’incarico e che fermo restando quanto disposto dal co. 6, lett. a), dell’art. 1, secondo cui la Commissione nazionale, nell’assegnazione del punteggio, valuta eventuali provvedimenti di decadenza, i direttori generali decaduti possono essere reinseriti nell’elenco esclusivamente previa nuova selezione.
Per quanto riguarda, invece, le figure del direttore sanitario, del direttore amministrativo e, ove previsto, del direttore dei servizi sociosanitari il procedimento di nomina è solo in parte analogo, svolgendosi per intero in ambito regionale: secondo quanto previsto dall’art. 3 del d.lgs. n. 171/2016 il potere di nomina spetta, infatti, al direttore generale, che vi provvede attingendo obbligatoriamente agli elenchi regionali di idonei, anche di altre Regioni, appositamente costituiti, previo avviso pubblico e selezione per titoli e colloqui, effettuati da una commissione nominata dalla Regione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, e composta da esperti di qualificate istituzioni scientifiche indipendenti che non si trovino in situazioni di conflitto d’interessi, di comprovata professionalità e competenza nelle materie oggetto degli incarichi, di cui uno designato dalla Regione. Anche per questo tipo di incarichi, è prevista una durata non inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, mentre la sanzione della decadenza, da irrogare con provvedimento motivato, viene ricollegata alla sola ipotesi di manifesta violazione, di leggi o regolamenti o del principio di buon andamento e di imparzialità della amministrazione, con conseguente risoluzione del contratto, previa contestazione e nel rispetto del principio del contraddittorio.
Gli ulteriori articoli del decreto, dal quarto al nono, non contengono profili di significativa novità, ponendo piuttosto qualche elemento di problematicità sul punto del coordinamento tra norme che sarà esaminato nel successivo paragrafo.
Sebbene l’attuazione della riforma della dirigenza sanitaria sia, da un lato, coerente con le direttive della legge delega e, dall’altro, appaia essere frutto di una maggiore consapevolezza delle dinamiche distorte – soprattutto in termini di rapporti tra politica e amministrazione – registratesi nella prassi, non mancano diversi elementi di criticità nella normativa adottata, fin da subito segnalati dai primi commentatori ed evidenziati dal Consiglio di Stato allorché ha avuto modo di pronunciarsi sullo schema di decreto legislativo in sede consultiva.
In primo luogo, va segnalata l’attuale pendenza di una questione di legittimità costituzionale sull’intero impianto della l. n. 124/2015, anche con riferimento all’art. 11, co. 1, lett. p), sollevata in via principale dalla Regione Veneto, che ha lamentato la violazione delle competenze assegnatele dall’art. 117 Cost. in diverse materie; investe tra gli altri principi e criteri della legge di delega anche l’art. 11, co. 1, lett. p), poiché, secondo la Regione ricorrente, i principi e i criteri direttivi formulati dal legislatore delegante sarebbero talmente stringenti da concretizzarsi in norme di dettaglio, comprimendo indebitamente l’autonomia legislativa regionale e configurando una disciplina del tutto irragionevole e contraria al principio di buon andamento della pubblica amministrazione, che lederebbe le competenze costituzionali della Regione, unica responsabile del corretto governo, anche finanziario, del sistema sanitario regionale. È fuor di dubbio che sulla tenuta complessiva della riforma, anche per quanto attiene alla dirigenza sanitaria, influirà l’esito del cennato giudizio di costituzionalità8.
In secondo luogo, sul piano della tecnica normativa, si è scelto di procedere al recepimento della legge delega in un testo normativo diverso dalla generale sedes materiae, quella del d.lgs. n. 502/1992, venendo così a creare «un quadro legislativo composito, la cui ricostruzione passa attraverso una difficile opera di coordinamento tra i due testi normativi, quello del d.lgs. n. 502/1992 e quello del nuovo decreto legislativo, foriera di difficoltà ed eventuali contraddizioni o, al contrario, lacune, tutte evitabili mediante il ricorso ad un testo unico di carattere compilativo»9.
In terzo luogo, va evidenziato che l’intervento normativo in commento è stato elaborato dai competenti uffici del Ministero della salute, senza che siano state effettuate consultazioni con destinatari pubblici e privati, cioè con gli operatori del settore e ciò costituisce un limite cognitivo della riforma, nel settore sanitario, poiché la previa consultazione delle associazioni a tutela degli utenti del Servizio sanitario, delle rappresentanze del personale dirigenziale, medico, tecnico e amministrativo, impegnato nella conduzione delle aziende sanitarie, e della stessa AGENAS avrebbe consentito di disporre di elementi valutativi più vasti e differenziati, in considerazione delle singole particolarità regionali e territoriali che caratterizzano il composito panorama organizzativo dello stesso Servizio in Italia.
Va dato atto, infine, dello sforzo del legislatore delegato che ha inteso meglio definire, rispetto al contenuto dell’originario schema di decreto – ancorandole a dati oggettivi e riscontrabili – le specifiche modalità attraverso le quali la dirigenza sanitaria dovrebbe assicurare e perseguire i livelli essenziali di assistenza di cui all’art. 2 , co. 3, del decreto, facendo espresso riferimento, ad esempio, alla riduzione delle liste di attesa, alla puntuale e corretta trasmissione dei flussi informativi e dati di bilancio sulle spese e ai costi del personale.
Note
1 Cfr. parere della Commissione Speciale istituita presso il Consiglio di Stato n. 1113 del 18.4.2016, reso all’esito dell’adunanza del 18.4.2016 e pubblicato in data 5.5.2016, sullo schema di decreto legislativo predisposto dal Governo per dare attuazione alla delega di cui all’art. 11, co. 1, lett. p) della l. n. 124/2015, consultabile sul sito istituzionale della giustizia amministrativa, www.giustizia-amministrativa.it.
2 Vazza, L., Asl, meritocrazia e trasparenza: «No a influenze politiche e spoil system. Apportare correzioni al testo». Arriva il parere del Consiglio di Stato sul decreto nomine Dg, in www. sanità24.il sole24ore.com.
3 Cfr. C. cost., 27.11.1998, n. 383: «Organizzazione e diritti sono aspetti speculari della stessa materia, l’una e gli altri implicandosi e condizionandosi reciprocamente. Non c’è organizzazione che, direttamente o almeno indirettamente, non sia finalizzata a diritti, così come non c’è diritto a prestazione che non condizioni l’organizzazione».
4 Sulla durata del contratto si registrano peraltro scelte differenziate a livello di legislazione regionale, che vanno dai 3 anni nelle Marche e in Toscana ai 5 anni del Veneto.
5 C. cost., 19.3.2007, n. 104, in www.cortecostituzionale.it.
6 C. cost., 5.2.2010, n. 34, in www.cortecostituzionale.it.
7 Non essendo richiesto che l’esperienza in parola sia stata maturata nell’ambito della sanità pubblica, deve ritenersi che possano concorrere alla nomina di direttore generale delle strutture sanitarie pubbliche anche candidati che abbiano maturato la propria esperienza nell’ambito della sanità privata (cfr. in tal senso, Consi. Stato, parere n. 1113/2016, cit.).
8 Per la discussione del ricorso, rubricato al n. 94 del 2015, è fissata l’udienza pubblica del 19.10.2016 (cfr. in www.cortecostituzionale.it).
9 Consiglio di Stato, parere n. 1113/2016, cit.