La riforma della prescrizione del reato
Le modifiche apportate dalla “riforma Orlando” alla disciplina della prescrizione si muovono nella direzione dell’allungamento dei relativi termini, da un lato attraverso la previsione di due nuove cause di sospensione (che scattano, rispettivamente, a seguito di sentenza di condanna in primo grado ed in appello); dall’altro lato attraverso l’inclusione di alcuni reati contro la p.a. tra quelli per i quali l’interruzione della prescrizione può comportare un aumento della metà (anziché soltanto di un quarto) del termine estintivo base di cui all’art. 157 c.p. Ulteriori modifiche di dettaglio toccano altre disposizioni del codice dedicate alla prescrizione. L’intervento riformatore, che ha soltanto in parte recepito la proposta di legge formulata dalla commissione Fiorella, delude nel complesso le aspettative e si profila come un’occasione mancata per emendare una disciplina notoriamente caratterizzata da profonde criticità.
A dodici anni dalla legge “ex Cirielli”, il legislatore torna ad occuparsi della prescrizione del reato, in occasione del più ampio intervento riformatore di cui alla l. 23.6.2017, n. 103 (in vigore dal 3.8.2017), meglio nota come “riforma Orlando”1. Le novità in materia di prescrizione si prefiggono l’obiettivo – solamente in parte centrato, come vedremo – di contemperare due ordini di interessi contrapposti. Da un lato la necessità di emendare la vigente disciplina della prescrizione, le cui carenze di fondo, specialmente dopo l’indifendibile intervento della legge “ex Cirielli”, sono da molti anni sotto gli occhi di tutti2: il tempo insufficiente accordato alla giurisdizione per giungere alla sentenza definitiva (con conseguenze tangibili in termini di numero di reati che cadono ogni anno in prescrizione, anche quando il processo si trova già in fase inoltrata)3; i profili di intrinseca irragionevolezza (come l’allungamento dei termini per i recidivi ed il contestuale accorciamento per i white collars); gli effetti disfunzionali sulla macchina processuale (come il disincentivo dei riti alternativi e l’incentivo alle impugnazioni meramente dilatorie, con ripercussioni sui tempi della giurisdizione e quindi indirettamente sulla stessa prescrizione); nonché – da ultimo – l’impatto negativo sugli obblighi assunti dall’Italia nel quadro del Consiglio d’Europa e dell’Unione europea (come dimostrano, rispettivamente, le note vicende Cestaro e Taricco)4. Dall’altro lato, evitare che sui consociati penda all’infinito, in maniera quasi kafkiana, la minaccia della pretesa punitiva statale, rischio tutt’altro che teorico in un sistema penale come il nostro, notoriamente affetto dalla cronica lentezza dei procedimenti e da carenze di ordine strutturale, dove proprio per queste ragioni il tempo dell’oblio finisce spesso per essere l’unica garanzia contro l’irragionevole durata dei processi5 (pur essendone al contempo, come è stato evidenziato, una concausa)6. In parte perché stretta tra queste spinte confliggenti, in parte perché maturata in un clima particolarmente teso che non ha certo favorito la lucidità del dibattito, la disciplina della prescrizione partorita dalla “riforma Orlando” – pur muovendosi nella direzione di una parziale correzione delle storture che caratterizzavano il sistema del 2005 – non si prospetta ad una prima lettura capace di imprimere quell’inversione di rotta di cui si avvertiva diffusamente il bisogno7.
Ma procediamo con ordine. La novella si ispira, pur discostandosene sotto alcuni aspetti non marginali, al progetto di legge elaborato dalla commissione ministeriale costituita nel 2012 dall’allora ministro della giustizia Severino e presieduta dal prof. Antonio Fiorella8. Pare dunque utile, per meglio inquadrare le novità, prendere le mosse dalle linee essenziali del progetto originario, come esplicitate nella relazione redatta dalla stessa commissione ministeriale9. In quest’ottica viene anzitutto in rilievo la scelta di fondo, oggi confermata dal legislatore, di non intervenire sul dies ad quem del termine estintivo, mantenendolo in corrispondenza della sentenza definitiva, e dunque scartando le proposte variamente tese a sganciare la prescrizione “sostanziale” da quella “processuale”10. A sostegno di una disciplina nella quale, in linea con quanto previsto sin dal codice del 1930, le lancette della prescrizione continuano a girare finché perdura l’attività giurisdizionale, la relazione porta due ordini di considerazioni: da un lato si osserva come l’eccessivo protrarsi del procedimento penale contribuisca esso stesso ad alimentare il tempo dell’oblio, nel senso che «man mano che ci si allontana dalla commissione del reato, sempre meno si giustifica la pena da un punto di vista generale, soprattutto, special-preventivo»11; dall’altro lato si ravvisa nella prescrizione «un fatto funzionale anche alla tutela della ragionevole durata del processo», alla luce della sua «funzione acceleratoria (analoga alla missione attribuita ai termini massimi di custodia cautelare)» ed in particolare della sua capacità di «[orientare] le cadenze del lavoro giudiziario in modo tale da evitare l’esito prescrizionale». Al di là di questa scelta conservativa di fondo, la relazione riferisce altresì l’orientamento della commissione Fiorella verso un deciso superamento del sistema introdotto dalla legge “ex Cirielli”. Pur nella consapevolezza che «la riforma della disciplina della prescrizione non possa risolvere ogni problema, sostanziale o processuale, connesso con il carico dei procedimenti e con la relativa mortalità», la relazione evidenzia infatti come la disciplina introdotta nel 2005, «per effetto dell’aumento di un solo quarto del termine prescrizionale base in presenza di cause interruttive, concede alla giurisdizione un tempo estremamente limitato per giungere alla sentenza definitiva»; un tempo che – prosegue la relazione – nelle ipotesi dei delitti che si prescrivono in sei anni diviene addirittura «manifestamente insufficiente». Ancora, la relazione critica la disciplina degli aumenti massimi in caso di atti interruttivi di cui all’art. 161, co. 2, c.p., ritenendo irragionevole tanto la previsione di aumenti massimi differenziati in ragione della pericolosità soggettiva dell’autore del reato o della gravità dello stesso, quanto – in ogni caso – la previsione di un termine massimo direttamente proporzionale al termine estintivo base: si osserva infatti che «l’aumento ha la funzione … di assicurare alla giurisdizione un tempo congruo per pervenire ad un accertamento del reato e delle relative responsabilità: tempo che non dipende in alcun modo dalla gravità del reato per cui si procede, ma – semmai – dalla quantità di adempimenti processuali che occorre compiere per pervenire all’accertamento». Come già accennato, il progetto Fiorella è giunto al traguardo parlamentare con modifiche che ne hanno in parte smorzata la portata innovativa. Tre aspetti, in quest’ottica, meritano di essere evidenziati: a) non è stata accolta la proposta di modifica dell’art. 157 c.p., che avrebbe reintrodotto il sistema di calcolo del termine della prescrizione precedente alla “ex Cirielli”, basato su fasce di gravità dei reati12; b) parimenti è stata trascurata la proposta di riforma degli aumenti massimi in caso di atti interruttivi – che prevedeva un innovativo meccanismo di computo inversamente proporzionale alle fasce di gravità13, oltre all’eliminazione dei limiti differenziati in funzione della pericolosità personale e della gravità del reato – ed anzi l’elenco dei reati per i quali è previsto un aumento massimo della metà è stato ampliato con l’aggiunta di alcune fattispecie di corruzione (v. infra, par. n. 2.1) e del delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche; c) il meccanismo della “sospensione” della prescrizione a seguito di condanna di merito non definitiva in primo grado ed in appello, vero e proprio cardine della proposta Fiorella, è stato sì introdotto ma con ritocchi non marginali destinati, come vedremo, a ridurne l’impatto pratico. Per queste ragioni la riforma si presenta molto meno promettente, in termini di capacità di fronteggiare il problema della prescrizione in Italia, di quanto auspicavano i suoi redattori nonché più in generale i sostenitori di un radicale superamento della “ex Cirielli”.
Volgendo ora lo sguardo alla disciplina codicistica risultante dalla riforma, si analizzeranno in prima battuta le nuove cause di sospensione ex art. 159, co. 2, c.p., per poi passare ad esaminare le ulteriori novità introdotte.
Come già anticipato, il legislatore ha recepito il principale correttivo alla legge “ex Cirielli” proposto dalla commissione Fiorella, ossia la previsione di due successive cause di sospensione della prescrizione legate, rispettivamente, al deposito della sentenza di condanna di primo e di secondo grado. L’idea di fondo della commissione era che «ad ogni riscontro processuale della fondatezza dell’ipotesi accusatoria corrisponde la necessità di bloccare almeno temporaneamente il decorso della prescrizione, cos da assegnare alla giurisdizione un tempo ragionevole per compiere la verifica della correttezza della decisione nei gradi di impugnazione». Tenendo conto dei tempi medi di definizione dei giudizi in appello e in Cassazione, la proposta avanzata dalla commissione fissava il tempo massimo della sospensione in due anni dopo la sentenza di condanna di primo grado, e un anno dopo la sentenza di condanna in grado d’appello. Alle cause sospensive veniva dunque assegnata una funzione nuova e per certi versi antitetica al loro tradizionale fondamento: mentre infatti quest’ultimo è da ricondursi, come è noto, alla necessità di fermare le lancette della prescrizione durante le situazioni di forzata inattività della giurisdizione, secondo la proposta della commissione ministeriale esse avrebbero dovuto garantire, durante lo svolgimento dei gradi di impugnazione, un giusto equilibrio tra ragionevole durata del processo e realizzazione della pretesa punitiva statale14. Come anticipato la proposta è stata attuata introducendo, nell’art. 159 c.p., due nuove ipotesi di sospensione del corso della prescrizione. In particolare, dopo il co. 1 dell’art. 159 c.p. (recante le attuali ipotesi di sospensione e parzialmente riscritto, v. supra, par. n. 1), sono stati inseriti i seguenti nuovi commi:
«2. Il corso della prescrizione rimane altresì sospeso nei seguenti casi: 1) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di primo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo di giudizio, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi; 2) dal termine previsto dall’articolo 544 del codice di procedura penale per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, anche se emessa in sede di rinvio, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo comunque non superiore a un anno e sei mesi.
3. I periodi di sospensione di cui al secondo comma sono computati ai fini della determinazione del tempo necessario a prescrivere dopo che la sentenza del grado successivo ha prosciolto l’imputato ovvero ha annullato la sentenza di condanna nella parte relativa all’accertamento della responsabilità o ne ha dichiarato la nullità ai sensi dell’articolo 604, commi 1, 4 e 5-bis, del codice di procedura penale». Ai sensi del novellato art. 159, co. 2, c.p. le sentenze di condanna15 non definitive (anche se emesse in sede di rinvio) vengono elevate a causa di sospensione del decorso della prescrizione per il periodo intercorrente tra la scadenza del termine per il deposito delle motivazioni e la lettura del dispositivo della sentenza nel grado di giudizio successivo. Il primo periodo di sospensione scatta in caso di condanna in primo grado, e dunque opera nel corso del giudizio d’appello; il secondo periodo di sospensione scatta in caso di condanna in appello, e dunque opera nel corso del giudizio di cassazione. Ciascun periodo di sospensione può avere una durata massima di 18 mesi, oltre i quali la prescrizione ricomincia a decorrere, anche laddove il grado di giudizio successivo non sia ancora giunto a sentenza16. In breve, la novella concede alla giurisdizione tre anni in pi per giungere alla sentenza definitiva. Tale tempo supplementare, tuttavia, è doppiamente condizionato al positivo accertamento in ordine alla fondatezza della prospettazione accusatoria: una prima volta, come appena illustrato, nel suo venire in essere (la sospensione scatta a seguito di condanna nei gradi di merito); una seconda volta, come ci si accinge ad illustrare, nel suo rimanere in essere (la sospensione viene infatti meno ex tunc se l’imputato è successivamente prosciolto o la condanna viene annullata). A quest’ultimo proposito occorre volgere lo sguardo al successivo co. 3 dell’art. 159 c.p. Tale disposizione prevede infatti che, qualora all’esito del grado successivo di giudizio la condanna non sia confermata, anche il periodo di sospensione precedentemente maturato debba essere (ri)computato ai fini della prescrizione. Siffatta previsione introduce dunque una sorta di “causa sopravvenuta di perdita dell’efficacia sospensiva”, ipotesi che non era contemplata nella proposta originaria elaborata dalla commissione Fiorella. La ratio è evidentemente il sopravvenuto venire meno delle ragioni che giustificavano la sospensione stessa. Dalla lettura congiunta dei novellati commi 2 e 3 dell’art. 159 c.p., in combinato con la previsione dell’interruzione della prescrizione a seguito di sentenza di condanna ex art. 160, co. 1, c.p. (rimasta invariata17) emergono i seguenti scenari. All’esito del giudizio di primo grado, in caso di condanna dell’imputato, la prescrizione si interrompe immediatamente e ricomincia a decorrere daccapo esattamente come accadeva prima della riforma; la novità sta nel fatto che, a partire dalla scadenza del termine di legge per il deposito delle motivazioni18 , inizia il periodo di sospensione di cui al novellato art. 159, co. 2, c.p. sospensione che si protrae fino alla lettura del dispositivo della sentenza d’appello (o comunque fino ad un massimo di 18 mesi dalla scadenza del termine per il deposito delle motivazioni di primo grado). La prescrizione ricomincia quindi a decorrere, fermi restando i termini massimi di cui all’art. 161, co. 2, c.p. (sui quali pure la riforma è intervenuta, ma come visto solo rispetto ad alcune categorie di reati contro la p.a.). Nulla cambia, invece, in caso di proscioglimento dell’imputato: la prescrizione continua a decorrere nell’eventuale giudizio di appello, senza interruzione né sospensione. All’esito del giudizio d’appello, in caso di proscioglimento dell’imputato o dichiarazione di nullità della sentenza di condanna con rinvio al giudice di primo grado (ex art. 604, co. 1, 4 e 5-bis, c.p.p.)19, non solo non scatta alcuna nuova sospensione della prescrizione, ma, ai sensi dell’art. 159, co. 3, c.p. viene meno ex tunc anche l’eventuale sospensione precedentemente maturata: il che significa che il tempo trascorso tra il termine per il deposito delle motivazioni di primo grado e il dispositivo d’appello (o comunque un tempo pari a 18 mesi) torna ad essere computato per la maturazione della causa estintiva. In caso di condanna, invece, fermo restando che l’eventuale precedente parentesi sospensiva è salva, la prescrizione ricomincia a decorrere daccapo ex art. 160, co. 1, c.p. ed il suo decorso resta poi sospeso a partire dalla scadenza del termine fissato per il deposito delle motivazioni d’appello fino al dispositivo della sentenza di cassazione (o finché siano trascorsi 18 mesi). Per quanto infine riguarda l’esito del giudizio di cassazione, va detto anzitutto che ad esso non sono ricollegati ulteriori periodi di sospensione ai sensi del nuovo art. 159, co. 2, nemmeno nell’ipotesi di annullamento con rinvio della sentenza di proscioglimento. È per previsto, ai sensi dell’art. 159, co. 3, c.p., che, analogamente a quanto accade nel giudizio d’appello, in caso di sentenza favorevole all’imputato (sub specie di annullamento della sentenza di condanna «nella parte relativa all’accertamento della responsabilità» o dichiarazione di nullità della stessa ex art. 604, co. 1, 4 e 5-bis, c.p.p.) venga meno ex tunc l’effetto sospensivo precedentemente maturato. I rapporti tra le due nuove ipotesi di sospensione e le ipotesi già vigenti di cui all’art. 159, co. 1, c.p. sono regolati dal nuovo co. 4 dell’art. 159 c.p., ai sensi del quale «Se durante i termini di sospensione di cui al secondo comma si verifica un’ulteriore causa di sospensione di cui al primo comma, i termini sono prolungati per il periodo corrispondente». Tale “sospensione nella sospensione” consente di superare il termine massimo di 18 mesi fissato dal co. 2.
Giova anzitutto ricordare che i termini estintivi non sono stati direttamente toccati: l’art. 157 c.p. è l’unica disposizione sulla prescrizione ad essere uscita intatta dalla riforma. All’art. 158 c.p., recante la disciplina della decorrenza del termine di prescrizione, è stato aggiunto un ultimo comma applicabile ai reati di cui all’art. 392, co. 1-bis, c.p.p.20 quando commessi a danno di minorenni. Per questi casi, la nuova disposizione posticipa il dies a quo della prescrizione al momento del compimento del diciottesimo anno di età della persona offesa. La norma ottempera in questo modo agli obblighi assunti dall’Italia in sede internazionale21, la cui ratio è quella di evitare che l’autore del reato possa trarre vantaggio della situazione di soggezione in cui versa la vittima vulnerabile e dell’eventuale conseguente omessa denuncia; una situazione che si presume superata al raggiungimento della maggiore età della vittima stessa. Nell’ipotesi in cui l’azione penale venga in effetti esercitata precedentemente a tale momento, la decorrenza del termine di prescrizione viene coerentemente fissata dall’acquisizione della notizia di reato. All’art. 159, co. 1, c.p. è stato aggiunto il n. 3-ter), che prevede una nuova causa di sospensione in caso di rogatorie all’estero: essa decorre «dalla data del provvedimento che dispone una rogatoria sino al giorno in cui l’autorità richiedente riceve la documentazione richiesta, o comunque decorsi sei mesi dal provvedimento che dispone la rogatoria». Restano confermate le altre cause di sospensione di cui al co. 1 dell’art. 159 c.p., destinatarie soltanto di alcuni ritocchi formali. La disciplina dell’interruzione è stata toccata sotto due profili. Anzitutto all’art. 160, co. 2, c.p. è stata introdotta una nuova causa interruttiva rappresentata dall’interrogatorio reso davanti «alla polizia giudiziaria, su delega del pubblico ministero». Si tratta di un intervento volto a colmare la corrispondente lacuna della precedente previsione, operazione che le Sezioni Unite avevano escluso fosse percorribile in via interpretativa stante il carattere tassativo dell’elencazione degli atti interruttivi22. In secondo luogo, attraverso un intervento sull’art. 161, co. 2, alcuni reati contro la p.a. sono stati ricompresi tra quelli per cui l’interruzione della prescrizione può comportare un aumento della metà (anziché soltanto di un quarto) del tempo base necessario a prescrivere indicato dall’art. 157 c.p. Si tratta in particolare delle seguenti ipotesi delittuose: «corruzione per l’esercizio della funzione» (318 c.p.), corruzione propria (319 c.p.), corruzione in atti giudiziari (319 ter c.p.), induzione indebita (319 quater c.p.), corruzione di incaricato di pubblico servizio (320 c.p.), casi di responsabilità del corruttore (321 c.p.), nonché le stesse fattispecie laddove coinvolgano i soggetti di cui all’art. 322 bis (membri, organi o funzionari di Stati Esteri, “Comunità europee” e Corte penale Internazionale), truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (640 bis). Ancora, si segnala la modifica apportata all’art. 161, co. 1, c.p.: mentre la versione precedente estendeva gli effetti della sospensione e dell’interruzione a tutti i concorrenti nel reato, in base alla nuova versione, fermi restando gli effetti erga omnes dell’interruzione, «la sospensione della prescrizione ha effetto limitatamente agli imputati nei cui confronti si sta procedendo». Si tratta di una novità in bonam partem, l’unica invero della riforma, giacché d’ora in avanti per i concorrenti nel reato non imputati nel procedimento dove si verifica una delle cause sospensive di cui all’art. 159 c.p. (tanto quelle nuove, quanto quelle già vigenti in precedenza), il termine di prescrizione continuerà normalmente a decorrere. Infine, la l. n. 103/2017 dedica alle novità in materia di prescrizione una speciale disciplina intertemporale: il co. 15 dell’articolo unico stabilisce infatti che «Le disposizioni di cui ai commi da 10 a 14 [cioè tutte le modifiche alla disciplina della prescrizione] si applicano ai fatti commessi dopo la data di entrata in vigore della presente legge». Sul punto, e sui suoi delicati rapporti con la menzionata unica disposizione in bonam partem della novella, si tornerà a breve (v. infra, par. n. 3).
La riforma solleva alcune questioni problematiche, non tutte risolvibili in via ermeneutica, che nel prosieguo verranno passate sinteticamente in rassegna. Anzitutto si è autorevolmente evidenziata la problematicità dell’avere ricollegato l’effetto sospensivo di cui al nuovo art. 159, co. 2, c.p. alla sola sentenza di condanna (problema che peraltro investe pure l’istituto dell’interruzione): «La ratio della norma è chiara, ma evidentemente ignora deliberatamente che la necessità del tempo processuale per l’appello è la stessa sia che venga impugnata una sentenza di condanna che una sentenza di assoluzione». Si tratta di una discrasia gravida di ripercussioni negative: «si può in tal modo profilare il rischio non solo di un’attività processuale pi affrettata nel caso di appello di sentenza assolutoria, ma anche e soprattutto che l’autore già assolto nel merito in primo grado si veda poi applicata in appello l’intervenuta prescrizione»23. Come visto, oltre a ricollegare un effetto sospensivo della prescrizione alle condanne di merito, la disciplina risultante dalla riforma conserva anche il loro “vecchio” effetto interruttivo (l’art. 160, co. 1, è infatti rimasto invariato). Siffatta duplicazione dell’effetto dilatorio potrebbe essere il frutto di una svista del legislatore, che nell’introdurre la nuova causa di sospensione non ha contestualmente rimosso la sentenza di condanna dalla lista delle cause interruttive (come invece prevedeva l’articolato approvato dalla commissione Fiorella ed anche la dottrina riteneva opportuno)24. Ad avviso di chi scrive, tuttavia, esistono almeno due argomenti a favore del mantenimento dell’effetto (anche) interruttivo della sentenza di condanna: il primo è che l’interruzione costituisce un effetto impermeabile rispetto alle successive vicende processuali, nel senso che non è destinata a venire meno in caso di sentenza favorevole all’imputato in grado di appello o in cassazione; il secondo è che, in base alla nuova formulazione dell’art. 161, co. 1, c.p., la sospensione non opera pi nei confronti degli eventuali concorrenti che non siano anche coimputati. Il progetto di riforma redatto dalla commissione Fiorella non contemplava né l’ipotesi del venire meno ex tunc della sospensione, né la limitazione degli effetti sospensivi ai soli imputati, e ci verosimilmente spiega perché avesse ritenuto superfluo il mantenimento dell’effetto (anche) interruttivo della condanna.
Alcuni nodi interpretativi riguardano, poi, l’art. 159, co. 3, c.p., che come appena ricordato prevede il venire meno ex tunc dell’effetto sospensivo derivante dalla condanna in caso di successiva sentenza favorevole. Il primo quesito sorge nel caso in cui, successivamente a due sentenze di condanna nel merito, la Cassazione pronunci un annullamento con rinvio: ad essere travolto sarà soltanto il periodo sospensivo intercorso tra il giudizio d’appello e quello di cassazione, oppure anche quello precedente tra giudizio di primo grado e appello? A favore di questa seconda soluzione depongono la formulazione testuale del terzo comma (che richiama «i periodi di sospensione di cui al secondo comma»), nonch la ratio dell’istituto (il sopravvenuto venire meno delle ragioni che giustificavano la sospensione)25. Sempre con riferimento all’ipotesi di “annullamento” da parte della Cassazione, ci si è interrogati in merito al significato dell’inciso «…nella parte relativa all’accertamento della responsabilità». In dottrina si è ritenuto che tale formulazione valga ad escludere dalla disposizione le pronunce relative al solo trattamento sanzionatorio, a fronte delle quali sarebbero pertanto salvi i periodi sospensivi precedentemente maturati; mentre non valga ad escludere tanto l’erronea qualificazione giuridica dei fatti, quanto l’erroneo riconoscimento di una circostanza aggravante, situazioni nelle quali, dunque, i periodi di sospensione dovrebbero venire meno ex tunc26. In senso contrario all’inclusione delle circostanze aggravanti, tuttavia, si potrebbe argomentare che, essendo il presupposto dell’effetto sospensivo l’accertamento di merito quanto all’an della responsabilità, coerentemente soltanto una pronuncia che rilevi il difetto di elementi costitutivi (e non meramente accidentali) del reato sia idonea a fare venire meno quell’effetto. Quid iuris – ci si è ulteriormente chiesti – laddove per effetto del sopravvenuto venire meno di uno o entrambi i periodi di sospensione ai sensi dell’art. 159, co. 3, il reato risulti immediatamente prescritto? Si è osservato che in tal caso il giudice non potrà limitarsi a dichiarare il reato estinto, bensì dovrà esplicitare le ragioni di merito dalle quali è dipeso il proscioglimento, quest’ultimo rappresentando il presupposto dal quale dipende il sopravvenuto effetto estintivo27. Fermo restando, peraltro, che l’imputato conserverà intatto il suo diritto di rinunciare espressamente alla prescrizione (art. 157, penultimo comma), un’opzione che per ragioni comprensibili viene raramente esercitata, ma che proprio in questi casi potrebbe invece essere incentivata dalla sopraggiunta sentenza favorevole. Passando ai profili di diritto intertemporale, come visto la l. n. 103/2017 prevede espressamente che la riforma non si applichi ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore (co. 15 dell’articolo unico). Considerata la natura sostanziale che la Corte costituzionale assegna alla prescrizione28, tale disposizione risulta superflua per quanto riguarda le novità sfavorevoli all’imputato (in primis le nuove cause di sospensione a seguito di condanna non definitiva), già inapplicabili ai fatti pregressi in forza del principio di irretroattività in malam partem; mentre al contrario svolge la funzione di impedire che le novità favorevoli possano retroagire ai fatti pregressi, in deroga all’art. 2, co. 4, c.p. Quest’ultimo risultato desta alcune perplessità29. Come è noto, per consolidata giurisprudenza costituzionale, il valore tutelato dal principio della lex mitior «può essere sacrificato da una legge ordinaria solo in favore di interessi di analogo rilievo (quali – a titolo esemplificativo – quelli dell’efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti che, in vario modo, sono destinatari della funzione giurisdizionale, e quelli che coinvolgono interessi o esigenze dell’intera collettività nazionale connessi a valori costituzionali di primario rilievo». Ne segue – sempre ad avviso della Consulta – che «lo scrutinio di costituzionalità ex art. 3 Cost., sulla scelta di derogare alla retroattività di una norma penale pi favorevole al reo, deve superare un vaglio positivo di ragionevolezza, non essendo a tal fine sufficiente che la norma derogatoria non sia manifestamente irragionevole» (C. cost., 23.11.2006, n. 393, considerato in diritto n. 6.3.; C. cost., 28.3.2008, n. 72, n. 12; C. cost., 22.7.2011, n. 236, nn. 10, 11). Sulla base di tali principi, come è parimenti noto, la Consulta ha dichiarato incostituzionale la disciplina sugli effetti intertemporali della legge “ex Cirielli” nella parte in cui escludeva dai nuovi e pi brevi termini di prescrizione i processi pendenti in primo grado per i quali vi fosse stata dichiarazione di apertura del dibattimento (C. cost., n. 393/2006); mentre ha successivamente respinto analoghe censure rivolte alla medesima disciplina transitoria nella parte in cui escludeva i processi per i quali il giudizio pendeva in grado d’appello o in cassazione (C. cost. n. 72/2008 e n. 236/2011). Ebbene, alla luce di questi precedenti, la norma qui in esame desta perplessità nella misura in cui esclude in radice che gli effetti favorevoli della “riforma Orlando” possano applicarsi ai fatti commessi prima della sua entrata in vigore, senza alcuna distinzione in base alla fase in cui si trova il relativo procedimento, e dunque senza ancorare la deroga all’art. 2, co. 4, c.p. alla necessità di tutelare alcun confliggente interesse tra quelli menzionati dalla Consulta nelle ricordate pronunce. Va detto, peraltro, che la rilevanza pratica di questo problema potrebbe essere abbastanza ridotta, se non addirittura nulla: l’unica modifica favorevole introdotta dalla riforma in esame, infatti, è quella già segnalata di cui all’art. 161, co. 1, c.p., nella parte in cui sottrae agli effetti della sospensione i concorrenti che non risultino imputati nello stesso procedimento. Quanto infine al prevedibile impatto della riforma rispetto ai nodi di fondo che affliggono l’istituto della prescrizione in Italia, ed in particolare all’annoso problema del numero eccessivo di reati che si prescrivono30, la previsione delle nuove cause sospensive – per quanto in linea di principio condivisibile – non pare destinata a portare cambiamenti radicali. Al riguardo giova ricordare che i dati ministeriali ad oggi disponibili31 mostrano come, da un lato, la maggiore parte dei processi si prescriva nella fase delle indagini preliminari; dall’altro lato, il numero delle prescrizioni in appello sia stato negli ultimi anni in costante crescita (con una recente leggera inversione di rotta). Nessuno di questi due fenomeni pare essere stato preso adeguatamente in considerazione dal legislatore: non il primo, che non riceverà nessun beneficio diretto dalle nuove cause di sospensione; ma nemmeno il secondo, perché la durata media di un giudizio d’appello è pari a circa due anni, mentre la riforma gliene assegna soltanto uno e mezzo in pi rispetto a quanto accadeva sotto il vigore della legge “ex Cirielli” (non a caso la proposta della commissione ministeriale, pur contemplando la medesima durata massima complessiva dei periodi di sospensione, li aveva distribuiti diversamente, assegnando due anni all’appello ed uno alla cassazione)32.
1 Le modifiche che la l. n. 103/2017 dedica alla prescrizione sono racchiuse nei commi da 1 a 15 dell’articolo unico che la compone. Tra i commenti a prima lettura: Vigan , F., La nuova disciplina della prescrizione del reato: la montagna partorì un topolino?, in Dir. pen. e processo, n. 10/2017, 1289 ss.; Marinucci, G.-Dolcini, E., Manuale di diritto penale, VI ed. agg. da Dolcini, E.-Gatta, G.L., Milano, 2017, 444 s.; Della Regione, L., La nuova disciplina della prescrizione, in Spangher, G., a cura di, La riforma Orlando. Modifiche al Codice penale! Codice di procedura penale e Ordinamento penitenziario, Pisa, 2017, 57 ss.; Aprile, S., Le modifiche alla disciplina della prescrizione, in Parodi, C., a cura di, Riforma Orlando: tutte le novità, Milano, 2017, 21 ss.; nonché , volendo, Zirulia, S., Riforma Orlando: la “nuova” prescrizione e le altre modifiche al codice penale, in Dir. pen. cont., 2017, fasc. 6.
2 Già precedentemente alla legge “ex Cirielli” la dottrina aveva messo in luce le distonie della disciplina della pre-scrizione rispetto all’obiettivo dell’efficienza del processo penale. Sul punto v. gli Atti dei Convegni di studio “Enrico de Nicola” 2000 e 2005, in AA.VV., Sistema sanzionatorio: effettività e certezza della pena, Casarano-Gallipoli, 27-29 ottobre 2000, Milano, 2002; AA.VV., Per una giustizia penale più sollecita: ostacoli e rimedi ragionevoli, Milano-Lecce, 2006. Per le critiche alla disciplina risultante dalla riforma, cfr. ex multis: Marinucci, G., La legge “ex Cirielli”: certezza d’impunità per reati gravi e mano dura per i tossicodipendenti in carcere, in Dir. pen. e processo, 2006, 170 ss.; Dolcini, E., Le due anime della legge “ex Cirielli”, in Corr. merito, 2006, 1, 55; Padovani, T., Promemoria sulla questione della Giustizia, in Cass. pen., 2007, 4026 ss.; Pulitan , D., Quale agenda per la giustizia penale?, in Dir. pen. cont. A Riv. trim., 2013, fasc. 3, 67 s.; Forti, G., Sulle riforme necessarie del sistema penale italiano: superare la risposta carceraria, in Dir. pen. cont. ‒ Riv. trim., 2012, fasc. 3-4, 178, 182; Vigan , F., Riflessioni de lege lata e ferenda su prescrizione e tutela della ragionevole durata del processo, ivi, 2013, fasc. 3, 18 s. e 26 ss.
3 La relazione sull’amministrazione della giustizia nel 2016 (presentata all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2017 dal Primo Presidente Canzio, in www.cortedicassazione.it), evidenzia un nuovo aumento del numero delle prescrizioni, dopo il trend in diminuzione dell’ultimo decennio (p. 51-52): nel 2016 si sono estinti per prescrizione 139.488 reati nei gradi di merito, +3,3 % rispetto al passato, di cui 82.923 nelle indagini preliminari (il 59,4% del totale), 31.610 nei tribunali ordinari (+6,9% rispetto al 2014-2015); 22.380 nelle corti d’appello (-6,6% rispetto al 2014-2015). A questi si aggiungono 767 reati prescritti in Cassazione (pari soltanto all’1,3% delle definizioni) per un totale di 140.255 prescrizioni nel 2016. In base agli ultimi dati diffusi dal Ministero della giustizia (www.giustizia.it), nel 2014 il numero totale di reati prescritti era stato di 132.296, con un’incidenza di prescrizioni rispetto ai procedimenti definiti pari a 9,48%, poco meno di 1 reato ogni 10. Le critiche alla disciplina della prescrizione sono una costante nelle relazioni sull’amministrazione della giustizia: v. ad es. Relazione 2015 (Pres. Santacroce), 77-79; Relazione 2013 (Pres. Lupo), 60-61; Relazione 2008 (Pres. Carbone), 36-37, tutte in www.cortedicassazione.it.
4 Sul caso Taricco (C. giust., Grande Sezione, 8.9.2015, C-105/14, Taricco e altri), già oggetto di numerosi autorevoli contributi, cfr. per tutti Bernardi, A.-Cupelli, C., a cura di, Il caso Taricco e il dialogo tra le Corti. L’ordinanza 24/2017 della Corte costituzionale, Napoli, 2017. Sul caso Cestaro (C. eur. dir. uomo, 7.4.2015, Cestaro c. Italia), v. Vigan , F., La difficile battaglia contro l’impunità dei responsabili di tortura: la sentenza della Corte di Strasburgo sui fatti della scuola Diaz e i tormenti del legislatore italiano, in www.penalecontemporaneo.it, 9.4.2015.
5 Cfr., con accenti diversi, Pulitan , D., Il nodo della prescrizione, in Dir. pen. cont. ‒ Riv. trim., 2015, fasc. 1, 24 s., 22, 28; Romano, B., Prescrizione del reato e ragionevole durata del processo: principi da difendere o ostacoli da abbattere?, in Dir. pen. cont. ‒ Riv. trim., 2016, fasc. 1, 83 ss.; Gamberini, A., La crisi della tipicità. Appunti per una riflessione sulle trasformazioni della giustizia penale, in www.penalecontemporaneo.it, 31.3.2016, 8 ss.; Vigan , F., Riflessioni, cit., 19 s.; Gaeta, P., La prescrizione del reato come compensazione del processo irragionevolmente lungo: ovvero del criterio del ‘pregiudizio importante’ nella giurisprudenza di Strasburgo, in www.penalecontemporaneo.it, 27.4.2012; Pulitan , D., Tempi del processo e diritto penale sostanziale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2005, 522 ss. Sui rapporti tra prescrizione e ragionevole durata, cfr. Giunta, F.-Micheletti, D., Tempori cedere. Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo, Torino, 2003, 45 ss.; da ultimo Marinelli, C., Ragionevole durata e prescrizione del processo penale, Torino, 2016.
6 Questa eterogenesi dei fini attribuibile alla disciplina della prescrizione è sottolineata da pi parti: cfr. Fassone, E., La prescrizione del reato: interventi possibili, in AA.VV., Per una giustizia penale più sollecita, cit., 33 ss.; Giostra, G., La prescrizione: aspetti processuali, ivi, 84 ss. dove l’A. assimila la prescrizione ad un «agente terapeutico e patogeno al tempo stesso»; Giunta, F.-Micheletti, D., Tempori cedere, cit., 93 ss.; Vigan , F., Riflessioni, cit., 29.
7 In tal senso Vigan , F., la nuova disciplina della prescrizione, cit., 1290, 1297, 1299; manifestavano tale timore già con riferimento al disegno di legge, Basile, F., La prescrizione che verrà, in Dir. pen. cont., 2017, fasc. 5, 8 ss.; Palazzo, F., La riforma penale alza il tiro?, in Dir. pen. cont. A Riv. trim., 2016, fasc. 1, 56; Pelissero, M., La politica penale delle interpolazioni, in Dir. pen. cont. A Riv. trim., 2016, fasc. 1, 64 s.
8 Si tratta della commissione istituita dal ministro della giustizia Paola Severino durante il Governo Monti.
9 La relazione è scaricabile da www.giustizia.it.
10 Per un quadro d’insieme, v. Silvani, S., Il giudizio del tempo: uno studio sulla prescrizione del reato, Bologna, 2009, 356 ss.; Vigan , F., Riflessioni, cit., 30 ss.; Tomasello, F., Per una riforma della prescrizione: le opzioni sul tappeto, in www.penalecontemporaneo.it, 10.12.2013, 12 ss. Su questo tema v. anche Pulitan , D., Hl nodo, cit., 24 ss.; Id., Una confessione di Agostino e il problema della prescrizione, in Dir. pen. cont. A Riv. trim., 2016, fasc. 1, 76 s.; Palazzo, F., La riforma penale alza il tiro?, cit., 56 s.; Ubertis, G., Prescrizione del reato e prescrizione dell’azione penale, in Riv. it. dir. proc. pen., 2010, 1024 ss.
11 Sul punto v. Vigan , F., Riflessioni, cit., 26.; Corso, P., Verso una disciplina processuale della prescrizione?, in Azione civile e prescrizione processuale nella bozza di riforma della commissione Riccio, Torino, 2010, 68 ss.; Ubertis, G., Prescrizione del reato, cit., 1020 s.; In generale, sulla copertura costituzionale degli interessi sottesi alla prescrizione, v. Giunta, F.-Micheletti, D., Tempori cedere, cit., 44 ss.
12 Tale modifica era auspicata da più voci della dottrina: cfr. Pulitan , D., Una confessione di Agostino, cit., 75-76; Id., Il nodo, cit. 23; Pelissero, M., La politica penale delle interpolazioni, cit., 65.
13 Per i dettagli del meccanismo si rinvia alla citata relazione della commissione Fiorella.
14 Favorevoli, già in sede di commento al disegno di legge, Basile, F., La prescrizione che verrà, cit., 7; Pelissero, M., La politica penale delle interpolazioni, cit., 65; Pulitan , D., DDL n. 2067: sulle proposte di modifica al codice penale e all’ordinamento penitenziario, in Giur. pen. web, 2017, n. 3, 4 s. In generale, sul meccanismo della sospensione, Pulitan , D., Il nodo, cit., 26 ss.
15 Alla sentenza di condanna può essere equiparata l’applicazione della pena su richiesta delle parti ex art. 445, co. 1-bis, c.p.p., mentre, in assenza di espressa previsione, nessun effetto sospensivo pare potersi agganciare al decreto penale di condanna.
16 Come è stato osservato in dottrina, pur essendo tale ipotesi prevista come residuale, «sarà quella certamente de-stinata a verificarsi più frequentemente nella prassi, il termine di un anno e mezzo apparendo certamente inadeguato (quanto meno) a consentire la celebrazione della stragrande maggioranza dei procedimenti d’appello» (Vigan , F., La nuova disciplina della prescrizione, cit., 1292).
17 La proposta elaborata dalla commissione Fiorella, parallelamente alla previsione della sentenza di condanna quale causa sospensiva della prescrizione, provvedeva ad eli-minarla dal novero delle cause interruttive. Sul punto si tornerà infra, par. n. 3.
18 Osserva Vigan , F., La nuova disciplina della prescrizione! cit., 1292 che nel silenzio della disposizione nessun rilievo in malam partem può attribuirsi all’eventuale proroga del termine di cui all’art. 544, co. 3, c.p.p. con provvedimento del presidente della corte d’appello o del tribunale ai sensi dell’art. art. 154, co. 4-bis, disp. att. c.p.p.
19 La norma non contempla invece le ipotesi in cui la sentenza d’appello si limiti a fornire una qualificazione giuridica del fatto diversa da quella posta alla base della sentenza di condanna in primo grado, ovvero ad escludere una o più circostanze aggravanti applicate dal giudice di prime cure: in tali ipotesi, pertanto, il periodo sospensivo precedentemente maturato sarà salvo (fermo restando che il termine di prescrizione al quale fare riferimento diverrà quello previsto per la fattispecie di reato ritenuta corretta dai giudici del gravame). In tal senso Vigan , F., op. ult. cit., 1293.
20 Si tratta di reati nei confronti di vittime vulnerabili (elemento questo che giustifica la peculiare disciplina processuale dell’assunzione della testimonianza), ossia: maltrattamenti in famiglia (art. 572 c.p.), riduzione o mantenimento in schiavitù o servitù , tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi (artt. 600, 601 e 602 c.p.), prostituzione e pornografia minorile (artt. 600 bis, ter, quater, quinquies c.p.), violenza sessuale, atti sessuali con minorenne, corruzione di minorenni e adescamento di minorenni (artt. 609 bis, quater, quinquies, octies e undecies c.p.), atti persecutori (art. 612 bis c.p.).
21 Cfr. l’art. 58 della Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e il contrasto alla violenza contro le donne e alla violenza domestica, sottoscritta a Istanbul nel 2011 e ratificata dall’Italia nel 2013, con la l. 27.6.2013, n. 77.
22 Cfr. Cass. pen., S.U., 11.7.2001, n. 33543, in CED rv. n. 219222. Per le stesse ragioni la Consulta aveva precedentemente dichiarato manifestamente inammissibili le questioni di legittimità costituzionale volte ad ottenere una sentenza additiva che colmasse la lacuna in parola: cfr. ordinanze C. cost., 10.12.1998, n. 412; C. cost., 5.6.1997, n. 178.
23 Palazzo, F., La riforma penale alza il tiro?, cit., 57; sul punto v. anche Basile, F., La prescrizione che verrà, cit., 7.
24 Critico rispetto a tale assetto Vigan , F., La nuova disciplina della prescrizione, cit., 1294; sul punto v. anche Pulitan, D., DDL n. 2067, cit., 4 s., nonché Id., Il nodo, cit., 26, 28 secondo cui i due istituti (sospensione o interruzione) hanno carattere alternativo e la loro coesistenza «non è razionalmente giustificabile».
25 A favore di tale soluzione, in sede di prima lettura, Zirulia, S., Riforma Orlando, cit.; in senso favorevole anche Vigan , F., op. ult. cit., 1293.
26 Vigan , F., op. ult. cit., 1294.
27 Vigan , F., op. ult. cit., 1293.
28 Cfr. da ultimo C. cost., ord. 26.1.2017, n. 24 (caso Taricco), n. 4 del considerato in diritto. V. anche Pulitan , D., Il nodo, cit., 21.
29 Ripercorriamo, sul punto, quanto già rilevato in sede di prima lettura (Zirulia, S., Riforma Orlando, cit.); sul punto v. anche Vigan , F., op. ult. cit., 1295 s. specie per la prospettazione di argomenti pro e contro un’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale. In tema v. anche Pulitan , D., Il nodo, cit., 28 s.
30 Per i relativi dati si rinvia a quanto riferito supra, nota n. 3.
31 V. ancora supra, nota n. 3.
32 Sul punto v. Vigan , F., op. ult. cit., 1297; Basile, F., La prescrizione che verrà, cit., 7 s.