La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. L¿Itinerarium orientale di Filippo della SS. Trinita
L’Itinerarium orientale di Filippo della SS. Trinità
Julien Esprit, nato nel 1603 a Malaucène, presso Vaucluse, e morto a Napoli nel 1671, prende l’abito carmelitano il 2 settembre 1620 con il nome di Filippo della SS. Trinità e pronuncia i voti l’8 settembre 1621. Dopo aver professato a Lione, parte per le missioni orientali, attraversando la Siria, la Palestina, l’Armenia e la Persia. Per otto anni, a partire dal 1631, è superiore del convento e professore di filosofia e teologia a Goa, in India.
L’esperienza di viaggio è descritta nel primo capitolo dell’Itinerarium orientale R.P.F. Philippi a SS.ma Trinitate, edito a Lione nel 1649. L’opera è successivamente tradotta in francese, tedesco e, nel 1666, in italiano con il titolo: Viaggi orientali del Reverendissimo Padre Filippo della SS. Trinità [...] ne’ quali si descrivono varii successi, molti regni dell’Oriente, monti, mari, e fiumi, la successione de’ prencipi dominanti, i popoli christiani, et infedeli, che stanno in quelle parti. Si discorre ancora degli animali, degli alberi, delle piante, e frutti; delle missioni de’ relligiosi, e di molti casi maravigliosi degni della curiosità di chi legge.
Come si ricava dal titolo, nei dieci libri in cui si struttura l’opera l’autore fornisce notizie di carattere storico e geografico. Nel secondo capitolo si parla dei «Regni, Imperij e Provincie dell’Oriente», nel terzo dei «monti, mari e fiumi», nel quarto della successione dei monarchi, nel quinto e nel sesto delle popolazioni sia cristiane sia «infedeli», nell’ottavo si danno informazioni sulle «missioni orientali dei padri carmelitani scalzi» e nel nono dei «casi memorabili succeduti nell’Oriente».
Il primo capitolo è interamente dedicato al resoconto dell’itinerario compiuto per raggiungere l’India: l’8 febbraio 1629 il missionario carmelitano parte da Roma per imbarcarsi a Napoli il 24 febbraio; da qui raggiunge Malta dove rimane fino al 5 aprile. Prosegue, quindi, descrivendo il viaggio in questi termini: «il quinto giorno di Aprile partimmo dal porto di Malta, e l’ottavo dell’istesso, vedemmo da lontano l’Isola di Creta, patria del gran Giove, Dio dei Gentili […] quattro giorni doppo ci si fece innanzi quella di Cipro; alli quindeci finalmente, pure dell’istesso […] arrivammo con l’aiuto del Signore, felicemente nel bramato porto di Alessandretta» (ed. 1666, p. 13). Partito da Alessandretta il 16 aprile, in due giorni raggiunge a cavallo Aleppo; qui resta fino al 6 maggio. Da Aleppo, costeggiando l’Eufrate, arriva alla città di ῾Ana (nell’attuale Iraq) e vi si ferma un mese. Il 6 luglio raggiunge Baghdad: «lasciando l’Eufrate ci voltammo alle verdeggianti spiagge del Tigre, piene di palme. E così alli sei di luglio, verso il mezo giorno, entrassimo nella famosa città di Babilonia […] dove restassimo […] nell’hospitio dei Padri Capuccini» (ibidem, p. 33). Il 26 prende la rotta di Ispahan (in Persia) dove rimane nove mesi, dal 17 agosto 1629 al 19 maggio 1630. Facendo tappa a Shīrāz il 29 maggio, il 15 luglio 1630 arriva a Bassora e vi rimane per un periodo di 15 mesi, nel corso dei quali impara la lingua araba e quella persiana. Ricevuto l’ordine di insegnare filosofia a Goa, il 4 ottobre 1631 lascia Bassora e, dopo alcuni scali, raggiunge la città.
Particolare interesse riveste il settimo capitolo dedicato alla descrizione «d’alcune specie d’animali, come anche d’alcuni alberi, piante e frutti di quelle parti» (ibidem, pp. 394-437). Tra le piante egli descrive «gli alberi fruttiferi», la palma, le «piante aromatiche », tra gli animali gli elefanti, i cammelli, gli «animali che hanno il moto progressivo » ovvero tigri, scimmie, una singolare specie di volpi «dalli quali si cava il muschio», cani «che vanno a caccia de’ Sorci, quali per la grossezza loro spaventano l’istessi Gatti» (ibidem, pp. 407-408). Sono descritti i serpenti, gli uccelli e un intero capitolo, di cui si propone la lettura, è dedicato a un fantasioso elenco di pesci. Il brano è identico a quello presente nella edizione in latino malgrado gli avvertimenti del traduttore sulla presenza di aggiunte che «non sono da me inventate […] ma l’istesso Autore, sotto il di cui governo io stavo nel nostro seminario di San Pancratio di Roma mentre traducevo quest’opera, me l’ha indicate» (ibidem, «Il traduttore a chi legge», f †10r).
De’ pesci delle Indie
«Non mi ricordo di haver visto nelle Indie se non pochi de’ nostri pesci, come Cefali detti da’ Portughesi Taigna, e Alause dall’istessi addimandati Sauel, ve ne sono per il contrario molti, che non si vedono qua.
Nell’Oceano dell’Indie si trovano Balene in quantità che da lontano paiono isole mobili. Vicino all’isola di Ceilan, e del Gange, come anche al Nilo fiume d’Egitto si vedono molti Cocodrili, che divorano gli huomini condannati alla morte, o quelli che casualmente incontrano: io ho conosciuto un soldato, quale fu divorato da uno di questi animali […]. Vi sono ancora alcune Sirene massime vicino all’Isole di S. Lorenzo nella parte Orientale dell’Africa, quali si chiamano da’ Portughesi Pesci Donne, perché dalla cinta in su paiono donne, e dalla cinta in giù si terminano in pesce. L’ossa loro servono in molte cose. Sono straordinariamente freddi, sì che se qualcheduno pigliasse uno di quest’ossa mentre se gli cava sangue non solo si ferma pel freddo ch’il braccio ne riceve, ma anche si gela nell’istessa vena. Il Vicerè dell’Indie fu una volta ferito nell’arteria da Cirusico, e quando non v’era più rimedio per la sua salute, gli si diede per le mani un dente di questo pesce, & il sangue dell’arteria si fermò subito, e restò libero dal pericolo. Quest’ossa giovano molto per la castità, & a reprimere i movimenti carnali, anzi rendono gli huomini impotenti, e servono in molte altre cose per la salute del corpo.
Nelle medesime parti si trovano Buoi marini, quali dicono essere molto simili a gl’altri, fuor che hanno la pelle spelata, escono dal mare, e vanno a pascolare ne’ prati, dove ben spesso con inganni si pigliano, imperciòche mettono siepe tutto all’intorno di quei pascoli, lasciando solamente un passo molto stretto quale si serra subito che vi sono entrati, si che restano presi, e dicono che poco a poco diventano terrestri, e ch’il pelo loro cresce. Si vedono nel medesimo luogo Lupi marini, e molti altri pesci che ci sono incogniti. Nel Golfo Persico, v’ha un certo pesce assai grande, communemente detto Serro, che con i denti molto aguzzi divora gl’huomini, ch’incontra dopo il naufragio o quando notano, overo quando pescano le perle, la sua carne, massime quando è salata è molto gustosa, e ne portano in Goa alli Signori grandi come un regalo molto stimato.
Nel medesimo Golfo v’è una si gran quantità d’altri pesci che dicono che li cani, & i gatti che s’accostano al mare li possono facilmente pigliare. Vicin’all’Isola di Goa si trova un pesce detto Bombarda, gli danno questo nome, perch’essendo gonfio di vento, s’egli è sopraffatto da qualche peso fa un rumore simile a quello d’un cannone, sentendosi da molto lontano; v’è ancora nel medesimo luogo un pesce assai ordinario, e di poca stima per essere insipido, si domanda Corvione, la di cui carne è molto viscosa, e piena di loto, egli è però assai grande; ve n’è un altro assai picciolo detto Cavalle, molto delicato, ma poco sano, e cagiona il prurito per tutta la vita.
V’ha un’infinità d’Ostriche, & altre Conchiglie, siche nell’Isola di Goa, e nell’altri luoghi circonvicini ne fanno la calce per tutte le fabriche.
V’è in somma in tutto questo mare una gran quantità di Serpenti, & alcune miglia dentro l’istesso mare sono in sì gran numero, che chiamano quella parte il mare de’ Serpenti, si dice che quando sono grosse le piogge, e che si gonfiano i torrenti, questi animali sono per la violenza dell’acqua strascinati nel mare dalle vicine montagne.
Sono sicuro che pochi de’ nostri pesci si trovano nel mare dell’Indie, imperciòche io non vi ho veduto né Tonni, né Salmoni, né Linguatole, anzi né Sarde, che sono il cibo degli altri pesci, in vece de’ quali pare che le Cavalle vi sijno state poste, queste sono grosse come picciole Aringhe, non si pescano però tutto l’anno, ma solamente in certa stagione determinata, come anche il pesce chiamato Mordichi delicatissimo quale si dà anche agli infermi» (ibidem, pp. 415-417).
Si veda anche La Rivoluzione scientifica: i domini della conoscenza. Collezionismo e viaggi scientifici