La scienza in Cina: dai Qin-Han ai Tang. Sistemi di organizzazione della conoscenza
Sistemi di organizzazione della conoscenza
Il pensiero scientifico cinese, a partire dall'ultima fase degli Stati combattenti (480-221 a.C.) sino al decisivo impatto con la scienza europea quasi 2000 anni dopo, fu contrassegnato dalla filosofia cosiddetta 'correlativa', che, stabilendo rapporti di corrispondenza tra i vari aspetti del Cosmo e tra le varie discipline in cui andavano articolandosi le conoscenze su di esso, riteneva che anche i diversi sistemi di misurazione cui si ricorreva nella descrizione dei fenomeni naturali ‒ e specialmente i sistemi riguardanti lunghezze, superfici, volumi e intervalli di tempo ‒ fossero collegati l'uno all'altro dalle scale musicali pentatonica e dodecatonica e anzi fossero fondati proprio su queste scale dell'armonia musicale; si poteva così parlare di 'correlazioni armoniche cosmiche'. Anche se in una prospettiva contemporanea queste corrispondenze sembrano essere piuttosto arbitrarie, nella filosofia naturale cinese l'idea di una reciproca integrazione naturale tra i fenomeni finiva invece per costituire un elemento importante a sostegno della concezione di una fondamentale unità e di un fondamentale ordine del Cosmo.
L'idea che i toni musicali incarnino ed esprimano la natura basilare della materia e delle sue trasformazioni fece la sua prima apparizione in testi filosofici cinesi del tardo IV sec. e dell'inizio del III sec. a.C. e fu pienamente espressa nei testi canonici a partire dal II sec. a.C. Tra i primi testi che espressero tale concezione, vi sono il Libro del Maestro Guan (Guanzi, V-I sec. a.C.) e le Primavere e autunni del Signor Lü (Lüshi chunqiu, III sec. a.C.). Le derivazioni dell'idea secondo cui i toni musicali rappresentavano l'elemento di base della cosmologia furono ampiamente esplorate nel Libro del Maestro dello Huainan (Huainanzi, 139 a.C.), che, a sua volta, influenzò gli scritti sincretici confuciani di Dong Zhongshu (179-104 a.C. ca.) e gli sforzi successivi dei bibliotecari imperiali Liu Xiang (77-6 a.C. ca.) e suo figlio Liu Xin (m. 23 d.C.) per la compilazione di edizioni canoniche dei Classici confuciani e di altre opere anteriori ai Qin. Anche se echi delle teorie musico-cosmologiche del Libro del Maestro dello Huainan (insieme ad altri testi a questo collegati, per es. alcune parti del corpus rinvenuto a Mawangdui, risalente al 168 a.C. ca.) si ritrovano nelle Memorie di uno storico (Shiji) di Sima Tan (m. 110 a.C. ca.) e di suo figlio Sima Qian (145-86 a.C. ca.), queste teorie furono pienamente usate soltanto nella Storia della dinastia Han [anteriore] (Hanshu) di Ban Gu (32-92 d.C.).
Nel Libro del Maestro dello Huainan i riferimenti all'armonia matematica e ad altre concezioni musico-cosmologiche si trovano soprattutto nel Trattato sui segni celesti (cap. 3), che riguarda in senso ampio l'astronomia, l'astrologia e la cosmologia correlativa. Nelle Memorie di uno storico la musica, la cosmologia e l'astronomia sono distribuite in quattro capitoli: il Trattato sulla musica (cap. 24), in cui questa disciplina è presentata come un elemento della virtù e come un'arte, e riguarda melodie, canti e affini; il Trattato sui tubi sonori (cap. 25), che riguarda l'armonia matematica e temi a essa collegati; il Trattato sul calendario (cap. 26), su calendario, riforma del calendario, calcoli relativi, ecc.; il Trattato sui palazzi celesti (cap. 27), sull'astronomia posizionale, i prodigi e temi derivati. La Storia della dinastia Han [anteriore] di Ban Gu codificò il modello adottato in seguito dalla maggior parte delle storie dinastiche, includendo sia l'armonia matematica sia problemi di calendaristica in un unico trattato, il Trattato sui tubi sonori e sul calendario (Lüli zhi), suddiviso in due sottocapitoli (Hanshu, 21A e 21B); astronomia e temi affini furono invece inclusi nel Trattato sui segni celesti (Hanshu, 26), mentre astrologia e prodigi furono il tema di un'altra monografia in cinque parti, Il trattato sulle Cinque fasi (Hanshu, 27A-27Cb). Fu proprio nel Trattato sui tubi sonori e sul calendario della Storia della dinastia Han [anteriore] che queste idee giunsero a piena maturazione.
Nella Cina antica erano generalmente usate due scale musicali, una pentatonica e l'altra dodecatonica; presumibilmente le due scale erano in origine del tutto separate, ma in seguito finirono per formare due elementi appartenenti a un'unica teoria musicale.
La scala pentatonica ha una storia lungamente attestata in Cina, che risale all'epoca precedente alla dinastia Shang (XVIII-XI sec. a.C.). Prova diretta della precoce apparizione di questa scala sono ocarine preistoriche di ceramica e flauti costruiti con ossa cave di grandi uccelli. Le campane di bronzo Shang, per quanto è possibile determinare, non erano intonate secondo la scala pentatonica o un'altra scala musicale, né erano fuse in serie o in campane accordate; in altre parole, esse potevano produrre suoni, ma non musica. In realtà, l'assenza d'intonazione delle campane Shang può essere dovuta all'insufficiente sviluppo della tecnica di fusione, piuttosto che all'assenza della scala pentatonica durante quel periodo. La scala pentatonica, per quel che si può dedurre da testi e iscrizioni del periodo Zhou (XI sec.-221 a.C.), consisteva in cinque note designate con i nomi di gong, shang, jue, zhi e yu, che corrispondevano ‒ nei relativi intervalli, ma non naturalmente nei valori assoluti, che sono ignoti nel periodo più antico ‒ alle note do, re, mi, fa e la della scala convenzionale occidentale.
Nella letteratura cinese la scala dodecatonica è sempre descritta in riferimento a dodici tubi sonori (lü), i cui rapporti di lunghezza, e di conseguenza le note prodotte, sono identici a quelli della scala pitagorica. La teoria, un tempo ampiamente condivisa tra i sinologi occidentali, secondo la quale la scala pitagorica poteva essere stata diffusa in Oriente, sino in Cina, a seguito delle conquiste di Alessandro Magno, è stata oggi abbandonata grazie alle scoperte archeologiche, che hanno dimostrato come in Cina la scala dodecatonica sia citata per la prima volta in testi del periodo degli Stati combattenti. Tuttavia, questa scala è evidentemente molto meno antica della scala pentatonica e diversi elementi (come il carattere straniero dei nomi di alcune note e la presenza di testimonianze archeologiche nei siti delle zone meridionali) permettono d'ipotizzare che l'origine del sistema tonale dei dodici tubi sonori sia da localizzarsi in regioni esterne alle pianure centrali, epicentro delle formazioni politiche Shang e Zhou. Un brano nel cap. 25 delle Primavere e autunni del Signor Lü, che attribuisce l'invenzione dei tubi sonori a un saggio che li costruì per imitare il canto delle fenici maschi e femmine, colloca questi ipotetici avvenimenti nelle regioni occidentali. La più antica prova archeologica della scala dodecatonica proviene da una serie di campane di bronzo dello Stato meridionale di Chu, che occupava buona parte del territorio tra il fiume Han e il medio corso del fiume Yangzi, una regione dotata di facili vie d'accesso alle rotte commerciali sia verso l'Asia sudorientale e l'India sia verso l'Asia centrale. Non si può quindi escludere un punto d'origine comune per l'apparizione di questa scala sia in Cina sia in Grecia. D'altra parte, poiché un procedimento matematico diretto permette di derivare la scala dodecatonica da quella pentatonica, è altrettanto probabile che questo metodo sia stato scoperto nell'antica Cina in modo indipendente, senza stimoli o influenze provenienti dall'esterno.
L'analisi delle campane di bronzo di stile Chu ritrovate nella tomba del marchese Yi di Zeng (Zeng Houyi, 433 a.C. ca.), basata sui nomi delle note inscritte sulle campane e sulla misurazione delle frequenze sonore, permette d'individuare un metodo di conciliazione tra le scale pentatonica e dodecatonica. Ogni nota della scala pentatonica sarebbe elevata di un intervallo calcolato (di solito circa una terza maggiore) per produrre una seconda nota; quest'ultima sarebbe a sua volta elevata di un intervallo calcolato (di solito una sesta minore) per produrre una terza nota; le note così generate sarebbero sufficienti a costituire la scala dodecatonica.
Un procedimento differente è stato descritto per la prima volta nel cap. 58 del Libro del Maestro Guan e successivamente, con variazioni di scarsa rilevanza, nelle Primavere e autunni del Signor Lü e nel Libro del Maestro dello Huainan. In questo caso si prende la prima nota pentatonica (gong) come fondamentale (assegnandole arbitrariamente, o piuttosto su base numerologica e per facilità di calcolo, il valore numerico 81) e la si moltiplica in sequenza per 2/3 e 4/3 (eccetto tra la sesta e l'ottava nota della serie, in cui il moltiplicatore 4/3 è usato due volte di seguito per mantenere la scala risultante all'interno di una sola ottava). Questo procedimento, che consiste nel derivare una serie di quinte ascendenti e quarte discendenti in alternanza, produce una serie completa di dodici note, le cui prime cinque corrispondono alla scala pentatonica. Le note seguenti (in successione) sono espresse in frazioni; nel cap. 3 del Libro del Maestro dello Huainan, sono anche date le approssimazioni di queste frazioni in numeri interi (Tav. I).
È immediatamente evidente che l'ultima nota della serie, elevata di un valore di 4/3, non ritorna al valore di base 81. Il fatto era ben noto quando tale metodo è stato riportato nei testi all'epoca degli Stati combattenti e della dinastia Han ed è stata apportata una correzione, per cui una nota senza nome prossima a zhonglüh e con un valore di 243/4 è stata presa come base per il ritorno alla nota fondamentale (243/4×4/3=81). I testi affermano chiaramente che scale simili potevano essere create usando ognuna delle altre quattro note pentatoniche come fondamentali (producendo in totale 'cinque scale e sessanta note') e che ogni nota poteva essere elevata alla successiva ottava superiore moltiplicando il suo valore per 1/2. I tratti essenziali dell'armonia matematica cinese erano tutti stabiliti all'inizio dell'era imperiale.
Un procedimento affine, che compare per la prima volta nel capitolo Il grande direttore della musica dei Riti dei Zhou (Zhouli, III sec. a.C.), era divenuto canonico al tempo in cui è stato scritto il Trattato sui tubi sonori e sul calendario della Storia della dinastia Han [anteriore] e continuò a essere adottato nei corrispondenti trattati delle storie dinastiche successive. In esso l'alternanza di note discendenti e ascendenti (ottenute moltiplicando rispettivamente per 2/3 e 4/3) è stata resa del tutto regolare; le note risultanti occupavano uno spettro sonoro pari a circa un'ottava e mezza, invece di essere confinate all'interno di una singola ottava come nel metodo più antico. I dodici tubi sonori sono stati suddivisi in due serie: sei lü (huangzhong, taicou, guxian, ruibin, yize e wuyi), ottenuti elevando la nota precedente di 4/3, e classificati come yang; sei tong 'accompagnatori' o sei lüh (omofono di lü o 'tubo sonoro', si tratta però di un termine differente che significava 'regolatore', qui diversamente traslitterato per chiarezza), ossia dalüh, yingzhong, xiaolüh (il precedente zhonglüh), hanzhong (il precedente linzhong), nanlüh e jiazhong. Queste ultime sei note sono ottenute diminuendo la nota precedente di 2/3 e sono classificate come yin. Il sistema esposto nel Trattato sui tubi sonori e sul calendario produce così un'alternanza regolare di note yang e yin, che, come si vedrà più avanti, si coordinano con i dodici mesi del calendario. Va notato inoltre che tutte e sei le note tong (o lüh) sono chiamate zhong ('campana') o lüh ('regolatore'), mentre solamente una delle note lü ‒ huangzhong, 'campana gialla', la nota fondamentale ‒ è chiamata 'campana'; questa terminologia sembra indicare un processo di sistematizzazione e, per alcune note, la sostituzione dei nomi cinesi con denominazioni più antiche e probabilmente non cinesi.
I sistemi di pesi e di misure possono essere fatti risalire all'economia agricola e commerciale del periodo Neolitico, se non prima. All'epoca degli Stati combattenti (480-221 a.C.), nell'intera area culturale cinese, per le misure di lunghezza, peso e capacità era in uso una terminologia diversa, ma più stabile. I testi risalenti al tardo periodo degli Stati combattenti e al successivo primo periodo Han che tentano una sistematizzazione collegano i pesi e le misure sia alle origini di fenomeni naturali di vario tipo sia ‒ attraverso una numerologia complessa ma solitamente ad hoc ‒ alle scale pentatonica e dodecatonica. Un tipico esempio di questi sistemi, che comprendono unità di lunghezza e peso, ma non di capacità, si trova nel cap. 3 del Libro del Maestro dello Huainan, i cui dati sono riportati nella Tav. I.
Il testo da cui sono stati estratti i dati della tavola, seppure composto intorno al 139 a.C., sembra conservare un sistema di unità di misura risalente a un periodo anteriore ai Qin (221-206 a.C.), in quanto le unità d'incremento sono piuttosto irregolari e soltanto in parte decimali, mentre all'epoca della tarda dinastia Han anteriore (nel I sec. a.C.) le unità di lunghezza (ma non quelle di peso) erano divenute interamente decimali. La cifra 12 e i suoi fattori, tanto prevalenti in questi dati, si prestavano all'associazione con i dodici tubi sonori; nel periodo Han (206 a.C.-220 d.C.) l'interesse per la tesi secondo la quale pesi e misure di ogni tipo fossero derivati dai tubi sonori spiega probabilmente perché gli autori del Libro del Maestro dello Huainan abbiano scelto questo sistema risalente al periodo precedente agli Han. Inoltre, è anche importante notare che nell'epoca Zhou non vi era uniformità di pesi e misure tra uno Stato e l'altro.
Come è noto, uno dei successi del Primo Imperatore Qin (Shi Huangdi, 221-210 a.C.) fu quello di standardizzare e regolamentare i pesi e le misure nell'intero territorio dell'Impero; ciò fu possibile fissando dei valori ufficiali e poi ordinando la fusione in bronzo di regoli, pesi e misure di volume e la loro distribuzione nei centri amministrativi di tutto l'Impero, con l'obbligo che tutti gli strumenti di misura di uso pubblico (per es., quelli utilizzati nei mercati) fossero conformi alle misure ufficiali. Nel periodo Qin, dunque, la regolarizzazione e la stabilizzazione di pesi e misure giunse a tal punto da dar vita a un sistema basato in ampia misura su unità decimali. Questi stessi pesi e misure sarebbero stati adottati anche dagli Han e dalle dinastie successive, apportando soltanto lievi cambiamenti.
Per quanto riguarda le unità di lunghezza (che, come mostrano i dati del Libro del Maestro dello Huainan, erano soltanto in parte decimali nel periodo precedente), 10 fen, da 2,3 mm ca. l'uno, equivalevano a 1 cun (23 mm ca.), 10 cun equivalevano a 1 chi (23 cm ca.) e 10 chi equivalevano a 1 zhang (2,3 m ca.). Furono anche specificate unità decimali inferiori al fen (per es., il li, equivalente a 1/10 di fen e quindi a soltanto 0,23 mm ca.), ma queste avrebbero avuto scarsa applicazione pratica in mancanza di strumenti d'ingrandimento; il bu o 'doppio passo', pari a 6 chi, fu una delle poche unità non decimali che sopravvisse al passaggio alla metrologia decimale. La base per tutte queste misure di lunghezza era il tubo sonoro huangzhong, la cui lunghezza era ritenuta pari a 9 cun (il quadrato di 9 è 81, il numero a partire dal quale, per convenzione, erano calcolati tutti i rapporti armonici dei tubi sonori).
Le misure di volume di corpi e quindi anche di capacità di recipienti erano basate su multipli e frazioni dello sheng. La standardizzazione più ambiziosa delle unità di misura della capacità fu quella del bibliotecario e astrologo Liu Xin, che sovrintese alla fusione del vaso di bronzo costituente il campione di capacità e che fissò le cinque principali misure di capacità usate nel periodo Han. La sezione principale del vaso consisteva in un cilindro diviso in due parti di diverse dimensioni: la parte più grande era un cilindro di dimensioni tali da circoscrivere e contenere un cubo immaginario, che aveva il lato della lunghezza di 1 chi; il volume del cilindro risultante era pari a 1620 cun3 (20 dm3 ca.) ed era chiamato hu. La parte più piccola del cilindro principale del vaso, un decimo della parte più grande, aveva un volume pari a 1 dou di 162 cun3 (2 dm3). Attaccati al corpo principale del vaso vi erano due piccoli cilindri, opposti l'uno all'altro; quello a sinistra definiva lo sheng, pari a 1/10 di dou (ossia 200 cm3 ca.), e quello a destra era diviso in due parti, una, rivolta verso l'alto, per il he, o ge, di 1/10 di sheng (ossia 20 cm3 ca.) e l'altra, rivolta verso il basso, per lo hue, o yue, di 1/2 he (ossia 10 cm3 ca.). L'iscrizione di Liu Xin sul vaso hue specificava che il suo volume equivaleva a 810 fen3 (10 cm3 ca.), e questo valore era collegato in modo esplicito al numero del tubo sonoro huangzhong, che (v. Tav. I) era convenzionalmente considerato il numero 81. Le relazioni tra le unità di misura e i toni dei tubi sonori furono così codificate nella politica centralista del periodo Han; nei mercati, tuttavia, nonostante la standardizzazione, gli sheng, i dou e gli hu erano per convenzione suddivisi in 'piccoli mezzi' (per es., 1/3), 'mezzi' (1/2) e 'grandi mezzi' (2/3) piuttosto che in frazioni decimali. Inoltre, essi rimasero assai variabili nelle dimensioni e di conseguenza furono usate misure diverse per i cereali e i liquidi.
Le riforme Qin e Han condussero a una parziale trasformazione decimale delle misure di peso, anche se ancora piuttosto incompleta. Il sistema completo dei pesi iniziava con il li (57 o 65 mg ca.), famoso nel tardo periodo imperiale in quanto base della tassa commerciale lijin; 10 li costituivano 1 fen; 10 fen costituivano 1 shu (pronunciato anche zhu); 12 (non 10) shu formavano 1 banliang, 24 shu ammontavano a 1 liang, detto anche, specie come moneta, 'oncia' (ma sino a tempi recenti tradotto di solito come tael nelle transazioni commerciali sino-occidentali); 16 (non 10) liang erano 1 jin; 30 jin erano 1 jun; 4 jun (ossia 120 jin) costituivano 1 dan (scritto con il carattere altrimenti pronunciato shi). Va notato che i valori convenzionali di 12 shu per 1 banliang e 16 liang per 1 jin furono abbastanza forti da sopravvivere a tutti gli sforzi di riforma decimale; nel periodo Han la moneta banliang, o 'mezza oncia', era la valuta standard dell'Impero.
Sulla base del lavoro degli standardizzatori Qin e del bibliotecario e astrologo Liu Xin, il Trattato sui tubi sonori e sul calendario (Lüli zhi) della Storia della dinastia Han [anteriore] inseriva i numeri, i tubi sonori, le lunghezze, i volumi, le capacità e i pesi in un unico schema che complessivamente comportava significative correlazioni cosmologiche. Le misure di lunghezza seguivano la formula ormai fissa di 10 fen=1 cun; 10 cun=1 chi; 10 chi=1 zhang; 10 zhang=1 yin. Lo standard per un fen era la dimensione di un chicco di miglio nero; il tubo sonoro huangzhong, che nei testi precedenti era di solito considerato lungo 81 fen, fu in questo testo definito pari a 90 fen (poiché 92=81, dal punto di vista numerologico lo schema della Storia della dinastia Han [anteriore] conservava il collegamento dello huangzhong con il numero 81).
Nel trattato, le misure di volume e capacità seguono i valori stabiliti dal vaso campione di bronzo di Liu Xin: 2 hue=1 he; 10 he=1 sheng; 10 sheng=1 dou; 10 dou=1 hu. Queste misure di volume non erano esplicitamente legate al tubo sonoro huangzhong come oggetto fisico, ma, come si è visto, Liu Xin definiva il volume dello hue come pari a 810 fen3, collegando così le misure di volume e di capacità al valore numerologico del tubo huangzhong. Anche le misure di peso nel Trattato sui tubi sonori e sul calendario della Storia della dinastia Han [anteriore], si conformano a quelle definite dal Primo Imperatore Qin e da Liu Xin; infatti, secondo il testo, 24 shu (o zhu)=1 liang; 16 liang=1 jin; 30 jin=1 jun; 4 jun=1 dan. L'unità di base per il peso era derivata dai chicchi di miglio e dal tubo sonoro huangzhong, in quanto la quantità di miglio che poteva essere contenuta nel tubo stesso era valutata in banliang. Il carattere non decimale delle misure di peso di questo sistema si prestava in apparenza a speculazioni numerologiche, cosicché il valore di 24 shu rispetto al liang era detto essere il simbolo dei ventiquattro qi o 'periodi quindicinali' del calendario, i 16 liang nel jin rappresentavano il prodotto delle quattro direzioni per le quattro stagioni, e così via.
Dopo aver definito i numeri, i toni e le misure di lunghezza, di capacità e di peso, il trattato continuava delineando e discutendo ampie correlazioni di questi con i sei strumenti simbolici del carpentiere (bilancia, peso, bussola, squadra, corda e livella), con lo yin-yang, con le Cinque fasi (wuxing, ossia Legno, Fuoco, Terra, Metallo e Acqua), con le quattro direzioni e con altre categorie significative della cosmologia correlativa. Il risultato era quello di costruire un edificio intellettuale in cui i caratteri spaziali, temporali e morali dell'Universo erano fondati sui numeri e sui tubi sonori. Il soggetto del Trattato sui tubi sonori e sul calendario, in altre parole, partiva dall'armonia matematica ma oltrepassava i confini di quell'argomento.
Come è stato accennato, i valori assoluti dei pesi e delle misure effettive descritte nel trattato non rimasero fissi nel tempo, sia nel periodo precedente sia in quello successivo alle riforme Qin e Han. Per quanto riguarda le misure di lunghezza, un regolo di bronzo di 1 chi, suddiviso in 10 cun ognuno dei quali è a sua volta suddiviso in decimi e risalente al VI sec. a.C., è lungo 23,1 cm; reperti risalenti alla dinastia Sui, cioè a circa mille anni dopo, riportano un valore di 29,5 cm per un chi. In generale il chi tese ad allungarsi nel tempo, cosicché la convenzione Han per cui un uomo era alto otto chi (1,85 m per un chi di 23,1 cm dell'epoca Han anteriore) diventò un'esagerazione nell'epoca Sui (2,36 m per un chi di 29,5 cm) e ancora più nelle epoche successive (2,56 m per il chi di 32 cm dell'epoca Ming). Nelle misure di peso, il valore del jin variò, in epoca imperiale, da circa 220 o 250 a oltre 600 g; la tendenza del jin (e quindi delle altre misure di peso su esso basate) fu quella di divenire più pesante col passare del tempo. Anche il volume del dou e delle altre misure di capacità variò nel tempo (da circa 2 a circa 10 dm3), a dispetto della nominale standardizzazione operata col vaso campione di Liu Xin.
Il tempo del giorno ‒ da un tramonto o da un'alba al tramonto o alba immediatamente seguente ‒ in Cina era misurato in dodici 'ore doppie', che erano designate dai nomi dei dodici Rami terrestri (dizhi), a partire da zi (che copriva l'arco di tempo dalle attuali 23 sino all'1, cosicché l'istante mediano della prima ora doppia cinese corrisponde alla mezzanotte). Le ore doppie erano così inserite nel più ampio sistema di corrispondenze numerologiche basato sul numero dodici. In epoca antica le ore doppie non erano probabilmente divise in unità inferiori alla metà e al quarto (cioè rispettivamente un'ora e una mezz'ora di tipo occidentale), tuttavia lo sviluppo di meridiane, clessidre e orologi meccanici basati sulla clessidra, che ebbe luogo dal periodo Han sino ai Tang, portò alla divisione del giorno in cento ke (lett. 'tacche' intagliate nella scala per la misurazione del tempo di una meridiana, ma convenzionalmente tradotti come 'quarti', dato che la lunghezza di 14 minuti e 24 secondi di ognuno di essi li rendeva prossimi ai quarti d'ora del tempo moderno). Su alcuni strumenti di misurazione del tempo i ke erano a loro volta suddivisi in dodici fen ('minuti', ognuno dei quali era il venti per cento più lungo rispetto al minuto moderno).
Il tempo dell'anno solare ‒ propriamente, dell'anno solare 'tropico', da un solstizio d'inverno al successivo ‒ era diviso in dodici mesi, ossia il numero intero di mesi lunari siderali (di 29,53 giorni ca.) inseribili in un anno solare. Dodici di tali mesi equivalgono approssimativamente a 354 giorni; per accordarsi all'anno solare di 365,25 giorni, s'inserivano sette mesi addizionali al calendario nel corso di un ciclo di diciannove anni, con ulteriori aggiustamenti eventualmente necessari. Disposti intorno a un circolo (che rappresentava l'orizzonte), i dodici mesi erano messi in correlazione, tra l'altro, con le dodici direzioni, i dodici tubi sonori, le dodici ore doppie, i dodici Rami terrestri e i dodici anni del ciclo orbitale di Giove. Alcune di queste correlazioni sono state trovate iscritte lungo la circonferenza degli strumenti astronomici detti shi, di cui diversi esemplari sono noti a partire dal periodo degli Han anteriori (206. a.C.-9 d.C.); questi strumenti, detti 'cosmografi' o 'tavole del divinatore', erano usati per le predizioni astrologiche basate sulla direzione verso cui era rivolta la costellazione beidou (Moggio del Nord, la nostra Orsa Maggiore). La Tav. II riporta le correlazioni basate su dati tratti dalle Domande sul Cielo, cap. 3 del Libro del Maestro dello Huainan.
Il nongli o 'calendario agricolo', usato regolarmente in Cina a partire dal periodo Zhou sino ai tempi moderni, era formalmente identico al calendario lunisolare, ma le sue designazioni delle unità di più giorni si basavano sui fenomeni meteorologici e sui ritmi del ciclo agricolo, piuttosto che sull'osservazione e il calcolo dei movimenti degli astri. Come quello tropico, anche l'anno agricolo tropicale era diviso in 24 qi o 'periodi quindicinali' e pure questi periodi erano correlati ai dodici tubi musicali, in un semplice ordine discendente/ascendente. Il ciclo iniziava con il primo nodo, il solstizio d'inverno, e il tubo huangzhong, correlato alla direzione nord e all'undicesimo mese civile, e discendeva attraverso le dodici note (do, si, la#, la, ecc.) sino al dodicesimo nodo, Grano nelle spighe, e al tubo dalüh. Al tredicesimo nodo, il solstizio d'estate (correlato alla direzione sud e al quinto mese civile), il ciclo ritornava al tubo huangzhong e saliva attraverso le dodici note (do, re, re#, mi, ecc.) sino a yingzhong nel ventiquattresimo nodo. Questo schema, come è ovvio, produceva una serie di correlazioni temporali e direzionali con i dodici tubi sonori, piuttosto diversa da quella che si originava se questi ultimi fossero stati associati al calendario lunisolare.
In vari testi del periodo Han e pre-Han, come il Libro del Maestro Guan (Guanzi) e il Libro del Maestro dello Huainan, così come in opere successive, per le discussioni di cosmologia correlativa e per i calcoli astrologici si adottava, in modo puramente teorico, un anno di 360 giorni raggruppati in dodici mesi di 30 giorni, 24 qi di quindici giorni, cinque cicli di 60 giorni del conteggio sessagesimale ganzhi (abbreviazione di tiangan '10 Tronchi celesti' e dizhi '12 Rami terrestri') e quattro stagioni teoriche di 72 giorni correlate con le quattro direzioni. Questo anno non era però mai stato usato per l'effettiva misurazione del tempo. Per fini cronologici, come per esempio il calcolo dell'età di una persona o la durata del regno di un sovrano, un anno consisteva di 12 o 13 mesi, e dunque la sua lunghezza variava da 354 a 384 giorni. Il vero anno solare di 365,25 giorni (da un solstizio d'inverno al successsivo) era usato solamente per i calcoli calendariali.
È inoltre da notare che le correlazioni del calendario tra mesi, tubi sonori, ecc., includevano anche le correlazioni yin-yang, ma mostravano un interesse nullo o quanto meno scarso per il sistema delle Cinque fasi. Poiché il sistema delle Cinque fasi assume come premessa fondamentale la supremazia del centro, è in qualche modo concettualmente incompatibile con qualunque schema che comporti una ripartizione di correlazioni (mesi, direzioni, note) lungo il cerchio dell'orizzonte; va tenuto presente che i cicli ganzhi di 60 giorni e 60 anni, basati sulla combinazione dei 10 tiangan o Tronchi celesti e dei 12 dizhi o Rami terrestri, uniscono naturalmente le cifre 5 e 12 in modo perfetto, e i calcoli basati sui ganzhi finirono per comprendere sia la teoria dello yin-yang sia quella delle Cinque fasi. Le cinque note della scala pentatonica erano ovvie candidate per l'inclusione negli schemi correlativi basati esclusivamente sulle Cinque fasi; alcune delle correlazioni più evidenti all'interno di quel sistema sono presentate nella Tav. II.
Questi schemi differenti presentano specifiche incompatibilità; per esempio, la nota gong è messa in correlazione con il centro e con la fase di equilibrio tra yin-yang nella teoria delle Cinque fasi, mentre nei sistemi di correlazioni dodecatoniche (nella sua forma di tubo sonoro come huangzhong) è correlata con il Nord e con lo yang. Queste incompatibilità non sembrano esser state interpretate dai pensatori cinesi del tempo come anomalie, ma piuttosto come complessità che potevano ampliare sia le sfide sia le opportunità per i pronostici basati sui ragionamenti correlativi.
Nel cap. 4 del Libro del Maestro dello Huainan, intitolato Trattato sulla topografia, si afferma che "tutte le cose sono equivalenti al loro qi; tutte le cose rispondono al loro stesso tipo". Poiché secondo la filosofia della Natura cinese, il qi, cioè l'energia vitale, pervade il Cosmo e trasmette energia risonante tra le cose in quanto categorie correlate, era naturale aspettarsi che anche i tubi sonori risuonassero spontaneamente quando erano stimolati dall'energia-qi del tipo appropriato. Un'applicazione tipica di questa teoria erano i pronostici sui risultati delle battaglie. Secondo il consiglio di alcuni filosofi Han, alla vigilia di una battaglia una serie di tubi sonori avrebbe dovuto essere opportunamente disposta all'aria aperta, in modo che i tubi fossero esposti all'influenza del qi dell'ambiente; a seconda di quale di questi tubi avesse risuonato, l'adepto avrebbe poi calcolato, sulla base di criteri direzionali e temporali, quale fosse l'auspicio per gli eserciti coinvolti nella battaglia.
Un procedimento basato su concetti simili fu formalizzato verso la fine della dinastia degli Han anteriori e rimase in uso almeno sino alla fine della dinastia Ming, per un periodo quindi di quasi sedici secoli; esso era conosciuto come houqi, o 'osservazione dell'etere', e comportava il tentativo di verificare, in base a fenomeni naturali, la correttezza del calendario. Nella descrizione presente nel Trattato sui tubi sonori e sul calendario della Storia della dinastia Han posteriore e, con alcune varianti ed elaborazioni, in quelle riportate nei corrispondenti capitoli delle storie dinastiche successive il metodo richiedeva la costruzione di un riparo o di un padiglione protetto dal vento, in cui i tubi sarebbero stati disposti in un ampio circolo (in posizione corrispondente, ovviamente, a ogni direzione a loro correlata) in modo che ognuno di essi risultasse sotterrato per metà. Il tubo sarebbe stato quindi parzialmente riempito di cenere asciutta e soffice. Al sopraggiungere del punto mediano di ogni mese (cioè al momento del zhongqi di quel mese), il tubo sonoro appropriato avrebbe risuonato e il flusso di qi attraverso il tubo avrebbe di conseguenza fatto volare la cenere nell'aria. Questo fenomeno, com'è ovvio, sarebbe stato facilmente osservabile, e alcuni funzionari addetti avrebbero così potuto dichiarare all'imperatore che il calendario era in perfetta corrispondenza con le risonanze del Cosmo; tale evento, inoltre, sarebbe stato interpretato come una ratifica celeste del governo del sovrano. Poiché il procedimento non poteva sempre funzionare secondo la teoria, chi lo praticava adottava diversi accorgimenti per affermare che si erano ottenuti ‒ anche se in modo impercettibile per alcuni osservatori ‒ i risultati predetti oppure per favorire l'avverarsi del risultato voluto attraverso l'uso di accorgimenti fisici estranei.
L'elaborato sistema di corrispondenze tra il calendario, la bussola, le unità di misura e i tubi sonori fu codificato nei successivi trattati sui tubi sonori (un termine che comprendeva l'intero campo dell'armonia matematica) e sul calendario, contenuti nelle storie dinastiche ufficiali a partire dalla dinastia Han, ed era dunque un elemento integrante dell'ideologia imperiale ufficiale. Esso, inoltre, indicava e circoscriveva le aree di potenziale ricerca nelle questioni calendaristiche e cosmologiche, ricerca che, basandosi su assunti intellettuali insostenibili, produsse nel tempo un corpo di enorme interesse intellettuale ma di scarso valore scientifico. Nonostante alcune espressioni di scetticismo nel tardo periodo imperiale (per es., sulla validità dell''osservazione del qi'), questa impalcatura teorica rimase sostanzialmente intatta finché in epoca recente non è stata rovesciata, insieme alla cosmologia tradizionale, dall'avvento della scienza moderna in Cina.
Bodde 1959: Bodde, Derk, The Chinese cosmic magic known as 'watching for the ethers', in: Studia serica Bernhard Karlgren dedicata, edenda curaverunt Søren Egerod et Else Glahn, Copenhagen, E. Munksgaard, 1959, pp. 14-35.
Chen Cheng-Yih 1987: Chen Cheng-Yih, The generation of chromatic scales in the Chinese bronze set bells of the 5th century, in: Science and technology in Chinese civilization, edited by Chen Cheng-Yih, Singapore, World Scientific Publishing Corp., 1987, pp. 155-197.
von Falkenhausen 1993: Falkenhausen, Lothar von, Suspended music. Chime-bells in the culture of Bronze-Age China, Berkeley (Ca.), University of California Press, 1993.
Huang Yi-Long 1996: Huang Yi-Long - Chang Chih-Ch'eng, The evolution and decline of the ancient Chinese practice of watching for the ethers, "Chinese science", 13, 1996, pp. 82-106.
Vogel 1994: Vogel, Hans U., Aspects of metrosophy and metrology during the Han period, "Extrême-Orient, Extrême-Occident", 16, 1994, pp. 135-152.
Volkov 1995: Volkov, Alexei, Quantitative analysis of Liu Xin's measuring vessels, in: East Asian science. Tradition and beyond, edited by Hashimoto Keizo, Catherine Jami and Lowell Skar, Osaka, Kansai University Press, 1995, pp. 377-384.
Wu Chengluo 1957: Wu Chengluo, Zhongguo duliangheng shi [Storia dei pesi e delle misure in Cina], Shanghai, Shangwu yinshuguan, 1957 (1. ed.: 1937).