La scienza in Cina: i Ming. Educazione, societa ed esami
Educazione, società ed esami
Nella Cina imperiale l'istruzione ha sempre goduto di un prestigio illimitato. Durante l'epoca classica (VI-III sec. a.C.), i pensatori cinesi furono i primi a sostenere l'idea che nell'assegnazione degli incarichi pubblici il merito e le capacità, mediati dall'esperienza, dovessero avere la precedenza sui privilegi di nascita. Sin dai tempi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), i clan familiari mobilitarono risorse finanziarie e culturali per procurare ai giovani maschi (ma a volte anche alle donne) gli strumenti di base della cultura classica. Tuttavia, l'ideale di una società basata esclusivamente sul merito rimase in gran parte irrealizzato, e per tutta la dinastia Tang (618-907), l'istruzione rimase un privilegio riservato ai proprietari terrieri e ai mercanti benestanti. Nei periodi Tang e Song, lo Stato incrementò enormemente le spese per l'istruzione, dando vita al primo sistema statale di esami per la selezione dei funzionari esistente al mondo. Inoltre, la diffusione del buddhismo nella Cina medievale comportò la nascita di molte strutture assistenziali, compresa la creazione di nuove istituzioni scolastiche nella maggior parte delle province, dove le scuole e i monasteri buddhisti diedero la possibilità di studiare a molti abitanti, maschi e femmine.
Basandosi su queste esperienze, lo Stato e la società dell'epoca Ming videro nell'istruzione, e in particolare in una formazione di stampo classico e morale, uno dei pilastri dell'ordine pubblico e della vita civile. I viaggiatori europei che visitarono la Cina dei Ming rimasero meravigliati dal livello raggiunto dal sistema educativo cinese nel XVI sec.: nei loro rapporti, i missionari cattolici non risparmiarono elogi all'istituzione degli esami pubblici, che si tenevano regolarmente sotto gli auspici dello Stato. Ritroviamo quest'ammirazione nelle opere dei filosofi del Settecento i quali esaltavano il 'Celeste Impero' per la sua politica e la sua posizione illuminata in campo educativo. Nel corso dell'Ottocento, tuttavia, l'atteggiamento degli Occidentali iniziò a mutare, soprattutto a causa dei rapporti dei missionari protestanti, che denunciavano invece la diffusione dell'analfabetismo e della miseria tra il popolo cinese, costretto a vivere sotto l'ombrello bucato di una corrotta élite di letterati-funzionari.
In epoca Ming l'istruzione s'identificava generalmente con la produzione o riproduzione di un'élite altamente erudita e con l'integrazione sociale di persone di estrazione popolare, in genere molto meno istruite e a volte analfabete. Questa concezione non giunse mai a cristallizzarsi in una formula ben definita, a causa dell'insoddisfazione per lo status quo del sistema educativo che emerge come una costante nella storia di questa dinastia. Wang Yangming (1472-1529) e i suoi seguaci, per esempio, crearono numerose scuole e accademie aperte a tutti; d'altra parte, le agitazioni politiche potevano contribuire a rendere incerto il confine tra membri delle classi dominanti e persone comuni. Quando gli imperatori temevano che un dilagante analfabetismo potesse favorire la diffusione delle religioni eterodosse, non esitavano a mescolare forme d'indottrinamento ideologico ai loro sforzi per l'educazione del popolo; di conseguenza, durante il tardo periodo Ming molti letterati accusarono Wang Yangming e i suoi seguaci più radicali, come Li Zhi (1527-1602), di eterodossia e di raggiro nei confronti del popolo.
Separate dagli studi ufficiali, le 'scuole' frequentate dai letterati comprendevano le società di poesia, le accademie private o altri luoghi di trasmissione della cultura classica, medica o politica, tradizionalmente coltivata in una particolare regione. Le tradizioni nel campo della medicina e della scienza politica, in particolare, erano generalmente trasmesse attraverso l'insegnamento di un maestro, che le diffondeva nella sua cerchia di discepoli. In molti casi queste linee di trasmissione culturale s'identificavano con il clan vero e proprio, cioè coincidevano con un gruppo unito da legami di parentela e formato da famiglie con lo stesso cognome, che mettevano insieme le proprie risorse culturali per l'educazione della prole. In assenza di una scuola 'pubblica', nella Cina dei Ming questo tipo di scuole, o quelle legate ai templi o ad altre istituzioni assistenziali, o anche l'educazione domestica, avevano il compito di trasmettere ai giovani le nozioni culturali o tecniche necessarie ad affrontare gli esami civili o militari regionali o a svolgere una professione nelle province, nei municipi oppure nelle prefetture.
Per i letterati Ming, che proseguirono in questo la tradizione Song e Yuan, lo studio comportava almeno sei ambiti collegati tra loro: poetico, politico, sociale, storico, naturale e metafisico. Ciononostante, fu soltanto nell'epoca Ming che le dottrine del daoxue ('studio del Tao'), elaborate in epoca Song, divennero l'ortodossia dominante in tutto l'Impero. Così, i seguaci Ming delle dottrine daoxue di Cheng Yi (1033-1107) e Zhu Xi (1130-1200) non riuscirono a impedire che l'esigenza di creare un curriculum di studi appropriato al sistema degli esami civili si traducesse in una semplificazione, e forse in una falsificazione, dell'elevata concezione dello studio come 'apprendimento del Tao'. Anche se coloro che avevano ricevuto un'educazione classica si distinguevano dagli altri per il possesso di un complesso di nozioni e attitudini morali che li favoriva nel superamento degli esami, in questo periodo proliferarono definizioni alternative e non ortodosse del sapere. Gli studi di scienze naturali, e in particolare le conoscenze mediche, erano divenuti un legittimo campo di ricerca per gli studiosi sin dall'epoca Yuan, quando un numero crescente d'intellettuali si pose alla ricerca di un'alternativa alla carriera negli apparati pubblici del governo mongolo. Così, a partire dall'inizio del XV sec., le domande di politica rivolte ai candidati degli esami civili divennero funzionali all'interesse dei Ming e del pubblico per l'astrologia, la precisione calendaristica, le armonie matematiche e le anomalie della Natura.
Per i letterati Ming, dunque, lo studio poteva significare un esercizio puramente tecnico ‒ come, per esempio, la verifica del numero delle parole contenute nell'originale del Libro del Maestro Mencio (Mengzi) ‒ oppure un ideale tanto vasto come quello riflesso nell'affermazione di Gu Yanwu (1613-1682), secondo cui tutto, da sé stessi all'Impero, poteva essere un soggetto appropriato di ricerca. Li Shizhen (1518-1593) scrisse una celebre enciclopedia della farmacopea cinese, pubblicata dopo la sua morte, nel 1596, intitolata Classificazione ragionata della farmacopea (Bencao gangmu), in cui sono raccolti i nomi delle piante e dei minerali utilizzati sin dall'Antichità nella medicina, allo scopo di 'investigare la realtà e ampliare il campo del sapere' (gewu zhizhi). Ciononostante, gli imperatori Ming lamentarono spesso l'insufficienza delle conoscenze di tipo pratico, in grado di permettere alla nazione di stare al passo con i tempi e di soddisfare i bisogni del popolo. Quasi tutti gli autori concordavano nel definire lo studio un atto sociale, guidato dagli esempi dei meritevoli e dei saggi del passato e incoraggiato dalle buone compagnie e dai buoni insegnanti. Nelle scuole dell'epoca Ming, il prestigio stesso di cui godevano gli studi finì per portare a una uniformità maggiore di quella che molti intellettuali avrebbero desiderato, tuttavia questo eccesso era temperato dalla presenza delle molte scuole tradizionali locali, le quali sfuggivano al controllo della burocrazia statale.
Tra i molti aspetti dell'istruzione rientravano anche la scelta di uno stile di scrittura e la pubblicazione di nuove opere. La discussione sui diversi stili di scrittura faceva parte della coscienza storica dei letterati-funzionari, e in effetti, il rapporto tra le parole e il pensiero divenne in questo periodo uno dei principali temi del dibattito sull'educazione. Molti membri delle scuole letterarie pensavano che, poiché non vi era alcuna separazione tra la cultura letteraria e l'arte del governare, gli scrittori avrebbero dovuto evitare tutti i vocaboli taoisti o buddhisti, le frasi rozze e colloquiali o l'anarchia stilistica dei romanzi popolari; ritenevano inoltre che lo spirito delle opere letterarie classiche, oggetto della loro ammirazione, potesse essere ricreato soltanto recitandole o salmodiandole ad alta voce, e non attraverso la sola lettura silenziosa. Questi ideali, tuttavia, non riuscirono mai a contenere la molteplicità degli interessi intellettuali coltivati da letterati, artigiani e mercanti dell'epoca. Lo studio dei numeri, legato alle transazioni economiche di tipo fiscale, i dibattiti sulle terapie 'calde' e 'fredde' nella lotta alle epidemie, e la necessità di una riforma del calendario ufficiale, emersa intorno alla metà del XVI sec., erano i temi maggiormente dibattuti nella tarda società Ming.
A differenza delle dinastie medievali, in cui la posizione sociale e il potere politico dipendevano per lo più dai legami di parentela, la Cina dei Ming, come quella dei Song, era sostanzialmente una meritocrazia, dove il prestigio sociale e le cariche politiche dipendevano in gran parte dall'esito di esami scritti, volti a legittimare le aspirazioni pubbliche dei candidati. Dopo la parentesi della dominazione mongola, iniziata nel 1233 nella Cina settentrionale ed estesasi a partire dal 1280 anche alle regioni meridionali, i Ming, saliti al potere nel 1368, si posero subito l'obiettivo di creare una nuova classe non aristocratica di gentiluomini, in senso confuciano. Lo status politico e le prerogative sociali di questa nuova classe furono consolidati mediante il ricorso sistematico alla selezione dei candidati, che a sua volta produsse nuovi gruppi sociali d'intellettuali, destinati a durare sino al XX secolo.
Nel 1313, dopo decenni di dibattiti e di ambiguità, i Mongoli accettarono finalmente, per le insistenze dei loro ministri di etnia Han e Jurchen, di adottare il sistema degli esami civili, limitandone tuttavia la portata e stabilendo una quota fissa per i candidati di origine mongola e semu ('popoli alleati'), allo scopo di bilanciare quella dei candidati Han. Nella Cina settentrionale sotto il controllo mongolo, per esempio, prima del 1313 si tenne un'unica sessione di esami, nel 1237-1238, quando i Mongoli bandirono una serie di prove locali di carattere letterario per identificare gli appartenenti alle famiglie ufficiali di letterati (ruhu). Più di quattromila uomini riuscirono a superare gli esami, che tuttavia garantivano soltanto l'esenzione da alcuni obblighi fiscali per le famiglie, e ben pochi ricevettero qualche incarico pubblico. Il 50% dei diplomi e il 30% di tutte le cariche ufficiali furono assegnati sino al 1366 ai candidati mongoli e non Han, nonostante i primi formassero appena il 3% delle famiglie censite.
Tra il 1315 e il 1366 furono assegnati soltanto 350 diplomi provinciali ogni tre anni; nel periodo Ming il loro numero salì a 1500 ogni tre anni; inoltre, nel periodo Yuan furono tenute solamente 16 sessioni di esami metropolitani e furono assegnati soltanto 1136 diplomi di jinshi (il titolo più alto o 'diploma di palazzo', lett. 'letterato introdotto') tra il 1315 e il 1368, con una media di soli 21 diplomi l'anno, contro gli 89 esami metropolitani e i 24.594 diplomi di jinshi (100 ogni anno) assegnati nel periodo Ming. Sotto la dinastia Jin (1115-1234), di stirpe Jurchen, si erano tenute nella Cina del Nord 45 sessioni di esami triennali metropolitani, da cui erano usciti 16.484 jinshi, con una media di 148-149 l'anno. Nel periodo dei Song settentrionali (960-1127), la media di diplomi di jinshi assegnati annualmente era stata di 115, saliti a 135 nel periodo dei Song meridionali (1127-1279). Soltanto nel periodo Ming l'estensione e l'importanza del sistema degli esami civili tornarono ad avvicinarsi ai livelli raggiunti nel corso dei periodi Song e Jin.
Se si tiene conto del fatto che nel periodo Yuan soltanto il 2% dei funzionari era scelto tra i diplomati jinshi, è evidente che la pratica della raccomandazione e i privilegi ereditari svolsero un ruolo fondamentale nel rafforzare l'egemonia mongola e semu agli alti livelli dell'amministrazione dello Stato. Costretti a confrontarsi con un potere straniero, prima sotto i Jurchen, dopo la caduta nel 1127 di Kaifeng, la capitale dei Song, e poi con l'invasione mongola, un numero significativo d'intellettuali cinesi scelse di dedicarsi a occupazioni estranee alla vita pubblica. Nel 1235 il governo mongolo decretò l'interruzione degli esami nella Cina settentrionale, mentre in quella meridionale l'ultima sessione di esami si tenne nel 1274.
Con le due prime sessioni consecutive di esami provinciali e metropolitani, indette rispettivamente dai Ming nel 1370 e nel 1371, fu inoltre rimosso il privilegio accordato, tra le materie di esame, alla poesia, particolarmente in auge nei periodi Tang e Song. Come quello Yuan, anche il curriculum di studi in vigore nel periodo Ming prevedeva tuttavia la composizione di saggi sui Quattro Libri e i Cinque classici, anche se per questi ultimi i candidati avevano la possibilità di specializzarsi su una sola opera (zhuanjing). Il cambiamento più significativo intervenuto durante la transizione Song-Yuan-Ming nella vita accademica e culturale fu dunque la completa eliminazione della poesia dal curriculum di studi degli esami civili. è evidente che questo cambiamento fu dovuto in parte all'influenza dei letterati durante le dinastie Yuan e Ming. La totale eliminazione della poesia da parte dei funzionari incaricati della preparazione degli esami durò dal 1370, molto dopo la caduta dei Song, al 1756, quando si assistette a un'inversione di tendenza, con l'introduzione di una prova di poesia accanto a quella di saggistica. La nuova politica degli esami non intaccò però mai la popolarità della poesia e della letteratura tra i circoli letterari dell'epoca Ming, il che dimostra la scarsa influenza culturale esercitata dal curriculum ufficiale sulla vita intellettuale del paese. La relativa autonomia dell'aristocrazia terriera e della classe mercantile consentiva loro di servirsi della propria partecipazione al governo centrale per contestare e limitare l'impatto della politica educativa al di fuori dei confini delle aule di esame. Verso la fine del XVI sec., per esempio, Wang Yangming e i suoi seguaci sfidarono con successo l'ortodossia Cheng-Zhu (così detta dai cognomi di Cheng Yi e Zhu Xi).
Dopo la caduta degli Yuan nel 1368, i Ming si affrettarono a ripristinare in tutto l'Impero il sistema degli esami civili. Per la prima volta si tennero esami regolari in 140 prefetture e 1300 province. Nel periodo Tang, infatti, gli esami si tenevano soltanto nella capitale, mentre nei periodi Song e Yuan furono ammesse come sedi d'esame anche le capitali provinciali. Dopo la riunificazione della Cina nel 1368, temendo il ripetersi di una crescita del potere centrifugo dei capi militari, gli imperatori Ming si servirono del sistema di esami civili per governare un Impero in piena espansione economica e di nuovo soggetto, dopo la dominazione mongola, a una profonda mutazione demografica. Appropriandosi abilmente dei valori civili dell'ortodossia Cheng-Zhu per legittimare l'istituzione di canali burocratici corretti e imparziali di selezione dei candidati a un impiego nella pubblica amministrazione, aperta in linea teorica a tutti i Cinesi senza distinzioni sociali, gli imperatori Ming crearono un sistema di esami esteso a tutto l'Impero e destinato a svolgere una funzione educativa fondamentale nel governo e nella società cinesi sino al 1905, data della sua definitiva abolizione.
L'aspetto più notevole di questo consapevole tentativo dei Ming di dotarsi di strutture educative e amministrative efficaci fu il successo nel raggiungere gli obiettivi che si era prefissato. Il processo di reclutamento dei funzionari pubblici riuscì effettivamente a ristrutturare il complesso sistema di relazioni tra status sociale, potere politico e prestigio culturale durante il Tardo Impero. Un'educazione classica, basata su una teoria politica ed etica di tipo 'non tecnico', si dimostrò uno strumento di selezione dei membri della classe dirigente cinese desiderosi di servire l'Impero ai suoi massimi livelli tanto efficace quanto lo furono l'Umanesimo e l'educazione classica negli Stati nazionali dell'Europa della prima Età moderna. Il sistema degli esami Ming, tuttavia, comprendeva anche, a differenza di quelli in vigore nei periodi Song e Yuan, domande riguardanti le scienze naturali, e in particolare il calendario e l'astrologia.
Gli esami divennero così una delle certezze intorno a cui ruotava la vita culturale delle élite e del popolo; essi rappresentavano il punto focale in cui venivano a concentrarsi gli interessi imperiali, le strategie familiari e le speranze e le aspirazioni individuali. In assenza di prospettive di carriera in grado di assicurare uno status sociale e un prestigio politico equivalente, la conquista di un posto nella pubblica amministrazione diveniva una priorità. Una volta costituito, il sistema di reclutamento dei funzionari pubblici assicurò all'istruzione un grado di standardizzazione e di penetrazione a livello locale senza precedenti nel mondo premoderno. Inoltre, i valori etici associati a questo sistema si estesero anche ai campi della medicina, del diritto, della politica fiscale e della strategia militare.
In questo modo il sistema degli esami di Stato generò a sua volta un sistema scolastico esteso a tutto l'Impero, sino al livello provinciale. Lo Stato cinese infatti, molti secoli prima delle nazioni europee, si assunse l'onere finanziario di una rete d'istituti scolastici diffusa in tutto il territorio allo scopo di preparare i candidati per le prove scritte, tramite appositi funzionari nominati dal governo. Tuttavia, l'educazione formale ricevuta nelle scuole imperiali non sempre metteva in grado il candidato di superare brillantemente gli esami; di conseguenza, dopo un iniziale successo, le scuole imperiali finirono per essere assorbite dal sistema degli esami, conservando nei periodi Ming e Qing soltanto il nome di scuole. La progressiva fossilizzazione del curriculum degli studi classici produsse il diradarsi dell'attività d'insegnamento effettivamente svolta in queste scuole, che divennero sempre più dei 'centri di controllo' per saggiare il livello di preparazione degli studenti che si preparavano privatamente.
L'insegnamento della lingua, sia vernacolare sia classica, rimase affidato ai privati; le scuole imperiali nella Cina dei Ming, dunque, non si posero mai l'obiettivo di educare le masse. Aver ricevuto un'educazione classica, progettata allo scopo di reclutare i talenti da indirizzare verso il successo, rimase la condizione indispensabile per la conquista del prestigio sociale e politico a livello nazionale e locale. I responsabili del governo imperiale, essi stessi adepti del confucianesimo, erano i primi a riconoscere l'importanza di un'educazione superiore basata sui Classici, mentre la nobiltà cinese identificava questo tipo di educazione con la misura stessa del proprio valore etico e sociale. Tutti erano convinti che l'antica saggezza, adeguatamente diffusa e inculcata, fosse lo strumento più adatto a formare i nuovi dirigenti e a prepararli ad assumere responsabilità di tipo politico.
L'autonomia dell'educazione dal controllo politico e sociale divenne soltanto in rari casi oggetto di contesa nell'Impero Ming. Governanti ed élite, per fini idealistici o per realismo politico, identificarono sempre l'ordine politico e sociale con l'indottrinamento morale e politico ottenuto mediante l'educazione. Come in precedenza, gli intellettuali Ming erano anche funzionari governativi, e tutt'al più potevano sorgere controversie riguardo al tipo d'istruzione che i diversi gruppi di letterati ritenevano più adatto allo svolgimento del proprio ruolo sociale e politico. I funzionari più illuminati si pronunciarono a più riprese a favore di una relativa autonomia delle accademie private, come antidoto alla deformazione dei valori della cultura classica operata dallo spietato processo di selezione degli esami di Stato. Così, durante il tardo periodo Ming alcune di queste accademie private ‒ come, per esempio, l'Accademia Donglin ‒ divennero centri del dissenso politico. Molti importanti personaggi, come Gu Xiancheng (1550-1612), si servirono di strutture come l'Accademia Donglin per diffondere le proprie idee, dopo essere stati rimossi dai loro incarichi pubblici in seguito a manovre di palazzo; verso la fine della dinastia Ming le accademie private ammontavano a una cifra compresa tra 1000 e 2000, a fronte delle 500 esistenti nel periodo Song e delle 400 attive nel periodo Yuan.
A partire dal 1525 alcune di queste accademie furono oggetto di severi provvedimenti da parte del potere imperiale. Anche nelle sue forme più estreme, tuttavia, il dissenso intellettuale non giunse mai a mettere in discussione la prerogativa dello Stato di controllare l'istruzione pubblica, che era alla base delle distinzioni sociali tra letterati, agricoltori, artigiani e commercianti, in ordine discendente di rango e di prestigio. Nel periodo Ming i figli dei mercanti ottennero per la prima volta il permesso di partecipare agli esami civili; i divieti legati al tipo di occupazione, che si estendevano dagli addetti ai cosiddetti 'lavori umili' a tutti i membri del clero taoista e buddhista, tuttavia escludevano un numero considerevole di cittadini dalla competizione, per non parlare dell'implicito pregiudizio contro le donne.
Le istituzioni imperiali incaricate di esaminare e selezionare i candidati per un impiego nella pubblica amministrazione assunsero la loro forma definitiva nel periodo Ming. Nel tentativo di colmare le differenze civili, culturali e razziali esistenti nella struttura dell'Impero ed emerse durante la militarizzazione del governo realizzata dalla dinastia mongola degli Yuan, nel 1368 il primo imperatore Ming invitò i letterati a suggerire i nomi d'individui di talento per l'assegnazione di cariche a livello locale, come quelle di prefetto o di magistrato. L'imperatore fu persuaso dai suoi consiglieri confuciani a indossare i panni ideologici di un classico re saggio ed educatore, per riunificare l'Impero e ripristinare l'ortodossia culturale ereditata dai Song. Al centro di questa impresa di legittimazione politica vi era la capacità di educare e reclutare uomini di talento a cui assegnare le posizioni chiave nel governo dello Stato e delle province.
I Ming rappresentarono quindi quella matura forma di governo capace di trasformare la 'Cina postmongola' nell'unità politica che connotò tutta la fase nota come 'Tardo Impero'. Il dominio mongolo aveva agito come un potente freno allo sviluppo di politiche innovative all'interno dello Stato e della società Song, ma ciò non impedì ai Ming di creare una rete di canali educativi e burocratici in grado di penetrare facilmente sino alle province e alle prefetture alla ricerca di letterati di talento da inserire nei ranghi della pubblica amministrazione. Il curriculum di studi previsto, il tipo di prove effettuate, le procedure seguite nella nomina dei funzionari, fecero del processo di selezione del personale civile uno strumento educativo in grado di scavalcare la parentesi mongola, consentendo alle istituzioni e ai valori dei Song di rifiorire nella Cina del Tardo Impero. La crescente penetrazione a livello locale del curriculum di studi classico per affrontare gli esami di Stato fu accompagnata dalla nascita simultanea di nuove scuole e accademie.
La burocrazia Ming, dunque, riproduceva sé stessa attraverso un sistema di selezione e di assegnazione delle cariche che prevedeva quattro tappe fondamentali: le scuole, gli esami, la raccomandazione e, infine, la nomina. Nel periodo Ming i funzionari che avevano ottenuto il proprio incarico in base al titolo di studio facevano parte di un più ampio processo amministrativo che comprendeva il Ministero dei riti, per quanto riguardava l'educazione, e il Ministero del personale, per la selezione e le nomine. Quando furono istituiti, gli esami erano meno importanti delle raccomandazioni per ottenere un incarico, ma nel XV sec. erano ormai divenuti il canale privilegiato di selezione dei funzionari. Il curriculum di studi divenne la base del sistema di scuole pubbliche esteso dalla Scuola imperiale (Guozi xue) agli istituti sparsi nelle prefetture e nelle province di tutto l'Impero. Gli esami dei Ming facevano parte di un più ampio processo amministrativo volto a educare, selezionare, valutare, promuovere e punire i funzionari pubblici. Già al tempo dell'imperatore Jiajing (1522-1566) il fatto di aver ricevuto un'educazione nelle scuole imperiali contava ben poco se il candidato non riusciva a passare gli esami civili. Condannato a vivere come funzionario di basso rango, lo studente che rimaneva troppo a lungo nelle scuole pubbliche aveva ben poche possibilità di affermarsi nella vita politica del Tardo Impero; verso la fine della dinastia divenne sempre più difficile, per chi poteva vantare soltanto un diploma provinciale, ottenere un incarico prestigioso. Soltanto il diploma più elevato, il jinshi, poteva garantire un'importante posizione politica e un considerevole prestigio sociale.
Il curriculum di studi ufficiale adottato nelle scuole pubbliche privilegiava la filosofia morale, gli studi classici e la storia. Il livello di padronanza dei temi della filosofia morale era misurato per mezzo di una serie di domande basate sui Quattro Libri, per rispondere alle quali era richiesto un saggio formato almeno da 200-500 caratteri. Un saggio composto da almeno 300-500 caratteri, che spiegasse il significato di uno dei Cinque classici, era lo standard richiesto per gli studi classici. Le domande di storia privilegiavano gli eventi più antichi, come quelli narrati nella Storia della dinastia Han [anteriore] (Hanshu), nelle Memorie di uno storico (Shiji) e negli Annali delle Primavere e autunni (Chunqiu) di Confucio, che pur facendo parte dei Cinque classici è sostanzialmente una cronaca di fatti storici. Inizialmente si faceva riferimento anche alle patrologie buddhiste e taoiste, ma questo approccio tollerante fu abbandonato a partire dal regno di Hongzhi (1488-1505).
Nel primo periodo Ming gli esami provinciali e metropolitani riflettevano sostanzialmente il tipo di educazione impartito nelle scuole pubbliche. I primi esami civili di livello superiore prevedevano tre prove. Ai candidati, convocati tutti nello stesso giorno, era richiesto prima di tutto di preparare due saggi basati su citazioni tratte dai Cinque classici e un saggio sui Quattro Libri. Poi, era prevista la presentazione di un discorso basato su un testo tratto dal Classico della pietà filiale (Xiaojing). Infine, il candidato doveva rispondere a un quesito di carattere pratico riguardante un problema politico. Chi riusciva a superare queste prove doveva dimostrare, nei dieci giorni successivi, la propria abilità fisica di cavaliere e di arciere, e la propria abilità intellettuale come calligrafo, matematico e giurista.
Questo schema fu sostituito nel 1384 negli esami metropolitani e provinciali da un nuovo modello tripartito, più formale del precedente. Le innovazioni più notevoli introdotte in questo processo di formalizzazione degli esami in tre distinte sessioni erano la priorità assegnata ai Quattro Libri rispetto ai Cinque classici nella prima sessione, l'aggiunta di quesiti legali e della preparazione di un esempio di documento ufficiale nella seconda, e l'aumento a cinque dei quesiti politici richiesti nella terza sessione; inoltre, i candidati dovevano rispondere a tre domande sui Quattro Libri, ma potevano specializzarsi in uno dei Cinque classici e rispondere esclusivamente alle domande riguardanti il Classico prescelto. Col tempo, lo stile delle risposte subì un'evoluzione rispetto ai saggi standardizzati presi a modello nel primo periodo Ming, assumendo le forme retoriche del cosiddetto 'saggio a otto gambe' che, dopo il 1470, divenne la norma per tutti i candidati. I saggi letterari relativi alle citazioni dai Quattro Libri erano letti dagli esaminatori con la massima attenzione, e in molti casi i quesiti rimanenti, posti durante la seconda e la terza sessione, servivano unicamente a confermare i risultati ottenuti dai candidati nel corso della prima sessione. La conseguenza di questo sistema fu che i candidati trascuravano la preparazione alle sessioni successive, essendo fin troppo consapevoli che il giudizio finale sarebbe stato determinato quasi esclusivamente dai risultati della prima.
Seguendo l'esempio degli Yuan, l'imperatore Hongwu (1368-1398) e i suoi successori Ming scelsero di basare il curriculum di studi ufficiale sui commentari Cheng-Zhu ai Quattro Libri e ai Cinque classici. Per quanto riguarda i Quattro Libri, era richiesta ai candidati la conoscenza approfondita dei materiali pertinenti contenuti nelle Conversazioni classificate del Maestro Zhu Xi (Zhuzi Yulei). Anche nello studio dei Cinque classici era consigliabile attenersi ai giudizi di Zhu Xi. Per il Classico dei mutamenti (Yijing) si chiedeva la conoscenza del commentario di Cheng Yi e le interpretazioni di Zhu Xi. Grande importanza era attribuita inoltre alla lettura del commentario di Cai Shen (1167-1230) al Classico dei documenti (Shujing), eseguito da Cai sotto la guida di Zhu Xi. Anche per il Classico delle odi (Shijing) era richiesta la conoscenza della raccolta di tutti i commenti compilata da Zhu. Quanto agli Annali delle Primavere e autunni e alle Memorie sui riti (Liji), per i quali Zhu Xi non aveva scritto alcun commentario, i giudizi espressi da altri letterati del periodo Song furono assunti come standard di valutazione dei candidati. Oltre agli antichi 'tre commentari', ossia i commentari degli Annali eseguiti da Zuo, Gongyang e Guliang, furono inseriti per un certo periodo nel curriculum anche quelli di Hu Anguo (1074-1138) e Zhang Xia (1161-1237); come Cai Shen, Zhang era stato allievo di Zhu Xi. Per le Memorie sui riti, in principio era richiesta la conoscenza dei commentari antichi di epoca Han e Tang, mentre nel tardo periodo Ming si finì per utilizzare quasi esclusivamente la Raccolta di detti sulle 'Memorie sui riti' (Liji jishuo) di Chen Hao (1261-1341).
Durante il regno dell'imperatore Yongle (1403-1424), il sostegno alle dottrine Cheng-Zhu servì a distrarre l'attenzione del pubblico dall'usurpazione compiuta ai danni dell'imperatore Jianwen (1399-1402). Le interpretazioni Cheng-Zhu dei Classici furono per la prima volta riunite insieme, con il titolo Grande Summa sui Cinque classici (Wujing daquan), in un'edizione definitiva che fungeva da testo di esame. Da allora, tutte le domande sui Quattro Libri e i Cinque classici rivolte ai candidati durante la prima sessione degli esami provinciali e metropolitani furono basate su questa Grande Summa. I commentari risalenti alle dinastie Han e Tang caddero rapidamente in disuso, lasciando la scuola ortodossa Cheng-Zhu in un'imbarazzante situazione di connubio ideologico con l'autocrazia Ming. D'altra parte, nel periodo Ming il vivo interesse per i commentari, che portò alla produzione di migliaia di opere di commento ai Quattro Libri e ai Cinque classici, rivolte ai candidati agli esami di Stato, fornì un indispensabile sostegno all'industria editoriale privata, sviluppatasi nella Cina meridionale nel corso del XVI e del XVII secolo.
Il sistema educativo rappresentava dunque uno dei numerosi strumenti di cui gli imperatori disponevano per mantenere l'ordine pubblico e l'efficienza dello Stato. Il sostegno imperiale all'educazione e al sistema degli esami era motivato dalla necessità di rifornire i ranghi della burocrazia di personale capace e leale. Dato che un impiego nella pubblica amministrazione assicurava un prestigio, un potere e una remunerazione maggiori di quelli derivanti da un'analoga posizione nel commercio o nell'esercito, entrare a far parte dell'amministrazione pubblica divenne l'obiettivo privilegiato della maggior parte di coloro che potevano permettersi d'investire il tempo e il denaro necessari alla preparazione degli esami. Altri, e in particolare i giovani provenienti dalle famiglie con una tradizione militare, potevano scegliere di seguire la via parallela ‒ ma meno prestigiosa ‒ degli esami militari, organizzati a partire dal XVI sec. in tutto l'Impero dai prefetti e dai magistrati locali per la selezione dei futuri ufficiali della guardia imperiale. L'esigenza della dinastia di utilizzare il sistema educativo per rafforzare e inculcare nei sudditi i valori politici, sociali e morali più indicati a mantenere lo status quo era inseparabile dalla retorica tradizionale esaltante la sacralità dello studio e la priorità delle virtù civili come misura del valore sociale e morale degli individui. La legittimazione del potere politico era vista come una conseguenza naturale della formazione dei futuri funzionari civili e militari. In un intreccio ideologico, contorto ma solido, di fedeltà estese al complesso dello Stato e della società civile, anche gli imperatori erano educati da appositi tutori ‒ provenienti dall'Accademia Hanlin e selezionati attraverso gli esami civili ‒ al rispetto di quei valori ortodossi che erano alla base della loro legittimazione politica.
La facoltà di stabilire le quote di studenti promossi e bocciati dimostra una volta di più come l'accesso agli impieghi civili fosse considerato dallo Stato uno strumento per regolare il potere delle élite. Il controllo governativo sulle quote di selezione per gli impieghi civili e militari era particolarmente impopolare negli stadi iniziali della competizione, ossia nelle prove che si tenevano a livello provinciale per selezionare i candidati degni di partecipare agli esami di Stato. Nel 1400 si stima che vi fossero circa 30.000 diplomati su una popolazione di 65 milioni, con un rapporto di un diplomato ogni 2200 abitanti, mentre nel 1600 il numero dei diplomati era salito a circa mezzo milione, su una popolazione di 150 milioni di abitanti, con un rapporto di un diplomato ogni 300 persone. Se il rapporto tra diplomati e popolazione tendeva quindi a crescere, divenendo meno competitivo, le possibilità di un diplomato di passare gli esami di Stato ed entrare a far parte della pubblica amministrazione divennero invece sempre più scarse. Di conseguenza, il numero di letterati in grado di produrre saggi, poesie, storie, romanzi, trattati medici e opere erudite crebbe in misura esponenziale, alimentando l'industria editoriale xilografica della Cina meridionale con opere classiche e vernacolari che raggiunsero un'ampia diffusione nel tardo periodo Ming.
Dato lo scarso numero dei membri della burocrazia dello Stato e l'aumento della popolazione, i responsabili politici iniziarono a temere che una sovrapproduzione di diplomati potesse causare una perdita di controllo a livello locale e un indebolimento del tradizionale paternalismo. Questa situazione era all'origine di continui attriti tra le classi dirigenti locali, desiderose di espandere la propria influenza attraverso la partecipazione agli esami civili e militari, e i funzionari governativi, preoccupati di conservare il controllo politico della valvola che regolava la circolazione sociale delle élite. Lo sviluppo economico della Cina meridionale (in particolare della zona del delta dello Yangzi, ma anche delle regioni del Fujian e del Guangdong) permise ai candidati del Sud di ottenere risultati migliori dei candidati provenienti dalle meno prospere regioni del Nord (la pianura della Cina settentrionale), del Nord-ovest (la valle del fiume Wei) e del Sud-ovest (Yunnan e Guizhou). Per mantenere la supremazia dei candidati provenienti dal Sud entro limiti accettabili, i funzionari governativi stabilirono nel 1425 un rapporto ufficiale di 60 a 40 nell'assegnazione dei diplomi jinshi tra candidati del Sud e candidati del Nord, portato l'anno successivo a un rapporto tra 55 e 35 dopo l'aggiunta di una regione centrale.
Il sostegno imperiale ai simboli culturali della classe colta, espressi attraverso la produzione di saggi, dipinti, opere letterarie e calligrafiche ispirate alla tradizione classica, consentì alla dinastia di produrre le condizioni istituzionali necessarie alla propria sopravvivenza. La struttura per gradi del sistema degli esami serviva a riprodurre un'accettabile gerarchia sociale, obbligando i detentori della ricchezza e del potere nati dal commercio o dal successo militare a reinvestire nel campo dell'educazione, per prepararsi agli esami civili e militari. Tuttavia, l'istruzione poteva svolgere questa funzione di legittimazione del potere politico soltanto nella misura in cui il sistema degli esami, e in particolare di quelli civili, garantiva ai candidati promossi un più elevato status sociale e una serie di privilegi legali. Il successo negli esami di Stato richiedeva un notevole investimento di tempo, fatica e applicazione. Dato che l'accesso alle scuole imperiali era limitato ai candidati già diplomati in letteratura classica, il compito di guidare i giovani negli stadi iniziali dell'educazione e della preparazione alla carriera civile spettava alle famiglie, desiderose di raggiungere o di mantenere lo status privilegiato di famiglie di 'funzionari' o di 'militari'. In genere il carrierismo aveva la meglio sull'idealismo tra i giovani di talento, che in alcuni casi erano costretti a scegliere tra gli obblighi verso i propri genitori e parenti e le proprie aspirazioni personali. La conoscenza della letteratura classica lasciava in ogni caso ai respinti la possibilità di dedicarsi in alternativa all'insegnamento o alla medicina.
Gli esami pubblici esercitavano un enorme fascino sulle menti dei giovani ambiziosi e delle loro famiglie, tanto che il loro superamento divenne il principale simbolo culturale di uno status sociale elevato. I privilegi sociali si traducevano in privilegi accademici. Una volta legalmente autorizzate a competere, anche le famiglie di mercanti si lanciarono nella corsa a una carriera nella pubblica amministrazione, in grado di garantire ricchezza, potere e prestigio sociale. A differenza dell'Europa e del Giappone di quei tempi, dove l'esistenza di barriere sociali invalicabili tra gli aristocratici e il resto della popolazione impedì la trasformazione in status sociale della ricchezza accumulata dalle classi mercantili, nella Cina dei Ming la proprietà fondiaria e la ricchezza commerciale andavano di pari passo con un elevato livello culturale. Artigiani, contadini e impiegati, tuttavia, non avevano la possibilità di acquisire quei requisiti culturali e linguistici che avrebbero permesso loro di approfittare della teorica apertura a tutti della carriera pubblica; non è casuale che nel Tardo Impero soltanto una minima percentuale della popolazione cinese, compresa tra l'1,6 e l'1,9%, appartenesse alla classe dirigente.
Poiché lo scopo degli esami di Stato era quello di valutare la conoscenza della cultura classica dei candidati mediante prove basate su testi scritti quasi quindici secoli prima, ossia in una lingua che non coincideva più con quella parlata nella Cina dei Ming, per acquisire le conoscenze necessarie a intraprendere la carriera del pubblico funzionario, i candidati agli esami dovevano impadronirsi di una seconda lingua, che per le sue caratteristiche ‒ quali l'estrema concisione o la presenza di migliaia di caratteri desueti e di forme grammaticali arcaiche ‒ non poteva essere appresa senza lunghi anni di studio e di memorizzazione. La produzione di testi nella Cina dei Ming fu quindi profondamente influenzata dal sistema degli esami, in quanto esso favorì la diffusione in tutto l'Impero della cultura classica sia tra gli autori sia tra i lettori. Per portare a termine il programma d'esame relativo ai Quattro Libri e ai Cinque classici, gli studenti dovevano memorizzare non meno di quattrocentomila caratteri. In questa cifra non sono compresi i voluminosi tomi delle Storie dinastiche (all'epoca dei Ming si contavano 17 dinastie legittime), la padronanza dei quali era ugualmente richiesta ai candidati. Come osserva Frederic Wakeman: "Una buona preparazione agli esami significava iniziare a imparare a scrivere a cinque anni, aver memorizzato i Quattro Libri e i Cinque classici a undici, essere in grado di comporre poesie a dodici e dedicarsi in seguito allo studio del saggio [bagu, lett. 'a otto gambe']" (Wakeman 1975, p. 23). In molti casi, nelle famiglie facoltose, i riti di passaggio dalla fanciullezza all'età adulta erano scanditi dal numero di testi antichi di cui il giovane era riuscito a impadronirsi. Per esempio, l'assunzione del copricapo, che si effettuava tra i sedici e i ventuno anni, presupponeva da parte del ragazzo una perfetta padronanza dei Quattro Libri e di almeno uno dei Cinque classici, il requisito minimo per partecipare agli esami civili. Vi erano inoltre precise barriere che separavano l'educazione maschile da quella femminile, rimaste intatte sino al XVII sec., quando nelle famiglie più importanti iniziò a diffondersi l'uso di impartire un'istruzione anche alle figlie.
Oltre alle sue funzioni politiche e sociali, il sistema degli esami ebbe il merito di creare un curriculum di studi nazionale che fornì un elemento unificante alle famiglie nobili di tutto l'Impero, trasformandole in una classe culturalmente ben definita. Dato che la formazione dei pubblici funzionari richiedeva una profonda interiorizzazione dei modi di pensare, percepire, giudicare e agire ortodossi, il processo di riproduzione sociale e politica nella Cina dei Ming portò all'esaltazione della 'cultura letteraria' e del letterato come 'uomo di cultura'. La padronanza della cultura classica, ossia la capacità di scrivere un elegante saggio d'esame, rappresentava l'apice dell'educazione di un uomo e, a partire dal XVII sec., anche delle donne appartenenti alle classi alte. Questo processo di apprendimento iniziava in tenera età con la memorizzazione meccanica, proseguiva nella giovinezza con la lettura e si concludeva nell'età adulta con la scrittura. I letterati, come il lealista Ming divenuto poi educatore Lu Shiyi (1611-1672), pensavano che la memoria fosse più pronta nell'infanzia e che la maturazione della capacità di giudizio fosse un processo graduale che presupponeva la padronanza del linguaggio letterario e dei suoi contenuti morali e storici.
Prima di tutto s'insegnava ai bambini a leggere i caratteri. In genere, prima di essere mandati alla scuola del tempio o del clan all'età di otto anni, gli studenti avevano già memorizzato qualche sillabario, come il Saggio dei mille caratteri (Qianzi wen) o i Cento cognomi (Baijia xing), entrambi risalenti all'epoca Song. Inoltre, dovevano studiare il Classico dei tre caratteri (Sanzi jing), un opuscolo d'ispirazione Cheng-Zhu composto all'inizio del periodo Yuan. Il processo mnemonico era rafforzato dalla pratica calligrafica; le attività di lettura e di scrittura potevano avere inizio soltanto dopo la memorizzazione di almeno duemila caratteri e, in seguito, iniziava lo studio dei Quattro Libri e, durante l'epoca Ming, di uno dei Cinque classici. Se la soglia minima per accostarsi alla letteratura classica era rappresentata dalla conoscenza di almeno duemila caratteri, gli studenti ne imparavano in genere oltre diecimila, indispensabili per raggiungere una piena padronanza della lingua e della cultura classiche. Nella Cina dei Ming una delle principali differenze tra il pubblico delle opere che richiedevano una conoscenza approfondita della cultura classica e quello dei libri scritti in una lingua più simile a quella corrente, era che il primo era formato da persone che sapevano anche scrivere.
Il processo di apprendimento della lettura sopra descritto, infatti, non aveva lo scopo di creare un pubblico di lettori, anche se ovviamente tra i suoi sottoprodotti vi fu anche la formazione di un'élite di uomini e donne dediti alla lettura. Gli uomini, e alcune donne, erano addestrati per entrare a far parte di un'élite di scrittori, che doveva dimostrare la propria padronanza della cultura classica attraverso la produzione di saggi. Il letterato era un individuo in grado di conquistarsi con la penna fama, fortuna e potere, superando con successo gli esami di Stato o, in caso di bocciatura, con la pubblicazione di saggi, poesie, romanzi, manuali medici e opere di altro tipo.
La composizione, dunque, costituiva lo stadio finale dell'educazione classica, e la lettura era vista come una tappa intermedia, necessaria al raggiungimento dell'obiettivo finale. Dal punto di vista della corte e della burocrazia, la composizione classica era un mezzo per assicurare la presenza di tratti linguistici comuni nei documenti ufficiali, ma nella prospettiva del letterato, scrivere significava dedicarsi a una forma di cultura letteraria che risaliva all'Antichità e accettare le verità enunciate dai propri predecessori accademici. Infine, dal punto di vista della società locale, la capacità di scrivere propria del letterato dava accesso a un mondo editoriale privato che sfuggiva al controllo del potere imperiale. Un bambino poteva imparare a memoria caratteri, recitare versi e comporre semplici frasi antitetiche, ma la piena padronanza della cultura classica richiedeva una capacità di comprensione e di riflessione che soltanto un giovane adulto era in grado di esprimere e di trasmettere sotto forma di saggio. L'obiettivo degli educatori Ming era quello di accrescere l'abilità di scrittura dei giovani, in modo da consentire loro di scrivere saggi sempre più lunghi e complicati; agli allievi veniva insegnato a scrivere separatamente le singole parti di un saggio 'a otto gambe', prima che fossero in grado di collegarle tra loro per ottenere un testo coerente. Numerosi sillabari erano costruiti in modo da facilitare la transizione dalla lettura alla scrittura. Molti insegnanti di scrittura consideravano il saggio 'a otto gambe' un male necessario e sperimentavano nuovi metodi d'insegnamento della composizione, addestrando prima di tutto gli allievi a imitare la prosa dei grandi maestri Tang e Song. Al di fuori del formalismo dei canali ufficiali, nel tardo periodo Ming si ebbe un'abbondante fioritura di romanzi popolari, trattati religiosi, manuali pratici e saggi di vario genere.
Come gruppi di parentela ben organizzati all'interno della società nobiliare, i clan locali erano in grado di trasformare la forza economica di un gruppo familiare in brillanti risultati agli esami dei loro protetti, che a loro volta servivano a rinsaldare il controllo di queste associazioni sulle risorse culturali di una regione. I clan più importanti, costruiti intorno a proprietà comuni che riunivano una serie di clan locali, erano guidati da personalità culturalmente brillanti e dotate di solidi contatti politici, in grado di muoversi con facilità nei circoli più esclusivi e di mediare con le autorità locali, provinciali e centrali. I surplus economici prodotti dai clan più ricchi, come quelli del prospero delta dello Yangzi, garantivano ai membri più benestanti un migliore accesso all'educazione classica e un'alta probabilità di successo agli esami, che a sua volta consentiva loro di accedere a fonti di potere economico e politico esterne al clan. A queste élite appartenevano gli autori della maggior parte delle opere, sia letterarie sia mediche, pubblicate nel periodo Ming.
Il fatto di provenire da una famiglia con una forte tradizione di studi classici rappresentava senza dubbio un notevole vantaggio per la futura carriera sociale e politica del candidato. In una società composta in grande maggioranza da analfabeti e da persone in grado di leggere soltanto il cinese contemporaneo, la padronanza della scrittura classica offriva diversi vantaggi politici; la cultura infatti divenne così un elemento vitale nelle strategie dei diversi clan. Nella Cina del Tardo Impero, molti esponenti della classe mercantile divennero noti per il loro mecenatismo in campo culturale ed editoriale, e divenne quasi impossibile distinguerli dai membri dalla classe aristocratica, in una fusione degli interessi e delle strategie sociali di letterati e mercanti. Così, la cultura classica fiorì anche grazie alla protezione dei mercanti e la pubblicazione e la diffusione dei libri raggiunsero livelli mai toccati in precedenza.
Se l'accesso all'educazione classica non era un ideale riservato a una minoranza, lo era invece il possesso degli adeguati strumenti linguistici ed educativi che consentivano di padroneggiare il discorso morale e politico dei Classici. Le scuole gratuite istituite all'interno dei diversi clan rappresentavano una via di mezzo tra un istituto di carità, una struttura educativa e un'associazione filantropica. Il meccanismo di riproduzione politica e sociale assicurato dagli istituti educativi pubblici e privati comportava un alto grado di uniformità culturale e linguistica dell'élite, ma questa uniformità non era affatto conservata a livello della pratica editoriale, come dimostra l'ampio ventaglio di opere prodotte dalle case editrici private nel tardo periodo Ming.
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