La scienza in Cina: i Ming. L'agricoltura
L'agricoltura
Durante i tre secoli della dinastia Ming (1368-1644) si assistette a una crescita demografica che raddoppiò la popolazione cinese. La diffusione delle tecniche di coltivazione intensiva aveva permesso una crescita costante della produzione totale dei cereali di base, degli altri prodotti alimentari, delle materie prime e dei manufatti dell'industria domestica. Intorno alla metà del XVI sec., il modello della piccola azienda familiare specializzata in una particolare produzione destinata al mercato, che in origine era apparso durante la dinastia Song (960-1279) nei villaggi del basso corso dello Yangzi, aveva permeato profondamente l'entroterra cinese. Con lo sviluppo dei mercati nazionali e internazionali dei cereali e di altri prodotti agricoli, un numero sempre maggiore di famiglie contadine iniziò a dipendere dai mercanti per l'approvvigionamento di una parte almeno dei cereali di base e a procurarsi il denaro di cui aveva bisogno vendendo filati di seta, tela di cotone, agrumi o zucchero. Tuttavia, anche se può apparire paradossale, sino a non molto tempo fa l'opinione prevalente tra gli studiosi era che l'economia cinese si fosse irrimediabilmente avviata, intorno alla metà del periodo Ming, sulla strada della stagnazione e del declino. È in quest'epoca, si sosteneva, che la Cina aveva perso la sua posizione di preminenza mondiale nel campo dell'innovazione e della competenza tecnica, per essere raggiunta e poi irreversibilmente superata dall'Europa. Le antiche conoscenze andarono perdute, le invenzioni scarseggiavano e la Cina entrò in una fase d''involuzione' e d'inerzia da cui sarebbe uscita soltanto grazie all'impatto con le potenze occidentali dell'Ottocento. Negli ultimi anni, tuttavia, alcuni studiosi hanno avanzato la tesi secondo la quale, durante il periodo Ming, la Cina sia stata, al contrario, teatro di una serie di sviluppi dinamici che ne trasformarono la società e conferirono stabilmente a questo paese il ruolo di centro economico del mondo; si sostiene inoltre che la Cina svolse pienamente questa funzione sino alla fine del XVIII sec. o ancora oltre. È possibile che queste interpretazioni così contrastanti siano imputabili ai nostri modelli del progresso storico e dello sviluppo scientifico e tecnologico, che hanno infatti condotto in alcuni casi a utilizzare l'ambigua categoria di 'involuzione'.
È stato affermato, da parte di alcuni autorevoli storici, che nessun sostanziale progresso tecnico si sarebbe più verificato nell'agricoltura cinese dal tempo degli Yuan (1279-1368). Dwight H. Perkins ha messo a confronto il Trattato completo di amministrazione agricola (Nongzheng quanshu) del 1639 e il Compendio delle opere e dei giorni (Shoushi tongkao) del 1742, con il Trattato di agricoltura (Nongshu) scritto da Wang Zhen nel 1313. Rilevando come le opere più tarde non aggiungano nulla al repertorio di strumenti e di macchinari agricoli fornito da Wang Zhen, egli ha concluso che tutte le innovazioni tecniche più significative fossero già diffuse in Cina alla fine del XV secolo. Tuttavia egli riteneva che, malgrado questa 'stagnazione tecnologica', la produzione alimentare avesse mantenuto il passo della crescita demografica sino all'inizio del XIX sec. ca., attribuendo questi maggiori rendimenti all'aumento della forza-lavoro impiegata e al perfezionamento dei sistemi d'irrigazione (Perkins 1969).
A sua volta, Mark Elvin ha descritto l'agricoltura come un elemento centrale di quella che definisce l'incapacità della Cina delle dinastie Ming e Qing (1644-1911) di portare avanti il processo di trasformazione economica e di brillante innovazione tecnologica che ne aveva caratterizzato la cultura tra il X e il XV secolo. Secondo Elvin, la natura della tecnologia agricola cinese sarebbe stata una delle cause alle quali ascrivere il mancato sviluppo di un capitalismo industriale. A una fase di rapido sviluppo, coincisa con la cosiddetta 'Rivoluzione verde' della dinastia Song, fece seguito un periodo di stagnazione tecnologica, durante il quale l'aumento quantitativo della produzione portò a una crescita della popolazione e alla conseguente creazione di manodopera eccedente a basso costo, innescando un processo storico caratterizzato da una produttività decrescente che Elvin chiama, sulla scia di Geertz (1963), 'involuzione'. Un autentico sviluppo avrebbe richiesto una trasformazione qualitativa della produttività del lavoro, analoga a quella verificatasi in Occidente durante la Rivoluzione industriale con la meccanizzazione, ma in Cina le condizioni della produzione rurale non favorivano la ricerca di sistemi o macchine in grado di risparmiare forza-lavoro, né quella razionalizzazione o trasformazione dei rapporti di produzione che ha caratterizzato la transizione alla modernità nei paesi europei (Elvin 1973; Huang 1990).
In realtà parole come stagnazione oppure involuzione, che si riferiscono a un sistema chiuso operante al limite delle proprie possibilità, non descrivono in modo adeguato i processi di trasformazione dell'agricoltura e dell'economia rurale verificatisi in Cina durante la dinastia Ming. Nel periodo tardo-imperiale, lo sfruttamento sempre più intensivo del suolo rappresentò la tendenza principale dello sviluppo agricolo; tuttavia, le raffinate tecniche di coltivazione descritte nei trattati agronomici dei periodi Song e Yuan non riflettono il tipo normale di agricoltura praticato all'epoca in tutte le regioni del paese, bensì quelli che gli autori consideravano gli standard più avanzati del loro tempo. Come vedremo più avanti, esistevano ancora ampi margini di recupero per le regioni relativamente più arretrate, grazie all'introduzione di metodi di coltivazione più produttivi ed efficienti. Li Bozhong (1998) e Shiba (1998) hanno documentato il costante aumento della produttività della terra per tutto il corso delle dinastie Ming e Qing, anche in una regione progredita come il Jiangnan, raggiunto attraverso un accurato abbinamento della tecnologia idraulica e della topografia. Con l'espansione e la diversificazione del commercio, l'evoluzione dei mercati offrì sempre maggiori opportunità di sfruttare il vantaggio relativo, consentendo a regioni sino a quel momento isolate l'accesso ai mercati nazionali e internazionali; né è del tutto vero che gli aumenti della produzione fossero ottenuti sempre a costo di una diminuzione della retribuzione ai lavoratori. Anche se le tendenze nell'impiego della terra e della manodopera appaiono sostanzialmente diverse da quelle osservabili in Europa nello stesso periodo, per tutta la dinastia Ming e per gran parte di quella Qing il sistema agricolo cinese non operava affatto al limite delle sue possibilità.
Il caso della Cina Ming mette in risalto i problemi derivanti dall'abitudine occidentale e moderna d'identificare le invenzioni meccaniche con il progresso tout court. Il modello meccanicista non funziona neppure nel caso dell'agricoltura dell'Europa premoderna, dove la principale innovazione meccanica tra l'epoca romana e la Rivoluzione industriale fu l'introduzione dell'aratro con versoio per i terreni pesanti, avvenuta agli inizi del Medioevo. Persino in Gran Bretagna l'impatto della meccanizzazione sulla produttività agricola fu quasi nullo sino all'inizio del XIX sec. e oltre; le innovazioni più significative introdotte nel tardo Settecento nell'agricoltura intensiva inglese riguardavano tutte la produttività della terra e non quella del lavoro. Tra queste innovazioni ricordiamo la bonifica e la pratica di concimare il terreno con la calce, una maggiore accuratezza nella lavorazione e nella pulitura dei campi, nuove rotazioni delle colture e l'introduzione di nuove razze animali e vegetali; l'effetto iniziale di questa 'Rivoluzione agricola' fu in realtà un aumento della manodopera utilizzata.
Questi processi d'intensificazione sono simili per molti aspetti a quelli osservabili nella risicoltura cinese del tardo Impero, con un'unica differenza: nell'agricoltura intensiva inglese del Settecento, come nel caso del sistema agricolo delle terre asciutte della Cina settentrionale, nelle aziende di grandi dimensioni era possibile realizzare notevoli economie di scala e maggiori profitti. Il conseguente aumento delle dimensioni delle aziende agricole e del numero di lavoratori impiegati, unito alla marginalizzazione e al trasferimento dei coltivatori diretti, aprirono la strada alla meccanizzazione dell'agricoltura inglese; nel frattempo, le aziende cerealicole delle immense e spopolate pianure australiane, argentine e nordamericane non potevano espandersi per mancanza di manodopera. Nel XVIII sec. molti precursori, come Jethro Tull (1674-1741), avevano brevettato le proprie invenzioni nel campo della meccanica agricola, tuttavia, soltanto nel secolo successivo i progressi dell'ingegneria meccanica e della siderurgia permisero la produzione delle prime macchine agricole realmente efficienti. In seguito, dopo pochi decenni, l'industria chimica iniziò a sintetizzare i primi fertilizzanti, liberando gli agricoltori dalla dipendenza dal bestiame per la produzione del concime e aprendo la strada alla diffusione dei trattori e della monocoltura. In effetti, fu il processo d'industrializzazione a rendere possibile il salto di qualità della produttività agricola occidentale, e non il contrario.
Il processo di meccanizzazione della risicoltura, portato a termine in tempi recenti, è stato meno lineare di quello riguardante la coltivazione dei terreni asciutti. Il riso è molto sensibile al livello dell'acqua, che deve essere lo stesso in tutta la risaia e deve essere modificato diverse volte durante il ciclo di crescita. Prima dello sviluppo di tecniche come il livellamento laser o il controllo elettronico dei flussi d'acqua, la tendenza prevalente nella risicoltura era la diminuzione della scala delle operazioni quali il trapianto, la mondatura, la regolazione dei flussi d'acqua, la scelta del momento del trapianto o della quantità di fertilizzante necessaria che richiedevano un alto livello di competenza e non potevano essere adeguatamente controllate su larga scala. In queste condizioni, l'azienda ideale aveva dimensioni molto ridotte; verso la metà del XVII sec. Zhang Lüxiang (1611-1674), un imprenditore-proprietario terriero del Jiangnan, scriveva nel suo Supplemento al 'Trattato di agricoltura [del Maestro Shen]' (Bu nongshu) che un'azienda come la sua poteva gestire al massimo 10 mu (0,6 ha ca.) di risaie; il resto della terra doveva essere dato in affitto. Invece di gestire direttamente una vasta e ben equipaggiata azienda agricola, i grandi proprietari terrieri del periodo Ming preferivano affittare la maggior parte delle loro terre, scegliendo come locatari non i piccoli proprietari con capitali da investire (come nell'Inghilterra del Settecento), ma i contadini più esperti. La qualità del sistema d'irrigazione superava le possibilità di controllo dei singoli individui e dipendeva dallo Stato, dai grandi proprietari locali e dagli sforzi congiunti degli agricoltori locali. Le altre migliorie apportabili a un'azienda di piccole dimensioni non richiedevano grandi capitali poiché un solo bufalo era sufficiente a dissodarne tutto il terreno; la produzione di sementi poteva essere sostituita dall'acquisto al mercato di una piccola quantità di semi selezionati; i fertilizzanti, la rotazione delle colture e il letame potevano essere integrati con l'acquisto di concime e di scarti di soia. La tendenza verso la miniaturizzazione delle imprese implicava un forte apprezzamento della competenza e dell'esperienza individuali. Il brano seguente, benché scritto nei primi anni della dinastia Qing, esprime idee radicate in molti decenni di esperienza:
Dice un proverbio: "È meglio avere dei buoni affittuari che una buona terra", ed è proprio così […]. L'avere buoni affittuari offre tre vantaggi: l'aratura e la semina saranno effettuate sempre per tempo, i campi saranno concimati a dovere e ogni goccia d'acqua sarà risparmiata con la massima cura […]. Con una tale diligenza, un mu può produrre il raccolto di due mu. Senza estendere la proprietà o aumentare la superficie coltivata, l'affittuario otterrà un guadagno supplementare e anche il proprietario ne trarrà vantaggio. Per quanto riguarda la conservazione e l'uso dell'acqua, tutto dipende dalla rapidità e dal tempismo. È necessario sapere quando costruire gli argini e quando rilasciare le acque. Soltanto i contadini con una grande esperienza conoscono il momento giusto per farlo. (Hengchan suoyan, in: Beattie 1979, p. 146)
La ricchezza delle fonti scritte consente un'accurata ricostruzione dello sviluppo delle nuove tecniche e della loro diffusione al tempo dei Ming. L'ampiezza del dibattito allora in corso può essere desunta da un'unica opera, composta negli stessi anni della caduta della dinastia: la smisurata compilazione critica dello statista Xu Guangqi (1562-1633), pubblicata postuma nel 1639 con il titolo Trattato completo di amministrazione agricola; Xu cita nel complesso oltre duecento fonti, appartenenti in gran parte all'epoca Ming. A differenza delle dinastie precedenti, i Ming non commissionarono alcun trattato agricolo ufficiale. Le fonti principali per la ricostruzione della teoria e della pratica agricola dell'epoca Ming comprendono:
a) i trattati composti dai grandi proprietari terrieri, particolarmente attenti alla specificità delle condizioni locali;
b) opere più simili nella struttura a inchieste di carattere generale, che analizzano e confrontano tra loro i metodi agricoli impiegati nelle diverse parti della Cina; per esempio, Coltivare per l'abbondanza (Nongtian yu hua), composto nel XIV sec. dallo studioso Changgu Zhenyi, esamina i rispettivi vantaggi offerti dal coltivare due raccolti di riso in successione, come si usava nel Guangdong, o dal piantare simultaneamente nello stesso campo risi precoci e tardi a file alterne, un metodo che l'autore potrebbe aver appreso da un amico del Zhejiang;
c) trattati su una particolare coltura, per esempio Come coltivare il taro (Zhongyu fa), scritto da Huang Xingzhen intorno al 1538;
d) molte enciclopedie domestiche, come il Vademecum del padrone di casa (Jujia biyong), un testo di epoca Yuan rivisto nel 1560 da Tian Rucheng, e il Compendio illustrato delle Tre potenze (Sancai tuhui), di Wang Qi (1609), che contenevano sezioni sull'agricoltura, con illustrazioni e scelte di passi tratti dai Classici dell'agronomia. Opere brevi e più specializzate, come la Raccolta di utili illustrazioni per il popolo (Bianmin tuzuan, attribuita a Guang Fan, 1502), fornivano informazioni più dettagliate sulla coltivazione dei campi e sulla produzione dei tessuti;
e) le monografie locali, stampate in quasi tutte le province cinesi già a partire dal periodo centrale della dinastia, che contenevano quasi sempre una sezione dedicata all'agricoltura locale;
f) i saggi su argomenti di rilevanza locale o nazionale, come la tassazione agricola o la riforma del sistema di controllo delle acque (shuili) nel Jiangnan.
Durante la dinastia Ming, la conoscenza delle avanzate tecniche di coltivazione del riso descritte in alcune opere dei periodi Song e Yuan, quali il Trattato di agricoltura (Nongshu) di Chen Fu del 1149 e il Trattato di agricoltura di Wang Zhen del 1313, si propagò dal Jiangnan alle altre regioni della Cina, a causa in parte dell'emigrazione e in parte della diffusione della stampa, iniziata nel XVI sec.; queste opere tecniche erano spesso abbondantemente illustrate, in modo da divenire accessibili anche agli analfabeti. Nel periodo Ming vi furono almeno quattro edizioni del Trattato di agricoltura di Wang Zhen, che nel 1407 fu incluso nella Grande enciclopedia dell'era Yongle (Yongle dadian); le edizioni successive furono pubblicate nel 1530 dal governo provinciale dello Shandong, nel 1574 da un ufficio locale, sempre nello Shandong e nel 1617 dallo studioso Deng Mei. L'ampiezza della richiesta di opere di questo genere da parte del pubblico è dimostrata anche dal successo della Raccolta di utili illustrazioni per il popolo, pubblicata per la prima volta nel 1502 e successivamente ristampata nel 1552 e nel 1593.
In epoca Ming le avanzate tecniche di coltivazione del riso descritte da Chen Fu e da Wang Zhen si diffusero ben oltre il Jiangnan, sino al medio corso dello Yangzi e alle regioni del Sud; queste tecniche, per quanto raffinate, erano comunque suscettibili di miglioramenti. Tra i contributi più significativi all'innalzamento dei rendimenti, realizzati durante la dinastia Ming (ma in parte anche all'inizio del periodo Qing), vi furono la ricerca di migliori varietà di riso e di altre specie coltivate, moduli di coltivazione più avanzati, miglioramenti al sistema di controllo delle acque e metodi di concimazione più efficaci. Gli agricoltori e gli agronomi Ming erano particolarmente interessati allo studio dei concimi e dei fertilizzanti. I taccuini dell'eclettico erudito Xu Guangqi, rimasti inediti, contengono numerosi appunti sugli esperimenti da lui condotti con oltre ottanta tipi di concimi e di fertilizzanti, tra cui diverse varietà di piante selvatiche, erbe medicinali, ossa di animali, zoccoli e piume. Tutte le opere di agricoltura composte nel periodo Ming si soffermano a lungo sugli effetti dei vari tipi di fertilizzanti e sui tempi e sui modi in cui usarli; lo sviluppo del commercio e dell'industria manifatturiera rese disponibili nuove varietà di concime. Qu Daqun (1630-1696), un noto viaggiatore, scriveva: "a nord di Canton [dove alla risicoltura si affiancava l'allevamento del bestiame] si usano come fertilizzante le ossa degli animali, mentre a sud di Canton si usano le bucce dei semi di tè o della canapa. Nelle zone più montagnose si usa la calce, perché il calore del fuoco in essa contenuto combatte l'influsso freddo dell'acqua. A volte si usano come fertilizzante anche le rane affogate in acqua salata, ma in questo caso il raccolto sarà scarso" (Guangdong xinyu, in: Bray 1984, p. 295).
In termini moderni, l'aggiunta di calce al terreno delle risaie aveva lo scopo di coagulare le particelle di argilla, impedendo la formazione di una soluzione colloidale nell'acqua. I coltivatori di riso dell'epoca Ming acquistavano grandi quantità di calce e di gusci di lumache, e di letame umano, o bottino, raccolto nelle città; il Maestro Shen, un agronomo del XVII sec., riferisce che gli agricoltori del suo distretto dovevano spingersi sino a Hangzhou, a quasi ottanta chilometri di distanza, per comprare bottino. Il fertilizzante più diffuso in commercio era costituito probabilmente da panelli di soia o di altri semi oleosi, nonché dalle masse rotonde fibrose che costituivano il residuo della spremitura. Un solo panello finemente tritato era sufficiente a fertilizzare un semenzaio di un mu (580 m2 ca.), che produceva una quantità di piantine sufficienti a trapiantare un'area 25 volte più grande; l'uso dei panelli di soia al posto del letame era consigliato nei trattati di agricoltura non soltanto per aumentare i rendimenti ma anche per risparmiare lavoro (Trattato di agricoltura del Maestro Shen, Shenshi nongshu).
Durante il periodo Ming fu perfezionata inoltre la tecnica consistente nell'aumentare il numero delle concimazioni del terreno (o, come dicevano i contadini del Jiangnan, 'aumentare la potenza', jieli); oltre a concimare la risaia prima del trapianto e a fertilizzare il semenzaio con letame liquido ‒ pratiche già descritte da Chen Fu nel suo Trattato di agricoltura del 1149 ‒ gli agricoltori iniziarono a distribuire il fertilizzante nei campi anche dopo la fioritura del riso. Un autore del Jiangnan, vissuto nel XVI sec., scrive:
Non bisogna spargere il concime troppo presto, per non disperderne la forza […]. Al tempo della semina, e non prima, si deve spargere come base la melma del fiume e, anche se la sua efficacia dura a lungo e si disperde lentamente, verso la metà dell'estate occorre aggiungere un po' di potassa o di panelli di soia, la cui forza è ugualmente duratura e lenta a disperdersi. Soltanto alla fine dell'estate o all'inizio dell'autunno si può spargere il bottino, in modo da raddoppiarne l'effetto e da ottenere pannocchie di riso particolarmente lunghe. (Wuxing zhangguji, in: Chen Zugui 1958, p. 106)
Poiché era facile commettere errori nella scelta sia del momento della concimazione sia della quantità o qualità delle sostanze da utilizzare, il Maestro Shen alla fine dell'epoca Ming precisò che la scelta delle quantità e del periodo delle concimazioni aggiuntive dipendeva sia dalle condizioni meteorologiche sia da quelle delle piante; i coltivatori poveri, che non potevano permettersi concimazioni aggiuntive, avrebbero ottenuto un raccolto insufficiente, ma esagerando con le quantità di fertilizzante si correva il rischio di ritrovarsi con mucchi di paglia e di gusci vuoti. Malgrado ciò, intorno alla metà del XVIII sec. la concimazione intermedia era divenuta la norma; la quantità di fertilizzante consigliata erano 40 jin a mu (411 kg ca. a ettaro) di panello di soia o del suo equivalente.
Gran parte dei progressi del sistema di controllo delle acque non derivò da nuove invenzioni, bensì dalla riduzione delle dimensioni delle unità di gestione delle risorse idriche. Per esempio, sino all'inizio del XV sec. nella regione di Suzhou, nel Jiangnan, i polder di migliaia di mu erano piuttosto comuni, ma già nel secolo successivo si assiste a un progressivo frazionamento di queste aree, sino a raggiungere una dimensione media minore di 100 mu (6 ha ca.). I risultati di questo processo furono una considerevole riduzione della percentuale di terreno paludoso e inutilizzabile all'interno del polder, una maggiore efficienza del sistema d'irrigazione e un miglior controllo delle inondazioni. Di conseguenza, diventò possibile drenare un'estensione maggiore di terreno dopo il raccolto del riso per la coltivazione invernale di orzo e frumento, una pratica che non soltanto incrementava la produzione totale, ma aumentava anche la fertilità del suolo, consentendo di ottenere rendimenti maggiori nella coltivazione del riso.
I progressi realizzati durante il periodo Ming nella selezione delle varietà e nei sistemi di coltivazione erano strettamente legati, come quelli delle tecniche di concimazione, allo sviluppo del commercio e delle manifatture, all'espansione delle città e alla loro crescente prosperità. A eccezione delle regioni più isolate e distanti da ogni via d'acqua, che continuarono a praticare sostanzialmente un'agricoltura di sussistenza, una parte sempre più ampia della Cina rurale si riconvertì a un'agricoltura diversificata e specializzata. Nella zona di Huzhou, nei dintorni delle città di Suzhou e Hangzhou, i principali centri dell'industria della seta, le famiglie di contadini avevano appena il tempo di coltivare minuscoli campi di riso. La maggior parte dei loro sforzi e delle loro terre erano riservati alla più remunerativa coltivazione dei gelsi, mentre le donne di casa si occupavano dell'allevamento dei bachi e della filatura della seta (il filato di questa zona era reputato il migliore della Cina) per le industrie tessili delle città. Alla fine del periodo Ming, mentre un bracciante riusciva a malapena a mantenere sé stesso coltivando il riso, nelle aziende familiari specializzate nella produzione della seta, il lavoro di una donna presa a servizio poteva aggiungere 30 once di argento l'anno alle entrate familiari (Supplemento al 'Trattato di agricoltura [del Maestro Shen]', Bu nongshu). Nella regione oltre il delta dello Yangzi, caratterizzata da terreni elevati e sabbiosi, il rifiuto dei contadini locali di riconvertire i campi di cotone alla coltivazione dei cereali esasperava i magistrati, mentre nel distretto di Songjiang, nei dintorni di Shanghai, persino gli uomini si dedicavano alla tessitura. In gran parte delle regioni del Sichuan e del Fujian la canna da zucchero, il tè e gli agrumi sostituirono la coltivazione di cereali; spesso i terreni coltivati a cotone, zucchero, bambù, indaco e altre specie commerciali non erano adatti alla cerealicoltura, cosicché la loro riconversione produsse maggiori rendimenti, oltre a maggiori profitti. Nel frattempo il deficit alimentare del Jiangnan protoindustriale era colmato dalle importazioni di riso dallo Hunan, oltre lo Yangzi, una regione che si specializzò rapidamente nella produzione commerciale del riso attraverso metodi di coltivazione estensiva, che si diffusero parallelamente alla crescita della domanda e del prezzo del riso. Nelle aree dove vi era ampia disponibilità di terra, gli agricoltori preferivano naturalmente utilizzare metodi di coltivazione estensiva, per risparmiare lavoro. Lo scrittore Zhou Qufei del periodo Song riferiva nel 1178: "gli agricoltori di Qinzhou (la più meridionale delle province del Guangdong) sono estremamente trascurati. Quando dissodano la terra, si limitano a rompere le zolle e le loro tecniche di semina giungono appena all'uso del piantatoio. Né conoscono la tecnica del trapianto delle piantine di riso. È il modo migliore di sprecare la semente! Inoltre, dopo aver seminato non eliminano le erbacce né irrigano i campi, ma lasciano semplicemente che la Natura segua il suo corso" (Lingwai daida, in: Bray 1984, p. 510).
Alla fine del XVII sec. gli agricoltori della stessa zona del basso Guangdong, come quelli del Guangxi e dell'Annam, usavano metodi di coltivazione intensiva del riso, che era trasportato lungo il fiume sino al grande porto di Canton. Due raccolti annuali di riso erano seguiti da un raccolto di colza oleosa, o di curcuma, orzo o patate dolci. "Nelle zone meno scoscese delle colline e dei monti crescono in abbondanza canne, canne da zucchero, cotone, canapa, fagioli, erbe aromatiche, frutti e meloni. La gente è molto industriosa e si dedica al lavoro con tanto impegno che non vi è terreno che non sia utilizzato né mano che rimanga inoperosa" (Guangdong xinyu, in: Bray 1984, p. 509).
A differenza degli imperatori Song e Yuan, che avevano dato ampio sostegno all'attività dei funzionari statali volta a promuovere una politica organica di sviluppo agricolo, gli imperatori Ming nutrivano in genere sfiducia e ostilità nei confronti della burocrazia. Pur continuando a tentare di migliorare le condizioni nei distretti e nelle prefetture sotto il proprio controllo, i singoli funzionari non potevano più fare affidamento sul sostegno assoluto e sull'attività di coordinamento dello Stato. L'espansione e la diversificazione dell'agricoltura Ming furono conseguenza non tanto dell'intervento della Commissione per l'agricoltura, quanto dell'evoluzione del mercato. Inoltre, il progressivo consolidarsi della ricchezza e del potere della nobiltà terriera rese sempre più difficile, per i funzionari locali, riuscire a subordinare gli interessi della nobiltà alla conservazione delle risorse o alla tutela degli interessi dei contadini.
Secondo Evelyn Sakakida Rawski (1972), il diffondersi dei trasporti e dei mercati svolse un ruolo cruciale nello stimolare l'intensificazione e lo sviluppo dell'agricoltura a scopo commerciale durante la dinastia Ming e l'inizio della dinastia Qing. La distribuzione geografica dei flussi migratori e delle zone di specializzazione delle colture cambiava continuamente; via via che in certe aree la coltivazione del riso a scopo di esportazione era soppiantata da colture più redditizie, nascevano altrove nuovi centri di produzione del riso. Alcune regioni, tuttavia, non riuscirono a tenersi al passo; i tentativi, da parte di funzionari illuminati, di migliorare l'agricoltura o l'industria contadina in tali regioni 'arretrate' non ebbero sempre successo, in quanto l'arretratezza tecnica di una regione sul finire dell'epoca Ming era dovuta spesso più all'isolamento e alla scarsezza di risorse che alla semplice ignoranza. Generalmente i funzionari guardavano con sospetto l'agricoltura a scopo commerciale, che era accusata di perseguire il profitto a scapito delle colture di base (produzione di grano e cereali per il sostentamento e il pagamento delle imposte) e di avere un effetto socialmente destabilizzante. Pierre-Etienne Will fa notare che l'intervento dei funzionari statali nell'economia rurale durante la dinastia Ming era orientato non tanto verso quello che noi oggi chiamiamo 'sviluppo', ma piuttosto verso un''agricoltura regolata' (Will 1994). Inoltre, i funzionari erano intellettuali e nella maggior parte dei casi avevano anche il culto del mondo antico; le loro nozioni di agronomia provenivano generalmente dai libri e non dall'esperienza personale, e non erano in pochi a ritenere che il modo migliore di risolvere i problemi del momento fosse quello di riportare in vita i metodi dell'età dell'oro, come si ricava, per esempio, dalla descrizione fatta da Peter C. Perdue della vita in un remoto distretto dello Hunan. Le vertenze e le dispute tra funzionari statali, proprietari terrieri e contadini riguardavano non soltanto le questioni di sfruttamento e d'interessi di classe, ma anche le caratteristiche dei metodi di coltivazione (Perdue 1987).
A difesa dei funzionari va detto che essi tentavano di tutelare i contadini contro lo sfruttamento eccessivo e l'appropriazione indebita delle risorse da parte dei proprietari terrieri e che spesso svolsero un ruolo positivo nel tentativo di contenere il crescente sfruttamento delle risorse locali. Sfortunatamente, il passaggio del controllo del sistema d'irrigazione dallo Stato ai proprietari terrieri locali, avvenuto durante la dinastia Ming, provocò danni irreversibili: fu trascurata la manutenzione delle reti regionali di fossati e canali, e i proprietari terrieri prosciugarono le rive dei laghi lungo i meandri del basso corso dello Yangzi per ricavarne terra coltivabile, con conseguenti disastrose alluvioni negli anni di piogge intense; né i tentativi di riforma di funzionari illuminati bastarono a sanare la situazione.
L'anno 1500 segnò l'inizio di una grande fioritura della stampa commerciale; furono pubblicati a basso costo libri per il 'grande pubblico' su argomenti d'interesse generale; medicina, geomanzia, rituali e agricoltura erano gli argomenti di maggiore successo. Le conoscenze agronomiche diffuse attraverso la stampa consistevano quasi sempre in consigli generici che potevano essere impiegati in tutta la Cina, come le ristampe del trattato di Wang Zhen o i capitoli sull'agricoltura delle enciclopedie più diffuse. Il vero impulso al progresso delle conoscenze agronomiche fu dato, tuttavia, sia dai proprietari terrieri alle prese con particolari condizioni locali sia dagli studiosi che, grazie ai viaggi e alla conoscenza del passato, erano in grado di mettere a confronto le condizioni ambientali e i metodi adottati nelle diverse regioni della Cina nel corso del tempo.
L'esempio più significativo di dialogo produttivo sugli aspetti specifici delle conoscenze locali sono forse due opere comparse proprio alla fine della dinastia. La prima è il Trattato di agricoltura del Maestro Shen, che, composto intorno al 1640, descrive la conduzione di una tipica azienda di risicoltura e sericoltura di piccole dimensioni, nel distretto di Gui'an (l'odierna Wuxing) nei pressi di Huzhou. L'organizzazione del lavoro si basa sulle 'ordinanze mensili' (yueling), calendari di attività agricole che di mese in mese indicano modi e tempi per la semina, la diserbatura, il raccolto, la vendita dei prodotti, la riparazione degli attrezzi, la fabbricazione di cordami, la vinificazione, e così via. Zhang Lüxiang, proprietario di una piccola fattoria nel Tongxiang e parente di Shen da parte di madre, trascrisse nel 1647 il manoscritto di Shen e in seguito lo ampliò con aggiunte di sua mano, pubblicandolo nel 1658 con il titolo di Supplemento al 'Trattato di agricoltura [del Maestro Shen]' , che costituì la seconda delle suddette opere. Sebbene i distretti Tongxiang e Gui'an confinassero tra loro, Zhang ritenne che le differenze tra essi fossero sufficienti a giustificare la composizione di un esteso supplemento; per esempio, mentre i contadini dello Gui'an usavano l'aratro, per dissodare i terreni pesanti e umidi del Tongxiang era preferibile servirsi della zappa. Le due opere di Shen e Zhang emergono da una fitta rete di conoscenze locali; gli scritti di altri proprietari terrieri, i modi di dire contadini, le condizioni del suolo, i sistemi di approvvigionamento idrico, fitti e salari, prezzi e profitti sono confrontati ed esaminati dettagliatamente. L'unica peculiarità delle due opere è che ci sono state tramandate intatte; per il resto, esse rispecchiano quella fitta rete di scambi d'informazioni a livello locale dalla quale scaturirono molti dei progressi delle conoscenze agronomiche realizzati durante la dinastia Ming, come si deduce da altri scritti citati nell'opera di agronomia più estesa del periodo Ming, pubblicata alla fine della dinastia, nel 1639: il Trattato completo di amministrazione agricola di Xu Guangqi. Questo trattato comprende 60 capitoli; con i suoi 700.000 caratteri, è sette volte più lungo delle Tecniche essenziali per il popolo (Qimin yaoshu) e cita oltre 220 fonti. Circa la metà del testo consiste in lunghe citazioni di altri autori dell'epoca Ming, annotate e commentate da Xu.
Nel tardo periodo Ming l'agronomia era oggetto di vivaci dibattiti nei circoli degli agricoltori colti e dei funzionari, che avevano anche l'abitudine di far circolare i manoscritti tra i colleghi e i vicini, cosa che costituì un importante mezzo di diffusione e avanzamento della conoscenza. Occorre tuttavia distinguere tra due obiettivi e due modi di pensare differenti. Il Maestro Shen era uno dei tanti che scriveva in veste d'imprenditore agricolo, intento a ricavare ragionevoli profitti dalla propria azienda senza esaurirne le risorse. Xu Guangqi, più noto come traduttore di Euclide e per la sua conversione al cristianesimo a opera dei gesuiti, rappresentava il punto di vista di un numero crescente di statisti della fine della dinastia Ming, per i quali il miglioramento dell'agricoltura costituiva un'urgente necessità politica. Xu era originario di Shanghai; per far fronte alle difficoltà economiche, il padre coltivava ortaggi mentre la madre e la nonna tessevano e vendevano stoffe di cotone. In seguito Xu acquistò una piccola proprietà agricola a Shanghai e un'altra molto più grande a Tianjin, una città della Cina settentrionale, nelle quali, assentandosi periodicamente dagli incarichi pubblici per lunghi intervalli di tempo, condusse numerosi esperimenti. Nei numerosi viaggi, Xu aveva acquistato una competenza straordinaria per quanto riguardava gli aspetti pratici dell'agricoltura e la complessa differenziazione delle pratiche agricole in Cina; suo figlio Ji riferisce l'insistenza con cui interrogava gli agricoltori, annotandone dettagliatamente le risposte e continuando sino a quando l'argomento era stato completamente sviscerato. Xu spicca tra gli agronomi cinesi tanto per il rigore con il quale analizzò le differenti pratiche locali, quanto per la portata delle sue indagini geografiche e storiche. Lo scopo dei suoi esperimenti era quello di acquisire conoscenze che fossero al tempo stesso universali e applicabili localmente, ricavando dal confronto tra i propri risultati, le fonti storiche e le informazioni raccolte personalmente nei molti luoghi della Cina che aveva visitato, alcuni principî generali sulle esigenze o sul comportamento di determinate piante, che potevano poi essere adattati alle condizioni locali. Riteneva che sia gli agricoltori sia gli studiosi di agronomia tendessero a liquidare troppo facilmente la questione dell'introduzione di nuove colture, a causa del pregiudizio secondo cui "una pianta cresce bene soltanto nella sua zona di origine"; uno degli obiettivi primari della sua ricerca era proprio quello di dimostrare l'infondatezza di tale principio.
Xu, per esempio, sperava di convincere gli agricoltori del Jiangnan ad adottare la patata dolce o batata. La patata dolce (Ipomoea batatas), originaria dell'America Centrale, era stata introdotta in Cina nel 1573 dalle Filippine e a quell'epoca era coltivata esclusivamente in alcune zone del Fujian, del Guangdong e in qualche altra regione costiera dal clima tropicale. Xu aveva notato che la patata dolce rendeva molto anche in terreni poveri e resisteva molto bene sia ai parassiti sia al maltempo; si rese dunque conto che rappresentava potenzialmente un tipo di coltura atta a far fronte alle carestie, qualora fosse stato possibile diffonderne la coltivazione. Xu si scontrò tuttavia con l'opinione corrente secondo cui la patata dolce non era adatta alla maggior parte della Cina. Nel 1608, in seguito alle catastrofiche alluvioni che colpirono la zona di Shanghai, non fu possibile piantare né orzo, né riso e sfortunatamente il grano saraceno, con cui furono sostituiti, diede un raccolto scarsissimo. Xu, procuratosi semi e anche giovani tuberi dal Fujian e dal Zhejiang meridionale, iniziò a coltivare la patata dolce nel proprio orto a scopo dimostrativo, e riuscì in questo modo a convincere gli agricoltori locali, scrivendo un resoconto di questi primi tentativi. Già nel XVIII sec., la patata dolce sarebbe stata coltivata in tutte le province dello Yangzi.
Sebbene fosse uno statista e un politico, ai nostri giorni Xu Guangqi è noto soprattutto per la sua conversione al cristianesimo, per lo studio delle scienze introdotte dai gesuiti e il suo interesse per le arti militari, l'astronomia e le altre conquiste tecniche dell'Occidente. Quando, a sei anni dalla morte di Xu, Chen Zilong (1608-1647) e gli altri giovani patrioti che ne avevano curato la pubblicazione presentarono all'imperatore il Trattato completo di amministrazione agricola, lo definirono la sua opera principale e affermarono di considerarne la diffusione come una missione e un dovere civico; come lo stesso Xu, ritenevano il manoscritto un prezioso strumento per il consolidamento dello Stato e un contributo vitale alla sopravvivenza della dinastia. I laceranti conflitti sociali del tardo periodo Ming spinsero Xu e molti suoi contemporanei a dare particolare risalto al concetto di shiyong, ossia 'applicazione pratica' della conoscenza, a sostegno dell'ordine sociale. Come sostiene Chen Zilong nella sua prefazione al Trattato completo di amministrazione agricola: "sia gli studi cui [Xu Guangqi] si dedicò per tutta la vita, sia l'attenta osservazione dei fenomeni naturali e sociali avevano come scopo l'applicazione pratica della conoscenza, e quello che più lo interessava erano i problemi dell'agricoltura" (Nongzheng quanshu, Fanli, pp. 4-5). Ciò che rende il Trattato completo di amministrazione agricola un'opera originale e al tempo stesso tipica del tardo periodo Ming è non soltanto la validità degli esperimenti e delle deduzioni di Xu, ma anche la sua insistenza sul fatto che la conoscenza acquista valore solamente attraverso l'articolazione di più livelli di azione. Gli esperimenti condotti da Xu con piante e metodi di coltivazione non possono essere estrapolati dal complesso contesto delle politiche amministrative a livello locale e statale, né da una concezione più generale del benessere della popolazione. Per Xu e i suoi contemporanei, il Trattato completo di amministrazione agricola rappresenta la realizzazione pratica di un'idea politica.
In un'economia rurale, gli agricoltori rappresentano la linfa vitale della comunità. Sul finire dell'epoca Ming, le condizioni di vita erano divenute precarie non soltanto per i fittavoli, ma anche per molti piccoli proprietari terrieri. Le rivolte, le invasioni e la pirateria erano endemiche, e il sostentamento degli eserciti impegnati nella guerra lungo i confini settentrionali dissanguava le fertili terre del Meridione. Nel Jiangnan le alluvioni erano ormai un problema grave e ricorrente, in gran parte in conseguenza della trasformazione del letto dei laghi e delle rive dei fiumi in campi coltivabili da parte di potenti famiglie che ostacolavano gli sforzi dei funzionari di riformare il sistema di controllo della rete idrica. I contadini erano schiacciati dal peso di imposte e di fitti astronomici, e dai rischi legati agli improvvisi cambiamenti del mercato, nel senso che alla prosperità poteva fare improvvisamente seguito la carestia.
In un saggio composto nel 1604, quando lavorava presso l'Accademia Hanlin, Xu Guangqi si chiedeva come pensavano i sovrani Ming di respingere gli invasori e sedare le rivolte se non erano in grado di mantenere gli eserciti; infatti, come potevano mantenere gli eserciti se le imposte erano insufficienti, e come pensavano di riscuotere le tasse necessarie ‒ o prevenire le rivolte contadine ‒ se l'agricoltura, l'occupazione principale del popolo, era trascurata? Si sarebbe potuto fare qualcosa soltanto se le più alte cariche dello Stato si fossero occupate seriamente del problema; tuttavia la politica statale non avrebbe ottenuto alcun effetto senza il sostegno e l'impegno dei funzionari, che avrebbero dovuto da una parte garantire l'efficacia degli interventi amministrativi a livello intermedio, e dall'altra parte promuovere e diffondere le competenze tecniche tra le masse. La questione agraria in Cina andava affrontata contemporaneamente su tutti e quattro i piani; era questo l'obiettivo che Xu si era prefisso e che spiega il modo in cui egli continuò infaticabilmente ad arricchire e sistematizzare le proprie conoscenze, nonché il modo in cui le espresse. Gli elementi chiave del suo pensiero pratico sono racchiusi in due massime: "Le strategie possibili sono tre: la migliore è prevenire [i disastri]; la seconda è prepararsi [ad affrontarli]; la peggiore è riparare i danni"; e "per riuscire, si deve prestare attenzione ai particolari" (Nongzheng quanshu, capp. 35 e 44).
Tali questioni erano al centro delle speculazioni di Xu e di un gruppo di funzionari colti del Jiangnan che ne condividevano le idee, e i cui scritti sui problemi correnti dell'agricoltura occupano un posto di primo piano nel Trattato completo di amministrazione agricola, specialmente nei capitoli dedicati all'amministrazione e al controllo delle risorse idriche. Lo stesso Xu decise di sperimentare alcune tecniche di risicoltura a Tianjin, nella speranza che avrebbero consentito alle armate del Nord di provvedere almeno in parte al proprio fabbisogno alimentare, con la conseguente diminuzione delle imposte che gravavano sulle province meridionali. Xu e i suoi colleghi proposero un complesso sistema di riforme dell'amministrazione della rete idrica del Jiangnan, allo scopo di ridurre la frequenza delle alluvioni e delle carestie. Nel 1313 Wang Zhen aveva dedicato non più di quattro pagine agli interventi e all'alimentazione in tempo di carestia; per contro, la questione delle colture più adatte a prevenire la carestia occupa un terzo del Trattato completo di amministrazione agricola. Xu provò a coltivare personalmente la gran parte delle quasi cinquecento specie vegetali descritte e illustrate nel suo trattato.
Uno dei principali motivi delle sperimentazioni agronomiche di Xu fu la speranza di combattere lo spettro della carestia e delle sue conseguenze: miseria, fame, rivolte. Senza dimenticare mai il rischio di un'annata cattiva, Xu cercò d'indurre gli agricoltori a diversificare la produzione agricola, non di rado in modo innovativo. Spesso le opere di agronomia del passato citavano, senza darvi eccessiva importanza, le piante non coltivate ritenute utili in tempi di carestia, così come incoraggiavano le colture commerciali, adatte a svariate condizioni ambientali. In epoca Ming, inoltre, non erano mancate autorevoli guide alle piante selvatiche commestibili cui ricorrere in caso di emergenza. Le osservazioni personali dell'autore del Trattato completo di amministrazione agricola dimostrano che Xu era fautore di una forma integrata di agricoltura mista, sviluppata consapevolmente per far fronte alla minaccia della carestia; oltre a piantare la consueta combinazione di cereali di base e di colture commerciali, gli agricoltori avrebbero dovuto sfruttare le siepi, le aiuole e tutto il terreno marginale per colture che si prestavano sia al sostentamento in tempi di carestia sia alla rivendita o al consumo durante le annate buone. In questo contesto acquistavano un'importanza inconsueta piante come il ligustro, la lacrima di Giobbe e la pianta cerifera. Da ciò e dal resto della sua opera risulta chiaro che l'interesse di Xu Guangqi per l'agronomia era ben diverso da quello nutrito dai suoi contemporanei e vicini, il Maestro Shen e Zhang Lüxiang. Shen e Zhang sono anzitutto proprietari terrieri, che scrivono per esaminare e migliorare il patrimonio di conoscenze locali e si propongono essenzialmente di realizzare un profitto. L'obiettivo di Xu non è la conoscenza universale, nel senso della moderna conoscenza scientifica, bensì la costituzione di un patrimonio nazionale di conoscenze. Analogamente a Shen, Xu parla di colture e metodi 'redditizi', ma, a differenza di questi, omette qualsiasi calcolo di spese e guadagni; con il termine 'profitto', Xu intende riferirsi a un concetto extraeconomico del beneficio in senso lato, secondo il quale la sicurezza e il modesto grado di prosperità del nucleo familiare contadino sono la premessa della solidità e della stabilità sociale. Il Trattato completo di amministrazione agricola fu concepito come repertorio di strategie politiche che, per il tramite di una serie d'interventi pratici, consentissero alla dinastia Ming di respingere gli attacchi dei nemici. Apparentemente il governo Qing condivideva il punto di vista dei contemporanei di Xu Guangqi, per i quali il Trattato completo di amministrazione agricola era essenzialmente un'opera politica, un manifesto del lealismo nei confronti dei Ming, e non un semplice trattato di agronomia, tanto è vero che lo mise al bando, nonostante ritenesse importante dare impulso all'agricoltura. Di conseguenza, a parte la menzione che se ne fa nel Compendio delle opere e dei giorni (Shoushi tongkao) commissionato dall'imperatore Qianlong nel 1737 e ultimato nel 1742, dopo la prima edizione del 1639 il Trattato completo di amministrazione agricola restò inedito sino al 1837.
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