La scienza in Cina: i Ming. Produzione, circolazione e gestione dei testi
Produzione, circolazione e gestione dei testi
Il processo d'innovazione tecnica che aveva interessato il libro cinese a partire dal periodo Song (960-1279) registrò una decisa accelerazione durante la successiva dinastia Ming (1368-1644). Anche se il libro xilografico conservò incontestabilmente il suo primato, i tentativi di sperimentazione della tecnica tipografica divennero meno sporadici e soprattutto, grazie a numerosi progressi, i libri xilografici acquisirono lo status di veri e propri oggetti d'arte, prodotti con tecniche raffinate e in un contesto sociale dominato da una crescente urbanizzazione e da una considerevole mobilità sociale. Queste innovazioni emersero in realtà in un periodo particolare, quello dell'ultima fase della dinastia Ming, tra la fine del XVI e la metà del XVII secolo.
L'evoluzione subita dai libri xilografici nel periodo Song e la sua eccezionale accelerazione nel periodo Ming non devono oscurare il periodo a cavallo tra queste due epoche, quello della dinastia Yuan (1279-1368) che, lungi dal segnare un arretramento in questo campo, diede anch'esso un significativo contributo alla diffusione della stampa. Piuttosto che scorgere una frattura nella prima fase del regno dei Ming, che segnò il ritorno al potere di una dinastia di etnia cinese, occorre dunque sottolineare la continuità esistente tra i primi due secoli della nuova dinastia e il periodo precedente. Per quanto riguarda l'aspetto materiale dei libri, si deve notare anzitutto l'abbandono del montaggio 'a farfalla', il capovolgimento del sistema di piegatura dei fogli e la cucitura dei bordi, e in seguito anche l'evoluzione delle impaginazioni, più varie e complesse; inoltre furono intraprese nuove esperienze tipografiche impiegando non soltanto tipi di legno, ma anche tipi metallici. Alcune testimonianze dell'inizio del XVI sec. segnalano la pubblicazione di libri dati alle stampe con caratteri mobili di rame e di piombo, cosa che induce a supporre che i tipi fossero prodotti per fusione, probabilmente con un procedimento ispirato alle tecniche messe a punto in Corea e utilizzate con successo dalla stamperia imperiale. Alla fine del XV sec., alcuni editori e stampatori privati iniziarono a usare tipi di rame e di stagno; anche in questo caso non sappiamo se fossero incisi oppure fusi, ma le brevi indicazioni contenute nelle biografie dei protagonisti, in cui si accenna all'uso di stampi, inducono a supporre che per fabbricarli si ricorresse alla fusione. Ci sono pervenuti all'incirca cinquanta titoli pubblicati tra il 1490 e la fine del XVI sec., per la maggior parte dati alle stampe da due facoltose famiglie della regione di Suzhou, gli Hua e gli An. Il primo membro della famiglia Hua che esercitò questa attività fu probabilmente Hua Sui (1439-1513), proprietario fondiario e collezionista di oggetti antichi e di libri, che verso la fine della vita pubblicò almeno 14 titoli; i membri della famiglia An, invece, erano abili commercianti. Gli Hua e gli An affrontarono senza esitazioni la pubblicazione di vaste opere, antologie, enciclopedie o raccolte di testi, tra cui, per esempio, i Memoriali al trono dei ministri del periodo Song (Song zhuchen zouyi), di 150 capitoli, l'opera intitolata Tutti i fiumi studiano il mare (Baichuan xuehai), di 160 capitoli, e l'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan), di 1000 capitoli. Sembra, comunque, che questi stampatori lavorassero ricorrendo anche alle tavole di legno.
Nello stesso periodo, anche la stampa a caratteri mobili di legno conobbe una certa fortuna. A dire il vero, gli stampatori non sempre indicavano le tecniche utilizzate, xilografiche o tipografiche, e talvolta soltanto l'esame delle irregolarità della stampa, dei caratteri fuori posto, capovolti, sbagliati o di altezza irregolare, ha consentito agli studiosi della storia del libro d'individuarle. La tecnica tipografica fu adottata in particolare dagli editori commerciali e dalle accademie provinciali, e servì a dare alle stampe soprattutto le opere letterarie e le raccolte di uno stesso autore; tra i testi stampati in questo modo si ricorda l'Ampia raccolta dell'era Taiping xingguo (Taiping guangji), un'antologia di racconti divisa in 500 capitoli. I caratteri di legno e di metallo erano ancora in uso nel periodo Qing (1644-1911), quando furono adoperati per realizzare due vasti progetti editoriali nel quadro di iniziative ufficiali, la pubblicazione della Raccolta completa di testi e illustrazioni antichi e moderni (Gujin tushu jicheng), una grande opera divisa in 1000 capitoli e stampata nel 1725 con caratteri di bronzo intagliati, e la stampa di una serie di 134 titoli tratti dalla Biblioteca completa dei quattro depositi (Siku quanshu), realizzata alla fine del XVIII sec. con 253.000 tipi di legno nel laboratorio tipografico Wuying dian, situato all'interno del palazzo imperiale.
Tra i progressi tecnici compiuti nella riproduzione a stampa nel periodo Ming bisogna ricordare la xilografia a colori, realizzata con il procedimento chiamato taoban ('tavole in serie'), che prevedeva la preparazione di diverse tavole in funzione dei colori che s'intendevano stampare. Questa tecnica iniziò a essere utilizzata nel XIV sec., quando fu usata per stampare un'edizione annotata del Sūtra del diamante (Jingang jing), ma si sviluppò soprattutto a partire dalla fine del XVI sec., grazie a due famiglie di stampatori, i Min e i Ling di Wuxing (una città situata nella regione del Zhejiang), che diedero alle stampe molte opere storiche e letterarie in tre o quattro colori. I testi erano dotati di punteggiatura, annotati e commentati, e un diverso colore serviva a distinguere i vari interventi. Nello stesso periodo, tra il 1594 e il 1606, Cheng Dayue, un fabbricante d'inchiostro, fece stampare un catalogo dei suoi prodotti in un album realizzato utilizzando i disegni di un artista, Ding Yunpeng, e stampando in cinque colori un certo numero di questi disegni. Alcuni anni più tardi, lo sviluppo della xilografia a colori raggiunse il suo apice con Hu Zhengyan e con i suoi lavori eseguiti a Nanchino nello Studio dei dieci bambù (Shizhu zhai). Hu Zhengyan, che esercitava le attività di fabbricante d'inchiostro, incisore di sigilli ed editore, stampò tra il 1619 e il 1645 due opere incomparabili per ricercatezza e leggerezza, il Catalogo di calligrafia e di pittura dello Studio dei dieci bambù (Shizhu zhai shuhua pu) e l'Album dei fogli con lettere decorate dello Studio dei dieci bambù (Shizhu zhai jianpu). Le numerose tirature e ristampe di questi due titoli piuttosto sontuosi attestano la notevole diffusione raggiunta dalle opere di lusso. Questi due libri dimostrano, inoltre, che durante il periodo Ming s'instaurarono tra i pittori e gli stampatori rapporti di stretta collaborazione che corrispondevano alla trasformazione in corso nella fisionomia del libro, in cui le illustrazioni divenivano sempre più importanti.
Come rivela l'esame dei sūtra buddhisti del X sec., i primi libri a stampa illustrati tendevano naturalmente a imitare nei limiti del possibile i manoscritti; l'evoluzione che iniziò a delinearsi nel periodo Song fu invece in gran parte determinata dai cambiamenti di forma del libro stesso. Anche per ciò che concerne le illustrazioni, le trasformazioni non furono immediate, almeno per quanto riguarda la loro disposizione nel testo, e la prima modifica importante si delineò soprattutto con l'abbandono dei colori; artisti e incisori tentarono di rimediare inserendo tratteggi, aggiungendo cornici o motivi decorativi e ampliando gli spazi inchiostrati in nero. Come nel periodo precedente, le illustrazioni erano divise in immagini iniziali fuori testo, frontespizi e immagini inserite all'interno del testo. Nel periodo Yuan e poi durante l'epoca Ming i frontespizi, appannaggio delle opere buddhiste e poi di quelle taoiste, subirono soltanto lievi modifiche; tuttavia, quelli di alcune opere stampate nel periodo Yuan, tra cui, per esempio, il Sūtra del Loto (Miaofa lianhua jing), presentavano già una struttura compositiva meno rigida, in cui gli elementi paesaggistici traducevano una più profonda influenza pittorica.
La disposizione in fasce, secondo il sistema detto shangtu xiawen ('immagine in alto, testo in basso'), presentò inizialmente soltanto lievi modifiche rispetto a quella dei manoscritti; tuttavia, l'adozione del libro a farfalla e poi di quello dal dorso rivestito, in cui le pagine illustrate non si presentavano più in una fascia continua, determinarono una profonda rottura. In effetti, lo spazio dell'immagine era definito dal testo scritto nell'area sottostante e dalla lunghezza del passaggio da illustrare; esso era di conseguenza variabile nel rotolo continuo, mentre nei libri in cui bisognava girare le pagine era lo stesso in ogni pagina. Benché apparentemente non fosse stata introdotta alcuna frattura, il testo risultava in qualche modo diviso in sequenze delle stesse dimensioni, di una o due pagine, corrispondenti a una o due immagini. Questa forma d'illustrazione era riservata soprattutto ai testi narrativi. La suddivisione materiale del libro determinò, quindi, da un lato la concentrazione in una stessa immagine di diversi episodi, dall'altro lato la compressione del testo al di sotto dell'immagine; soltanto in questa maniera era infatti possibile far corrispondere l'immagine al testo. Rimaneva, tuttavia, una variabile, ossia l'altezza dell'immagine che, a seconda dei casi, occupava uno spazio oscillabile tra il venti e il cinquanta per cento della pagina, probabilmente in funzione degli elementi che dovevano essere illustrati.
Il sistema che prevedeva la divisione del testo per inserirvi le immagini subì invece una netta evoluzione, in cui il gioco dei due elementi divenne rapidamente più complesso. Questo sistema si adattava soprattutto alle opere che oggi definiremmo documentarie, come, per esempio, i testi di farmacopea (bencao) o i rituali tratti dai Classici confuciani. In questo caso le immagini erano disposte in modo irregolare all'interno del testo, secondo il criterio della vicinanza del brano cui l'immagine si riferiva e quello della rilevanza reale e relativa dell'oggetto illustrato, vale a dire in base sia alle sue dimensioni fisiche sia alla posizione soggettiva che occupava nello spirito degli autori, degli editori e degli illustratori, e di conseguenza in quello dei lettori. Nel corso del periodo Ming questa impaginazione irregolare, in cui si contavano anche sei immagini nella stessa pagina, a poco a poco scomparve, a vantaggio dell'ampliamento dello spazio destinato alle illustrazioni che condusse all'uso sempre più frequente delle immagini a piena pagina, o persino a doppia pagina. Nello stesso tempo si fece strada la tendenza a ripartire le illustrazioni in gruppi, in alcuni casi situati all'inizio dell'opera, in altri casi all'inizio di ogni capitolo e in altri ancora alla fine del libro. L'uso della piena pagina si riscontra in realtà in situazioni molto diverse tra loro, in cui l'illustrazione poteva occupare l'intera pagina o iscriversi in un medaglione dai contorni vuoti sino alla cornice della tavola. Si poteva anche riprodurre un'immagine su due pagine, incidendola su una sola tavola e ottenendo così ‒ dopo l'impressione e la piegatura del foglio ‒ un'illustrazione che occupava il recto e il verso del foglio o incidendo le due metà di un'immagine su due tavole successive, ottenendo un'illustrazione che, occupando il verso di un foglio e il recto del successivo, conservava la sua continuità. L'illustrazione a piena pagina ebbe origine dalle immagini dei frontespizi, che rappresentavano non soltanto scene decorate di paesaggi, ma anche ritratti di divinità, in seguito sostituite da uomini celebri dell'Antichità (per es., Confucio), e infine anche da personaggi meno famosi (come, per es., gli autori e persino gli editori). Nel periodo Ming, questa forma d'impaginazione fu usata in quasi tutti i generi di libri, in particolare nei romanzi e nei testi teatrali, e conferì al libro il nuovo status di oggetto di lusso, acquistato non soltanto per essere letto ma anche per essere guardato, in risposta alle esigenze di un nuovo pubblico di acquirenti.
L'epoca Ming si distinse da quelle Song e Yuan anche per l'inasprimento della concorrenza tra editoria pubblica ed editoria privata. La tradizione della pubblicazione e della stampa dei Classici confuciani e delle Storie ufficiali, materiali di base della cultura erudita, fu perpetuata soprattutto dall'Università imperiale (Guozi jian); questo compito e la costante esigenza di diffondere testi conformi all'ortodossia, più volte rivisti e corretti sotto il controllo diretto dello Stato, rimasero i principali obiettivi delle edizioni ufficiali. Durante l'epoca Ming, tuttavia, la tipografia dell'Università imperiale subì uno sdoppiamento, poiché le tavole della stamperia furono trasferite dalla capitale degli Yuan, l'odierna Pechino, alla nuova capitale dei Ming, Nanchino; poiché la maggior parte di esse era stata incisa nel periodo Song o restaurata e incisa durante l'epoca degli Yuan, il compito dell'Università imperiale si limitava ormai probabilmente alla ristampa delle vecchie edizioni o all'incisione e alla stampa di copie. Nel XV sec., ossia durante gli anni di regno dell'imperatore Yongle (1403-1424), quando i Ming riportarono la capitale a Pechino, la tipografia svolse la sua attività sia in questa città sia a Nanchino ma, dal momento che le vecchie tavole erano rimaste a Nanchino, l'Università imperiale decise di far eseguire nuove incisioni. Tra le opere stampate con queste nuove tavole si conoscono soprattutto le edizioni dei Tredici classici (Sei Classici, i Quattro Libri e i tre commentari agli Annali delle Primavere e autunni) e delle ventuno Storie dinastiche, pubblicate nel XVI sec.; nel complesso, però, le opere stampate a Pechino furono decisamente meno numerose di quelle prodotte a Nanchino.
L'Università imperiale, tuttavia non fu il solo ufficio statale a dedicarsi all'editoria; come nel periodo Song, s'impegnarono in questa attività anche altri organismi, tra cui, per esempio, la Direzione del cerimoniale (Silijian), che nella prima metà del XVI sec. impiegava 315 incisori, 134 operai stampatori, 189 addetti alla piegatura e 293 rilegatori. Oltre a una serie di opere legate ai riti, questo ufficio pubblicò opere storiche, testi di pensatori e poeti, e alcune opere destinate ai funzionari dell'amministrazione: per esempio, l'enciclopedia dell'Esame generale dei documenti [storici] (Wenxian tongkao), di Ma Duanlin (1254-1323 ca.), data alle stampe nel 1524. In diverse circostanze, alcuni uffici statali tentarono di contrastare l'attività degli editori commerciali emanando esposti e decreti contro le errate edizioni dei Classici e denunciando i privati che riproducevano le edizioni ufficiali modificando soltanto le pagine dei titoli e i riferimenti alle edizioni originali; fu persino proposto di tornare a stampare nei libri i nomi degli incisori, secondo una consuetudine che risaliva all'epoca Song.
Se alcuni editori commerciali scelsero come campo d'azione il mercato dei Classici, la maggior parte di essi decise di percorrere altre strade; soprattutto verso la fine della dinastia Ming, infatti, il commercio librario conobbe una fase di grande espansione. In questo periodo si verificò un forte contrasto tra la situazione economica in pieno sviluppo e quella politica in declino per l'indebolirsi del potere imperiale; questa fase di sviluppo fu caratterizzata da un arretramento dell'editoria pubblica e da una forte crescita di quella privata. Verso la fine della dinastia Ming, praticamente, non furono più pubblicati quei vasti lavori di compilazione precedentemente intrapresi sotto gli auspici dell'autorità imperiale e dopo la Grande enciclopedia dell'era Yongle (Yongle dadian) ‒ una vasta opera divisa in 22.877 capitoli e 11.095 fascicoli, che, tuttavia, non fu stampata ma semplicemente copiata in due esemplari ‒ non fu pubblicata nessun'altra opera importante.
Il rapido incremento delle edizioni private fu favorito dal contesto sociale ed economico; in questo periodo si ebbe in effetti uno sviluppo senza precedenti delle attività commerciali e una crescente urbanizzazione, determinata dall'esodo rurale; emersero nuove classi agiate legate ad attività commerciali e artigianali e a importanti progressi tecnici. Questo sviluppo si concentrò soprattutto nella valle del basso Yangzi e nelle regioni costiere del Sud; fu proprio nelle città situate in quest'area, infatti, che la produzione dei libri a stampa registrò una forte crescita. Durante il periodo Ming, i principali centri di produzione dei libri a stampa furono Nanchino, la capitale del Sud, in cui sono stati censiti 93 librai editori, Hangzhou che ne contava 24, Suzhou di cui ci sono pervenuti 37 nomi di stampatori di libri, Huizhou che ne contava una dozzina e altre città come Wuxi, Shaoxing, Yangzhou e Jinhua, situate nelle attuali regioni del Jiangsu e del Zhejiang. A questo elenco va inoltre aggiunta la zona di Jianyang, situata nell'area settentrionale dell'odierno Fujian, che, come Hangzhou, anche se per ragioni diverse, era un centro di stampa molto attivo sin dall'epoca Song; nei suoi dintorni operavano almeno un centinaio di stamperie e più di 400 editori privati; gli stampatori erano concentrati invece soprattutto nei villaggi di Masha e di Shufang. Nel 1499 un incendio devastò Masha, distruggendo quasi tutte le stamperie; questo evento e la concorrenza delle città del basso Yangzi posero fine a un'attività produttiva molto intensa; secondo alcune stime, a Jianyang, nel periodo Ming, furono dati alle stampe più di 1300 titoli. In seguito all'incendio della fine del XV sec. molti stampatori emigrarono a Nanchino, e in rapporto alla produzione delle regioni del basso Yangzi e del Fujian, quella degli altri centri, compresa la capitale del Nord, Pechino, può essere considerata modesta; essa, infatti, a eccezione del Sichuan, rimase limitata alle province orientali e meridionali della Cina.
Rispetto ai periodi Song e Yuan, per il nuovo pubblico gli editori privati accrebbero l'offerta di opere che non rientravano nel campo delle edizioni ufficiali, rappresentato dai Classici e dalla storia. La grande importanza assunta dai concorsi ufficiali nel sistema sociale determinò lo sviluppo della produzione di un genere molto diffuso di opere, le raccolte di copie di prove di esame. Già dati alle stampe nel periodo Song, per servire da modello ai candidati e immediatamente osteggiati dalle autorità, questi libri conobbero durante il periodo Ming un considerevole sviluppo legato alle regole estremamente rigorose che i candidati dovevano rispettare nelle loro prove d'esame e soprattutto alla struttura dei saggi a 'otto gambe' (bagu wen). Numerosi ex candidati, molti dei quali avevano partecipato senza successo ai concorsi, finirono col dedicarsi alla pubblicazione di queste antologie.
Si affermarono inoltre le opere destinate a un pubblico molto più vasto, le pubblicazioni di carattere pratico e quelle d'intrattenimento, rappresentate da un lato dalle enciclopedie, che riunivano le principali nozioni del sapere ordinario, e dai libri di morale o di medicina, dall'altro lato, da testi di letteratura, teatrali e romanzi, tutti caratterizzati dal fatto di essere spesso illustrati. Il libro d'arte, nato nel periodo Song, raggiunse l'apice del suo sviluppo alla fine del XVI sec., grazie al concorso dei pittori che spesso parteciparono direttamente alle attività editoriali, portando a un alto livello di raffinatezza le tecniche d'incisione xilografica. Le illustrazioni erano utilizzate per arricchire anche le opere di carattere scientifico e tecnico, tra cui, per esempio, i testi dedicati all'agricoltura, alla botanica, alla zoologia e alla matematica.
L'introduzione delle scienze occidentali, determinata dall'arrivo dei missionari gesuiti alla corte cinese, si tradusse in un insieme di pubblicazioni di carattere sia scientifico sia religioso, la cui diffusione, sebbene fosse molto limitata tra la popolazione, tuttavia lasciò tracce durature tra i letterati di Pechino che si occupavano non soltanto di questioni scientifiche e tecniche, ma anche di problemi politici. Prima della fine dell'epoca Ming furono pubblicate molte opere di geografia, di matematica, di astronomia, d'idraulica; tra gli autori figuravano in particolare Giulio Aleni (1582-1649), Nicola Longobardi (1565-1655), Giacomo Rho (1593-1638), Adam Schall von Bell (1591-1666), Johann Schreck (Terrentius, 1576-1630), Sabatino de Ursis (1575-1620) e Matteo Ricci (1552-1610).
In questo periodo, la bibliofilia, nata insieme ai primi libri, assunse un nuovo aspetto. Nel periodo Song, e indubbiamente anche nel periodo Yuan, era prevalsa la passione per i manoscritti, ma nel XV e nel XVI sec. la maggior parte dei manoscritti era scomparsa o era conservata nella biblioteca imperiale. Grazie alla loro rarità e qualità, le edizioni pubblicate nel periodo Song divennero molto ricercate e furono oggetto di numerose ristampe, di cui si conservavano scrupolosamente gli originali. Le biblioteche fiorirono soprattutto nelle città della valle del basso Yangzi, in prossimità dei principali centri di produzione editoriale. Una delle caratteristiche più interessanti della bibliofilia dell'epoca Ming è che in alcuni casi i bibliofili esercitarono a loro volta l'attività di stampatori, non soltanto per far conoscere le opere dei propri parenti, ma anche per assicurare la diffusione di testi di elevata qualità. Tra le numerose grandi biblioteche di questo periodo si ricordano quella del Tianyi ge ('Padiglione dell'unità del Cielo'), fondata da Fan Qin (1506-1585) a Ningbo; arricchitasi grazie all'acquisizione di fondi di altre famiglie, tra cui quello della biblioteca del Wanjuan lou ('Padiglione dei diecimila rotoli'), creata nel XII sec. da Feng Fang, questa biblioteca custodì soprattutto opere antiche, copie di manoscritti e stampe. Per potervi accedere era necessario rispettare regole molto severe e forse è grazie a questo rigore che le sue collezioni sono sopravvissute sino a oggi. Soltanto una trentina di opere Song e Yuan che vi erano conservate furono stampate in facsimile, ma nel periodo Qing, durante la compilazione del vasto catalogo della Biblioteca completa dei quattro depositi, più di seicento titoli, considerati edizioni di riferimento, furono inviati a Pechino su ordine dell'imperatore Qianlong (1736-1795) per essere copiati. Inoltre, l'edificio stesso del Tianyi ge, interamente costruito con mattoni e tegole e privo di elementi di legno per proteggere i libri dagli incendi, servì da modello alla costruzione, all'interno del Palazzo imperiale, del Wenyuan ge ('Biblioteca imperiale') dove fu depositato il primo esemplare della Biblioteca completa dei quattro depositi. La famiglia Fan ricevette in segno di ringraziamento un esemplare della grande Raccolta completa di testi e illustrazioni antichi e moderni, data alle stampe nel 1725.
L'altra grande biblioteca privata dell'epoca Ming, il Jigu ge ('Padiglione per immergersi nell'Antichità'), fu fondata da Mao Jin (1599-1659) a Changshu. Grande collezionista di edizioni Song e Yuan, il suo proprietario era noto per la disinvoltura con cui acquistava edizioni antiche a prezzi elevatissimi. Al contrario dei libri conservati nel Tianyi ge, un numero non irrilevante di quelli del Jigu ge furono dati alle stampe dalla stessa famiglia Mao; questa fece costruire all'interno della biblioteca un laboratorio in cui lavoravano venti stampatori, che diedero alle stampe circa seicento titoli. Tra le edizioni più conosciute prodotte da questa stamperia si ricordano quelle dei Tredici classici, delle ventuno Storie, di alcune antologie poetiche, di una raccolta di 140 opere, gli Scritti segreti del guado per raggiungere la riva (Jindai bishu) e dei Dieci canoni di matematica (Suanjing shishu). L'attività editoriale della famiglia Mao, come del resto quella più ridotta dei Fan, non sembra fosse volta esclusivamente al raggiungimento d'interessi materiali; i Mao finanziavano la stamperia con le loro rendite fondiarie, e i profitti ricavati dalla vendita dei libri sembra non fossero sufficienti a coprire i costi di edizione e di stampa. Tuttavia, queste edizioni contribuirono alla diffusione dei prodotti della scrittura durante il periodo Ming ed esercitarono un'influenza tutt'altro che trascurabile sugli ambienti letterari dell'epoca Qing.
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