La scienza in Cina: i Ming. Scienza e contesto sociale
Scienza e contesto sociale
I Cinesi dell'epoca Ming (1368-1644) non svolgevano il loro lavoro intellettuale in base alle odierne specializzazioni, né suddividevano le conoscenze pratiche e le tecniche di produzione secondo le discipline scientifiche a noi familiari. Contemplavano il mondo circostante, interessati a soddisfare le esigenze della produzione familiare nel modo più efficiente possibile, e trovavano un senso nel mondo fisico in relazione alle norme culturali che la tradizione aveva trasmesso loro. Se appartenevano all'élite colta ricercavano tali norme nei Classici confuciani, riesaminandoli alla luce dei numerosi commentari che periodicamente erano compilati; quei pochi che, grazie al talento e alla fortuna, ricoprivano una carica nella burocrazia applicavano le loro conoscenze pratiche e politiche all'espletamento delle varie mansioni che competevano loro in quanto funzionari. Nel corso di queste attività gli studiosi Ming più impegnati erano soliti intraprendere estese letture, intensi dibattiti e prolungate meditazioni per migliorare la qualità del loro lavoro e contribuire in questo modo al bene della collettività, del quale ‒ essendo confuciani ‒ si ritenevano responsabili.
I termini con cui gli intellettuali Ming designavano il loro impegno di produzione e organizzazione della conoscenza sono jingshi e jingji. Jingshi significa 'dirigere il mondo o l'epoca in cui si vive' (shi), allo stesso modo in cui l'ordito di una stoffa ne guida la tessitura o, in altre parole, portare il proprio contributo al miglioramento delle condizioni del popolo. Jingji, che nella lingua moderna significa 'economia', era la forma abbreviata di varie espressioni, quali jingshi jimin ('dirigere l'epoca e aiutare il popolo') e jingshi jisu ('dirigere l'epoca e migliorare i costumi'). Con questi termini s'intendeva esprimere il senso morale e l'etica confuciana dell'impegno pratico nel mondo reale. La traduzione di 'arte politica', con cui spesso queste espressioni sono rese, non rende pienamente giustizia al senso di vincolo morale e al tempo stesso di efficacia pratica evocato dal termine cinese; infatti, jingshi indica sia un atteggiamento etico, sia un tipo di azioni finalizzate al benessere pubblico, sia una categoria del sapere.
Il più completo compendio di scritti sull'ideale del jingshi è la vasta Raccolta di documenti sull'arte del governo della dinastia Ming (Huang Ming jingshi wenbian), una raccolta di cronache politiche curata dal giovane letterato Chen Zilong (1608-1647), negli anni fra il 1629 e il 1638, con l'aiuto di una ventina di amici tutti provenienti da Songjiang (vicino Shanghai). Il materiale fu suddiviso in 508 capitoli, ordinati per autore, e fu pubblicato nel 1639. Nel 1630 il regime Ming si era trovato a fronteggiare una ribellione interna e una grave insolvenza fiscale per cui il prezzo del grano, indice principale di stabilità economica e sociale, cominciò ad aumentare fino al culmine raggiunto nel corso del catastrofico anno 1640. Consapevole di questa situazione, all'inizio della prefazione alla Raccolta il prefetto di Songjiang osserva che "riguardo ai testi qui presentati, niente è più importante di 'dirigere l'epoca e aiutare il popolo'". Il punto è ribadito da un altro prefatore, che spiega come "l'impegno degli studiosi della nostra prefettura sia stato quello di esaminare il lavoro dei letterati precedenti per rendersi utili all'epoca presente, e di preservare tutti gli scritti di questa dinastia per 'dirigere l'epoca e aiutare il popolo'" (Huang Ming jingshi wenbian, pp. 3, 26). Gli argomenti, affrontati nelle migliaia di documenti raccolti, esemplificano il significato di tale impegno; troviamo infatti questioni di balistica, irrigazione, ingegneria idraulica, problemi militari, censimenti, topografia, contabilità, lotta alla carestia e al banditismo, migliorie agricole, rimboschimento, edificazione di santuari, costruzione di ponti, geografia, cartografia, comunicazioni, regolamentazione del mercato, monopoli commerciali, educazione, censura. I temi del jingshi abbracciano una vasta tipologia di opere e discipline, oggi rigorosamente distinte in differenti categorie, nel cui ambito può essere inclusa la maggior parte di quelle attività che consideriamo 'scienza'. Tutte queste discipline erano unite, secondo Chen Zilong, dal comune intento di assicurare ordine e prosperità al regno: "la maggior parte del libro consiste in considerazioni su questioni militari e di sussistenza e in discussioni sulle condizioni fisiche", cose tutte ‒ nota Chen Zilong ‒ "di primaria importanza per il paese" (ibidem, p. 41).
Per individuare la produzione della conoscenza scientifica tra i Ming è necessario non soltanto capire che cosa cercare, ma anche dove, in quali istituzioni, tenendo presente che un confronto con gli ambiti istituzionali del lavoro scientifico nell'Europa dello stesso periodo risulterebbe fallimentare. Nella sua prefazione alla Raccolta di documenti sull'arte del governo della dinastia Ming, Chen Zilong fornisce qualche indicazione sul dove cercare, sebbene lo faccia in modo negativo, accordandosi alla visione pessimistica degli anni Trenta del XVII secolo. Preoccupato per lo stato di crisi della cultura dei suoi tempi, Chen lamenta che per preservare le conoscenze utili o per aumentarle non si possa contare né sulla corte, né sulle grandi e illustri famiglie, né sui singoli studiosi. Queste 'tre calamità' indicano le tre sfere di elaborazione del sapere in Cina: la corte (a quel tempo preoccupata da problemi di sicurezza), le grandi famiglie (in declino a partire dai Tang e dai Song) e i singoli studiosi (molti dei quali confinati in lotte politiche di fazione o in occupazioni frivole). Sempre nella prefazione, raccontando le sue esperienze di vita pubblica e privata, Chen individua altre tre aree:
sin da quando ero un giovane studente detestavo studiare meccanicamente, ma mi dilettavo a discutere le ragioni delle vicende contemporanee. A quel tempo potevo essere così rapito dall'ascoltare mio padre e gli anziani parlare dell'opera di saggi famosi e di grandi uomini da dimenticare di andare a dormire. Quando divenni più grande e mi recai nel Nord, nella regione della capitale, qualsiasi mansione ufficiale espletassi per il governo e dovunque mi conducessero i miei doveri, rivolgevo domande a chiunque incontrassi e compravo qualunque libro trovassi. Anche se ciò comportò una lunga frequentazione con le persone più povere e umili, riuscii a preservare molto di ciò che si stava dimenticando. Quando fu il momento di tradurre questo materiale in un libro, dovetti tuttavia attendere finché non tornai a casa per un lutto. (ibidem, p. 41)
In questo passo Chen fa riferimento a tre ulteriori sfere di attività intellettuale: la trama di rapporti sociali paritari tra gli appartenenti a diverse famiglie dell'élite, il servizio governativo e la rete commerciale. Infine, egli suggerisce che "le persone più povere e umili", tra le quali durante l'epoca Ming era ampiamente diffusa la conoscenza dei procedimenti tecnici, costituivano un altro importante e potenzialmente vasto serbatoio di sapere tecnico. Secondo le indicazioni di Chen, dunque, l'attività scientifica si svolgeva nell'ambito della corte, dello yamen o uffici amministrativi, del mondo del lavoro, delle famiglie e delle officine commerciali.
Chen, in quanto intellettuale confuciano, nel suo resoconto non menziona due istituzioni: i monasteri buddhisti e i templi taoisti. A eccezione di alcuni esempi di ingegneria edile, che in molte località rendono i monasteri le costruzioni più importanti della zona, ancora non è chiaro in che modo questi fossero i luoghi di produzione, conservazione e trasmissione di conoscenze diverse dalle dottrine buddhiste o dalle tecniche di meditazione religiose. In epoca Ming, i sacerdoti taoisti furono meno importanti dei monaci buddhisti, sia per il numero sia per il livello culturale. Finora si hanno scarsi indizi del lavoro svolto in quest'epoca dai taoisti nel campo tecnologico, poiché gran parte di questa storia deve ancora essere esplorata. La ricerca è resa ancor più problematica dall'espediente narrativo adottato nei resoconti d'innovazioni tecniche, secondo il quale i segreti sarebbero sempre stati divulgati da misteriosi taoisti. Per esempio, quando nel 1412 l'artigliere Jiao Yu racconta della sua straordinaria conoscenza della balistica, l'attribuisce a un misterioso 'uomo della Via', che a sua volta la acquisì dal suo maestro taoista. Non è dimostrabile se questa attribuzione sia un dato di fatto oppure un espediente retorico concepito solo allo scopo di infondere un'aura di autorità alle conoscenze di Jiao; tuttavia, è possibile ipotizzare che il taoismo abbia costituito un ulteriore contesto di attività scientifica, in parte alternativo rispetto alle sfere ortodosse della vita Ming.
Il lavoro intellettuale che si svolgeva a corte era finalizzato a due compiti fondamentali: governare efficacemente il regno e provvedere ai bisogni della famiglia imperiale. Il primo compito impegnava la corte in un ampio spettro di materie, alcune delle quali, pur comportando ricerche empiriche e argomentazioni rigorose, sconfinavano spesso nell'esoterismo ‒ per esempio, ideare coreografie rituali per affermare la legittimità della famiglia Zhu al potere. Questo lavoro era svolto dall'intera burocrazia della capitale, sebbene il peso maggiore ricadesse sui membri dell'Accademia Hanlin (Hanlin yuan), la più importante amministrazione governativa. Il personale dell'Accademia era incaricato di stilare documenti di Stato, di stendere le storie ufficiali e le altre opere patrocinate dall'imperatore, di tenere conferenze per l'imperatore e di partecipare alle deliberazioni del governo. Xu Guangqi (1562-1633), il più importante tra i Cinesi di epoca Ming convertitosi al cristianesimo ed entusiasta studioso del sapere occidentale, compose il grosso della sua opera di astronomia, idraulica e tecnologia militare quando era membro dell'Accademia Hanlin (dal 1604) e più tardi Ministro dei riti (dal 1628) e dell'Ufficio del calendario (a partire dal 1629). Le crisi e i progetti in cui Xu fu implicato, soprattutto negli ultimi cinque anni della sua vita, testimoniano che la corte era un luogo d'intensa ricerca e riflessione scientifica, specialmente quando nuovi e vecchi saperi entravano in conflitto.
Il compito di governare implicava anche la gestione dei concreti atti amministrativi, la maggior parte dei quali si svolgeva fuori del palazzo, nei sei Ministeri (Liubu: funzione pubblica, riti, finanze, giustizia, esercito e lavori pubblici). Il Ministero dei riti (Libu) si occupava di calcoli astronomici e calendariali. Il Ministero delle finanze (Hubu) controllava il catasto generale delle terre, calcolava le rendite fiscali e conservava almeno un documento di contabilità delle entrate annue d'argento fino a 37 milioni di liang (unità monetaria cinese d'argento). Il Ministero dei lavori pubblici (Gongbu) standardizzava pesi e misure e disegnava, costruiva e restaurava strutture grandi e piccole, per le quali doveva progettare non soltanto modelli e metodi architettonici, ma anche procedure coerenti di stima e rendicontazione. Il Ministero dell'esercito (Bingbu) fabbricava le armi, gestiva una rete postale che si estendeva su 84.200 km di strade, fiumi e canali, ed elaborava la cartografia delle aree ritenute strategiche. Anche Chen Zushou ‒ il più giovane studioso i cui scritti furono inclusi nella Raccolta di documenti sull'arte del governo della dinastia Ming di Chen Zilong ‒ scrisse il suo autorevole Atlante amministrativo dell'impero Ming (Huang Ming zhifang ditu) nel 1636, mentre era impiegato presso l'Ufficio delle operazioni del Ministero dell'esercito.
Tali compiti comportavano un lavoro complesso; non si trattava, infatti, di redigere un registro di leggi astratte, bensì un corpus di tecniche volte ad assicurare la corretta regolazione delle vicende umane. Oltre all'amministrazione centrale, vi erano altre strutture amministrative autonome che svolgevano incarichi legati alla trasmissione e all'ampliamento dei saperi, tenendo però sempre in considerazione i risultati pratici. Una di queste era la Direzione dell'astronomia (Qintian jian), che aveva la responsabilità di registrare gli eventi celesti che influivano sulle vicende umane e che concernevano la legittimità dell'imperatore; un'altra struttura autonoma era l'Accademia imperiale di medicina (Taiyi jian), dove medici e specialisti di farmacopea studiavano e svolgevano ricerche; una terza era la Direzione dell'educazione (Guozi jian), addetta alla politica scolastica e alla preparazione degli studenti, altamente raccomandati, per gli esami imperiali.
Un'opinione largamente diffusa era che il sistema di valutazione Ming prendesse in esame solamente gli studi classici e ostacolasse il sapere naturalistico o tecnico; ricerche più recenti hanno invece dimostrato che negli esami si teneva conto anche di questioni astronomiche e calendaristiche, importanti ai fini della conoscenza del jingshi. Sebbene questi argomenti non richiedessero conoscenze tecniche avanzate, essi permettevano di valutare l'attitudine del candidato a utilizzare il sapere tecnico.
Oltre ad amministrare il regno, i funzionari dovevano occuparsi delle esigenze logistiche della famiglia imperiale; a tal fine esistevano amministrazioni specializzate, situate all'interno della Città Proibita (residenza dell'imperatore e di tutta la corte). In queste strutture non erano impiegati normali funzionari, ma abitanti del palazzo, che a partire dal 1420, quando la capitale fu spostata nel Nord, a Pechino, consistevano principalmente di eunuchi. Organizzato in 12 direzioni, quattro dipartimenti e otto uffici, lo staff degli eunuchi era responsabile, tra l'altro, dei rifornimenti (viveri, abiti, gioielli, mobilio, porcellane) e della gestione delle proprietà e delle rendite imperiali, come, per esempio, la supervisione delle miniere (l'estrazione dei metalli preziosi era infatti una prerogativa imperiale). È probabile che la relativa libertà dalle costrizioni confuciane di cui godevano gli eunuchi abbia consentito loro quell'operare tecnico impedito ai letterati dalla barriera tra lavoro manuale e intellettuale, contribuendo così al miglioramento nella tecnologia estrattiva e metallurgica verificatosi nel periodo Ming.
Le innovazioni del sapere tecnico erano comunque problematiche, in quanto coloro che svolgevano un lavoro all'interno delle amministrazioni della capitale e sotto il patronato della corte erano obbligati a spiegare la necessità di introdurre nuove conoscenze. Il primo imperatore Ming, Zhu Yuanzhang (passato alla storia con il nome di Hongwu, 1368-1398), convinto di aver stabilito un sistema di governo perfetto, aveva infatti ordinato ai discendenti di non modificare nulla di ciò che lui stesso aveva decretato. Il divieto d'innovare non era tuttavia sufficiente a bloccare del tutto ogni cambiamento tecnico, ma richiedeva che si trovasse il modo di giustificare l'introduzione di nuove tecnologie. Per esempio, Jiao Xun, che nel 1643 lavorò con Adam Schall von Bell (1592-1666) alla redazione dell'Essenza delle armi da fuoco (Huogong qieyao), nella prefazione offre una giustificazione di questo tipo, evidenziando che, nonostante la ben dettagliata trattazione dell'artiglieria reperibile nei compendi militari avallati dall'imperatore, "possono darsi differenze di adattamento tra Nord e Sud, e differenze tra applicazioni continentali e marittime, e [pratiche] vantaggiose in passato ma non nel presente" (Huogong qieyao, p. 1). Ponendo la mancanza di nuove conoscenze sullo stesso piano delle differenze regionali, Jiao Xun riuscì a spianare la via all'introduzione di nuove informazioni e nuove tecniche, senza che ciò sembrasse una sfida rivolta alle pratiche stabilite dalle autorità centrali.
Jiao Xun pubblicò la sua Essenza delle armi da fuoco alla vigilia del collasso dei Ming, in un momento in cui la conoscenza dei cannoni e delle armi da fuoco era d'importanza cruciale per il vantaggio tecnologico che le armate Ming speravano invano di ottenere sui nemici mancesi, che le avrebbero debellate l'anno successivo (1644). Per quanto riguarda la tecnologia delle armi, occorre chiarire che la corte cercava di mantenere il monopolio di queste conoscenze. Di conseguenza potevano svilupparsi nuove conoscenze soltanto all'interno della corte e quando questa ne percepiva la necessità. L'impulso più dinamico nella tecnologia balistica Ming si produsse così non alla fine della dinastia, ma al suo inizio, quando il futuro fondatore Zhu Yuanzhang patrocinò e sperimentò nuove tecnologie. Alcuni esempi sono presentati nel Canone del drago di fuoco (Huolong jing) di Jiao Yu. Nella prefazione del 1412 Jiao racconta l'esperienza fatta nel 1355, quando scelse diverse 'armi da fuoco' (sembra si trattasse di archibugi o bombarde) da presentare a Zhu. Durante le prove, quando si dimostrò che le armi mantenevano una traiettoria costante e penetravano diversi strati di armatura, Zhu sentenziò che sarebbero state il mezzo con cui avrebbe conquistato l'Impero, come di fatto avvenne 13 anni dopo. Jiao riferisce, inoltre, che al termine della guerra dinastica le sue armi furono messe al sicuro in un deposito di Nanchino; preoccupato per la possibile perdita delle nuove conoscenze tecniche, ora che facilmente il regno era in pace, decise di scrivere il suo manuale. Molta tecnologia militare scomparve nel XV sec., a seguito della decisione della corte di limitare la circolazione di questo sapere tecnico ai soli ufficiali dell'esercito, impedendone così uno sviluppo più ampio; tuttavia, alcune conoscenze sopravvissero per altri canali, forse quelli familiari, come nel caso di Jiao Yu.
Gran parte del lavoro tecnico che si svolgeva all'interno della burocrazia Ming aveva luogo non nella capitale, ma negli uffici amministrativi (yamen) dove i burocrati adempivano ai loro doveri. Gli uomini che appartenevano a questi uffici ‒ al livello di provincia, prefettura e distretto ‒ dovevano far fronte a una mole di compiti pratici che richiedevano notevoli competenze tecniche, dalla ricognizione delle terre tassabili, alle ispezioni legali, al miglioramento dei metodi di pompaggio dell'acqua, e altri ancora. Le competenze tecniche erano spesso fornite da assistenti salariati, ma i prefetti e i magistrati detenevano la responsabilità finale delle loro sentenze e dovevano quantomeno essere in grado di verificare il loro lavoro. Un magistrato di distretto poteva anche pubblicare manuali, come nel caso dell'opera Eliminare errori (Xiyuan lu), manuale forense del 1247, ristampato più volte nel corso della dinastia Ming da editori privati per soddisfare la domanda. Le dettagliate informazioni contenute nel testo indicano che a un magistrato era richiesta una conoscenza di base dell'anatomia e della farmacologia per esaminare un cadavere e stabilire le cause della morte; la finalità di questi testi era proprio fornire questi strumenti.
I magistrati traevano le loro competenze anche dal patrimonio di conoscenze che avevano acquisito nella loro regione d'origine e che, nel caso di un trasferimento, potevano fruttuosamente utilizzare. Per esempio, un nativo della regione costiera del Fujian di stanza nella regione sudoccidentale del Guangdong nella seconda metà del XVI sec. trovò che, per carenza di tecnologia irrigativa, i contadini erano costretti a trascinare secchi d'acqua con un enorme dispendio di energie. L'introduzione del mazzacavallo dal suo paese natio fu considerata un grande dono fatto al popolo. Nel 1535 un altro nativo del Fujian si rammaricò di constatare che il popolo di quella stessa area sarchiava i campi con le mani, restando carponi, quando zappe per la sarchiatura erano in uso due province più lontano; senza l'autorizzazione di un magistrato non si poteva però introdurre un tale cambiamento nel distretto. Alcuni magistrati assunsero istruttori da altri distretti per promuovere le tecniche più adeguate; altri, invece, decisero di stampare e distribuire manuali di agricoltura: così, per esempio, un magistrato di Yangzhou, che possedeva una copia del Trattato di agricoltura (Nongshu) di Wang Zhen (stampato nella seconda metà della dinastia Ming), ordinò che fosse copiosamente illustrato per permettere agli analfabeti di apprendere i metodi migliori.
I funzionari s'impegnarono in altre imprese editoriali per diffondere il sapere tecnico: dizionari geografici delle aree locali, atlanti, guide all'etichetta e al rituale, modelli di scrittura, compendi legali, manuali medici e di sericoltura. Tutti questi testi erano visti come un contributo al bene del popolo e possono essere considerati una prova dell'impegno dei funzionari ad 'amare il popolo e interessarsi della nazione'; è con tali parole che Yao Yu, mentre prestava servizio come ispettore regionale nel Guangdong, fu pregato di scrivere il suo Atlante terrestre del Guangdong marittimo (Linghai yutu, p. 3). Soltanto funzionari come Yao potevano svolgere compiti di questo tipo, perché solamente loro avevano accesso a informazioni preziose e potevano godere del prestigio e delle finanze del loro ufficio per divulgare le conoscenze tecniche di cui non tutti disponevano.
Un funzionario poteva impegnarsi personalmente anche sovvenzionando ricerche intraprese da studiosi locali; per esempio, nel 1603 Xu Guangqi sottopose al magistrato del suo distretto ‒ il quale probabilmente gli aveva commissionato il lavoro ‒ un trattato sull'ingegneria idraulica. Tre decenni più tardi, il prefetto di Songjiang, nei pressi di Shanghai, fu un energico sostenitore e finanziatore della Raccolta di documenti sull'arte del governo della dinastia Ming di Chen Zilong e per questo è citato in varie prefazioni come attivo promotore del progetto.
Tra le istituzioni statali che potevano essere fonte di sapere vi era anche la Scuola confuciana, presente in ogni distretto e in ogni yamen di distretto. Più che un centro d'insegnamento, la Scuola confuciana era un luogo in cui si svolgevano riti per i confuciani celebri e dove gli studenti iscritti erano sottoposti a esami periodici. Le cariche d'insegnante (jiaoyu) o di assistente (xundao) nella scuola di distretto erano assegnate a chi possedeva il grado di juren, cioè a coloro che avevano superato gli esami imperiali di livello provinciale, ma che non erano riusciti a procedere oltre nella scala degli esami.
Un insegnante di scuola di distretto che usò effettivamente la sua carica per perseguire fini scientifici fu Song Yingxing (n. 1587). Song fece domanda per un posto nel 1634 dopo aver completato il periodo di lutto per la madre, morta nel 1632; non avendo superato per la sesta volta l'esame di jinshi (titolo ottenuto dai candidati che avevano superato l'esame nella capitale, cioè il livello più alto), fu nominato insegnante della scuola del distretto di Fenyi, nella natia regione del Jiangxi, alla tarda età di 47 anni, e rimase in carica per quattro anni, che impiegò per completare vari manoscritti ai quali stava lavorando già da tempo. Nel 1636 pubblicò quattro libri: una fonologia, una raccolta di saggi politici e tecnici, un insieme di raccomandazioni politiche nella tradizione del jingshi e un libro di poesie. Queste opere suggeriscono che il curriculum accademico neoconfuciano, che Song aveva seguito per vari decenni, non aveva spento il suo grande entusiasmo per il sapere tecnico. L'anno seguente, infatti, pubblicò altri tre libri: Dieci sovrabbondanti meditazioni (Zhiyan shizhong) sulla filosofia della Natura, una collezione di nuovi saggi e, infine, la sua grande opera Lo sfruttamento delle opere della Natura (Tiangong kaiwu). Nella prefazione, Song lamenta che la sua condizione sociale, estranea all'élite aristocratica, gli impedì di coinvolgere altri autori nel suo lavoro: "sebbene desiderassi raccogliere un gruppo di colleghi per discutere il progetto generale del libro e verificare i suoi contenuti, non vi era un luogo in cui poter svolgere questi colloqui" (Tiangong kaiwu, p. 12). È possibile che la scuola gli abbia messo a disposizione una sede nella fase finale del suo lavoro, tuttavia, certamente non lo aiutò o facilitò in nessun modo (i fondi per la pubblicazione, per esempio, gli furono concessi da un amico facoltoso).
La prima edizione del 1637, che Song curò personalmente, è arricchita da un ampio corredo d'illustrazioni. Queste immagini ‒ che sono tuttora utilizzate negli studi scientifici della Cina moderna, come nel volume di Song, per illustrare i procedimenti tecnici ‒ sono state criticate per non essere disegni tecnici 'esatti'; tuttavia è probabile che Song, avendole incluse, le reputasse adeguate ai suoi fini. L'intento comune delle illustrazioni presenti nei testi tecnici europei e cinesi del XVII sec. era di far capire meglio i procedimenti rappresentati; in entrambi i casi esse erano indirizzate a un lettore in grado di orientarsi, ma secondo differenti livelli di comprensibilità; mentre le illustrazioni dei libri europei danno l'impressione che il lettore stesso possa costruire gli oggetti o svolgere le attività rappresentate, quelle cinesi evocano invece la distanza tra l'oggetto rappresentato e il soggetto che l'osserva; sembrano infatti indirizzate a un lettore fiducioso di riconoscere l'oggetto e il procedimento rappresentati, qualora si fosse trovato a osservarli nella vita reale, ma che non era interessato a riprodurli o realizzarli. Così, per esempio, un lettore poteva avere il desiderio di sapere come si svolgesse la pesca delle perle, senza voler diventare lui stesso un pescatore di perle. L'autorevolezza del disegno tecnico si misurava pertanto proprio dalla capacità di rendere riconoscibile una procedura tecnica a chi non avrebbe mai intrapreso quella determinata professione.
Per legge e consuetudine, soltanto chi rivestiva una carica aveva il permesso di discutere di affari di Stato; ciò escludeva dal sapere relativo al jingshi un gran numero d'intellettuali che non ricoprivano cariche amministrative. Questa prassi non impedì tuttavia a chi non era funzionario di avere una vita intellettuale pubblica. Nell'ultima nota editoriale del suo Atlante terrestre del Guangdong marittimo, Yao Yu richiama il carattere pubblico, persino collettivo, della produzione di sapere in epoca Ming, quando scrive: "le varie materie menzionate nella prefazione e nei commenti di questo atlante sono soltanto quelle che ho potuto ascoltare e osservare al momento, e non è improbabile che abbia trascurato qualcosa. Di conseguenza, spero che i miei pari vogliano ricercare ciò che manca in fonti esterne a questo libro" (Linghai yutu, pp. 13-14). Yao considerava il suo pubblico come una comunità di studiosi attivi con i quali poter interagire a vari livelli.
Questa comunità operava attraverso reti di rapporti sociali paritari che si formavano e si arricchivano nel corso della vita, in primo luogo nelle scuole (tra gli studenti e con i docenti), nel corso degli esami (tanto all'interno del gruppo che li superava con gli esaminatori, quanto tra quelli che non superavano la prova), negli uffici (in particolare nelle due capitali) e in seno alle élite locali e regionali, a seconda dello status sociale dell'individuo. Le società di letterati (she) potevano dare a queste reti una forma concreta; univano uomini di orientamento simile, che vivevano nella stessa zona, al fine di dar vita a dibattiti filosofici, intraprendere progetti comuni di ricerca e azione, o anche comporre testi collettivi. Società di letterati esistevano già all'inizio dell'epoca Ming, ma divennero più importanti negli ultimi regni (1573-1644), un periodo in cui molti studiosi si allontanarono dall'ambiente politico in cui erano stati educati. In quell'epoca di fermenti, società di questo tipo potevano collegarsi tra loro in reti di uomini che perseguivano fini comuni (spesso di natura politica). La più nota società di letterati nel tardo periodo Ming fu la Società della restaurazione (Fushe), che nel corso dei suoi 13 anni di vita (1629-1642) riunì diverse migliaia di membri di società di letterati che allora proliferavano nel Jiangnan e dintorni. I membri della Società della restaurazione, sebbene si dichiarassero dediti agli 'studi pratici' (shixue) e alla metafisica (lixue), in realtà diedero vita a un vero e proprio movimento politico di riforma del governo e di pressione sulla fazione degli eunuchi a corte. Chen Zilong, che era uno dei membri più illustri, lavorò con un gruppo di studio del Songjiang chiamato Società dell'inizio (Jishe, ji è il punto in cui il nulla comincia a diventare qualcosa) e la sua Raccolta di documenti sull'arte del governo della dinastia Ming cominciò proprio come lavoro collettivo di questa società, che era talmente presente sul territorio da coinvolgere quasi ogni intellettuale di rilievo della zona del Songjiang. Queste reti di studiosi ebbero il vantaggio di godere dell'operato dei gesuiti residenti nella regione, i cui contatti con alcuni intellettuali delle fazioni riformiste, come Xu Guangqi, facilitarono verso la fine della dinastia l'adozione di alcune idee scientifiche occidentali.
L'espansione delle società di letterati nel tardo periodo Ming fu anche dovuta al tentativo di aggirare la serie di proibizioni relativa alle accademie private emanata tra il 1579 e il 1625, quando un Gran Consigliere prima (Zhang Juzheng, 1525-1582) e un eunuco poi (Wei Zhongxian, 1568-1627) cercarono di reprimere l'opposizione politica. Le accademie (shuyuan) erano istituzioni di varia natura, fondate e finanziate da privati, soggette a ispezioni da parte dei funzionari locali; potevano essere piccole scuole che preparavano i ragazzi del luogo agli esami oppure costituire centri importanti di dibattito e di tirocinio che attraevano pensatori illustri e favorivano la diffusione di nuove idee. Le accademie che avevano la mera funzione di preparare frettolosamente gli studenti agli esami non erano certo focolai d'idee innovative, ma quelle in cui l'ideale del jingshi era seriamente inteso patrocinavano un ampliamento delle conoscenze e raccomandavano agli studenti di studiare non soltanto i Classici, ma anche testi relativi all'arte militare, alla giurisprudenza, alla lotta alla carestia, all'idraulica. I funzionari locali iniziarono a sospettare delle accademie nel momento in cui le nuove idee sembrarono minacciare le regole stabilite. Quando un prudente prefetto ordinò nel 1522 agli studiosi della famosa Accademia della Grotta del cervo bianco (Bailu dong), nel Jiangxi, di dedicarsi a 'studi pratici' (shixue), non intendeva con questo termine né la prassi del jingshi né la speculazione filosofica, bensì 'la lettura e l'esposizione dei Quattro Libri e dei Cinque classici, integrate da storie e biografie'. La nozione di 'studi pratici' si sarebbe drasticamente modificata con il sorgere del jingshi confuciano, nel corso del secolo. Così i grandi pensatori riformisti associati all'importante Accademia della Foresta orientale (Donglin) di Wuxi, durante la sua breve ma intensa rinascita del 1604-1625, ritenevano che gli 'studi pratici' di cui la loro epoca aveva bisogno non fossero più i commentari sui Classici, ma l'applicazione di politiche razionali alle necessità del momento. La loro attività in favore di questo nuovo spirito di praticità nelle accademie, alla fine della dinastia, avrebbe condotto nella successiva epoca Qing alla fioritura di un sapere basato sulla ricerca empirica.
La vita economica era organizzata per lo più all'interno della famiglia, la cui sussistenza dipendeva da due occupazioni tradizionali: agricoltura e tessitura. La famiglia era la principale unità di produzione non soltanto economica, ma anche tecnica. Ciò era vero tanto per il popolo quanto per l'élite, le cui tenute rurali e le cui residenze urbane erano entrambe unità di produzione economica e di approfondimento delle conoscenze. Gran parte della produzione agricola era rurale, sebbene anche le residenze urbane avessero sempre un orto o un più largo terreno recintato, dove coltivare il necessario per il consumo familiare o per la vendita al mercato; la produzione tessile si svolgeva in entrambe le residenze. La tessitura era una necessità economica per il popolo, tanto per la produzione dei propri indumenti quanto per il mercato; ovviamente i benestanti non avevano questo tipo di necessità, sebbene qualche famiglia dell'élite continuasse a praticare la tessitura domestica non soltanto per ridurre le spese, ma anche per educare le giovani all'abilità tecnica e alle virtù morali tipiche della vecchia divisione del lavoro: gli uomini nei campi e le donne al telaio.
Nelle classi nobili, chi restava a casa aveva l'obbligo di sovrintendere alla produzione familiare, controllando le coltivazioni e tenendo la contabilità, a meno che non fosse talmente benestante e disinteressato da delegare queste mansioni a un domestico di fiducia. Una famiglia che affittava le terre e assumeva lavoratori doveva fare accurati calcoli finanziari, in quanto molti degli introiti della fattoria erano in natura, mentre il lavoro salariato e le tasse dovevano essere pagati convertendo gli introiti in argento, e la fluttuazione del mercato monetario poteva sia accrescere sia cancellare i profitti. Il Trattato di agricoltura del Maestro Shen (Shenshi nongshu), composto intorno al 1640, presenta dettagliati esempi di calcoli dei costi e dei benefici relativi a ogni aspetto della produzione agricola, dall'allevamento dei maiali alla tessitura d'indumenti. Per esempio, descrivendo la produzione della seta, l'autore calcola che due donne che tessono 120 pezze di tessuto marezzato l'anno, procurano, dopo aver detratto tutti i costi, un guadagno di 30 liang d'argento e che il guadagno raddoppia allevando i bachi da seta in proprio. Una buona contabilità aiutava a massimizzare i profitti prevedendo i costi.
Allo stesso modo una buona produttività aumentava le entrate familiari, motivo per cui molti intellettuali Ming, che erano proprietari terrieri, si dedicarono alla scrittura di saggi tecnici legati all'agricoltura. A varie riprese tra il 1614 e il 1621, quando era funzionario di Stato, Xu Guangqi si ritirò in una sua tenuta nei pressi di Tianjin, dove condusse esperimenti in materia d'irrigazione, risicoltura, fertilizzazione e farmacologia, includendo poi i risultati delle sue sperimentazioni nel Trattato completo di amministrazione agricola (Nongzheng quanshu). Questo libro, pubblicato dal nipote nel 1639 grazie agli sforzi compiuti da Chen Zilong in persona, è la rassegna più completa delle piante e delle tecniche agricole cinesi che sia stata prodotta prima del XX sec., e testimonia sia la conoscenza e padronanza di Xu di tutti i trattati precedenti, sia la sua personale esperienza di coltivatore. Il più antico trattato Ming sulla silvicoltura, Libro per la coltivazione degli alberi (Zhongshu shu), composto da Yu Zongben negli ultimi anni del XIV sec., consiste interamente di citazioni riprese dai lavori precedenti, per quanto il materiale esistente sia stato sistemato in modo da risultare più utile. Verso il 1504, Song Xu scrisse invece Degli alberi e del bestiame (Shuxu bu) quasi interamente sulla base della propria esperienza di silvicoltore e allevatore.
Song Xu, Yu Zongben, Xu Guangqi e il Maestro Shen erano impegnati in attività che costituivano il sostegno economico della maggior parte delle famiglie agiate. Le famiglie in cui questa attività era più specializzata, avevano un particolare interesse a sviluppare e conservare le tecniche più efficaci e a metterle per iscritto. Per esempio, i medici, impegnati continuamente nell'addestrare le nuove generazioni, sperimentavano sostanze medicinali e inventavano ricette, sapendo che le fortune del proprio lignaggio dipendevano dalla qualità del sapere medico che detenevano e che potevano trasmettere alle generazioni successive. Li Shizhen, l'autore della Classificazione ragionata della farmacopea (Bencao gangmu), apparteneva a una famiglia di questo tipo e fu educato dal padre, autore di due testi di farmacopea e di un testo di medicina. Egli studiò anche i Classici con un anziano studioso, la cui erudizione e la cui biblioteca lo iniziarono alla ricerca. Dopo vari insuccessi negli esami imperiali (non riuscì mai a superare il livello di distretto, sebbene avesse ottenuto il grado di shengyuan alla giovane età di tredici anni), decise di abbondare le sue ambizioni nella carriera ufficiale e di dedicarsi alla medicina e alla farmacopea. Nel 1522, dopo aver lottato per oltre un decennio contro le inadeguatezze e gli errori di classificazione della farmacopea di epoca Song, decise di scrivere un nuovo trattato. Gli occorsero 26 anni per raccogliere e organizzare le 1896 sostanze medicinali citate nel testo, 374 delle quali erano interamente basate sulla sua esperienza personale. Li, nonostante fosse impegnato in questo progetto, non rimase totalmente lontano dall'ambiente burocratico; per un certo periodo fu infatti al servizio della famiglia del principe della regione e, più tardi, lavorò presso l'Accademia imperiale di medicina, alla quale il suo libro fu ceduto dopo la sua morte. Tuttavia, la ricerca di Li non fu organizzata né finanziata come progetto governativo; i limiti delle risorse disponibili imposero un ritardo di 15 anni nella pubblicazione della farmacopea e quando Li morì, nel 1593, il libro era ancora in corso di stampa a Nanchino.
Il progetto di Li Shizhen di revisionare la farmacopea era coerente con l'impegno, di tradizione confuciana, di estendere il campo delle conoscenze mediante un attento esame e un'accurata revisione dei testi canonici. Nell'ultimo anno della sua vita, l'eminente Wang Shizhen (1526-1590) compose una prefazione all'opera di Li ‒ presumibilmente un tentativo di rafforzare le speranze di pubblicazione ‒ in cui lo lodava per l'approfondito e minuzioso esame delle fonti testuali: "dalle iscrizioni tombali alle favole popolari, non vi è nulla di rilevante che egli abbia omesso di citare" (Bencao gangmu, p. 17). Il risultato, asserisce Wang, "equivale a un distillato della Natura e dei principî (xingli) e a un esteso corpus di 'osservazione delle cose' (gewu)" (ibidem). Tra i Ming, 'Natura' e 'principî' erano parole in codice; infatti, per la metafisica neoconfuciana 'osservazione delle cose' era la locuzione corrente per alludere alle procedure neoconfuciane di analisi degli oggetti fisici al fine di afferrarne il significato. L'opera di ampliamento della farmacopea di Li Shizhen non deriva dunque semplicemente dalla sua educazione all'interno di un lignaggio medico, ma è profondamente improntata dall'impostazione neoconfuciana dell'autore.
Per capire quali fossero i procedimenti tecnici in uso al di fuori della vita domestica, un utile punto di riferimento è l'officina, il luogo in cui all'epoca Ming si svolgeva l'attività industriale. Si tratta al contempo dell'ambito più particolare e di quello meno documentato per quanto riguarda le attività scientifiche che dovevano avervi luogo. Qualche corporazione professionale ha lasciato alcune testimonianze riguardo al carattere di rituale collettivo proprio del suo funzionamento, il cui scopo era quello di proteggere gli sbocchi commerciali e le prerogative. La conservazione e la salvaguardia delle conoscenze professionali, infatti, non permetteva la rivelazione e la diffusione esterna dei procedimenti tecnici operati dai membri della corporazione.
L'organizzazione delle officine si basava sulla relazione maestro-apprendista, tipica della struttura familiare, qualche volta suggellata da un'adozione fittizia. La trasmissione del sapere tecnico sarebbe avvenuta lungo queste linee di apprendistato, soltanto dopo un adeguato periodo di tirocinio. In professioni come la carpenteria, la cui produzione era realizzata individualmente o in piccoli gruppi, un apprendista era assunto per un periodo di tre anni e, affinché il processo educativo fosse accurato, una regola della corporazione consentiva l'entrata di un solo tirocinante alla volta. In imprese più grandi, come le fornaci di porcellane di Jingdezhen, la produzione richiedeva il coordinamento di molte più attività di quante ne potesse gestire una famiglia. Secondo una pubblicazione locale del 1597, le fornaci ufficiali (guanyao) di Jingdezhen, che lavoravano sotto contratto statale, operavano con 4 maestri assistiti da 39 apprendisti; i vasi erano modellati da 16 maestri vasai con 86 assistenti, disegnati da 4 maestri pittori con 19 assistenti, colorati da 3 smaltatori con 3 assistenti e decorati con scritture da 5 calligrafi, tutti maestri. Intorno a queste fornaci ne proliferavano altre non ufficiali, dette 'fornaci del popolo' (minyao), le quali dipendevano dal libero mercato per le ordinazioni e che qualche volta, quando la domanda era alta, vendevano agli eunuchi della casa imperiale. L'effetto della committenza imperiale fu d'indurre differenze tecniche tra i due tipi di fornaci; quelle ufficiali, meglio finanziate, potevano permettersi una produzione minore, ma di qualità più elevata, e un maggior dispendio di energia, a differenza di quelle private. Una fornace ufficiale utilizzava da 80 a 90 carichi di legno di pino per cuocere circa 300 pezzi di porcellana bianca e blu, mentre una fornace privata ne produceva tre volte tanto pressappoco con la stessa quantità di legna. Le necessità economiche spinsero in tal modo i maestri delle fornaci private a migliorare i modelli dei forni e i dispositivi di caricamento per ridurre i costi del combustibile, anche se non riuscirono a compensare del tutto la scadente qualità della smaltatura che ne risultava.
Un tipo di laboratorio che ebbe particolare incidenza fu quello editoriale; come altri produttori, gli editori sfruttavano, miglioravano e proteggevano le loro tecnologie ma, allo stesso tempo, pubblicavano libri che diffondessero informazioni tecniche che altrimenti sarebbero rimaste circoscritte all'interno dei laboratori. Questo particolare intreccio di sapere e tecnica è ben presente tra gli editori commerciali del Sud, come Yu Xiangdou (attivo intorno al 1599), proprietario di un'impresa di successo del Fujian, dall'elegante nome di Padiglione delle tre stelle dell'Orsa (santai guan). Per poter aver accesso alle abbondanti ed economiche forniture di bambù, con cui si fabbricava la carta, Yu fondò la sua casa editrice nella zona interna del Fujian, in una città che la popolazione locale chiamava Foresta dei libri (shulin). Anche se il mercato al dettaglio era distante, egli poteva utilizzare la rete di trasporti regionali per raggiungere il pubblico degli acquirenti del Jiangnan. Molti dei suoi libri avevano un carattere tecnico; probabilmente pubblicò un'edizione del manuale di carpenteria, Classico di Lu Ban (Lu Ban jing), e sicuramente diede alle stampe almeno tre edizioni del manuale di arte forense Eliminare errori (Xiyuan lu), una delle quali fu pubblicizzata come "ristampa con nuovi precedenti legali promulgati dalla nostra augusta dinastia" per assicurare i futuri acquirenti che non si trattava semplicemente della vecchia edizione del periodo Yuan (1279-1368). Yu raccolse parti di entrambi i lavori, insieme a frammenti di molte altre opere, nella sua grande enciclopedia La vera fonte per una miriade di usi pratici (Wanyong zhengzong). In un volume del 1599 raccolse informazioni che andavano dai giochi d'azzardo e dall'interpretazione dei sogni all'aritmetica commerciale e alle malattie infantili. È difficile stabilire in quale misura un lettore non specialista potesse trarre profitto da tali testi; cionondimeno, la domanda del mercato sembra aver incoraggiato editori come Yu a rendere disponibili conoscenze tecniche di base a chiunque fosse stato in grado di pagare i modesti prezzi dei libri pubblicati.
In conclusione, il corso storico della dinastia Ming costituisce un passaggio da un regime, in cui i limiti alla circolazione delle conoscenze sono imposti dalle corporazioni o dallo Stato, a un regime nel quale il sapere è diventato 'merce' e circola più ampiamente.
Tuttavia, va pur sempre tenuto presente che la Cina era già una civiltà dotata di scrittura da molti secoli prima dell'avvento dei Ming; una maggior diffusione può aver modificato l'economia delle conoscenze in direzioni potenzialmente creative e aver moltiplicato gli ambiti in cui le attività intellettuali avevano luogo. Non siamo in grado di determinare quanto questo paradigma si applichi alla Cina Ming ‒ se, per esempio, tutti cercassero di costruirsi una casa secondo il Classico di Lu Ban o curassero la diarrea sfogliando le pagine della Classificazione ragionata della farmacopea o, ancora, abbassassero la febbre di un bambino seguendo i consigli de La vera fonte per una miriade di usi pratici. Di certo, il medico che compose la farmacopea, lo studioso di jingshi che riferì i suoi esperimenti di fertilizzazione dei terreni e l'editore che stampò Eliminare errori credevano nell'importanza di quel che facevano. Tuttavia noi oggi osserviamo le loro attività con un duplice filtro, ossia mediante i libri che produssero (e non mediante le tecniche che praticarono) e attraverso i nostri presupposti su ciò che è scienza e ciò che non lo è; pertanto è difficile analizzare la società Ming e individuare quale ambito sociale sia stato più importante per lo sviluppo della scienza. Certamente quando approfondiremo la nostra conoscenza sulle attività scientifiche nel periodo Ming e giungeremo a una miglior comprensione di quel che può aver significato 'scienza' in quel contesto, le condizioni sociali al cui interno tali pratiche si svolgevano risulteranno più chiare.
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