La scienza in Cina: l'epoca Song-Yuan. Aspetti tecnologici: l'architettura del periodo Song e le Norme di Li Jie
Aspetti tecnologici: l'architettura del periodo Song e le Norme di Li Jie
Se si vuole comprendere il modo in cui i Cinesi concepivano l'architettura e il posto che essa occupava nella civiltà cinese, occorre partire da una semplice constatazione, ossia che il concetto di architettura, prima dell'epoca contemporanea, non esisteva affatto nella cultura della Cina. La lingua cinese classica possiede tante parole, come jian, ying, zao, zhu, che designano, con diverse sfumature, l'azione di edificare e costruire, ma non ha alcun termine correttamente traducibile con la parola architettura. Il bisillabo jianzhu, che in cinese moderno ha questo significato, è preso in prestito dai Giapponesi, che per primi, all'inizio del XIX sec., lo usarono nella traduzione di alcune opere americane; perfino un dizionario moderno come l'Origine delle parole (Ci Yuan) ignora questa parola.
Non è dunque sorprendente che in Cina non esista un trattato d'architettura paragonabile a quelli prodotti in Occidente a partire dal Rinascimento. Se provassimo a elencare, tra quelli che ci sono pervenuti, i testi che in qualche modo si avvicinano a questo modello, troveremmo: (a) alcune raccolte di norme e di regolamenti: le Norme per le costruzioni (Yingzao fashi) di Li Jie (m. 1110), del 1100, o le Regole per realizzare opere pubbliche del Ministero dei Lavori (Gongbu gongcheng zuofa zeli), del 1734; (b) un manuale sull'arte della carpenteria, il Classico di Lu Ban (Lu Ban jing), XVI sec.; (c) un trattato sull'arte di sistemare i giardini, il Crogiolo dei giardini (Yuan Ye), di Ji Cheng, 1653; (d) un manuale originariamente destinato agli allievi di un istituto tecnico, le Origini delle costruzioni (Yingzao fayuan), di Yao Chengzu, scritto negli anni Venti del XX sec. e pubblicato nel 1959.
Certo, potremmo aggiungere altre opere delle quali ci sono pervenuti il titolo e qualche estratto, brani di trattati militari o di monografie su 'l'arte di vivere', compendi di enciclopedie, e perfino alcuni manuali di fengshui ('geomanzia') e alcune raccolte di rituali. In tal modo riusciremmo a collezionare una quantità relativamente considerevole di testi di diversa origine prodotti lungo tutto l'arco della civiltà cinese, dalle origini alla fine dell'ultimo Impero, tutti accomunati dal fatto di non trattare d'architettura se non in modo marginale. In questo panorama, i testi di carattere ufficiale occupano senza dubbio il posto più rilevante. Le Norme, probabilmente il migliore esempio di questo genere, sono il testo più antico e più esaustivo che ci sia pervenuto e costituiscono un'insostituibile fonte di informazioni sulle tecniche di costruzione in uso sotto i Song.
Quella cinese era un'architettura largamente standardizzata, grazie al fatto che la parte essenziale della costruzione consisteva in una struttura di legno realizzata assemblando vari elementi, colonne, architravi, travi, puntoni, blocchi e braccia di mensole che dovevano essere tagliati e sistemati prima di essere messi in opera. Quest'architettura di componenti permetteva il ricorso alle tecniche di prefabbricazione, almeno per quanto riguarda la preparazione del legname da costruzione. Per questo motivo, era molto importante attenersi a determinate dimensioni, che divennero rapidamente norme, nella fabbricazione di una parte degli elementi e componenti prima della loro messa in opera nei cantieri. La penuria di legname favorì almeno in parte questo processo di standardizzazione, che aveva anche lo scopo di economizzare sui materiali e controllare i costi.
L'architettura cinese era inoltre regolamentata. Fin dall'Antichità esisteva un insieme di regole d'origine rituale che stabiliva le forme, le dimensioni e perfino il colore di ciò che ciascuno poteva costruire, in base al suo rango e ai suoi titoli. Almeno nei suoi aspetti ufficiali, era quindi un'architettura rigidamente inquadrata e disciplinata. Nella capitale, ma anche nelle sedi amministrative locali, gran parte delle costruzioni sorgeva per volontà dello Stato. Si trattava innanzi tutto dei palazzi e delle residenze imperiali, ma anche di edifici che in un modo o nell'altro facevano parte dell'armatura amministrativa dello Stato: case di funzionari, sedi amministrative, caserme, scuole, templi per i culti imperiali, ma anche talvolta buddhisti o taoisti, alcuni dei quali furono costruiti per disposizione di un membro della famiglia imperiale. Nella capitale, in epoche diverse e soprattutto sotto i Song, un settore amministrativo speciale, il Ministero delle opere pubbliche (Gongbu), aveva tra i suoi compiti quello di provvedere alla costruzione e alla manutenzione di tutti gli edifici ufficiali. La Storia della dinastia Song (Songshi) definisce così le sue competenze:
L'ispettore aveva la direzione degli affari concernenti la costruzione degli edifici, delle fortificazioni, dei ponti e delle navi ma anche dei carri [...]. Doveva provvedere a controllare le scorte di materiali e di utensili e a rifornirle in caso di bisogno. Addestrava gli apprendisti e insegnava loro i vari metodi di lavoro. Stabiliva secondo le stagioni dell'anno e le ore del giorno i periodi di lavoro e di riposo nei cantieri e nei laboratori ufficiali dell'impero. Nominava i funzionari incaricati di esaminare i conti e le spese per le costruzioni e di verificarli, fissando termini e cifre […]. (Songshi, 165, 9)
Vi erano dunque funzionari responsabili dell'edilizia pubblica, incaricati di dirigere e controllare i lavori. Essi non erano tecnici ma specialisti della pubblica amministrazione e per svolgere le mansioni di cui erano stati incaricati facevano ricorso a documenti ufficiali, ma sicuramente anche a documenti privati che si trasmettevano l'un l'altro e sui quali si basavano, se non per dirigere i lavori, quanto meno per controllarne l'esecuzione. Tali documenti insegnavano anche come amministrare i cantieri, reclutare e organizzare la manodopera e l'approvvigionamento di materiali, e come tenere i conti in ordine. Le Norme di Li Jie appartenevano a questa categoria di documenti.
All'inizio dell'era Xining (1068-1077), durante un riassetto amministrativo, il responsabile della Direzione per le opere pubbliche (Jiangzuo jian) ricevette l'ordine di redigere uno yingzao fashi, cioè un insieme di norme di costruzione destinate a rimpiazzare i vecchi documenti divenuti obsoleti. Queste nuove norme si rivelarono, tuttavia, troppo generiche e inutilizzabili, e nel 1097 un viceispettore della direzione dei lavori, Li Jie, fu incaricato della loro revisione. La nuova versione fu terminata nel 1100 e subito dopo stampata e diffusa nelle amministrazioni metropolitane. Nel 1103, su richiesta di Li Jie, furono preparate altre copie destinate a una più larga diffusione. È probabile che gli impianti e la maggior parte degli esemplari siano andati distrutti durante la presa di Kaifeng da parte dei Jin, nel 1126. Nel 1143, nel corso della ricostruzione della Biblioteca imperiale di Hangzhou, alcuni funzionari fecero stampare a Suzhou una nuova edizione dell'opera, sulla base di una vecchia copia dell'edizione del 1103 di cui erano entrati in possesso. Di copia in copia, quest'ultima edizione delle Norme è giunta fino a noi.
Di Li Jie sappiamo ben poco. Si suppone sia nato nella regione dello Henan, vicino all'attuale Zhengzhou, dove iniziò la sua carriera come officiante nelle cerimonie del tempio ancestrale della dinastia. Nel 1103 aveva raggiunto il grado di vice ispettore della direzione dei lavori e, tra l'altro, era responsabile della manutenzione della dimora esterna del fratello minore dell'imperatore e della costruzione delle caserme; era un posto che doveva già occupare da tempo poiché il compito di rivedere le Norme gli fu affidato nel 1097. Una tarda tradizione, indubbiamente esagerata, gli attribuisce la paternità della maggior parte degli edifici più importanti della capitale; gli si attribuisce, inoltre, la redazione di molte opere che però non sono state conservate. Non c'è dubbio, tuttavia, che le sue funzioni gli abbiano permesso di acquisire una notevole esperienza pratica nel campo delle costruzioni. La sua morte sembra sia avvenuta nel 1110.
Le Norme non sono un'opera privata, ma il frutto di una commissione ufficiale e il testo era destinato prima di tutto ai membri della pubblica amministrazione. Anche se furono redatte allo scopo di sostituire vecchi documenti ormai inutilizzabili, ciò non significa che questa revisione fosse motivata da progressi nella tecnica delle costruzioni, di cui i vecchi testi non rendevano conto. In realtà la maggior parte degli elementi strutturali degli edifici è già presente nelle costruzioni di epoca anteriore ai Song giunte fino a noi e, se si esclude la tendenza a costruire fabbricati più alti e più leggeri, non si colgono radicali cambiamenti nel modo di edificare. Probabilmente, la necessità di una revisione nasceva soprattutto da esigenze di standardizzazione, di ottimizzazione nell'impiego di un materiale sempre più raro e costoso, il legno, e di un miglior controllo della manodopera. Le Norme erano destinate all'edilizia pubblica e furono redatte in un periodo di riforme tese a risanare le finanze dell'Impero. La volontà di controllare le spese legate all'edilizia non è forse estranea alla necessità di stabilire nuove regole.
Li Jie precisa di aver fatto riferimento, nella redazione delle sue nuove norme, a "regole basate su antiche tradizioni relative alle opere di costruzione, che da lungo tempo si sono dimostrate suscettibili di applicazione, regole che mi furono spiegate dettagliatamente da operai ben informati e competenti, dotati di grande esperienza nel campo delle costruzioni, che conoscevano le leggi relative a ciò che nelle diverse opere è utile o dannoso e alle proporzioni" (Yingzao fashi, Kan xiang).
Il piano adottato da Li Jie nella redazione delle Norme non cerca di ripercorrere le diverse fasi della costruzione di un edificio dalle fondamenta alla copertura. Il testo è organizzato in quattro grandi parti: (1) le opere, ove è descritto per tipo di materiale ogni elemento necessario alla costruzione di un edificio; (2) gli incarichi, che fissano la quantità di lavoro necessaria alla realizzazione di ogni opera; (3) i materiali, che determinano la quantità di materia prima da preventivare; (4) infine, le illustrazioni che chiariscono il tutto. Le Norme si presentano prima di tutto come un'opera di sistematizzazione del materiale raccolto. Il piano dell'opera e l'organizzazione delle parti e delle suddivisioni sono strettamente legati agli obiettivi che il testo si prefigge; ogni sezione corrisponde a un aspetto del lavoro dei funzionari che dirigono un cantiere: il controllo della buona esecuzione e della conformità dell'opera, la gestione della manodopera, l'approvvigionamento dei materiali.
è interessante chiedersi in quale misura si possa attribuire a Li Jie questo aspetto dell'organizzazione del testo. Non è escluso che egli abbia utilizzato uno schema già esistente, dato che, come sappiamo, le Norme di Li Jie non furono le prime del loro genere. La loro grande originalità, e ciò che le distingue da un trattato qualsiasi, è che in esse l'edificio non è mai affrontato nella sua globalità, ma scomposto in una successione di opere, come un insieme di parti separate, ognuna delle quali è descritta singolarmente. Nelle Norme non troviamo né l'esposizione dei metodi di costruzione né considerazioni sull'arte dell'edificare né un riferimento a un qualunque programma di costruzioni; la strada scelta è un'altra, e precisamente la descrizione dettagliata di ogni singolo componente che può servire alla costruzione di un edificio e l'esposizione delle regole concernenti il suo impiego.
Il contenuto delle Norme resta essenzialmente quantitativo e normativo. Dal momento che l'opera non era destinata agli artigiani ma ai funzionari, per provvederli di adeguati mezzi di controllo, Li Jie non si preoccupa di definire i metodi di costruzione. Nelle Norme, dunque, sono stabilite grandezze, proporzioni e quantità, sia di materiale sia di tempo, ma si parla relativamente poco di procedure. Un edificio cinese è innanzitutto una struttura di legno, il risultato del mettere insieme vari elementi della carpenteria, che si risolve nella ripetizione di unità identiche. Le dimensioni generali dell'edificio, l'altezza, la profondità, la larghezza sono il prodotto delle dimensioni e del numero di ogni singolo componente. Le dimensioni di una campata corrispondono all'altezza della colonna e alla lunghezza dell'architrave, la lunghezza di un edificio è determinata dal numero delle campate della facciata, la sua profondità dal numero di puntoni che si succedono sul tetto. Non è affatto necessario, quindi, descrivere un edificio nella sua globalità, poiché è sufficiente fissare negli standard le dimensioni e le forme di ogni pezzo in funzione di un numero limitato di modelli strutturali definiti. Della messa in opera si parla poco poiché non è il gesto tecnico che interessa il funzionario bensì la conformità del risultato. Gli utensili, gli strumenti, i processi sono quindi descritti solamente quando la conformità di un'opera dipende dalla loro utilizzazione, come nel caso degli strumenti di rilevamento o dei procedimenti grafici impiegati per tracciare la curvatura del tetto.
È lecito domandarsi quale fu la reale influenza delle Norme sull'edilizia e come furono applicate. Di fatto attualmente non esiste un edificio di cui si possa dire che sia stato costruito rispettandone le prescrizioni e nulla ci permette d'affermare che ve ne siano mai stati. Se però, al contrario, tentiamo di applicare queste regole all'analisi di una particolare costruzione, possiamo agevolmente rinvenire i punti essenziali delle Norme in quasi tutti gli edifici costruiti tra l'VIII e la fine del XIII sec. ancora esistenti; per esempio, la proporzione di tre a due tra l'altezza e la larghezza delle sezioni delle travi è una regola costantemente osservata in questo periodo. Nelle Norme vi sono elementi di origine molto anteriore alla loro redazione ma anche altri che furono invece messi a punto nel periodo della loro composizione e il cui impiego si sarebbe generalizzato più tardi, come, per esempio, l'inserimento di un puntone sui sistemi di mensole, che permette di aumentarne l'altezza senza accrescerne la portata; questo elemento è descritto nelle Norme ma gli edifici in cui fu usato sono ormai pochissimi e sono tutti situati nel Jiangnan.
Le Norme di Li Jie rappresentano una fonte di preziose informazioni per gli studiosi di storia della tecnica e dell'architettura. Esse testimoniano il ruolo svolto dai funzionari e dall'edilizia pubblica in un processo di standardizzazione derivante in parte dalla natura stessa degli edifici e forniscono un panorama dettagliato e preciso dei procedimenti costruttivi utilizzati nel XII secolo. Sarebbe però inutile aspettarci dalle Norme risposte sull'origine e la ragion d'essere di alcune caratteristiche dell'architettura cinese. Esse contengono, tra l'altro, l'esposizione del metodo grafico impiegato per tracciare la curvatura del tetto ma non ci dicono nulla né sulla genesi di questo metodo né sul motivo della curvatura. Questo brano delle Norme, tuttavia, rappresenta una testimonianza dell'uso, già nel XII sec., di metodi grafici sofisticati per risolvere i problemi tecnici. Il grado di sofisticazione di questi metodi, le nozioni geometriche utilizzate, come le riduzioni di scala e i tracciati iterativi, mostrano che il procedimento era il risultato di una lunga elaborazione. Il confronto delle Norme di Li Jie con alcuni rilievi effettuati su un insieme di edifici costruiti tra l'VIII e la fine del XIII sec., per la maggior parte templi, permette, mettendo in evidenza le difformità o le corrispondenze, di cogliere le evoluzioni, le trasformazioni, la diffusione delle tecniche. Le Norme sono dunque un caposaldo, un punto di riferimento che permette, se non di datare, almeno di registrare le costanti e le varianti rilevabili nei tentativi compiuti dai costruttori cinesi di risolvere i problemi che avevano di fronte.
Infine, le Norme ci forniscono una preziosa testimonianza dei legami esistenti tra le pratiche artigianali nate nei cantieri e tese a razionalizzare e a sistematizzare le tecniche, a standardizzare i componenti e a elaborare metodi efficaci per determinare le dimensioni, anche mediante l'utilizzazione di moduli imposti dalla struttura dell'edificio, e l'intervento del funzionario che registrava e regolamentava questi usi a fini di controllo e di gestione.
Seguendo un sistema di cui ritroviamo le tracce nella più antica struttura rimasta in Cina, quella della sala principale del tempio di Nanshan (782) nella provincia dello Shanxi, i carpentieri cinesi usavano un modulo tratto da un elemento della struttura, la sezione di un braccio di mensola, per stabilire le dimensioni delle diverse parti di un edificio. È in rapporto a questo modulo che erano fissate le dimensioni degli elementi della mensola, il diametro delle colonne, le sezioni delle diverse travi ma anche gli schemi per il taglio dei differenti elementi, per i profili delle colonne e delle travi incurvate e per la forma di alcuni incastri. Insieme alle regole relative alle proporzioni, per esempio quelle tra l'altezza delle colonne e la larghezza della campata, tra la profondità dell'edificio e l'altezza del tetto, questo modulo serviva anche in una certa misura a determinare le grandezze strutturali dell'edificio.
Nel primo articolo del capitolo sul 'grande legno' (i lavori di carpenteria), Li Jie enuncia le regole fondamentali che stabiliscono l'impiego di questo modulo, chiamato cai, parola che letteralmente significa 'legname da costruzione'.
Come afferma Li Jie, con questo sistema si possono calcolare tutte le dimensioni di un edificio perché tutte o quasi possono essere ricondotte a quelle di uno e più elementi: le dimensioni di una campata corrispondono alla lunghezza dell'architrave e all'altezza delle colonne. Tuttavia nelle Norme il sistema dello cai coesiste con il sistema di unità di misura comune. Grandezze strutturali essenziali come l'altezza delle colonne, la larghezza delle campate e la proiezione orizzontale dei puntoni, che determina la profondità e l'altezza del fabbricato, non sono espresse nel sistema dello cai e delle sue suddivisioni ma in unità di misura comuni ‒ chi (piedi, 31,4 cm nell'epoca Song) e cun (pollici, pari a un decimo di piede) ‒, anche se i diametri o le sezioni degli elementi in questione sono forniti secondo lo cai. È stato quindi ipotizzato che questo sistema avesse un'applicazione limitata soltanto ad alcuni elementi, quelli della mensola, e a qualche grandezza di diametri o di sezioni, e che fosse applicabile agli elementi prefabbricati ma non avesse grande influenza sulla determinazione delle dimensioni fondamentali dell'edificio. Lo cai, che secondo Li Jie era un sistema applicabile alla totalità di un edificio ‒ il che gli avrebbe conferito un'enorme efficacia ‒ nei fatti sarebbe stato un sistema parziale suscettibile di limitate applicazioni.
Si sarebbe potuto fissare, per esempio, il diametro di una colonna in rapporto allo cai e alla sua classe e dunque alla struttura e alla grandezza dell'edificio e tornare alle unità comuni per determinarne l'altezza. Tuttavia qualche indicazione contenuta nelle Norme, soprattutto nei capitoli dedicati agli incarichi, e verificata dai rilievi effettuati sugli edifici, tende a confermare che questo sistema di moduli era applicato in effetti all'insieme del fabbricato. Nelle Norme compare infatti una distinzione tra due tipi di grandezze. Alcune grandezze, che potremmo definire 'assolute', dipendevano soltanto dallo cai e dalle sue suddivisioni, rimanendo identiche in tutti i tipi di edificio, per esempio, il 'braccio a fiore' (hua gong) era sempre lungo 72 unità. Vi erano poi anche dimensioni 'relative', cioè che potevano essere adattate al fabbricato da costruire e che erano definite nel cantiere, per le quali il rispetto dei limiti e delle proporzioni tra le diverse parti contava più della loro grandezza assoluta. Li Jie sceglie di esprimere queste dimensioni, le grandezze strutturali dell'edificio, nel sistema corrente di unità di misura, ossia in piedi e in pollici, indicando le dimensioni reali in una classe dello cai presa come classe di riferimento. Per avere le dimensioni nelle altre classi è sufficiente aumentarle o diminuirle in proporzione. Si constaterà facilmente che le classi 3 e 6 permettono facili conversioni dello cai e delle sue suddivisioni in piedi e pollici (chi e cun) mediante una semplice divisione per 2 o 4. Un piede è uguale a 20 suddivisioni nella classe 3 e a 25 nella classe 6. Possiamo pensare che gli artigiani utilizzassero per le dimensioni più generali, le grandezze strutturali, delle equivalenze facilmente calcolabili tra piedi e pollici e il sistema dello cai, procedendo mediante divisioni e moltiplicazioni a partire da una classe di riferimento, la classe 3 o 6, secondo i casi.
L'impiego di un modulo che scaturisce dalla struttura non è un'invenzione di Li Jie ma un metodo artigianale derivato dalle pratiche di cantiere che aveva probabilmente origini lontane. Rilievi effettuati su un insieme di edifici costruiti tra l'VIII e la fine del XII sec., per la maggior parte templi, sui quali in seguito fu effettuata la conversione delle dimensioni rapportandole a quelle della sezione delle braccia delle loro mensole, mostrano risultati che convergono con le prescrizioni delle Norme. Se l'uso di un modulo è di grande utilità pratica per l'artigiano, non lo è meno per il funzionario che deve organizzare, controllare, valutare e verificare. La codificazione delle dimensioni dello cai in classi, la definizione degli usi secondo le categorie e la grandezza dei fabbricati rientrano soprattutto nella sfera di interesse del funzionario e, se si vuole a tutti i costi identificare un intervento di Li Jie sul materiale che ha raccolto e organizzato, è forse qui che bisogna cercarlo. La messa a punto di questo metodo fu il risultato di una lunga interazione tra gli artigiani che diedero origine al sistema e i funzionari che lo regolamentarono. Poiché gli artigiani lavoravano sia nei cantieri pubblici sia in quelli privati, le norme elaborate per l'edilizia pubblica, ossia le norme ufficiali, poterono agevolmente passare da un settore all'altro e generalizzarsi tanto più facilmente, in quanto erano largamente basate sulle pratiche artigianali già in uso.
Dopo un glossario comprendente una cinquantina di termini, con i loro sinonimi e l'accezione contemporanea, la parte propriamente tecnica è divisa in quattro grandi capitoli.
1) Le regole concernenti le opere (zhidu) costituiscono la parte tecnica vera e propria, in cui sono esposte le norme che riguardano le dimensioni e i procedimenti da utilizzare in rapporto ai diversi tipi di costruzione e ai diversi materiali. Questa parte è composta da: (a) regole su muri e palizzate, le quali includono le norme per stabilire l'orientamento degli edifici e il livellamento del terreno, quelle concernenti le dimensioni e la costruzione delle terrazze, le dimensioni delle muraglie, dei muri e la costruzione delle banchine; vi si tratta essenzialmente di tutto ciò che concerne i lavori in terra e le tecniche di spianamento per strati successivi; (b) regole sui lavori in pietra; dopo un riassunto dei diversi stadi della lavorazione della pietra, dei procedimenti per la scultura e l'incisione, dei vari motivi decorativi, Li Jie espone le regole per la costruzione delle opere in pietra, includendo, tra l'altro, le norme per la decorazione di terrazze, scale e balaustre; (c) regole sul 'grande legno' (da mu), cioè sui lavori di carpenteria; questo è senza dubbio uno dei capitoli più importanti poiché è quello in cui sono esposte le principali regole strutturali che sono alla base delle forme e dimensioni dell'edificio; in questa parte sono codificate le regole sui sistemi di mensole, le colonne e i diversi tipi di trave, arcarecci e puntoni, e infine è esposto il metodo utilizzato per determinare la pendenza e la curvatura del tetto; (d) regole sul 'piccolo legno' (xiao mu), cioè sui lavori di falegnameria, che costituiscono la parte più lunga dell'opera perché vi sono minutamente descritti i telai delle porte, i soffitti e le decorazioni, ossia tutti gli elementi di legno che non fanno parte della struttura del fabbricato ma servono a completare il lavoro; questa parte contiene anche le regole per costruzioni, come gli altari provvisori, realizzate in occasione di cerimonie; (e) regole sui lavori di scultura riguardanti i diversi motivi che possono essere scolpiti nel legno; la maggior parte dei motivi descritti è realizzata a tutto tondo, ma si parla anche delle opere realizzate al tornio o con la sega e di quelle in bambù; (f) regole sulle tegole, costituenti un capitolo completamente dedicato alla descrizione degli elementi di terracotta che riguardano sia la copertura vera e propria sia la decorazione del tetto; (g) regole sui lavori con la calce, concernenti la costruzione delle parti in muratura, cui fanno seguito le norme riguardanti l'applicazione di stucchi e intonaci; in questo capitolo sono contenute anche le norme che regolano la costruzione di stufe e fornelli, e perfino dei bersagli per i tiri con l'arco che erano ricoperti di calcina; (h) regole sulle opere di pittura, che trattano l'applicazione dei colori e i motivi decorativi dipinti; (i) regole sulle opere in mattoni per la costruzione di muri, terrazze e scale; (l) regole sulle opere in terracotta riguardanti la fabbricazione e le dimensioni delle tegole e dei mattoni in rapporto alla loro diversa utilizzazione che è, però, trattata altrove; vi si trova anche una formula per fabbricare una vernice per le tegole e la descrizione di un processo per fabbricare tegole colorate in blu-verde.
2) Le regole concernenti gli incarichi (gong). L'unità di misura del lavoro non è il tempo bensì l''incarico', che si può definire come la quantità di lavoro necessaria alla realizzazione di un'opera specifica, quale, per esempio, trasportare un carico a una certa distanza o levigare la superficie di una pietra; l'insieme di queste regole richiede un enorme lavoro di definizione, poiché per ogni tipo di opera è necessario stabilire l'incarico e il modo di valutarlo; il criterio essenziale è la quantità di materiale da lavorare e quindi la dimensione dell'opera. Questa parte contiene gli elementi indispensabili all'organizzazione dei cantieri, soprattutto perché permette di valutare la quantità di manodopera necessaria, da reclutare eventualmente sotto forma di corvée. La valutazione della manodopera e dei requisiti necessari era particolarmente importante per i grandi cantieri, nei quali era indispensabile predisporre le scorte di cibo e la sistemazione degli operai. È possibile che l'incarico non fosse soltanto un'unità di lavoro, ma anche un'unità per il calcolo delle remunerazioni.
3) I materiali (liao). In questa parte sono raccolte le indicazioni sulle dimensioni e sul peso dei materiali grezzi, cioè prima della loro preparazione e messa in opera; vi sono contenute anche le formule delle miscele per la preparazione dei colori e degli intonaci. A differenza delle parti precedenti, che trattano della dimensione degli elementi e delle quantità necessarie alla realizzazione delle opere, qui sono descritte soltanto le forniture; per esempio, i pezzi di legno di cui si parla non sono quelli già pronti per essere messi in opera ma quelli ancora da lavorare e intagliare. Questa parte risponde alle stesse esigenze di gestione di quella relativa agli incarichi, dato che saper valutare le quantità di materiali necessarie è altrettanto importante che valutare quelle di manodopera. Il cap. 28 è dedicato all'uso dei chiodi e delle colle, e termina con una classificazione delle opere in 3 categorie, superiore, media e inferiore, per ogni tipologia definita nella prima parte.
4) Le illustrazioni. Sono divise in quattro gruppi, che riguardano, rispettivamente, i lavori con pietre, quelli di carpenteria ('grande legno'), quelli di falegnameria ('piccolo legno') e l'applicazione del colore. I primi tre gruppi sono rappresentazioni degli elementi e dei procedimenti descritti nei capitoli corrispondenti; quello sul colore riporta i contorni dei motivi da dipingere con l'indicazione del colore da impiegare. Questa parte è tra le più rilevanti delle Norme, non soltanto per l'abbondanza ma anche per la qualità e la precisione delle illustrazioni. Ogni elemento della carpenteria è rappresentato con grande esattezza, allo stesso modo dei metodi d'incastro o di quelli per tracciare la curvatura del tetto. Questa cura dei dettagli risponde anch'essa agli scopi delle Norme, tra i quali non rientrava l'illustrazione delle tecniche di costruzione (e infatti non si trova alcun disegno che mostri le apparecchiature per lavorare la pietra o i mattoni né il modo di assemblare gli elementi di una mensola). L'obiettivo delle illustrazioni è piuttosto quello di chiarire al lettore il significato dei termini che designano gli elementi per la costruzione, i quali potrebbero risultare oscuri a una semplice lettura del testo. Tuttavia è necessario mantenere una certa prudenza di fronte a questi disegni e ricordare che conosciamo le Norme, illustrazioni comprese, soltanto attraverso una copia ottenuta da altre copie. Ancor più che per il testo, si pone infatti la questione della fedeltà e della cura con cui furono ricopiate le illustrazioni originali. Ci è impossibile giudicare quali modifiche siano state apportate nelle copie successive. Il loro confronto con gli edifici reali non mostra tuttavia che lievi differenze, e tutto questo farebbe pensare che esse non siano state eseguite da un artigiano. Quando nel 1920 fu preparata la prima edizione moderna delle Norme, le illustrazioni furono verificate da uno dei maestri carpentieri della Città proibita, che le corresse in modo tale da farle corrispondere all'architettura del periodo della fine della dinastia Qing.
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