La scienza in Cina: l'epoca Song-Yuan. Sistemi di organizzazione della conoscenza
Sistemi di organizzazione della conoscenza
di Fu Daiwie
Nel periodo dei Song settentrionali (960-1127) si diffuse in Cina un nuovo genere letterario: i biji (lett. 'note in punta di pennello'), di cui i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan, 1090 ca.) sono uno degli esempi più famosi; questo libro ‒ come si vedrà ‒ è anche un utile strumento per capire quali fossero le complesse forme di organizzazione delle conoscenze nella storia della scienza cinese. Oggi definiamo biji un testo suddiviso in vari capitoli (juan), ciascuno dei quali consta a sua volta di numerosi brevi appunti che riguardano solitamente un argomento comune a tutto il capitolo. Gli autori non avevano probabilmente in mente un progetto completo di libro, ma desideravano semplicemente raccogliere brevi note e appunti presi nel tempo libero, secondo un'antica e costante abitudine di 'note in punta di pennello'. Benché le opere di questo tipo siano molto comuni in questo periodo, tuttavia le varie bibliografie Song non comprendono la categoria biji. In base al contenuto se ne possono distinguere quattro tipi: (1) biji con appunti, che sono essenzialmente racconti brevi, aneddoti o biografie (questo tipo è considerato una delle forme antesignane del 'romanzo' cinese); è questo il caso delle Note di Yijian (Yijian zhi) di Hong Mai, un'opera voluminosa contenente ogni tipo di storie strane e fantastiche che prende il nome da Yijian, un famoso scrittore dell'Antichità; (2) biji con note, in cui sono discusse questioni di vario genere (talvolta denominate 'miscellanee'), come, per esempio, Conversazioni oziose sul fiume Sheng (Shengshui yantanlu) di Wang Pizhi; (3) appunti, principalmente di poesia (shihua), come le Note di poesia dell'eremita del Sei-e-Uno (Liuyi shihua) di Ouyang Xiu; e infine (4) note, che riguardano soltanto un unico argomento (come le pietre, il bambù o la calligrafia), comunemente chiamate pu ('catalogo') o lü ('manuale'), come il Catalogo delle pietre della Foresta di nuvole (Yunlin shipu) di Du Wan. In genere, mentre le brevi note di poesia (3) e i biji a carattere monografico (4) sono specialistici, le raccolte di aneddoti (1) e le miscellanee (2) sono divise in varie categorie rappresentative delle classificazioni concettuali dei loro autori.
I biji derivano dalla tradizione dei primi zhiguai ('note sull'insolito') dell'epoca Wei-Jin (220-420 d.C.); da quel periodo e sino alla dinastia Tang (618-907), gli autori cinesi produssero moltissimi biji che presentano una stupefacente varietà di modelli nell'organizzazione del sapere tradizionale, come, per esempio, le Memorie su molteplici cose (Bowu zhi) e lo Zibaldone dei monti Youyang (Youyang zazu). Tuttavia, più si va indietro nel tempo, meno i biji si differenziano. Non è possibile, per esempio, tracciare una precisa suddivisione, secondo le quattro categorie sopra menzionate, per i biji di epoca Wei-Jin, composizioni in cui le brevi annotazioni sono mescolate l'una con l'altra: racconti di spettri considerati alla stregua di storie vere, elementi di conoscenza e di osservazione trattati insieme a fantasie su spiriti e divinità, e considerati sullo stesso livello epistemologico.
All'inizio della dinastia dei Song settentrionali, quando la corte varò grandi progetti di stampa di libri, si potevano distinguere approssimativamente due grandi tradizioni di biji, ereditati dalla tradizione culturale del periodo Tang e delle Cinque Dinastie (907-960), riconducibili alle due grandi leishu ('enciclopedie') dell'Impero Song: l'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan) e l'Ampia raccolta dell'era Taiping xingguo (Taiping guangji). Invece di classificare i biji del periodo Song in base a categorie moderne (secondo i generi 'novellistico', 'storico' e 'descrittivo'), è utile analizzarli seguendo la suddivisione dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore e dell'Ampia raccolta dello stesso periodo.
Le due enciclopedie raccolgono generalmente note da vari testi antichi e le sistemano secondo criteri diversi. Anche se non è certo che l'Ampia raccolta abbia avuto una vasta circolazione nel periodo Song, le classificazioni degli argomenti in queste due enciclopedie riflettono in ogni caso due tradizioni culturali relative ai biji del passato, ed esercitarono a loro volta una grande influenza sull'impostazione concettuale della classificazione delle conoscenze in generale. L'ordine e le categorie dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore sono all'incirca i seguenti: cielo e Terra; imperatori, re e amministrazione dei regni; questioni riguardanti le classi colte; riti, musica, buddhismo e taoismo; necessità e pratiche quotidiane; presagi, spettri e altri avvenimenti strani; uccelli, bestie, pesci, alberi e fiori. Per l'Ampia raccolta abbiamo invece: divinità e spiriti nel taoismo e nella religione popolare, sacerdoti; presagi e portenti di vario genere; questioni riguardanti le classi colte; disposizione e temperamento, arti; spiriti, spettri e altri eventi strani; rinascita, tombe, tuono, pietre e acqua; animali e piante; storie varie. La molteplicità dei temi trattati fornisce un primo approssimativo criterio per una collocazione storica dei biji del periodo Song. Per biji come le Note dello scrigno blu (Qingxiang zazhi) o i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni la classificazione degli argomenti è molto vicina alla tradizione dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore, anche se, per restrizioni dovute alla cultura che rappresentano e agli argomenti di cui parlano, questi biji contengono un minor numero di categorie rispetto a essa. Le classificazioni di biji come il Bosco di note di Dongpo (Dongpo zhilin) e la Storia non ufficiale dalla pentola di giada (Yuhu yeshi) appartengono piuttosto alla tradizione dell'Ampia raccolta.
Sebbene le classificazioni dell'Ampia raccolta diano maggior risalto all'aldilà e molti biji che ne seguono lo stile siano annotazioni su racconti di fantasmi e simili, sono comunque un modello alternativo di organizzazione del sapere. Respingere a priori storie di fantasmi e simili, come superstizioni o assurdità che non hanno niente a che vedere con la 'conoscenza', è un atteggiamento illuministico che compare storicamente molto tardi. Nello studio dell'antica scienza cinese dobbiamo invece considerare molto seriamente i biji composti sullo stile dell'Ampia raccolta, poiché raccontare storie era un modo di comunicare il sapere, e parlare di fantasmi un modo di rappresentare vari aspetti sociali e intellettuali del mondo degli uomini. Lo Zibaldone dei monti Youyang, il biji del periodo Tang, è tipico dello stile dell'Ampia raccolta ed è considerato l'origine del romanzo cinese moderno, e allo stesso tempo è un'opera di grande valore dal punto di vista della storia della filologia, della storia naturale, della botanica, della zoologia, della religione e del folclore cinesi. Un biji come questo, anche se pieno di stranezze, è paragonabile per vastità di interessi e profondità di erudizione ai Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni di Shen Gua.
Nell'insieme, tuttavia, nel periodo dei Song settentrionali, le classificazioni dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore s'imposero, esercitando una notevole influenza sulla visione del mondo della piccola nobiltà formata da funzionari dell'amministrazione, ossia la classe che s'impose sulle rovine della cultura aristocratica della dinastia Tang. Gli intellettuali del periodo Song settentrionale avevano, in quanto classe in ascesa, una propria cultura alla quale dedicarsi nel tempo libero, e la scrittura di biji era proprio una delle attività da svolgere nelle ore di riposo. La maggior parte dei biji tratta argomenti riguardanti la carriera dei funzionari-letterati, con note e commenti sul loro mondo e modo di vita. Alcuni dei biji più famosi sembrano simboleggiare, e in parte anche definire, la cultura di questa classe in ascesa. A giudicare dalle differenze tra l'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore e l'Ampia raccolta si può capire perché la classificazione dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore, più orientata in senso burocratico, apparisse più congeniale al mondo dei funzionari-letterati del periodo, mentre ciò che restava della cultura aristocratico-folclorica della dinastia Tang, che non aveva carattere ufficiale, ma piuttosto era radicata in modo quasi religioso nella vita delle classi agiate e della gente comune, era in declino o confinato ai margini della società.
Nonostante si trattasse di un'attività culturale alla quale dedicare le ore di riposo, 'buttare giù piccole note' e raccoglierle in varie categorie era un'abitudine assai diffusa tra i letterati Song; molti di loro ‒ com'è noto ‒ erano anche funzionari della burocrazia statale, e poiché un letterato con una buona carriera amministrativa occupava posti di diverso livello nel corso della sua attività, il genere dei biji era una forma di 'scrittura' ideale per annotare informazioni storiche, aneddotiche o 'scientifiche' nel corso di una lunga carriera. Non sorprende quindi che nei biji si trovino così tanti e diversi modelli di 'conoscenza', nel senso lato e storicamente definito del termine. Negli odierni studi di storia della Cina, i biji, con le loro classificazioni e i loro contenuti avvincenti, rappresentano una miniera da cui gli storici spesso attingono, al fine di capire i diversi modi di organizzazione della conoscenza.
Le dinamiche di sviluppo di questi testi sono da inquadrare anche nel contesto dei progressi tecnologici della cultura, soprattutto per quanto riguarda le nuove tecniche di stampa (yinshua shu), durante la dinastia dei Song settentrionali. In genere la stampa Song (stampa con blocchi di legno, su scala molto più ampia che in passato) fu un potente incentivo alla fioritura del biji, ma essa ebbe anche il risultato di consolidare il carattere libresco della cultura cinese, divenendo inoltre un importante veicolo di perpetuazione dell'ortodossia culturale. Studi recenti sulla stampa Song hanno messo in luce un quadro complesso, che ha notevoli implicazioni anche per la produzione dei biji del periodo. Richiamando l'attenzione sui problemi, dovuti per lo più all'inesperienza, che si verificarono nell'attuazione dei progetti editoriali imperiali, il recente studio di Susan Cherniack (1997) sulla 'cultura del libro' nella Cina Song solleva molte questioni interessanti sulla storia culturale e intellettuale di questa dinastia. Per fare un esempio, la facile accessibilità di stampe di modesta qualità dei Classici e i difficili problemi di collazione relativi ai progetti di stampa da parte dello Stato contribuirono a trasformare l'autorità e la paternità di antichi testi, canonici o meno; si trattava di una stampa di bassa qualità, con molti errori, che tuttavia, essendo a disposizione di un vasto pubblico, stimolava anche molte critiche e discussioni. Se l'enorme processo di collazione dei Canoni stampati dallo Stato si rivelava un insuccesso, questo incoraggiava immediatamente edizioni critiche e osservazioni di carattere filologico da parte dei privati; tutto ciò alimentava il fuoco delle polemiche sull'antica 'paternità dei Canoni', che si erano riaccese durante la dinastia dei Song settentrionali, e spingeva il singolo letterato a esprimere il proprio punto di vista contestando, collazionando, discutendo e interpretando da sé gli antichi testi. Grazie alla pubblicazione di edizioni dei Canoni spesso piene di errori, la pratica della collazione e della 'corretta' trasmissione dell'ortodossia cessò di essere riservata a pochi eletti, e divenne parte della cultura comune della maggior parte dei letterati Song.
Forse si può spiegare così la nascita di questa nuova pratica del 'discutere e reinterpretare' gli Antichi, quasi del tutto sconosciuta dal periodo Han sino a quello Tang, che favorì lo sviluppo di nuove discipline, come lo studio delle antichità, l'epigrafia, la filologia, l'archeologia e così via. Naturalmente, il biji rappresentava la forma ideale per esprimere il punto di vista dei letterati Song, nella loro ricerca di testimonianze attraverso testi antichi, pezzi d'antiquariato, pitture, calligrafia, storia geografica, o altri interessi naturalistici, e nei relativi dibattiti. Nella maggior parte dei casi questi nuovi studi non potevano ancora essere presentati come teorie ben definite ed elaborate, ma soltanto come lavori frammentari, sia per la natura stessa di queste ricerche testuali e naturalistiche sia perché la grande quantità di materiale oggetto di ricerca, disperso su tutto il territorio nazionale, era raccolto dai letterati stessi con una buona dose di fortuna e pazienza. Il genere dei biji ‒ note informali appuntate in base a un certo numero di categorie durante il tempo libero ‒ si adattava bene, dunque, alla natura frammentaria di questi nuovi studi del periodo Song.
La fioritura della cultura dei biji fu stimolata anche dal nuovo tipo di lettura che si affermò. Grazie alla disponibilità di libri stampati, il modo di leggere, la sensibilità nei confronti dei libri e il loro uso subirono infatti grandi cambiamenti; la stampa incoraggiò lo sviluppo di uno spirito critico indipendente nell'esegesi dei Classici, sorretto da una lettura personale e religiosa dei testi ora disponibili. D'altra parte, come sostiene Jean-Pierre Drège (cap. XXVIII), la diffusione della stampa portò con sé anche progressi importanti, quali l'aumento della velocità di lettura, la competizione tra gli autori sulla lunghezza dei testi, una maggiore attenzione alla precisione del testo, la bibliomania e la divulgazione dei libri. Quando più tardi Zhu Xi (1130-1200), filosofo e letterato della dinastia Song, stilò le 'regole di lettura' (dushu fa) per leggere i Classici nel modo giusto, i 'peccati' di lettura che egli individuò ‒ troppi libri, lettura veloce e superficiale, passaggio da un libro all'altro invece di leggere un libro per volta da cima a fondo ‒ erano tutti effetti collaterali della nuova cultura della stampa. In modo analogo, Sima Guang (1019-1086), storico della dinastia Song, si lamentò per l'abitudine ormai invalsa tra i suoi contemporanei di leggere i libri in modo frammentario, procedendo raramente dal primo all'ultimo capitolo.
Passando però al punto di vista del lettore medio del tempo, perché leggere un libro da capo a fondo, specie se il libro non era un Canone da leggere per motivi religiosi? Quali erano i libri Song in cui poter trovare rapidamente un dato passo, quali i libri che potevano essere lasciati, ripresi o letti in un ordine qualunque nel tempo libero? Certamente l'enciclopedia da consultare per i concorsi da funzionario e i biji erano adatti allo scopo. In un biji, infatti, non vi è una continuità di stile narrativo né di argomento nei diversi capitoli o nelle categorie che lo compongono, né vi è apparentemente alcun ordine o relazione logica tra le note che formano un singolo capitolo. Se si considera quindi lo sviluppo dei biji del periodo Song dal punto di vista dei lettori in questa nuova era dei libri stampati, è verosimile che vi sia stata un'influenza reciproca tra i libri e la struttura interna dei biji. Anche se gli storici che si occupano del mercato librario di epoca Song non hanno dati certi sulla popolarità dei biji tra i lettori del periodo, è ragionevole ipotizzare che più libri stampati circolavano, più i biji divenivano popolari tra i lettori.
Quali erano le relazioni tra i diversi testi di questo nuovo genere letterario? Si citavano reciprocamente, e con quale frequenza? Si era formata una 'comunità dei biji', una 'rete di citazioni' su qualche problema o argomento particolare? La larga diffusione dei biji, pur nella diversità dei loro modelli organizzativi, aveva prodotto commenti e dibattiti in modo da sottoporre a critica i modelli stessi? Nonostante i recenti sforzi di ripubblicare molti biji del periodo Tang e Song, non è stata ancora avviata un'analisi approfondita della 'rete di citazioni' dei biji del tempo. Si possono però avanzare alcune considerazioni sull'esistenza di una possibile rete, analizzando alcune espressioni del più studiato biji del periodo dei Song settentrionali, i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni. La Collazione e Commento ai Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan jiaozheng) di Hu Daojing, pubblicata negli anni Cinquanta del XX sec., resta forse la migliore edizione critica di quest'opera, anche se risente di una visione positivistica della storia della scienza, tipica di quegli anni. Sulla base delle numerose annotazioni raccolte da Hu e tratte da biji del tardo periodo Song per discutere i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, si può cercare di verificare l'esistenza di una possibile rete o comunità di biji. Se, per esempio, prendiamo l'annotazione 274 nell'edizione di Hu (Hu Daojing 1987), che fa parte della categoria dello yiwen ('Cultura letteraria e critica'), confrontando le citazioni di altri biji con le annotazioni di ogni singola categoria dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni notiamo che la categoria yiwen era probabilmente la più letta tra tutte le 17 categorie di cui si compone il testo dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni. Sebbene l'annotazione 274 rientri nella categoria della cultura letteraria, essa tratta anche della Natura, perché vi si discute del significato di una strana espressione che si trova in una poesia del celebre poeta di epoca Tang, Du Fu: si tratta della parola wugui (lett. 'spettro nero') contenuta in un famoso brano che recita "ogni famiglia alleva wugui, e a ogni pasto è servito pesce giallo" (lett. jiajia yang wugui, dundun shi huangyu). Molto probabilmente si tratta di un riferimento a costumi locali della Cina occidentale, nota come Kuixia nel periodo Song. Nella sua annotazione, Shen Gua, l'autore dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, cita un altro letterato di grande erudizione, Liu Ke, che aveva trovato una spiegazione del termine dialettale wugui in un libro raro. Shen Gua si accorse che wugui doveva essere un cormorano (un uccello acquatico, capace di prendere i pesci per il pescatore che lo ha allevato), un uccello che aveva visto in casa di un pescatore nella Cina occidentale, ma a quel tempo non sapeva che la gente del luogo chiamasse quel tipo di uccelli 'spettri oscuri'. A ogni modo, Shen ritenne che la sua esperienza personale potesse confermare la spiegazione di Liu Ke.
Analizzando le note raccolte da Hu Daojing per commentare l'annotazione 274 dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Hu Daojing 1987) si rileva che 13 biji del periodo Song citano o discutono le idee di Shen in quella nota; di questi, tre sono del tardo periodo Song settentrionale, due del momento di passaggio tra i Song settentrionali e i meridionali, tre del primo periodo dei Song meridionali, e gli altri cinque sempre dei Song meridionali ma forse di un periodo più tardo; quattro dei biji sono del genere che contiene soltanto 'note di poesia' (il terzo tipo di biji visto sopra). Il primo gruppo commenta soltanto le idee di Shen, il secondo le idee di Shen più i commenti del primo gruppo, e così via per il terzo e il quarto gruppo; così, più recente è il gruppo di biji, più completi sono i commenti. Nella maggior parte delle note raccolte da Hu Daojing, gli autori individuano in Shen Gua l'iniziatore del dibattito sugli 'spettri oscuri'; alcuni di essi dimostrano di aver letto i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, mentre altri evidentemente non li hanno letti perché confondono le idee di Shen con quelle di commentatori più tardi.
In questo dibattito antropologico-filologico sugli 'spettri oscuri', le opinioni furono diverse, tuttavia si possono distinguere grosso modo quattro posizioni. Una prima posizione considera gli 'spettri oscuri' particolari uccelli acquatici; una seconda ritiene che si tratti di spiriti indigeni chiamati wumangui (lett. 'spiriti oscuri e barbari') che gli uomini pregano affinché portino via le malattie dal corpo o per altre finalità (a sostegno di questa interpretazione sono citate poesie, antiche storie straniere e alcuni riti religiosi popolari); una terza ritiene che si tratti di una parola dialettale per 'maiali' (tesi sostenuta da testimonianze, mentre si citano altre poesie per confutare la tesi di Shen Gua); infine, una quarta li considera spiriti Tang che la gente locale ancora venera (per questa interpretazione sono citate poesie e alcuni biji del periodo Tang). Il punto di vista più recente è probabilmente il secondo. Va notato che le poesie (antiche poesie sui costumi, i riti, gli uccelli, i pesci, ecc. della Cina occidentale, di cui probabilmente l'autore è stato testimone diretto) costituiscono una testimonianza molto importante in questa come in altre discussioni e uno strumento spesso utilizzato nei commenti per sostenere una tesi e confutarne un'altra. I commenti, in ogni caso, continuarono ben oltre la dinastia Song, culminando nello stadio finale, o fase 'matura', della cosiddetta 'ricerca delle testimonianze' (kaoju) del periodo Qing (1644-1911).
di Georges Métailié
Come si è detto prima, tra i testi del genere 'note in punta di pennello' (biji) di epoca Song (960-1279) il più studiato nell'ambito della storia della scienza cinese è probabilmente la raccolta di Shen Gua (1031-1095) intitolata Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan), un'opera che è utile considerare come un modello di organizzazione delle conoscenze realizzato da un grande erudito. Essendo i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni molto diffusi nei circoli dei letterati Song, gli schemi di Shen Gua ebbero una notevole risonanza in un'epoca in cui le comunicazioni e le interazioni tra le varie discipline erano piuttosto rare e difficili.
L'opera contiene 609 note suddivise in 17 categorie, alcune delle quali sono a loro volta ripartite in gruppi più piccoli, per un totale di 26 sezioni. Come si è detto, essa appartiene alle 'note in punta di pennello' del secondo tipo, in cui sono riportati e discussi fatti e questioni di ogni genere e che per questo motivo sono chiamate a volte 'miscellanea'. I Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni s'inseriscono nella tradizione delle 'note in punta di pennello' della Enciclopedia [compilata] per l'imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan, compilata tra il 977 e il 985), tradizione in cui l'organizzazione del sapere era legata principalmente alle necessità della corte imperiale, dell'amministrazione e a questioni di carattere mondano. La sua lunga carriera di funzionario, costellata di successi anche se non priva di difficoltà, poneva infatti Shen Gua naturalmente vicino alla tradizione dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore, che forniva uno schema perfetto in cui ripartire e trascrivere le sue conoscenze enciclopediche.
Le 17 categorie dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni sono: (1) Antiche pratiche di corte (gushi); (2) Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose) (bianzheng); (3) Musica e armonia (yuelü); (4) Regolarità numerologiche soggiacenti ai fenomeni (xiangshu); (5) Caratteri della classe colta (renshi); (6) Questioni amministrative (guanzheng); (7) Saggezza nell'emergenza (quanzhi); (8) Cultura letteraria e critica (yiwen); (9) Calligrafia e pittura (shuhua); (10) Abilità nelle tecniche e nelle arti (jiyi); (11) Manufatti nobili e antichi (qiyong); (12) Meraviglie divine (shenqi); (13) Fenomeni insoliti e trasformazioni (yishi); (14) Errori (miuwu); (15) Spirito e satira (jixue); (16) Note a margine e cose non ortodosse (zazhi); (17) Discussioni di materia medica (yaoyi).
L'analisi di alcune di queste categorie potrà spiegarne le caratteristiche e la loro interazione con le correnti culturali dell'epoca. Le varie note contenute nella categoria 'Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose)' (bianzheng), per esempio, mostrano le tecniche, in particolare la tecnica delle 'mutue giustificazioni', usate da Shen Gua nel portare prove a sostegno di una data tesi in dispute su parole e cose significative del periodo Song; infatti, testi rari erano usati per giustificare ipotesi su cose insolite e, viceversa, cose ed esperienze concrete erano usate per giustificare una determinata interpretazione di parole difficili. Shen prese parte all'appassionato movimento di critica filologica nato dal fiorire della nuova pratica di 'discutere e reinterpretare' gli Antichi, e la categoria 'Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose)' era il luogo ideale per dar voce alle sue opinioni. Riguardo alle parole, egli suggerì alcuni significati basandosi sulla propria esperienza personale, come nel caso del termine esoterico banhe, per il quale propose il significato di 'sabbie mobili' grazie alle conoscenze acquisite nelle remote regioni della Cina del Nord-ovest (nota 52). Criticò poi l'interpretazione diffusa di alcune espressioni cercando di risalire, mediante prove, a un'interpretazione corretta, come nel caso del nome del tempio di Huangling ernü ('le due donne della Collina gialla', nota 47); calcolando l'età di queste donne, stabilì che dovevano essere state delle anziane signore, e che non andavano quindi menzionate senza rispetto come facevano alcuni poeti insolenti. Riguardo alle 'cose', Shen si basò su alcuni termini dei dialetti locali per risalire all'origine degli oggetti che tali termini designavano; sostenne, per esempio, che il sale (yan) era in origine estratto dal famoso Yanze ('Stagno salato', nota 50); spiegò, inoltre, alcuni fenomeni attraverso analogie, come nel caso delle immagini rovesciate dello 'specchio ustorio' (yangsui, nota 44), di cui spiegò l'origine mediante tre analogie (con l'immagine di un forellino, lo scalmo del remo e alcuni principî). Alcune osservazioni non ben ponderate gli procurarono molte critiche, come nel caso delle 'due donne della Collina gialla', mentre molte sue acute opinioni sulla luce, a proposito degli specchi ustori, furono accolte senza repliche.
Questa critica basata sui fatti concreti, sorta nel periodo dei Song settentrionali, non godeva ancora di un largo consenso tra i letterati contemporanei a Shen Gua; le critiche che egli avanzava furono a loro volta criticate in 'note in punta di pennello' più tarde. È chiaro tuttavia che le note contenute nella categoria 'Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose)' hanno caratteristiche particolari, se paragonate ad altre 'note in punta di pennello' di epoca Song, se non altro in quanto Shen non fa differenza tra parole e cose. In qualità di funzionario, egli aveva viaggiato molto, a volte anche al di fuori della Cina, e il suo interesse andava perciò oltre la stretta indagine filologica, al contrario di quanto succederà più tardi per la 'ricerca di prove' puramente libresca; per la conferma di un'idea riguardo a una parola Shen si serviva infatti di acute osservazioni sulle cose, e viceversa. Il suo spirito d'osservazione rivolto alle cose, anche remote o strane, e l'erudizione filologica che gli proveniva dalla conoscenza di libri rari e di stele antiche, avevano per lui lo stesso status epistemologico, e utilizzava l'uno e l'altra in una tecnica d'indagine nella quale parole e cose o si giustificavano a vicenda o si contraddicevano.
Riguardo alla categoria 'Regolarità numerologiche soggiacenti ai fenomeni' (xiangshu), va osservato che quando nel 1072 Shen Gua assunse la direzione dell'Ufficio astronomico aveva già dato contributi importanti all'astronomia cinese e diretto una significativa riforma del calendario; non possiamo però considerarlo un esperto di astronomia nel senso in cui intendiamo oggi questa disciplina. Se è vero che molte note di astronomia contenute nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni rientravano nella categoria 'Regolarità numerologiche soggiacenti ai fenomeni', che però raccoglie anche molte note di natura numerologica, di prognostica e di carattere più superstizioso, si trattava tuttavia pur sempre di un'unica categoria, poiché storicamente in Cina quella delle 'Regolarità numerologiche' è sempre stata una categoria di carattere generale, nella quale trovavano spazio questi studi particolari. Shen è stato in effetti autore di lavori sulla riforma del calendario ‒ come il Calendario Fengyuan (Fengyuan li), del 1075, andato perduto ‒ e sugli orologi ad acqua ‒ come l'Orologio ad acqua nell'era Xining (Xining guilou) ‒, ma in un'opera del genere 'note in punta di pennello' come i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni egli poteva soltanto annotare alcune delle idee principali di questi suoi lavori. Nella nota 123, per esempio, si afferma che le variazioni della velocità del moto della Luna, del Sole e di cinque stelle non si possono valutare per mezzo di calcoli meccanici; nella nota 128, invece, l'autore sostiene che per la taratura di un orologio ad acqua sono necessarie interpolazioni di ordine superiore.
Oltre a queste note di carattere astronomico, ve ne sono altre di diversa ispirazione, come quella sulle 'Cinque fasi' ispirate alla Grande norma (Hongfan, classico di divinazione che risale all'età preimperiale, nota 121), o quella su riti particolari e canzoni legate a espressioni usate nelle antiche pratiche divinatorie (zhouci, nota 132). Shen Gua riporta anche con fierezza la singolare teoria medica dei 'cinque cicli e sei qi' (wuyun liuqi, nota 134), per mezzo della quale 'predisse' con successo una pioggia violenta dopo un periodo di grave siccità, suscitando la meraviglia della corte. A tutti questi metodi (shu) astronomici, divinatori, numerologici o medici, rivolti a un determinato scopo, Shen attribuiva, includendoli nella categoria 'Regolarità numerologiche', uno stesso status epistemologico e non li contrapponeva tra loro per scoprire quale rappresentasse la vera conoscenza, nella convinzione che ciascuno avesse una dimensione meccanica e una dimensione 'vera', più profonda; era infatti solito sostenere che la gente comune conosceva soltanto l'aspetto meccanico dei metodi e per questa ragione si lamentava quando non funzionavano. Così, nella nota 145, Shen Gua commenta alcune critiche alla divinazione e alla geomanzia da parte di Lü Cai (600-665), secondo il quale questi metodi "non possono trovare conferma", dicendo che essi sono 'metodi analogici' (yu) e non possono essere applicati meccanicamente; affinché funzionino è necessario infatti che l'atteggiamento mentale di chi li mette in pratica sia più sottile. Shen Gua sostiene che la possibilità di fare esperienza del 'divino' dipende da chi usa un determinato metodo e da come esso è usato; così, non è raro che due persone che adottano lo stesso metodo ottengano risultati divinatori diversi.
Nella categoria 'Questioni amministrative' (guanzheng) Shen riporta occasionalmente nozioni di carattere pratico apprese nel corso della sua attività di funzionario; dà suggerimenti per costruire fortificazioni (note 191 e 200), risolvere problemi di forniture militari (nota 205), formarsi un giudizio equo in una disputa legale (note 196, 202 e 214), e così via. La parte più importante di questa categoria riguarda però la breve carriera di Shen nell'amministrazione tributaria e le sue riflessioni sulla politica finanziaria della dinastia Song settentrionale; abile funzionario, ben noto alla corte imperiale, Shen divenne infatti capo della Commissione delle finanze (Sansi shi) intorno al 1075 e rimase in carica per due anni. All'interno della categoria 'Questioni amministrative', egli ebbe l'opportunità di esprimere il proprio punto di vista sulla gestione, spesso travagliata, dei monopoli del sale e del tè in epoca Song settentrionale, sulla emissione e sul valore della moneta cartacea e metallica, sul prezzo del grano. Malgrado vi fosse una lunga tradizione legata agli aspetti finanziari del governo risalente a Guan Zhong (m. 645 a.C.), non erano molti i letterati del periodo Song che avessero familiarità con questi intricati problemi economici, tanto che nelle 'note in punta di pennello' più tarde sono rari i riferimenti a tali questioni. Shen Gua, al contrario, conosceva a fondo le complesse politiche adottate dalle Commissioni delle finanze precedenti al suo incarico, ed era anche in grado di avanzare nuove proposte. Sottopose perciò a un esame critico riforme politiche che avevano avuto grande risonanza, come quella di Chen Shu detta della 'legge sul tè' (990 ca., nota 189), quella di Fan Xiang (m. 1060) sul sistema sale-cartamoneta, un ingegnoso sistema che alleggeriva la gestione imperiale del monopolio sul sale, riconoscendo ai mercanti il diritto di acquistare e rivendere ingenti quantità di sale (1050 ca., nota 211). Inoltre, sono esaminate le riforme di Tao Jian sulle chiuse per i canali artificiali (1020 ca., nota 213), di Fan Zhongyan (989-1052) sulla tassa sul commercio (1040 ca., nota 215) e altre ancora. Shen si sofferma anche su un metodo (shu) leggendario, che consentiva di conoscere istantaneamente il prezzo del grano in tutto il paese, utilizzato dal famoso funzionario delle finanze di epoca Tang Liu Yan (718-780), che egli evidentemente ammirava (nota 192). All'interno della nota 217, in un brano soltanto in apparenza semplice, Shen fornisce le cifre del numero totale di monete Song battute nei vari periodi ed espone le sue idee sull'offerta di moneta e sulla disponibilità di denaro liquido; si potrebbe ritenere che in questa nota Shen pensasse addirittura a una teoria sulla velocità di circolazione del denaro. Fatto eccezionale tra le 'note in punta di pennello' di epoca Song, in questa categoria si trovano importanti dati riguardanti le politiche economiche di Shen Gua e Wang Anshi (1021-1086): le quantità di riso trasportate attraverso la nuova chiusa del canale Huinan (nota 213), il numero delle monete coniate nei vari periodi (nota 217), la spesa massima per i salari degli impiegati nella capitale Song (nota 218), un confronto implicito tra le diverse entrate derivate dalle diverse politiche sul commercio del tè (nota 219), e così via. Nemmeno gli articoli di politica finanziaria scritti dal famoso esperto Zhang Fangping (attivo nell'XI sec.) nella Raccolta del Signor Lequan (Lequan ji, 1070 ca.) possono reggere il confronto, in termini di cifre e di precisione, con le note di Shen sulle 'Questioni amministrative'; esse ricordano i numeri e le cifre riportati dalla Monografia sugli affari commerciali e finanziari (Shihuo zhi) della Storia della dinastia Song.
Nella categoria 'Abilità nelle tecniche e nelle arti' (jiyi) Shen Gua raccolse note su quanto noi oggi classificheremmo sotto voci diverse: matematica, architettura, giochi e strategie vincenti, metodi di vario tipo, compresa la famosa ‒ ma soltanto nel mondo moderno ‒ nota 307 sulla nuova tecnica di stampa con caratteri mobili di Bi Sheng (m. 1051 ca.). Non deve sorprendere che le discussioni di carattere matematico siano incluse in questa categoria, poiché l'antica matematica cinese era considerata una tecnica ingegnosa, e non un sistema deduttivo astratto. Ciò non significa tuttavia che fosse un'arte rozza e poco creativa, al contrario; si consideri, per esempio, il metodo per il calcolo di un volume con degli spazi vuoti (xiji, nella nota 301), in cui Shen discute il problema di trovare il numero totale di botti di vino poste una sopra l'altra a formare un tronco di piramide rettangolare. Per risolvere questo problema in apparenza soltanto pratico (il calcolo della somma di una particolare serie di numeri), Shen Gua avrebbe dovuto essere capace di riflessioni che andavano oltre la tradizione matematica che conosceva. Inoltre, parlando del gioco del go (nota 304), di cui si era occupato già il famoso monaco Yixing (673-727) in epoca Tang, si pone il problema di trovare il numero di tutte le diverse configurazioni (19.319 posizioni, ciascuna delle quali può essere bianca, nera o vuota) che esauriscono tutte le possibilità del gioco. Shen Gua si sofferma quindi sulla questione dei numeri molto grandi (scrivendo 52 volte di fila la parola wan, 'diecimila', cioè 10.00052), questione che i letterati Song non erano certo in grado di trattare. Ma a che scopo? Forse per fare esercizi di calcolo esponenziale, ma forse anche per il desiderio di arrivare sino al limite ed esaurire tutti i casi, come nella ricerca delle strategie vincenti per vari giochi in altre note di questa categoria (note 302, 305, 310 e 316, che spiegano come raggiungere il massimo risultato nel copiare un modello di calligrafia, e nota 318, che delinea fin dove può arrivare un buon medico nel ritardare la morte di un malato). Nel confronto tra questa categoria e la categoria numerologica discussa in precedenza, emerge un contrasto tra possibilità che possono essere esaurite, come nel caso dei giochi e delle abilità tecniche, e sottigliezze inesauribili, come quelle della numerologia e dell'astronomia. I limiti rappresentati dall'esaurimento dei casi possibili che si ritrovano nella categoria 'Abilità nelle tecniche e nelle arti' ricordano i procedimenti meccanici cui spesso si è fatto riferimento nella categoria numerologica.
Se si escludono note, peraltro di carattere eccezionale, come la 373, nella quale Shen apparentemente parla di fossili di germogli di bambù, gli storici della scienza in Cina hanno prestato poca attenzione alla categoria 'Fenomeni insoliti e trasformazioni' (yishi), forse perché perplessi per il fatto che un grande 'scienziato' come Shen Gua potesse interessarsi a curiosità 'non scientifiche' come quelle elencate sotto questa voce. In effetti, la nota 373 non parla affatto di fossili, non avendo Shen la concezione odierna di 'fossile'; egli era interessato invece alla strana trasformazione del bambù in pietra. Considerando i 'fenomeni insoliti' nella prospettiva dell'organizzazione delle conoscenze di Shen, emerge un quadro molto diverso; quasi tutto ciò che è discusso in questa categoria ‒ si tratti di arcobaleni, parole contenute nel legno, strane malattie, incantesimi, spade preziose, turbini di vento, ecc. ‒ era un diffuso oggetto di curiosità nelle 'note in punte di pennello' di epoca Song, sia della tradizione dell'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore sia di quella dell'Ampia raccolta dell'era Taiping xingguo (Taiping guangji). Con la categoria 'Fenomeni insoliti e trasformazioni', Shen Gua si poneva quindi nel filone delle note su 'oggetti strani', ma nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni il concetto di 'stranezza' deriva dalla nozione più generale di 'cambiamento' (bianhua, metamorfosi, trasformazione, ecc.) proveniente da varie tradizioni magiche, religiose e di folclore nelle quali esseri immortali, spiriti, oggetti divini o insoliti possono tramutarsi in qualcos'altro, trasformarsi seguendo il naturale corso del qi ('soffio vitale', 'energia vitale') e del tempo, o possiedono il potere di manipolare e illudere, o possono infine diventare esseri superiori. In questa categoria si parla di venature del legno che si trasformano in parole a opera di un famoso calligrafo Tang (nota 363), di uova d'anitra che brillano (nota 364), di un pezzo di carne cruda che diventa una piccola mucca (nota 365), di un malato che rimpicciolisce (nota 368), del fiato di un drago da cui si originano esseri umani e cavalli (nota 372), di germogli di bambù trasformati in pietra (nota 374), di un spada preziosa che si allunga e si piega a piacere (nota 378), di pesci e tartarughe che nascono da uova di coccodrillo (nota 381), di turbini di vento che diventano corni di capra (nota 385), di ghiaccio che prende la forma di un fiore (nota 386), di chicchi di grandine a forma di teste umane (nota 387).
Shen Gua, che visse nella Cina dell'XI sec., non era in grado di confutare con argomenti razionali il grande tema cinese del cambiamento e della trasformazione; è interessante tuttavia notare come egli riportasse e discutesse fenomeni di questo tipo. Un aspetto particolare della sua esposizione è la questione dei testimoni; contrariamente ad altre 'note in punte di pennello', in quelle di Shen è sempre dato il nome di chi ha effettivamente osservato gli eventi (quasi sempre suoi amici letterati) e sono precisati il momento e il luogo in cui gli eventi si sono verificati. Nel suo approccio prudente, egli poteva inoltre contare su concetti epistemologici che gli permettevano di spiegare questi fenomeni senza dover ricorrere a cause che andassero oltre la realtà (non diciamo 'soprannaturali' perché per Shen Gua e molti altri pensatori cinesi tale concetto non era così chiaramente definito). Se riusciva a 'riconoscere' un oggetto all'apparenza strano, questo era inserito nel sistema di classificazione esistente; nella nota 377, per esempio, l'antico nome di animale tianlu era assegnato, dopo lunghe e faticose ricerche sui testi e sul campo, a un animale vivente di una specie strana. Altrove, quando non riusciva a trovare una conferma alla propria tesi, Shen cercava di raggruppare gli oggetti cui non era possibile dare un nome, ma tra i quali si poteva ravvisare una qualche somiglianza: "se due cose si assomigliano devono essere dello stesso tipo" (nota 364). Questo sforzo di classificare, di dare un nome, o anche soltanto di raggruppare fenomeni tra loro simili senza ricorrere a interventi al di fuori del normale o a racconti edificanti, è chiaramente identificabile nella struttura cognitiva che sta alla base della sua curiosità. Si può dire che, assoggettando quegli strani fenomeni al suo sistema di classificazione, Shen crei una nuova classe di oggetti naturali; non si tratta di superstizioni di scarso interesse inserite nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, in quanto questa categoria va invece considerata come l'estremo limite della sensibilità del ricercatore Shen verso ciò che, nelle concezioni di epoca Song, costituiva l'ignoto.
Anche se le 'Note a margine e cose non ortodosse' (zazhi) non costituiscono la categoria conclusiva dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, cioè la diciassettesima, rappresentano però l'ultima categoria dal punto di vista concettuale. Essendo infatti quasi tutte le note della diciassettesima categoria, intitolata 'Discussioni di materia medica' (yaoyi), tratte da un libro di medicina, le Prescrizioni efficaci (Liangfang) dello stesso Shen Gua, questa diciassettesima categoria va considerata come un'appendice dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni. Tradurre zazhi con 'note a margine e cose non ortodosse' (anziché con 'miscellanea' come si fa di solito: za in zazhi ha lo stesso significato di za in zashi, 'storie marginali o non ortodosse', opposto a zhengshi, 'storie ufficiali o ortodosse') permette di coglierne l'argomento principale; il termine 'marginale' ha infatti in questo caso un triplice significato. Si tratta innanzi tutto di una marginalità geografica, nel senso che eventi e cose descritti nella maggior parte delle note riguardano zone ai margini dei territori della dinastia Song settentrionale. Abbiamo poi una marginalità culturale, in quanto tra gli argomenti di questa categoria, molti dei quali di grande interesse per la storia della scienza, si trovano petrolio, venti forti, 'barbari' stupefacenti, conigli saltatori, uccelli, insetti, vegetali, pesci, serpenti, acque e piante "curiose o senza nome", formazioni geologiche singolari, deviazioni dell'ago della bussola, malattie strane, tecniche di medicina popolare nel trattamento di effetti provocati da cause esterne, come dire tutti argomenti al di fuori degli interessi culturali propri del centro della dinastia Song settentrionale; proprio per la loro natura marginale e folclorica, infatti, molti di questi animali e vegetali e le pratiche mediche non avevano trovato posto nelle tradizionali categorie della medicina, e da ciò derivò la loro classificazione sotto la voce 'Note a margine' (come esponente della cultura centrale, e non ai margini di essa, con uno sguardo acuto e metodico, Shen fece eccellenti osservazioni su tutti questi fenomeni, per cui, dopo i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, la materia medica cinese iniziò ad accogliere informazioni tratte dalle sue note a margine, in particolare note 445, 451 e 467). Vi è infine il tema della marginalità umana, derivante dal fatto che le storie raccontate riguardano di solito un'umanità di emarginati o stranieri che vivono ai confini della Cina; anche se vi sono aneddoti su letterati, si tratta soprattutto di funzionari di basso rango, spesso con precedenti di sedizione e furti. Altri aneddoti riguardano avidi apprendisti, squallidi servitori, oscuri monaci-guaritori locali, o gente anonima che esercita mestieri particolari, come mercanti di mare che conoscono i venti, geomanti mistici con i loro segreti sull'ago della bussola, ribelli amati dalle popolazioni locali (nota 473), vecchie prostitute che si erano battute per la difesa del territorio Song (nota 478), o un fantasma sperduto desideroso di servire l'imperatore (Zhongkui, il famoso fantasma che proteggeva il sovrano dagli spiriti cattivi divorandoli; nota 573). Tutte queste figure, certo grottesche e dai comportamenti spesso inaccettabili, erano in fondo miti, e a volte si rendevano perfino utili ai Song. Del tutto diversi erano invece i 'barbari' mostruosi, dissoluti e assetati di sangue che vagavano ai confini dell'Impero minacciandone i territori; queste storie di barbari finiscono però quasi sempre con il trionfo dell'esercito Song che sconfigge gli invasori e ne conquista anche le terre.
In conclusione, nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, mentre 'disposizioni e caratteri' dei letterati Song erano descritti in una categoria precedente e quindi superiore (la quinta), detta 'Caratteri della classe colta' (renshi), la storia frammentaria delle classi inferiori e dei 'barbari' è relegata in una categoria marginale e residuale; questa era senza dubbio la struttura della 'conoscenza storica' propria dei letterati, e così era registrata nelle 'note in punta di pennello'.
L'impostazione epistemologica dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni
Come si è detto a proposito della categoria 'Regolarità numerologiche', Shen Gua non contrapponeva l'uno all'altro i vari shu 'metodi' o 'tecniche' per determinati scopi per scoprire quale metodo offrisse la vera conoscenza, riconoscendo invece che ciascuno aveva una dimensione meccanica e una più sottile e profonda. Il suo atteggiamento si accordava con l'orientamento epistemologico generale, che si rifletteva anche in altre categorie. Riguardo alle caratteristiche generali dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, gli storici, che tendono a considerare quest'opera come un tutto unico, hanno spesso sostenuto che, oltre ai soliti argomenti di astronomia, magnetismo, composizione della Terra e dell'atmosfera, nonché tecniche di tipo pratico e medicina, essa conteneva 'conoscenze di altro genere' (intendendo la divinazione e la prognostica), che Shen Gua considerava però molto seriamente. Questa contrapposizione tra conoscenze 'razionali' e 'conoscenze di altro genere' non regge però nel caso in esame, non tanto perché le prime si basano su osservazioni e calcoli e le altre invece sulle doti visionarie e sull'acume, quanto perché per Shen tutti, o quasi, i metodi e le tecniche si basano su osservazioni e calcoli, ma ciascuno ha una propria dimensione superiore in termini di sottigliezza (wei) e verità.
Discutendo di astronomia e di calcoli del calendario (come nelle note 123, 128, 133 e 310) Shen parla spesso di sottigliezza: "vi è nei numeri un aspetto molto sottile che coloro che seguono meccanicamente la matematica del calendario non possono capire" (nota 123). Nonostante queste osservazioni sul carattere sottile dei numeri, egli attribuiva comunque grande importanza ai calcoli e all'esperienza, come si nota nei passi sulla divinazione e sulla numerologia (note 134, 135, 136, 141, 547, 550 e 551), nei quali Shen s'impegna nella discussione dei calcoli, della concezione di carattere semimedico dei 'cinque cicli e sei qi', e dei legami di questa con altre tecniche e con gli studi calendaristici. Le note 548, 550 e 551 del Supplemento ai 'Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni' (Bu bitan) collegate a questi problemi, contengono discussioni dettagliate sotto forma di calcoli e di carattere concettuale. Senza chiarificazioni concettuali e calcoli meccanici, la sola capacità visionaria, per quanto sottile, non sarebbe stata sufficiente per applicare la teoria dei 'cinque cicli e sei qi'; analogamente, nella nota 551 sul metodo della divinazione mediante i bastoncini d'achillea (sheshi), Shen effettua un calcolo elaborato sullo sviluppo delle variazioni nei trigrammi e negli esagrammi (gua, fondamentali simboli della divinazione): da 4 a 12, poi a 64 e quindi a 4096 gua, ottenendo così 'un gua dei mutamenti' (ossia il Classico dei mutamenti). Mediante questo calcolo simbolico, Shen Gua può mettere in luce i legami profondi tra il più grande (4096) e il più piccolo (1), tra il principio e la fine, tra passato e futuro, tutti collegati in un circolo senza fine. Tutto ciò si avvicina all'astronomia e ai calcoli calendaristici e per tale motivo queste note sono a giusto titolo raccolte nella categoria 'Regolarità numerologiche'.
Forse soltanto nella categoria 'Meraviglie divine' (shenqi), riservata in particolare al 'divino', si trovano note in cui Shen esprime il proprio stupore di fronte a fenomeni fantastici e a uomini dotati di spiritualità e miracolose doti visionarie, che però non praticavano alcun metodo che potesse essere appreso da altri; considerando a parte gli uomini dotati di spiritualità e i nobili, Shen Gua concepiva quindi la maggior parte delle tecniche e dei metodi (shu) che si potevano acquisire come appartenenti a due livelli: il livello meccanico e computazionale, e quello delle 'sottigliezze' (wei), del 'divino' e del 'meraviglioso' (shen e miao). È importante sottolineare che questa concezione si riflette anche in altre categorie dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni: per esempio, la tecnica per il calcolo dei volumi con degli spazi vuoti (xiji, nota 301), già citata a proposito delle capacità tecniche, era considerata da Shen adatta a "costruire sottigliezze" (zaowei), probabilmente perché si trattava di una tecnica che non poteva essere dedotta meccanicamente dai metodi cinesi tradizionali per il calcolo dei volumi. Il contrasto tra il limite costituito dalla possibilità di esaurire tutte le combinazioni dei giochi e delle tecniche all'interno della categoria 'Abilità nelle tecniche e nelle arti' e la sottigliezza inesauribile descritta nella categoria 'Regolarità numerologiche' è ribadito a questo proposito, sebbene a volte Shen non possa esimersi dal definire 'meravigliose' (miao) anche quelle capacità, apparentemente limitate, che permettono di esaurire tutte le possibilità nei giochi o nelle tecniche (note 303, 305 e 316).
Un altro aspetto della cultura Song trattato nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni è quello della pittura e della calligrafia, sulle quali Shen aveva opinioni molto personali e diverse critiche da avanzare. Nella categoria 'Calligrafia e pittura' (shuhua), egli affronta, in modo documentato, preciso, basato sull'osservazione e su esperienze ragionate, vari problemi di ordine estetico: come ritrarre un gatto o una peonia a mezzogiorno (nota 272) o un suonatore di chitarra (pipa) che suona una certa nota (note 279 e 282), come disegnare l'alone del Buddha, perché raffigurare con il pelo i buoi, le tigri, i gatti, ma non i cavalli, come scrivere i caratteri nello stile del 'piccolo sigillo' (nota 289) o distribuire i tratti di pennello in modo armonioso nello spazio di un ideogramma (nota 294). È soprattutto da un punto di vista teorico che Shen dà un contributo di notevole interesse, con la teoria dei 'due piani' di apprendimento; secondo il nostro autore, al di sopra delle capacità artigianali vi era, nella pittura e nella calligrafia, una dimensione più elevata che l'artigiano comune non poteva raggiungere, ma nella quale alcuni letterati dotati potevano invece eccellere. Così, per esempio, nella nota 280 Shen spiega perché il grande poeta e pittore Tang Wang Wei (701-761) avesse composto il suo Dipinto a Yuan'an disteso sulla neve (Yuan'an wo xue tu) raffigurando delle piante di banano nella neve. Egli afferma che Wang "costruisce un principio che penetra nel regno del divino" (zao li ru shen), realizzando una composizione il cui significato profondo è di difficile comprensione per la gente comune. Questo tipo di penetrazione, sosteneva Shen, si può osservare anche nei 'dipinti dei letterati' Song Di (prima metà dell'XI sec.), Xu Xi (X sec.), Dong Yuan (X sec.) e altri (note 286, 293 e 297). Più oltre (nota 564 del Supplemento), nello stesso spirito e quasi come conclusione, Shen discute il proprio punto di vista sui due livelli nel campo della calligrafia. Si dice spesso, egli scrive, che in questo campo non vi è una norma uguale per tutti, perché si suppone che ogni buon calligrafo crei e perfezioni il proprio standard e la propria arte. Si tratta però di un pregiudizio: il regno del 'divino' non può aprirsi a coloro che non hanno copiato fedelmente e completamente i modelli più famosi stabiliti dagli Antichi. Senza questo primo passo di 'calligrafia servile' (nushu), l'educazione alla calligrafia non può considerarsi completa, come sarebbe incompleto un ritratto di Xi Shi (famosa bellezza dell'Antichità) che, anche cogliendone lo 'spirito', non disponesse a dovere le mani e i piedi del modello. Soltanto percorrendo questa strada si può entrare nel mondo del meraviglioso e avanzare nel regno del divino.
Allo scopo di chiarire la posizione epistemologica che si esprime nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, può essere utile esaminare più approfonditamente due note. La prima è la 378 nella categoria 'Fenomeni insoliti e trasformazioni', e riguarda le 'spade preziose' di un certo tipo; la seconda è la 437, a proposito dell''ago che indica il Sud', e si trova nella categoria 'Note a margine e cose non ortodosse'.
Nel primo caso Shen scrive:
Wen Renshao [XI sec. ca.], che proveniva da Qiantang, custodiva una spada. Se dieci grossi chiodi erano piantati in un pilastro di legno, questa spada tagliava in un colpo solo tutte le punte dei chiodi. [Ciò avveniva senza che la spada vibrasse in modo irregolare: restava infatti] ferma come il braccio di una stadera, e senza che restassero tracce sulla lama. Piegata a forza, la spada diventava simile a un forcone, ma una volta lasciata andare scattava come una freccia tornando alla forma iniziale con un rumore metallico. Anche Chong E [1026-1083], che proveniva da Guanzhong, aveva posseduto una spada che, ripiegata, poteva entrare in una scatola e se lasciata andare tornava come prima. Nelle Sette richieste [Qiming, contenute nella Antologia letteraria, Wenxuan, fascicolo 35], Zhang Jingyang aveva detto della spada: "Parlando delle sue preziose meraviglie, la spada si può arrotolare o piegare e distendersi a piacere". Ci furono dunque spade di questo tipo fin dall'antichità, e non possono essere di ferro comune. (Mengxi bitan, Yishi, 378)
Vi sono validi motivi che spiegano perché Shen abbia inserito questa descrizione nella categoria 'Fenomeni insoliti e trasformazioni'; nelle categorie 'Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose)' (nota 56) e 'Manufatti nobili e antichi' (note 325 e 333), egli esprime un forte interesse verso le tecniche di fabbricazione dell'acciaio, tuttavia le meraviglie delle spade descritte in questa nota superano le sue possibilità di comprensione. La strana proprietà delle spade descritte di 'distendersi e piegarsi a piacere' gli appariva come una tipica proprietà di 'trasformazione', al pari di quelle considerate nei 'Fenomeni insoliti'. Ricordando poi che Zhang Jingyang aveva descritto nel IV sec. una spada con qualità simili, Shen raggruppa insieme tutte queste spade 'trasformabili' facendone un genere e così soddisfa in parte la sua aspirazione classificatoria.
Il pieno significato di questa nota e le idee di Shen Gua sul ferro e sull'acciaio si possono però capire meglio se si considerano dal punto di vista dell'interpretazione data da Shen del bellissimo passo delle Sette richieste che riguarda una spada meravigliosa chiamata chu zhi yangjian ('Spada proveniente da Chu appartenente al principio maschile'). Shen, come si è visto, cita una frase di questo testo, mostrando di conoscerlo bene. In esso sono descritte, grosso modo, quattro qualità di questa spada che sono di notevole importanza per comprendere le idee di Shen sul ferro e l'acciaio: (1) era fatta con 'diecimila pieghe e mille irrigazioni' (wan bi qian guan, un metodo d'irrigazione del ferro grezzo per produrre acciaio); (2) 'il colore era come quello dell'acqua, la lama sembrava di ghiaccio ed era pulita come rugiada' (zhi ru yao xue, bing ren lu jie); (3) si poteva piegare e distendere a piacere; (4) fuggiva nottetempo quando il suo padrone, il re di Wu, si comportava in modo corrotto. Con un ragionamento logico, in 'Critica filologica (o anche Critica delle parole e le cose)', Shen aveva già criticato i metodi tradizionali di fabbricazione dell'acciaio ('acciaio piegato', tuangang, o 'irrigato', guangang, nota 56), che sembravano essere gli stessi del 'piegare' e 'irrigare' menzionati nelle Sette richieste; Shen sottolineava che con quei metodi si poteva ottenere soltanto ferro dolce, non vero acciaio. Così, una spada meravigliosa come la spada 'appartenente al principio maschile', se era d'acciaio, non poteva essere stata forgiata con questi metodi tradizionali. Inoltre, nelle tre note 56, 325 e 333 sulla fabbricazione dell'acciaio, Shen sottolineava anche che una caratteristica del vero acciaio era il colore 'scuro e lucente' (zhanlu) o 'nero inchiostro', ma questa non era l'altra qualità della spada descritta nelle Sette richieste. Le prime due ipotetiche qualità cui si fa cenno nelle Sette richieste non corrispondevano quindi a quelle che nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni Shen considerava come caratteristiche del vero acciaio.
Dell'ultima proprietà, lo spirito 'morale' e la capacità di volare, Shen non fa parola; come si è detto, fa parte del suo atteggiamento generale nei confronti della categoria dell'insolito astenersi da spiegazioni di carattere morale o di cause che vadano oltre la normale realtà. Infine, riguardo alla terza proprietà della spada 'appartenente al principio maschile' (il piegarsi e dispiegarsi a piacere), Shen doveva essere stato colpito da alcuni elementi di 'verità' contenuti in quell'antico passo mistico, perché aveva visto con i propri occhi le spade di cui parla nella nota 378, che erano molto simili alla spada in questione. Proveniva anche lui da Qiantang, come Wen Renshao, e Chong E era il suo assistente militare, per cui non fa meraviglia se prendeva molto sul serio il passo sulla spada delle Sette richieste. Inoltre, è interessante osservare come Shen non parli del colore delle spade che aveva visto, forse per evitare contraddizioni con la definizione del colore del vero acciaio da lui data. Queste spade preziose erano poi veramente delle spade forgiate in acciaio? È probabile che egli, semplicemente, non lo sapesse. Di qui la conclusione che "non possono essere di ferro comune". Le due spade moderne di Wen Renshao e Chong E, e l'antica spada appartenente al principio maschile cui fa cenno Zhang Jingyang, erano in qualche modo 'spade della trasformazione', e rientravano quindi a pieno titolo nella categoria dei 'Fenomeni insoliti'. Da questa discussione emerge con chiarezza come questa categoria, nel complesso disegno generale dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, non trattasse di superstizioni marginali, ma rappresentasse, per la sensibilità investigativa di Shen Gua, il confine con il mondo dell'ignoto.
La nota 437 della categoria 'Note a margine e cose non ortodosse' contiene una discussione estremamente interessante sull'ago magnetico che indica il Sud e sulle sue anomalie. Si tratta di una nota famosa negli studi sul magnetismo in Cina, che getta nuova luce sul sistema di organizzazione delle conoscenze nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni e in particolare sulla natura della categoria nella quale si trova:
I geomanti strofinano la punta di un ago con una calamita, e questo diventa capace d'indicare il Sud. Ma spesso (chang) esso devia leggermente verso est e non sempre verso sud. Quando galleggia sulla superficie dell'acqua è piuttosto instabile. Si può cercare di tenerlo in equilibrio su un'unghia o sull'orlo di una tazza: si muove con maggiore facilità ma, poiché si tratta di sostegni duri e lisci, può facilmente cadere. Il mezzo migliore è appenderlo a un filo di seta, un unico filo di seta appena uscito dal bozzolo, attaccato al centro dell'ago con un pezzetto di cera delle
dimensioni di un seme di senape e appeso in un luogo senza vento. L'ago punterà allora quasi sempre (chang) a sud. Tra questi aghi ve ne sono alcuni che dopo essere stati strofinati puntano a nord. Posseggo aghi di entrambi i tipi. La proprietà d'indicare il Sud della calamita è analoga a quella dei cipressi di puntare a ovest. Nessuno può capire queste cose. (Mengxi bitan, Zazhi, 437)
È da notare la traduzione della parola chang, evidenziata nel passo citato. Come avverbio, questo carattere cinese è generalmente tradotto come 'costantemente, sempre'; una verifica sull'uso di questo carattere come avverbio nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, mostra invece che in questi testi chang significa quasi sempre 'spesso, di solito', fatta eccezione per uno o due casi nella categoria 'Regolarità numerologiche'. La traduzione di chang sottolinea che in questa nota l'anomalia dell'ago che punta a sud rappresenta soltanto vagamente ciò che nella scienza moderna si chiama 'declinazione magnetica'. Sebbene, quasi sicuramente, questo sia il primo testo in assoluto in cui si parli di tale fenomeno, Shen non ne aveva una concezione 'scientifica', in quanto la considerava un'anomalia instabile, che si verificava 'spesso', ma non con regolarità o secondo una qualche legge. Ne aveva sentito parlare probabilmente dai geomanti (fangjia) e, non essendo sicuro del suo significato, aveva riportato le sue riflessioni nella categoria 'Note a margine e cose non ortodosse'. Se l'avesse considerato un fenomeno regolare (per es., una deviazione verso est di un numero fisso di gradi), Shen avrebbe inserito questa nota nella categoria 'Regolarità numerologiche' e avrebbe cercato di proporre una spiegazione numerologica simile a quella che Kou Zongshi avrebbe dato in termini di Cinque fasi nell'Approfondimento dei significati della farmacopea (Bencao yanyi) un secolo più tardi. Non va dimenticato infatti che Shen era molto abile nel dare spiegazioni numerologiche, e ne fornisce spesso nei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, ma ciò non accade nella nota in questione. Da studi sul periodo Tang sappiamo inoltre che l'ago deviava probabilmente verso ovest; prima di Shen Gua doveva quindi esservi stato un periodo in cui l'ago indicava quasi esattamente il Sud, prima d'iniziare a deviare verso est. Ai geomanti e a Shen ‒ che non aveva familiarità con la geomanzia, malgrado i suoi studi numerologici ‒ la leggera deviazione dell'ago verso est doveva perciò sembrare un fenomeno molto strano e anomalo.
Per niente scoraggiato da questa anomalia, e senza attribuirla a interventi di tipo divino o sovrannaturale, Shen, con il suo tipico atteggiamento disincantato, iniziò a considerare la deviazione da un altro punto di vista: non poteva trattarsi semplicemente di un problema tecnico? Di qui l'idea di appendere l'ago a un filo di seta per correggere l'anomalia. Shen sembra soddisfatto di questa soluzione, se conclude che "in questo modo l'ago indicherà il Sud nella maggior parte dei casi" (ze zhen chang zhi nan): grazie all'applicazione del nuovo metodo, la deviazione verso est sarebbe stata meno frequente. Se dal punto di vista della scienza moderna ciò non è possibile, si può immaginare invece che, nello scenario della Cina Song, poteva esserlo; con gli strumenti grossolani dell'epoca, i comportamenti dell'ago magnetico si potevano osservare soltanto in termini di frequenza, cioè di quanti gradi e quanto spesso deviava. Inoltre, Shen non immaginava che la deviazione potesse cambiare se l'esperimento era effettuato a diverse longitudini; è quindi possibile che la longitudine alla quale i geomanti della dinastia Song settentrionale avevano osservato per la prima volta l'anomalia dell'ago fosse piuttosto diversa da quella in cui Shen si trovava quando applicò il suo metodo. La nota 437 è insolitamente vaga e imprecisa; contrariamente a molte altre note dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni che riportano testimonianze precise, qui Shen non fa menzione dei luoghi e dei periodi in cui è stato osservato il comportamento dell'ago, da parte sua o dei geomanti che gli hanno riferito l'esperienza. Questi particolari dovevano sembrargli irrilevanti, e ciò rende ancor più plausibile lo scenario di cui parlavamo. Va osservato che, malgrado la semplicità del metodo, la mancanza d'informazioni rende impossibile, in linea di principio, ripetere oggi quegli esperimenti; è anche possibile che Shen abbia provato il metodo a diverse latitudini ottenendo risultati variabili che, in mancanza degli strumenti per interpretarli, non facevano che aumentare la confusione. Tutto ciò che Shen Gua poteva dire era che con il suo nuovo metodo otteneva risultati 'migliori'. Anche se confusamente, Shen pensava dopo tutto che la deviazione dell'ago fosse un'anomalia da eliminare utilizzando un qualche metodo particolare. Così, alla fine della nota 437, i problemi tecnici e le anomalie lasciano il posto a questioni di fondo, ed egli si chiede per quale motivo l'ago debba indicare il Sud. Come nel caso dei cipressi che si orientano verso ovest (almeno così si credeva), egli ammette però la propria ignoranza, e infine nella stessa nota ritroviamo sostanzialmente la descrizione di anomalie, curiosità marginali, fatti confusi e tecniche, ma non principî generali né calcoli numerologici. Tutto ciò corrisponde bene all'atteggiamento generale che si riscontra nella categoria 'Note a margine e cose non ortodosse'.
Le moderne conoscenze sul campo magnetico terrestre ci permettono di cogliere i limiti della percezione del fenomeno della deviazione dell'ago nel mondo della dinastia Song settentrionale dell'XI sec. e le imprecisioni della nota 437. Peraltro, è proprio a causa di questi limiti che oggi possiamo apprezzare l'ingegnosità con la quale Shen Gua cercò di affrontare questa anomalia.
di Ina Asim
Durante le due dinastie Song (Song settentrionali 960-1127, Song meridionali 1127-1279) l'influenza della corrente neoconfuciana sull'osservazione del mondo naturale è stata molto rilevante. In questo periodo, infatti, si sviluppa una letteratura dedicata, in modo specifico, a insiemi di piante considerate per il loro valore ornamentale ed estetico, segno di una nuova attenzione verso la Natura in sé; questo interesse per l'osservazione può certamente essere interpretato come una conseguenza della direttiva neoconfuciana dello 'studio attraverso l'investigazione delle cose' (gewu zhi xue), ma può anche rispondere al bisogno di una rilettura dei testi classici dell'Antichità per comprenderli e apprezzarli pienamente, come dichiara in maniera esplicita il letterato e poligrafo Zheng Qiao (1104-1162). Senza dubbio, la larga diffusione dei testi, dovuta allo sviluppo della stampa, stimolò sia il desiderio di esplorare le fonti antiche per restituirne il sapere dimenticato sia la composizione di trattati specialistici, enciclopedie o monografie, che riflettessero le conoscenze e i risultati delle nuove osservazioni su piante e animali.
Le opere sulle sostanze medicinali: i bencao
L'idea confuciana che il sovrano fosse responsabile del benessere e della salute del suo popolo può certamente avere stimolato l'evidente interesse degli imperatori per la farmacopea e le ricette mediche, sin dall'inizio della dinastia Song settentrionale. Nel 973, quattordicesimo anno del suo regno, l'imperatore fondatore della dinastia, Taizu (960-975), ordinò la revisione delle opere sulle sostanze medicinali, allo scopo di riordinare i testi conosciuti per valutarne il contenuto e apportarvi correzioni e aggiunte. La direzione del progetto fu affidata a un medico confuciano addetto alla corte, Liu Han (attivo attorno al 975 ca.), e a un suo contemporaneo, un taoista famoso per le sue pratiche mediche, Ma Zhi, coadiuvati da sette membri dell'Accademia Hanlin. Un letterato specialista di Classici e di testi storici, Lu Duoxin (m. 986), fu incaricato della revisione del manoscritto, che nello stesso anno (973) fu pubblicato dalla stamperia imperiale con il titolo di Farmacopea riveduta e stabilita dell'era Kaibao (Kaibao xinxianding bencao). L'anno seguente, per ordine imperiale, i due autori furono incaricati di un'ulteriore revisione delle opere sulle sostanze medicinali; altri tre letterati li aiutarono per l'edizione finale e la nuova opera, in 21 capitoli (juan) e con 983 voci, fu pubblicata nel 974 con il titolo di Farmacopea riveduta dell'era Kaibao (968-976) (Kaibao chongding bencao). Queste due opere, oggi purtroppo perdute, furono le prime farmacopee mai stampate.
Nel 1057, nell'ultimo periodo di regno, l'imperatore Renzong (1023-1063) decretò una nuova revisione dell'opera precedente. Ne furono incaricate sei persone sotto la direzione di Zhang Yuxi (992-1068), archivista, uomo di Stato e geografo; nel 1060 fu presentato all'imperatore il manoscritto, che fu stampato nel 1061, per essere poi diffuso in tutto l'Impero. Questa nuova opera, intitolata Farmacopea del Divino Agricoltore completata e annotata dell'era Jiayou (Jiayou buzhu Shennong bencao), prendeva in esame 1082 farmaci, di cui 360 ripresi dal Canone di farmacopea del Divino Agricoltore (Shennong bencao jing); vi furono inoltre inseriti 182 farmaci tratti dalle Altre annotazioni di medici celebri (Mingyi bielu, contenente materiale scritto tra il III e il V sec.), 114 dalla Nuova revisione della farmacopea (Xinxiu bencao) della dinastia Tang, 133 dalla Farmacopea dell'era Kaibao (Kaibao bencao) e 194 piante "con un nome ma non utilizzate", cioè dalle proprietà medicinali note, ma segnalate senza specifiche raccomandazioni. Le innovazioni dei revisori riguardavano 99 voci; essi avevano utilizzato circa cinquanta testi non farmacologici come fonti per le loro annotazioni supplementari. Parallelamente, era stata ordinata nel 1058 la realizzazione di un volume complementare di illustrazioni annotate; il decreto imperiale precisava a questo proposito che "la forma, il colore, le dimensioni delle radici, dei fusti, dei germogli, delle foglie, dei fiori e dei frutti, come anche gli insetti, i pesci, gli uccelli, i quadrupedi, le giade e i minerali a uso medicinale, devono essere conosciuti con precisione, poi disegnati, e ogni illustrazione deve essere accompagnata da un testo di commento" (Okanishi 1969). Completata nel 1062 e pubblicata nello stesso anno, la Farmacopea illustrata (Tujing bencao), in 21 capitoli (juan), offriva 917 illustrazioni per i 634 farmaci oggetto di studio. La responsabilità di questi ultimi due progetti era stata affidata a letterati-funzionari sotto l'autorità dell'archivista Zhang Yuxi; tra i sette nomi citati nella prefazione dell'opera, unicamente gli ultimi due sono indicati come funzionari medici, ma è solamente il terzo, Su Song (1020-1101), addetto all'Ufficio per i sacrifici e alla Biblioteca imperiale, che verrà associato dai posteri alla Farmacopea illustrata.
Nel 1092 si assiste al completamento da parte di Chen Cheng, medico originario dell'odierna regione dell'Anhui, della prima farmacopea pubblicata per iniziativa privata nel periodo Song. Per facilitare una maggior diffusione del Canone di farmacopea del Divino Agricoltore e della Farmacopea illustrata e forse per inserire anche questo tipo di testi nel movimento di riedizione critica dei Classici, l'autore aveva fuso queste due opere sotto il titolo di Farmacopea del Divino Agricoltore e [Farmacopea] illustrata, ampliate di note e riedite (Chongguang buzhu Shennong bencao bing tujing). Egli riteneva di aver riunito per la prima volta le monografie sui rimedi con le illustrazioni appropriate. Di questo testo sopravvivono soltanto frammenti in forma di citazioni in alcune edizioni della Farmacopea pratica e ordinata [sulla base delle] storie dinastiche e dei testi canonici (Jingshi zhenglei beiji bencao).
Redatta, come sembra probabile, a partire dal 1080, e portata a termine verso il 1082, la Farmacopea pratica e ordinata, composta di 1746 voci, è l'opera di un medico originario dell'odierna regione del Sichuan, Tang Shenwei (1056-1110 ca.). L'opera che circolò inizialmente in forma di manoscritto, fu pubblicata soltanto nel 1108 con il titolo di Farmacopea dell'era Daguan, ordinata [sulla base delle] storie dinastiche e dei testi canonici (Jingshi zhenglei Daguan bencao). Il responsabile dell'edizione ufficiale fu Ai Sheng, un medico di corte dell'imperatore Huizong (1101-1125). Al testo di Tang Shenwei egli aggiunse quello di un'altra farmacopea redatta nell'VIII sec., dal titolo Frammenti di farmacopea (Bencao shiyi), composta di 507 voci, in cui l'autore Chen Cangqi aveva collazionato le informazioni che non erano riportate nella Nuova revisione della Farmacopea, né nei bencao precedenti. Il testo così completato conoscerà numerose riedizioni sino al XIX sec.; le edizioni del 1108 e del 1249 sono state pubblicate in ristampa anastatica nel 1957 in Cina e nel 1970 in Giappone.
Mentre le illustrazioni di queste due edizioni possono essere diverse, i testi sono fondamentalmente identici, anche se la seconda edizione contiene citazioni da testi posteriori al 1108. L'edizione del 1108, della Farmacopea dell'era Daguan, ordinata [sulla base delle] storie dinastiche e dei testi canonici, ha 31 capitoli (juan); quella del 1249, intitolata Revisione dell'era Zhenghe della Farmacopea pratica e ordinata [sulla base delle] storie dinastiche e dei testi canonici (Chongxiu Zhenghe jingshi zhenglei beiyong bencao), ne ha uno di meno perché riunisce in un solo capitolo gli ultimi due dell'edizione precedente. Una bibliografia all'inizio dell'edizione del 1249 precisa che le fonti sono costituite da 247 testi, dei quali i primi 25 citati sono Classici confuciani, commentari e storie ufficiali; figurano successivamente i titoli di 15 farmacopee (bencao), 85 raccolte di ricette medicinali, 15 testi taoisti, seguiti dai titoli di 95 opere, per la maggior parte 'note in punta di pennello', come lo Zibaldone dei monti Youyang (Youyang zazu), e infine un'enciclopedia e tre raccolte di poesia. Vi si trovano ancora menzionate tre opere d'agronomia, tra cui il trattato Tecniche essenziali per il popolo (Qimin yaoshu) di Jia Sixie e il Compendio delle cose essenziali per le quattro stagioni (Sishi zuanyao; IX sec.?) di Han E, i primi due testi dedicati all'agricoltura stampati insieme per ordine imperiale durante il regno di Zhenzong (998-1022). Il fatto che l'autore abbia preso in considerazione, oltre ai Classici confuciani e ai libri di storia, anche il Canone taoista e alcuni scritti buddhisti testimonia l'interesse neoconfuciano del periodo Song verso altri sistemi di pensiero.
Una caratteristica importante di questo testo è l'importanza accordata alle citazioni dal Classico di farmacopea del Divino Agricoltore e dalle Altre annotazioni di medici celebri. Nei testi manoscritti, il testo canonico era scritto con inchiostro rosso; quindi sulle pagine stampate si fece ricorso a un procedimento tipografico per cui il testo del 'Classico' per eccellenza sulle sostanze medicinali, il Canone di farmacopea del Divino Agricoltore, figura ‒ per i 360 prodotti che prende in considerazione ‒ in caratteri bianchi scritti su cartigli neri. Esso è completato da citazioni tratte dalle Altre annotazioni, presentate in caratteri delle stesse dimensioni, ma neri su fondo bianco; tutte le altre citazioni sono in caratteri più piccoli e sono precedute dall'indicazione della fonte in caratteri bianchi scritti su cartiglio nero.
L'opera presenta 1746 'tipi' (zhong) di sostanze medicinali e alla fine del sommario dell'edizione del 1249 si legge che 628 sono i tipi di prodotti aggiunti rispetto alla Farmacopea del Divino Agricoltore completata e annotata dell'era Jiayou del 1061. La presentazione di questo materiale segue i principî di classificazione formulati da Tao Hongjing. Dopo tre capitoli (juan) dedicati alle 'giade-pietre', di grado superiore (cap. 3), medio (cap. 4) e inferiore (cap. 5), seguono i vegetali selvatici. La parte dedicata alle erbe di grado superiore (capp. 6-7), medio (capp. 8-9) e inferiore (capp. 10-11) precede quella sugli alberi di grado superiore (cap. 12), medio (cap. 13) e inferiore (cap. 14). Il cap. 15 è dedicato ai prodotti di origine umana; seguono i prodotti di origine animale con capitoli sui 'quadrupedi' di grado superiore (cap. 16), medio (cap. 17) e inferiore (cap. 18); un capitolo sui volatili (cap. 19) che raggruppa tutti e tre i gradi, un capitolo sugli insetti e sui pesci di grado superiore (cap. 20), medio (cap. 21) e inferiore (cap. 22). Il resto dell'opera presenta le sostanze medicinali che si ricavano dalle piante coltivate, proponendo in successione i frutti di tutti e tre i gradi (cap. 23), le granaglie di grado superiore (cap. 24), medio (cap. 25) e inferiore (cap. 26), e i legumi di grado superiore (cap. 27), medio (cap. 28) e inferiore (cap. 29). L'ultimo capitolo elenca i vegetali citati nella Farmacopea illustrata, ma non ripresi nel corpo principale dell'opera: anzitutto 75 tipi di piante erbacee, seguiti da 25 tipi di vegetali lignei e lianosi. Il testo si conclude con 194 tipi di prodotti 'con un nome ma non utilizzati'.
Rispetto a quelle delle dinastie precedenti, le farmacopee di epoca Song, pur conservando una struttura apparentemente simile ‒ classificazione in minerali, vegetali, animali e, al loro interno, tre divisioni in gradi (pin) ‒, introducono però una gran quantità d'informazioni di natura diversa. In effetti, accanto alle indicazioni farmacologiche e medicinali, si trovano informazioni naturalistiche, con le descrizioni dei vegetali e degli altri elementi naturali che costituiscono gli ingredienti base delle sostanze medicinali; vi sono inoltre informazioni tecniche, come, per esempio, i diversi procedimenti per ottenere il sale, descritti e abbondantemente illustrati.
Oltre a trattati di farmacopea che puntavano a una certa completezza, altre due opere, assai differenti l'una dall'altra, rilevano un approccio diverso. La prima, Approfondimento dei significati della farmacopea (Bencao yanyi), opera di un funzionario medico, Kou Zongshi (XII sec.), terminata nel 1116 e pubblicata per la prima volta nel 1119, può essere considerata come un'applicazione del principio di investigazione delle cose raccomandato dai neoconfuciani. Nell'organizzare e presentare la materia trattata, segue il modello della Farmacopea pratica e ordinata: dopo i primi tre capitoli di prefazione, sono presentati, in 17 capitoli, i prodotti della farmacologia implicitamente disposti secondo le grandi categorie di 'giade-pietre', erbe, alberi, volatili-mammiferi (compresi i prodotti di origine umana), insetti-pesci, frutti, verdure e granaglie, a loro volta suddivise in tre gradi, sino agli alberi. L'autore precisa che intende semplicemente completare le farmacopee precedenti e pertanto non riproporrà quanto è già noto; ecco perché sono presenti soltanto 470 voci in confronto alle 1746 della Farmacopea pratica e ordinata, alle cui edizioni l'Approfondimento dei significati della farmacopea fu allegato nel 1195 e nel 1204. Kou Zongshi segue una metodologia di lavoro critico, basandosi soprattutto sull'osservazione e l'esperienza; per esempio, fu il primo medico a lamentarsi delle difficoltà che s'incontrano nel diagnosticare le malattie femminili, dal momento che le donne non si lasciano esaminare direttamente. Così pure, a proposito del cormorano, nota che Tao Hongjing, citato nella Farmacopea pratica e ordinata, aveva affermato: "Questo uccello non depone uova, ma è il solo a vomitare i suoi piccoli dalla bocca"; constatando però che tale affermazione è stata contraddetta dai Frammenti di farmacopea di Chen Cangqi, Kou Zongshi così conclude:
Quando assolvevo il mio incarico ufficiale a Lizhou vi era, dietro la mia residenza, un grande albero con trenta o quaranta nidi [di cormorano]. Li osservavo dalla mattina alla sera. Non soltanto si accoppiavano, ma vi erano anche dei gusci d'uovo, color azzurro cielo, di cui era disseminato il suolo. Com'è possibile che i piccoli nascano dalla bocca? Ciò è totalmente infondato e rivela come fossero errate le affermazioni della gente di un tempo. (Bencao yanyi, p. 102)
Le sue osservazioni riguardano anche le ricette mediche, il modo di distinguere un prodotto autentico da uno falso o ancora la differenza tra due piante tra loro assai simili, come per esempio i cardi:
I cardi grandi e piccoli si somigliano, e i loro fiori sono come crocchie alla sommità della testa. Mentre i cardi grandi raggiungono i tre piedi [un metro ca.] di altezza e hanno le foglie ondulate, i cardi piccoli sono alti circa un piede e le loro foglie non sono ondulate; i montanari mangiano i cardi piccoli come verdura, è molto pratico. Anche se hanno delle piccole barbe, non fanno certo male per questo. (ibidem, p. 59)
A differenza di altri testi, il contenuto di quest'opera è quindi molto personale, spesso composto da impressioni, esperienze, ricerche e osservazioni dell'autore stesso. Molto diversa è la Farmacopea [dei monti] di Lü Chanyan (Lü Chanyan bencao), completata nel 1220, che si ritiene opera di un funzionario non medico della corte imperiale, Wang Jie, considerato un eccellente pittore di piante (Zeng Jinsheng 1989). Wang prende in considerazione soltanto 206 piante medicinali che crescevano nelle aree circostanti la zona di Hangzhou (nella regione del Zhejiang), e nel testo che accompagna i disegni non offre alcuna spiegazione o descrizione, ma semplicemente riporta indicazioni medicinali, sotto forma di citazioni da altre opere. Egli rivolge, infatti, tutta la sua attenzione all'aspetto pittorico; sceglie di dipingere con grande precisione alcuni particolari, come fusti frondosi con fiori o estremità di rami con foglie, rompendo con i criteri classici d'illustrazione della letteratura medica, che privilegiavano una rappresentazione completa delle piante, senza alcun interesse per la scala e spesso in modo abbastanza approssimativo (Haudricourt 1994). Le illustrazioni a disposizione danno l'impressione di essere state eseguite dal vivo su esemplari campione; l'intenzione di offrire immagini il più possibile simili alle piante viventi spiega perché l'autore non abbia giudicato utile fornire nel testo una pur minima descrizione. Quest'opera, di cui si conosce soltanto un esemplare manoscritto recentemente scoperto, risalente all'epoca Ming, offre il primo insieme tuttora esistente di rappresentazioni a colori di gusto realistico delle erbe medicinali in Cina, e costituisce ‒ al tempo stesso ‒ un valido esempio di applicazione concreta dell'invito neoconfuciano a 'investigare le cose'.
Uno sguardo sulla Natura
Assai importante è l'opera di Zheng Qiao (1104-1162), letterato-eremita, poligrafo e autore della Monografia generale (Tongzhi), compendio di storia della civiltà cinese dalle origini fino ai Tang (618-907). Quest'opera contiene 20 trattati su temi vari, tra cui il Compendio sugli insetti e le piante (Kunchong caomu lüe), che costituisce i capp. 75 e 76. Il metodo seguito da Zheng Qiao è quello dell'osservazione della Natura a fini esegetici. Scrive infatti l'autore: "La ricerca di coloro che studiano per spiegare la Natura (xing) esplorando la struttura fondamentale (li) [delle cose] sarà vana se essi non si dedicano allo studio della realtà (shixue). Questo problema esisteva già all'epoca di Confucio. Il Maestro ha detto: "Figlioli miei, perché nessuno di voi studia il [Classico] delle odi? […] Vi potreste apprendere i nomi di molti animali e piante"" (Tongzhi, 75).
A partire da questa citazione tratta dai Dialoghi di Confucio, Zheng Qiao spiega che i nomi delle piante e degli animali potevano offrire la chiave per una comprensione veritiera dei testi del Classico delle odi (Shijing), e infatti continua:
Il fondamento delle Odi è nel suono, e il fondamento del suono è nell'allegoria; ora, animali e piante sono all'origine dell'allegoria. Poiché i confuciani [di epoca] Han che dissertavano sulle Odi ignoravano il suono, non comprendevano le allegorie e per questo si è rovinato lo studio degli animali e delle piante. Se si legge [nella prima ode del Classico delle odi]: "guan guan ('qua qua') [fanno] le volpoche sull'isolotto del fiume" e non si conosce la volpoca, come si potrà apprezzare il gusto dell''isolotto del fiume' associato al suono guan guan? Tutti [gli uccelli] della categoria (lei) delle oche e delle anatre hanno il becco appiattito e il loro verso è guan guan. Quelli del gruppo dei polli e dei fagiani hanno il becco appuntito, così il loro verso è wei wei: "è il canale attraverso cui il Cielo fa conoscere la propria voce". Il becco delle volpoche assomiglia a quello delle oche e delle anatre, ed è per questo che esse emettono lo stesso suono; si può allora gustare pienamente l'interesse [della scelta] del bordo dell'acqua. Nel Xiaoya [prima poesia del Libro I del Classico delle odi, 'Quel che è bene in circostanze normali'] si dice: "you you, bramiscono i cervi brucando l'artemisia sulla landa". Se non si conoscono i cervi, come si può associare il suono you you con il piacere che essi provano nel mangiare l'artemisia (ping)? Tutti gli animali del gruppo delle vacche e delle capre che hanno le corna ma non i denti emettono il suono you you. Tutti quelli del gruppo dei cammelli e dei cavalli, che hanno i denti ma non hanno le corna, fanno xiao xiao. È di nuovo la voce dell'armonia celeste. Il muso dei cervi è come quello delle capre e delle vacche, ed è questa la ragione per cui i loro versi sono identici; si può apprezzare allora l'interesse dell'artemisia. Senza conoscere il comportamento e la morfologia degli animali, come gustare ciò che evocano i guan guan e gli you you dei poeti? (ibidem, 76)
Per Zheng Qiao, dunque, si possono apprezzare i Classici dell'Antichità soltanto se, leggendo i testi, si è capaci di godere delle corrispondenze allusive che ne rivelano il senso più profondo. È dunque attraverso una rete di relazioni che si effettua la lettura dei Classici, pertanto, senza l'osservazione della Natura, mancano i riferimenti che permettono la comprensione dei testi. Nei due esempi citati le onomatopee che imitano i versi degli animali selvatici permettono di classificarli, per analogia morfologica, nel gruppo degli animali domestici, il cui comportamento è conosciuto; di conseguenza, i comportamenti degli animali familiari sono implicitamente attribuiti agli animali selvatici delle poesie e l'immagine musicale può essere pienamente apprezzata. Questa logica spiega come Zheng Qiao abbia scelto d'interpretare il nome della pianta citata nella poesia, ping, con louhao che designa un'artemisia (Artemisia selengensis Turcs.), mentre ping è il nome del trifoglio d'acqua (Marsilia quadrifolia L.), una pianta acquatica che però non sembrava, a lui come ad altri commentatori delle poesie del Classico delle odi, un'erba commestibile per i cervi.
Zheng Qiao osserva che i confuciani ignorano il mondo della campagna, mentre "i contadini e i giardinieri non conoscono il gusto del Classico delle odi"; senza la complementarità di queste due tipologie di uomini è però impossibile tramandare lo studio delle piante e degli animali; la comprensione profonda dei testi antichi deve passare quindi sia per un procedimento filologico sia per un'indagine profonda della Natura, da svolgersi nelle campagne o nelle montagne presso la gente che vive in quei luoghi. Nel suo Compendio sugli insetti e le piante egli sottolinea più volte l'importanza di una corretta denominazione di piante e animali; in certi casi, si sofferma a elencare anche una dozzina di sinonimi.
Zheng Qiao riunisce l'insieme dei vegetali e degli animali, diversamente da quanto avviene di solito nelle opere di farmacopea; infatti, l'insieme delle voci è ripartito secondo le seguenti categorie: 'erbe' e 'verdure', 'riso e miglio' per la prima parte dell'opera; 'alberi' e 'frutti', e 'insetti-pesci', 'volatili' e 'quadrupedi' per la seconda parte. Egli presenta, anzitutto, le piante erbacee selvatiche e coltivate, poi gli alberi della foresta e da frutto, e infine le diverse categorie di animali; in tal modo non si allontana dalla classificazione degli esseri viventi che proponeva il suo contemporaneo, il noto filosofo neoconfuciano Zhu Xi (1130-1200), il quale riteneva che "la coscienza delle piante è inferiore a quella degli animali, che a loro volta è inferiore a quella degli esseri umani", e che tre secoli e mezzo più tardi Li Shizhen svilupperà in modo esplicito applicandola alla presentazione delle sostanze medicinali.
Florilegi e altre raccolte enciclopediche
Animali e vegetali costituiscono il nucleo centrale di buona parte delle citazioni che compaiono nell'Enciclopedia [compilata] per l'Imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan). Questa enciclopedia in mille fascicoli (juan) era destinata, come indica il nome, a fornire informazioni per l'imperatore Taizong, che ne aveva ordinato la compilazione, e fu completata nel 983 sotto la direzione di Li Fang (925-996), ministro di Stato. Essa costituisce una fonte di grande interesse per la letteratura precedente, dato che le citazioni sono tratte da oltre 2000 opere di cui il 70 % è andato perduto. Sei capitoli (837-842) sono dedicati alle granaglie commestibili e sono collocati subito prima delle sezioni sugli alimenti. Le citazioni relative agli altri vegetali sono presenti negli ultimi 49 capitoli dell'enciclopedia (952-1000). L'ordine di presentazione delle piante è interessante, in quanto diverge da quello delle sostanze medicinali di origine vegetale usato nei testi specialistici. In sequenza, si trovano 10 capitoli sugli alberi, 2 sui bambù, 12 sui 'frutti' (che terminano con le voci dedicate al taro, alla castagna d'acqua, alle granaglie e al rizoma del loto), 5 sulle verdure, 3 sui profumi, 10 sulle piante medicinali e, infine, 7 sulle piante erbacee.
Le citazioni sugli animali precedono quelle che riguardano le piante e occupano 63 sezioni (889-951); esse sembrano motivate in primo luogo da un desiderio di completezza in rapporto alle fonti. I primi 25 capitoli sono dedicati ai quadrupedi, i successivi 15 alle 'tribù alate', seguiti da altri 15 capitoli per gli animali 'con scaglie e carapaci', mente gli ultimi 8 sono dedicati agli 'insetti', categoria che comprende anche vermi e ragni.
L'enciclopedia intitolata L'origine delle cose (Shiwu jiyuan), la prima dedicata a questo tema, fu portata a termine nel 1085, probabilmente proprio per rispondere all'esigenza confuciana di 'investigare le cose'. L'opera è attribuita a Gao Cheng (seconda metà dell'XI sec.); come indica il titolo, l'autore si sforza di definire le condizioni del manifestarsi di un certo numero di fenomeni. Tra i 1764 soggetti trattati, divisi in 55 capitoli, piante e animali compaiono nel cap. 1, sotto i titoli generali di erbe-alberi, uccelli-quadrupedi, tartarughe-pesci, come pure nelle ultime due parti dell'opera. Il cap. 54, intitolato 'sezione delle erbe-alberi-fiori-frutti', è formato da 29 annotazioni e il cap. 55, 'sezione degli insetti-pesci-uccelli-quadrupedi', da 17. Gao Cheng segnala, per esempio, l'origine occidentale del sesamo, del coriandolo e degli spinaci.
L'aspirazione all''investigazione delle cose' è espressamente dichiarata anche da Chen Jingyi, l'autore del Modello perfetto di tutte le fragranze (Quanfang beizu), opera composta 171 anni più tardi. Nella sua prefazione a questa vasta raccolta, stampata nel 1256, l'autore ricorda nuovamente l'invito confuciano a studiare i nomi delle piante e degli animali e offre alcune precisazioni sul suo modo di procedere e sulle sue curiosità. Scrive infatti Chen Jingyi:
Spesso io penso: il Cielo e la Terra producono le cose. Non c'è forse una causa? Osservare semplicemente senza approfondire l'origine è cosa fugace come [l'esistenza] dei funghi [spuntati] al mattino. Perché i bambù sono cavi e gli alberi pieni? Perché alcune piante crescono in primavera e avvizziscono in autunno, mentre altre attraversano senza cambiamenti le quattro stagioni? Quello che è difficile conoscere è il principio (li) di questi cambiamenti […]. Alcuni mi rimproverano di compiacermi di sciocchezze e di comporre amabili diversivi. Io replicherei con il detto degli antichi: "Cogli il senso delle cose e non lasciarti prendere soltanto dalla loro apparenza". Chi si lascia andare alla semplice distrazione in effetti è risibile, ma il Grande studio (Daxue) fonda il suo insegnamento prima di tutto sull'osservazione delle cose, mentre il compito di colui che studia è quello di ben conoscere i nomi degli animali e delle piante. (Quanfang beizu, p. 11)
L'ultima frase allude ancora direttamente al neoconfucianesimo, visto che il Grande studio, in origine una parte delle Memorie sui riti (Liji), era stato separato da Zhu Xi per divenire il primo dei Quattro Libri, i testi, insieme ai Cinque classici, alla base dell'insegnamento confuciano.
Il Modello perfetto di tutte le fragranze costituisce la prima raccolta di citazioni dedicate esclusivamente ai vegetali. L'autore, originario del Zhejiang, ebbe incarichi amministrativi in alcune zone delle odierne regioni del Jiangsu e del Zhejiang durante la dinastia dei Song meridionali (1127-1279). La redazione della maggior parte dell'opera sembra essere stata completata nel 1225; subito dopo essa fu presentata al sovrano, ma soltanto intorno al 1256 (data della prefazione dell'autore) fu pubblicata, dopo aver avuto un'ultima revisione. La raccolta è divisa in due parti: la prima, in 27 capitoli, dedicata esclusivamente ai fiori; la seconda, in 31, suddivisa in 7 sezioni che riguardano in sequenza i frutti (9 capitoli), le piante erbacee sotto i due titoli hui (3 capitoli) e cao (un capitolo) ‒ due termini indicati come sinonimi nei dizionari ‒ gli alberi (6 capitoli), le granaglie e i gelsi (3 capitoli), le verdure (5 capitoli) e le piante medicinali (4 capitoli).
Stando alla prefazione dell'autore, l'insieme del testo, del tutto privo di illustrazioni, è organizzato secondo 400 voci (men), ma in realtà se ne contano soltanto 300 circa. Ogni voce corrisponde a un nome di pianta o di parte della pianta, per cui lo stesso vegetale può essere citato più volte come fiore, frutto, albero, e così via. Per ogni voce, il testo, di lunghezza ineguale, è suddiviso in due grandi sezioni: la prima riporta citazioni di contenuto più tecnico e la seconda, la più estesa, cita testi poetici di diversi autori, classificati secondo dieci generi differenti. Il primo gruppo di citazioni fornisce informazioni sul nome, sui sinonimi e spesso sulla descrizione della pianta e sulla sua classificazione; altre citazioni riguardano più precisamente la natura, l'origine, la coltivazione e gli usi della pianta, oppure riferiscono aneddoti, sovente mitici, che la riguardano. Le informazioni contenute nel primo gruppo sono costituite da più o meno 1600 citazioni tratte da circa 400 testi, di natura assai varia: enciclopedie, Classici confuciani, testi taoisti, opere di farmacologia, trattati di orticoltura, annali locali, prefazioni a opere poetiche, note personali dei letterati, biografie e saggi in versi. Sebbene consista di citazioni da altri testi, la maggior parte dell'opera non è una semplice compilazione, come nel caso di tante altre opere enciclopediche, perché l'autore, Chen Jingyi, presenta anche alcuni testi propri (Needham 1986).
Monografie
I testi di farmacopea e le opere a carattere enciclopedico mostrano un marcato interesse per le piante e gli animali, sia per i loro fini curativi e nutrizionali sia in quanto oggetti di riflessione da un punto di vista filologico o storico. La lettura del Modello perfetto di tutte le fragranze fa scoprire quanti importanti testi poetici facciano allusione al mondo delle piante, mettendo in tal modo in luce una particolare sensibilità verso la semplice bellezza di certi vegetali. A questo proposito va ricordato che, se i primi imperatori della dinastia Song settentrionale avevano ordinato la revisione della farmacopea, il penultimo di essi, Huizong (1101-1125), che era un noto esteta, aveva creato un organismo speciale, la Rete dei fiori e delle rocce, con il compito di portare nella capitale, per ornare i giardini imperiali, quanto vi fosse di più bello e insolito tra le rocce o le piante di ogni regione dell'Impero.
Durante le due dinastie Song si assistette alla significativa produzione di un numero consistente di monografie, dedicate alla descrizione, coltivazione e valutazione di particolari gruppi di piante coltivate a scopi ornamentali e alimentari (due categorie, queste, che non si escludevano reciprocamente; Li Hui-lin 1959; Needham 1986). Il primo di questi trattati, Peonie del centro del Zhejiang (Yuezhong mudanhua pin), portato a termine nel 986, è opera di un monaco, Zhong Xiu, che descrive 32 varietà di peonia arbustiva (mudan, Paeonia suffruticosa Andr.). Questa pianta conobbe, durante la prima dinastia Song, un successo straordinario e gli orticoltori di Luoyang e della capitale (Kaifeng) rivaleggiavano per ottenerne nuove varietà il cui valore sul mercato potesse raggiungere somme elevate, come racconta Ouyang Xiu, nel 1034, nelle sue Note sulle peonie arbustive di Luoyang (Luoyang mudan ji). Accanto alle peonie arbustive, le peonie erbacee (shaoyao), i crisantemi (ju), le orchidee (lan) del genere Cymbidium, i bambù, l'albicocco del Giappone (mei, Prunus mume Sieb. e Zucc.), gli agrumi, il melo (haitang, Malus spectabilis Borkh.), il litchi, il giuggiolo, la pianta del tè, la barringtonia o ancora gli alberi tong furono pure oggetto di specifiche monografie. Il fine comune di queste opere era, anzitutto, quello di fornire indicazioni sull'origine e sulla coltivazione delle piante, e poi nominare e descrivere un certo numero di varietà, classificate sulla base del loro interesse ornamentale o economico, secondo il gusto dell'autore. La peonia arbustiva più apprezzata, per esempio, sarà designata come 'imperatore', seguita dall''imperatrice' o dalla 'concubina', e poi dalle diverse dame della corte imperiale. Questa categorizzazione dei fiori in riferimento a una gerarchia umana riflette, in modo scherzoso, lo stesso tipo di classificazione usato per i prodotti di farmacopea che compongono i diversi preparati medici.
Le Note sugli alberi e i fiori di Luoyang (Luoyang huamu ji, 1082), di Zhou Shihou, funzionario di stanza a Luoyang, permettono di apprezzare la ricchezza e la diversità delle piante che si potevano osservare alla fine dell'XI sec. in questa città, una delle antiche capitali dell'Impero cinese. L'autore inizia elencando le varietà di peonia arbustiva secondo un ordine di gradimento decrescente. Le prime sono le 'doppie a fiori gialli' (10 varietà), seguite immediatamente dalle 'doppie a fiori rossi' (34 varietà), le 'doppie a fiori violetti' (10 varietà), una 'doppia color porpora', le 'doppie a fiori bianchi' (4 varietà); il termine cinese che si traduce con 'doppia' significa, letteralmente, 'a mille foglie (o petali)' (qianye). Il secondo insieme è formato da fiori semidoppi in cui la trasformazione degli stami in pseudopetali è meno riuscita; queste forme sono definite in cinese 'a molte foglie' (duoye). Zhou Shihou ne cita 32 varietà rosse, 14 violette, 3 gialle e una bianca. Dopo le peonie arbustive, sono quelle erbacee (shaoyao) ad attirare l'attenzione dell'autore. Della varietà 'a mille foglie' egli nomina 16 varietà gialle, 16 rosse, 6 violette, 2 bianche e una porpora; cita poi 82 tipi di fiori diversi, iniziando da due varietà di dafne (ruixiang, Daphne odora Thunb.) e sei varietà di meli (haitang, Malus spectabilis Borkh.). Descrive, infine, la categoria dei frutti-fiori; il primo insieme citato è quello dei peschi con 30 varietà, 6 varietà di albicocco del Giappone (mei, Prunus mume Sieb. e Zucc.), 16 di albicocco (xing, Prunus armeniaca L.), 27 di pero 'nashi' (li, Pyrus serrotina Rehder), 27 di prugno (li, Prunus salicina Lindl.), 11 di ciliegio (yingtao, Prunus pseudo-cerasus Lindl.), 9 di melograno (shiliu, Punica granatum L.), 6 di melo (linqin, Malus prunifolia Borkh. var. rinki Relider.), 5 di cotogno del Giappone (mugua, Cydonia lagenaria Lois.), e 10 di meli (nai, Malus sp.). La categoria successiva è quella dei fiori con le spine, con 37 tipi, la metà dei quali sono rose. L'insieme successivo è quello delle 'erbe-fiori' con 89 tipi, tra cui 3 orchidee (Cymbidium sp.), il narciso (shuixian hua, Narcissus tazetta L. var. chinensis Roem.), 24 tipi di crisantemo (ju, Chrysanthemum sp.), 8 di emerocallidi (Hemerocallis sp.), 6 varietà di tulipani (jindeng, Tulipa edulis Baker.), alcuni garofani (shizhu), un papavero, 2 rosolacci, una balsamina, una funchia, 3 dature, 5 creste di gallo, Daphne genkwa, 8 tipi di malvarosa a fiore semplice e doppio, e diverse varietà di gigli. Infine, le ultime due categorie presentano 17 tipi di fiori acquatici, tra cui 6 varietà di loto e 6 tipi di fiori rampicanti, inclusa la bignonia. Dopo aver elencato questo gran numero di specie e varietà di piante, Zhou Shihou presenta una descrizione e una valutazione dei diversi tipi di peonia e conclude l'opera con vari consigli sul tipo di coltivazione da lui stesso praticata.
L'infatuazione di un vasto pubblico per peonie e crisantemi, in particolare, e il guadagno economico che da tale interesse si poteva ricavare, hanno certamente stimolato la ricerca degli orticoltori. Nel periodo Song, partendo dalle singole piante prelevate in Natura, si praticava una selezione sulla base dell'osservazione dei risultati degli incroci spontanei nelle piantagioni. Dai semi ottenuti dagli incroci più interessanti si facevano crescere le piantine e, infine, quando si riscontravano esemplari degni di essere messi in vendita, questi erano moltiplicati mediante l'innestatura prima della raccolta. Questa tecnica di coltura, già descritta nelle Tecniche essenziali per il popolo (Qimin yaoshu), nel periodo Song fu velocizzata in maniera straordinaria; il Trattato di agricoltura (Nongshu) di Wang Zhen, pubblicato nel 1313 durante la dinastia Yuan (1279-1368), ne descrive almeno sei tecniche.
Le annotazioni di un importante uomo di Stato e storico, Sima Guang (1019-1086), a proposito del giardino che egli allestì dopo il suo ritiro dalla vita pubblica, permettono di apprezzare meglio la diversità dei piaceri che l'amore per la Natura procurava a questi letterati. Egli possedeva sei cespugli delle principali piante ornamentali, ciascuna in due esemplari, e aveva fatto sistemare 120 aiuole per installarvi piante medicinali raccolte sui monti, che si dilettò a studiare e classificare. Oltre al piacere di coltivare e contemplare le diverse varietà, "una conoscenza approfondita delle piante e del loro simbolismo offriva ai letterati l'opportunità di esprimere opinioni socio-politiche potenzialmente pericolose in un contesto poetico e letterario, e dunque in maniera apparentemente innocua anche se allusiva" (Needham 1986).
Due piante attirarono in particolar modo l'attenzione dei letterati-calligrafi, dando origine a un vero e proprio genere artistico di pitture-calligrafie: le orchidee Cymbidium (lan) e gli albicocchi del Giappone (mei; Bickford 1985). Nel Catalogo di fiori di prugno (Meihua xishen pu, 1231) di Song Boren (prima metà del XIII sec.) sono invece riprodotti 100 'ritratti' di fiori di albicocco del Giappone, ognuno accompagnato da una poesia; in essi il testo e il disegno si corrispondono per evocare uno stato d'animo, o un particolare sentimento dell'autore.
Infine, alcuni letterati-eremiti pervennero a un'ulteriore forma di apprezzamento dell'ambiente vegetale, elaborando una vera e propria 'culinaria delle piante selvatiche' (Sabban 1997), per non parlare poi delle numerose brevi annotazioni su piante e animali in scritti informali, quali le 'note in punta di pennello' (biji).
Più rare sono le monografie dedicate agli animali, tra queste si ha notizia di un Classico dei tessitori solerti (Cuzhi jing) di Jia Sidao (1213-1275) e di un Trattato sui granchi (Xiepu) di Fu Gong (1010 ca.).
Una testimonianza di accurate osservazioni di piante e animali si trova in numerose opere pittoriche, di cui una delle più celebri è attribuita all'imperatore Huizong. Un confronto tra gli stessi frutti che appaiono in questo dipinto, alcuni litchi, con quelli rappresentati nelle due edizioni della già citata Farmacopea pratica e ordinata mette in luce un paradosso: le illustrazioni a vocazione tecnica sono molto meno somiglianti all'originale delle rappresentazioni di piante e animali che compaiono nelle opere d'arte, anche se per queste ultime il criterio della veridicità non era essenziale.
Sulla base di un esame dei testi fin qui presentati, gli storici moderni si sono chiesti in quale misura, durante le due dinastie Song, si assista a una 'rivoluzione' dovuta a "un'investigazione sperimentale sistematica della Natura" (Elvin 1973). È innegabile che le diverse opere sulle sostanze medicinali pubblicate durante questo periodo (960-1279) rivelino, almeno nelle intenzioni (come provano le prefazioni), interesse per una valutazione critica del sapere precedente e desiderio di osservazione. Tuttavia, Kou Zongshi sembra il solo ad adottare un modo di procedere sistematico, facendo confluire nei capitoli del suo libro soltanto ciò che fornisce nuove informazioni. Il significativo numero di testi sulle sostanze medicinali, la prima opera enciclopedica sul mondo vegetale, le numerose monografie dedicate alla coltura e allo studio delle piante (insieme agli animali e ai minerali), i trattati di agronomia, il gusto per certe piante, di cui si arrivò a ottenere varietà particolarmente spettacolari, sono esempi di una curiosità verso gli oggetti naturali e di una padronanza del mondo organico, che testimoniano un modo di procedere sperimentale. Quanto alla motivazione profonda di questa 'investigazione delle cose' neoconfuciana, una chiave di lettura è offerta dalle affermazioni di due filosofi, Shao Yong (1011-1077) e Cheng Yichuan (1033-1107). Mentre il secondo considera che "una vasta conoscenza dei nomi di uccelli e bestie, piante e alberi sia un mezzo per comprendere il li" (Needham 1986), il primo va oltre il semplice interesse per i nomi e cerca di convincere Cheng Yichuan a osservare direttamente i fiori. Al rifiuto di quest'ultimo, egli ribatte: "Che male ci può essere? Tutte le cose hanno il loro principio ultimo (li). Noi osserviamo i fiori in modo diverso dalla gente comune perché cerchiamo di vedere dentro i misteri delle forze creatrici della Natura" (ibidem, p. 443). Concludendo, è la ricerca della struttura fondamentale (li) che spiega l'originalità del modo di procedere dei letterati cinesi; portandoli a superare un approccio puramente filologico (di cui il Trattato sui granchi è un esempio perfetto), tale ricerca li ha condotti infatti a una forma di osservazione più diretta della Natura.
di Ina Asim
Possiamo definire la passione dei Song per gli studi antiquari come l'interesse intellettuale di un'élite che mirava a fare dei valori del passato la forza ispiratrice per la creazione di un nuovo ordine sociale. Era infatti opinione comune che la rivalutazione dell'Antichità avrebbe favorito uno sviluppo autoctono da contrapporre alle influenze straniere, particolarmente forti durante la dinastia Tang. In questo senso, la passione per gli studi antiquari fu l'espressione di un nuovo modo di percepire la realtà da parte della classe dei funzionari-letterati. Tale interesse emerse nel corso della disputa intellettuale volta a determinare, da una parte, la validità dei Classici come testimonianza di un'Antichità percepita alla stregua di una società ideale e, dall'altra, il valore della storia come fonte di modelli eventualmente utilizzabili quali punti di riferimento esemplari. La contesa tra coloro che propugnavano lo studio dei testi classici e coloro che mettevano piuttosto in rilievo l'importanza dello studio della storia dominò la classe intellettuale Song nei secc. XI e XII, e influenzò direttamente il curriculum degli studi dei candidati agli esami. Nel periodo Song, per diventare funzionari non erano più sufficienti merito e lignaggio, come durante le precedenti dinastie; per ottenere l'ammissione agli esami imperiali era necessario studiare diligentemente, e il titolo conseguito dava accesso a una carriera come pubblico funzionario e a un particolare status sociale. I contenuti degli esami riflettevano perciò le tendenze politiche della classe sociale al governo e indirizzavano l'orientamento intellettuale dei candidati. Alcuni autorevoli eruditi ritenevano che le risposte ai problemi del tempo potessero essere trovate nello studio dei Classici; altri, invece, erano convinti che per affrontare con successo le difficoltà ci si dovesse basare sulla conoscenza della storia, e che seguire i saggi comportamenti delle generazioni precedenti avrebbe contribuito a dar vita a uno Stato forte e a un proficuo equilibrio politico.
L''antiquaria' (intesa come 'scienza dell'Antichità') non può essere ridotta, pertanto, all'idea di un'élite di eruditi che si rivolge al passato per legittimare una politica conservatrice, o a una mera passione per le antichità; questi eruditi cercavano di applicare le conoscenze ricavate dallo studio del passato ai fini del buon funzionamento della società della propria epoca. Frederick Mote ha brillantemente sintetizzato l'atteggiamento intellettuale che predominò durante i Song, in particolare per quanto riguarda gli eruditi con interessi antiquari: "Il passato (gu) era nel giusto (zheng). Dal momento che il giusto era attribuito al passato, il presente non poteva rappresentarne che una deviazione" (Mote 1976). Questa deviazione del presente rispetto a un passato ideale non si riflette soltanto nelle discipline storiche; anche nella cultura materiale esistono esempi notevoli dell'influenza esercitata dagli studiosi di antiquaria sulle preferenze dei Song in fatto di gusto e di stile.
Lo studio dei Classici confuciani e lo studio della storia: l'epigrafia e la ricostruzione del rituale
Nel periodo Song la storiografia fu profondamente influenzata dallo studio delle antiche iscrizioni su bronzo e su pietra che costituivano le fonti per la definizione di modelli di comportamento per una condotta politica moralmente corretta. Le iscrizioni, nonché copie e calchi d'iscrizioni, ebbero ampia diffusione tra gli eruditi che si dedicavano allo studio dell'epigrafia, della linguistica e dell'etimologia con l'intento di ripristinare caratteri, testi e commentari autentici e, grazie a essi, riformulare gli antichi rituali come rappresentazioni esemplari in grado di trasmettere valori etici.
La raccolta e la circolazione di calchi d'iscrizioni avevano preparato il terreno per uno studio approfondito delle epigrafi. L'epigrafia, che era stata oggetto di grande interesse durante i Song settentrionali (960-1127), assunse rilevanza anche maggiore con i Song meridionali (1127-1279), dal momento che molti manufatti erano andati perduti durante la conquista, a opera dei Jin (1115-1234), di un territorio che comprendeva quasi metà dell'Impero. Gli eruditi, tuttavia, non si limitarono a cercare di recuperare i dati storici perduti a causa del disordine politico e militare di cui essi erano stati testimoni nel corso della dinastia, ma si prefissero, anche, di ricostruire dati e documenti dispersi sin dai tempi della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.). Lo stile e l'ambito di diffusione degli scritti storici e delle edizioni commentate dei Classici confuciani subirono cambiamenti e ampliamenti e il loro studio divenne ancora più importante non soltanto per i candidati agli esami desiderosi di conseguire una carica ufficiale, ma per tutti coloro che appartenevano all'élite dirigente. La diffusione di testi dei Classici confuciani, approvati dal governo e alla base dell'istruzione, contribuì a creare un livello omogeneo di conoscenza. Questi testi furono distribuiti tra i funzionari sotto forma di calchi ricavati da stele incise. Già durante la dinastia Tang nella capitale, Chang'an, erano state approntate tavole di pietra che recavano incise le edizioni dei Classici approvate dall'imperatore, contribuendo così alla conservazione e alla trasmissione di quei testi nei secoli successivi. Considerate alla stregua di edizioni autentiche dei Classici, queste tavole avevano svolto la funzione di strumento di consultazione per funzionari e candidati agli esami. Al fine di conservare questa preziosissima raccolta d'iscrizioni e metterla a disposizione dei futuri esegeti, nel 1087 le stele furono trasferite e trovarono una nuova collocazione tra le mura del tempio di Confucio a Chang'an, che offrì riparo all'intera collezione. Molto tempo dopo, durante il regno dell'imperatore mancese Shunzhi (1644-1661), al sito che ospitava la collezione fu dato il nome di 'Foresta delle stele' (Beilin), mentre attualmente è noto come Museo della Foresta delle stele di Xi'an.
Soltanto due delle stele oggi accessibili al pubblico risalgono al periodo Song, e tuttavia entrambe sono emblematiche della passione dell'epoca per l'antiquaria. La più antica delle due tavole fu scritta e incisa su pietra nel 999; la sua composizione riflette un ulteriore importante aspetto dell'interesse accademico dei Song in relazione all'antiquaria, ossia l'evoluzione della grafia. Il testo è inciso per la maggior parte nella grafia dei sigilli, ricorrendo allo stesso tipo di grafia in uso ai tempi delle prime dinastie e trasmesso da Xu Shen (58-147 d.C. ca.) nella sua Spiegazione delle figure e interpretazione dei caratteri (Shuowen jiezi). Prefazione e chiose sono incise sulla stele nella grafia regolare solitamente usata in epoca Song. Al fine di conseguire un alto livello di autenticità testuale, gli eruditi Song fecero ricerche sulla forma originale dei caratteri, proponendosi di ripristinarli sulla base della Spiegazione delle figure e scartando quelli che erano stati creati dopo la sua compilazione. La seconda stele dell'epoca Song pervenutaci contiene un testo composto e scritto dall'imperatore Huizong; essa data al 1108 e verte sul sistema educativo.
Dopo la conquista della Cina del Nord da parte dei Jin, la Foresta delle stele, il simbolo per eccellenza della salvaguardia dell'antichità, non fu più accessibile. Tra i funzionari, comunque, l'esigenza di conoscere i Classici continuò a essere sentita profondamente. Fu così che s'intraprese un progetto per incidere e collocare stele recanti trascrizioni dei Classici; le tavole furono incise nel 1143 con la calligrafia dell'imperatore Huizong e sistemate presso l'Accademia nazionale di Lin'an, l'odierna Hangzhou, allora capitale dei Song meridionali; copie di queste stele furono situate in seguito presso scuole e accademie governative, sparse su tutto il territorio di ciò che restava dell'Impero.
Oltre ai progetti patrocinati dal governo per favorire lo studio dei Classici, come quello dell'incisione delle stele, in epoca Song assunsero una certa rilevanza alcune iniziative di studiosi privati, quali le collezioni di calchi e di antichità, nonché l'analisi della grafia e dello stile. Tra gli studiosi promotori di una ricerca sistematica in campo epigrafico, uno dei principali fu Ouyang Xiu (1007-1072). Il suo Catalogo sulla raccolta di antichità (Jigu lu), in dieci capitoli, fu compilato tra il 1054 e il 1072; trattandosi del primo libro che forniva suggerimenti sulla ricerca e sulla compilazione d'iscrizioni, esso assurse a modello per i compilatori e gli autori successivi. L'opera conteneva 739 dei 1000 calchi d'iscrizioni su bronzo e pietra risalenti a un periodo compreso tra la dinastia Zhou e le Cinque Dinastie (XI sec. a.C.-960 d.C.), da lui personalmente raccolti. Per ordine del padre, il figlio più giovane di Ouyang Xiu, Ouyang Fei, compilò un'appendice al Catalogo sulla raccolta di antichità, il Catalogo della raccolta di antichità (Jigu lumu). La passione di Ouyang Xiu ebbe inizio con la raccolta di bronzi e giade sia ereditati sia acquistati, o portati alla luce dagli studiosi di epoca Song.
Il secondo obiettivo che gli studiosi di antiquaria si proponevano di raggiungere era quello di ricostruire, con l'aiuto dell'epigrafia e dell'etimologia, il corretto rituale di corte finalizzato alla piena legittimazione politica. I testi sulla corretta (zheng) esecuzione dei riti (li) contenevano figure (tu) che ne illustravano i contenuti astratti e li rendevano più comprensibili al lettore di epoca Song; questa tendenza si ritrova anche negli scritti filosofici. Per ridare vita all'antico rituale e adattarlo alle esigenze intellettuali dei Song furono scritti numerosi testi sui riti, nonché sugli accessori da essi previsti, basandosi sui materiali disponibili. Queste opere si sforzavano d'interpretare e di commentare a fini pratici i cosiddetti 'Tre classici sui riti', vale a dire i Riti dei Zhou (Zhouli), le Memorie sui riti (Liji) e il Cerimoniale (Yili).
Agli inizi dei Song settentrionali, per riorganizzare il rituale di corte si dovette provvedere alla creazione di una rigida terminologia in grado di designare ogni singolo oggetto. Nie Chongyi (attivo dopo il 950), già decano degli studi presso l'Accademia imperiale di quella che fu la breve dinastia dei Zhou posteriori (951-960), descrisse costumi, vessilli, mazze da cerimonia e altri accessori nella sua Raccolta di commentari sulle illustrazioni dei Tre classici dei riti (Sanli tu jizhu), che divenne uno dei principali testi di consultazione per gli oggetti impiegati nel rituale di corte e le cui illustrazioni furono tratte da disegni risalenti al periodo Han. Sebbene aspramente criticata da alcuni studiosi perché giudicata inattendibile a causa della trascuratezza della redazione, la Raccolta di commentari sulle illustrazioni dei Tre classici dei riti orientò gli sforzi volti alla ricostruzione del rituale di corte durante il regno dell'imperatore Huizong dei Song settentrionali, vale a dire nel periodo in cui i funzionari-letterati se ne occuparono maggiormente. Nella sua opera intitolata Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan), Shen Gua (1031-1095), funzionario noto per le sue conoscenze enciclopediche, scrisse numerosi resoconti che testimoniano del suo interesse antiquario. Egli non si limitò a documentare gli scavi, fornendoci così i primi resoconti di ricerca sul campo di epoca Song, ma revisionò e corresse in modo critico la Raccolta di commentari sulle illustrazioni dei Tre classici dei riti (v. cap. 19 dei Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni, intitolato L'uso degli utensili [rituali], Qi yong).
Nel 1065, sotto la guida di Ouyang Xiu, furono portati a termine i 100 capitoli del Rituale dell'Ufficio dei Riti (Taichang yinge li), un progetto di compilazione frutto, soprattutto, dell'erudizione di Su Xun (1009-1066). Quest'opera può essere descritta come un manuale sugli usi tradizionali e contemporanei del rituale, di cui offre spiegazioni attendibili riguardo all'esecuzione e agli accessori, sulla base di quanto trasmesso dalle dinastie Han e Tang.
Per la produzione dei nuovi oggetti rituali si procedette sulla base delle descrizioni di quelli antichi, contenute nei testi classici ed utilizzate come informazioni basilari e autentiche. Poiché in molti casi queste descrizioni non potevano essere suffragate da prove archeologiche o da oggetti provenienti da collezioni, era assai frequente che si stabilisse in modo arbitrario un rapporto tra terminologia e manufatto. La nuova produzione di oggetti, attenendosi alle norme di correttezza del rituale, si basò assai più sull'immaginazione che su quanto trasmesso, in modo inadeguato, dai testi. In epoca Song gli autori di opere riguardanti le istituzioni dello Stato, che a volte potevano avere carattere enciclopedico, erano soliti includere capitoli sulle cerimonie imperiali, sul rituale e sull'etichetta (wangli, dianli). In altri casi, questi aspetti erano affrontati in memoriali intitolati utensili e vestiario (qifu), musica (yue), sacrifici al cielo e alla Terra (jiaoshe) o sacrifici al cielo (jiaomiao), nobiltà ed emolumenti (juelu), tempio ancestrale (zongmiao), e regole per il lutto (fuzhi).
Oltre a questi manuali, si svolse anche un dibattito teorico su come mettere in relazione le questioni politiche con i temi fondamentali affrontati nei Classici; l'intervento del famoso statista e riformatore Wang Anshi (1021-1086), con il ricorso ai Riti dei Zhou all'interno del proprio programma politico, ne è probabilmente l'esempio più importante. Per dare alla propria proposta politica una giustificazione che trovasse riscontro in una tradizione autentica, Wang collegò le proprie leggi di riforma al Classico delle odi (Shijing), al Classico dei documenti (Shujing) e ai Riti dei Zhou. Egli è l'autore dei 16 capitoli della Nuova interpretazione dei 'Riti dei Zhou' (Zhouguan xinyi), opera che circolava tra i funzionari-letterati e costituiva l'interpretazione ufficiale cui bisognava attenersi durante gli esami di Stato. Questo suo modo di collegare strategia politica e Riti dei Zhou fu pesantemente criticato da Ouyang Xiu, il quale, ritenendo i Riti dei Zhou un documento del tutto inattendibile per quanto riguardava la dinastia Zhou, non lo considerava un Classico cui fare riferimento a fini della legittimazione politica. L'interpretazione dei Classici adottata da Wang non ebbe più seguito quando, all'inizio dei Song meridionali, i suoi avversari politici abbandonarono una volta per tutte le sue misure riformistiche.
Nascita dell'archeologia e classificazione dei reperti antichi
La passione dei Song per gli studi antiquari è alla base della moderna archeologia cinese (kaoguxue). Wang Guowei (1877-1927) ha indagato l'interesse dei Song per l'archeologia e la particolare importanza dei contributi degli studiosi dell'epoca a questa disciplina, che egli definisce "un ramo peculiare della conoscenza", organizzato nelle diverse categorie di collezioni di antichità (shouji), documenti contenenti descrizioni di materiali, arredi, ecc. (zhulu), classificazione dei tipi d'oggetto (kaoding) e loro finalità d'uso (yingyong).
Nel 1092, Lü Dalin (1044-1093) compilò le Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi (Kaogu tu), e con quest'opera creò un modello per l'uso di prove archeologiche allo scopo d'integrare e provare la validità dei resoconti storici. Il termine moderno kaoguxue, usato oggi per definire l'archeologia in quanto disciplina accademica, contiene la parola kaogu che appare nel titolo dell'opera di Lü Dalin, dove ha il significato letterale di "indagare l'antichità". Il manuale illustrato di Lü si basa su manufatti provenienti da sessantacinque collezioni, tra cui quella imperiale, e contiene dati di primaria importanza riguardanti 210 recipienti in bronzo e 13 giade risalenti a un periodo che va dalla dinastia Shang a quella Han, quali, per esempio, il tipo di oggetto, il materiale di cui è fatto, le dimensioni, l'arredo, ecc. All'inizio Lü Dalin potrebbe essere stato ispirato a scrivere questo lavoro da Li Gonglin (1042 ca.-1106), famoso pittore, calligrafo e antiquario, il quale, poco prima che Lü compilasse le Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi, aveva fatto notare la necessità di esaminare e catalogare l'origine e il significato dei motivi decorativi presenti sui manufatti. Il catalogo della sua collezione di settanta pezzi è andato perduto come libro a sé stante, ma è stato interamente incorporato nelle Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi, e gli va perciò riconosciuto il merito di aver contribuito in modo determinante al lavoro di Lü. Robert F. Harrist è giunto alla conclusione che i dati di una settantina dei manufatti inclusi nelle Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi descrivano bronzi e giade appartenuti molto probabilmente a Li Gonglin. Lo stesso Li, infatti, era andato appassionandosi alla collezione di bronzi e giade, ed era divenuto un fine conoscitore delle scritture arcaiche. Essendo stata portata alla luce e consegnata a palazzo una giada insolita, Li ne identificò il lavoro d'incisione come opera di Li Si (m. 208 a.C.), il famoso ministro legalista di Qin Shi Huangdi, il primo imperatore della Cina. Essa era ricoperta di caratteri che formavano la frase: "Ricevi il mandato del cielo, possa tu vivere a lungo e godere di beni duraturi". Il ritrovamento di questo sigillo in quel momento e in quel luogo fu immediatamente strumentalizzato dal cancelliere Cai Jing, che suggerì all'imperatore Zhezong d'interpretarlo come segno di buon auspicio e di annunciare una nuova era di regno chiamata 'Punto d'origine' (yuanfu).
Spiegazioni supplementari alle Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi di Lü furono compilate, in cinque capitoli, da Zhao Jiucheng e inserite in un'opera intitolata Continuazione delle 'Illustrazioni per lo studio dei reperti antichi' (Xu kaogu tu), pubblicata intorno al 1163, il cui merito è quello di aver riportato nelle spiegazioni i siti degli scavi. Il lavoro di Lü Dalin e il Catalogo illustrato degli antichi tesori provenienti dal Palazzo Xuanhe (Xuanhe Bogu tulu), redatto da Wang Fu (m. 1126) nel 1123, sono considerati i resoconti più autorevoli tra i trentadue conosciuti di epoca Song riguardanti manufatti. Il Catalogo illustrato fu compilato tra il 1107 e il 1110 per ordine dell'imperatore Huizong, e in seguito rivisto e ampliato tra il 1119 e il 1125. Comprende 839 manufatti, 800 dei quali sono recipienti di bronzo provenienti dalla collezione imperiale dell'imperatore Huizong. Quest'opera, tuttavia, non fu accettata senza qualche dura critica. Lo scrittore Hong Mai (1123-1202) approfittò dell'occasione fornita dalla pubblicazione del lavoro per sferrare un duro attacco politico contro Cai Jing (1047-1126), cancelliere dell'imperatore Huizong e fervido sostenitore della fazione di eruditi che incoraggiava lo studio dei Classici in antitesi a quello della storia. Hong Mai dichiarò che il Catalogo illustrato dimostrava le scarse conoscenze storiche dei suoi compilatori. A suo giudizio le cause di questa ignoranza erano fin troppo ovvie; essa derivava dal fatto che nei periodi in cui Cai Jing aveva ricoperto l'incarico di cancelliere durante il governo dell'imperatore Huizong, dal 1111 al 1117, e poi, nuovamente, dal 1119 al 1125, agli eruditi era stato negato l'accesso alle storie ufficiali e ai più importanti commentari di cronache storiche. L'abolizione dell'insegnamento della storia nei curricula di scuole e accademie, nonché negli esami per diventare funzionari, provocò in breve tempo conseguenze negative; infatti venendo meno una conoscenza approfondita dei fatti storici, le interpretazioni delle iscrizioni sui recipienti rituali fornite nel Catalogo illustrato e l'individuazione delle loro funzioni erano spesso sbagliate. Questo duro atteggiamento di critica nei confronti di Cai Jing aveva un'ulteriore motivazione, che andava al di là del contrasto ideologico. Egli, infatti, aveva guidato la campagna di acquisizione e confisca di manufatti e rarità per incrementare le collezioni imperiali e, in particolare, per allestire un paradiso taoista sulla Terra nel parco imperiale Genyue, situato nella parte nordorientale della capitale Kaifeng (il nome del parco consiste di due caratteri che rappresentano la direzione Nord-est sulla bussola). Il progetto di allestire questo parco fu intrapreso dopo che un esperto di geomanzia aveva suggerito l'idea che la realizzazione di una struttura simile in quest'area avrebbe potuto sortire il benefico effetto di dare un erede legittimo all'imperatore Huizong, che non aveva figli. Pietre rare, piante e manufatti furono pertanto destinati al parco Genyue; al prezzo del lavoro e del danaro di migliaia di persone, essi furono trasferiti attraverso l'Impero sino alla capitale dallo huashi gang, 'il trasporto dei fiori e delle pietre'.
Gli eruditi che incoraggiavano lo studio dei Classici, tuttavia, si opposero alla confisca indiscriminata di oggetti d'arte intrapresa dai seguaci di Cai Jing e si concentrarono sullo studio delle tipologie dei recipienti di bronzo e delle giade, nonché delle loro rispettive funzioni e dei loro disegni decorativi; basandosi sui testi classici e sui commentari, essi definirono una terminologia che è in uso ancora oggi. In questo modo gli studiosi di antiquaria colmarono il divario esistente tra le fonti scritte e gli oggetti archeologici. A ispirare le attività degli eruditi non fu il mero apprezzamento estetico del valore dei reperti antichi; lo scopo ultimo di questa classificazione sistematica, infatti, era anche quello di recuperare il significato originale del loro impiego nell'ambito del rituale. Allo stesso tempo, questi oggetti erano la testimonianza dei valori della classe dirigente che non soltanto avevano caratterizzato il passato, ma che potevano essere rivalutati e adattati al rituale imperiale Song. Quando erano usati nel corso del rituale, tali oggetti rappresentavano il potere politico legittimo; il loro studio, pertanto, nobilitava non soltanto chi li possedeva, ma anche lo studioso che li esaminava a causa delle peculiari qualità a essi inerenti.
Al fine di determinare l'esatto uso dei manufatti nel rituale e di riproporre i riti in modo corretto ed esaustivo, Liu Chang (1019-1068) aveva insistito sul fatto che "gli specialisti del rituale devono determinare come erano usati gli oggetti antichi, gli specialisti in genealogia devono determinare la sequenza esatta dei nomi storici in essi iscritti, e gli specialisti di etimologia devono decifrarne le iscrizioni" (prefazione di Liu Chang alla sua Collezione di oggetti antichi di epoca pre-Qin [Xian Qin guqi ji], opera che non ci è pervenuta; Rudolph 1962, p. 175). Nel corso della dinastia dei Song, sia gli studiosi di antiquaria impiegati nell'amministrazione sia i privati procedettero, di fatto, secondo le indicazioni proposte da Liu Chang.
Antiquari in azione: collezionisti privati e progetti di pubblicazioni a stampa
Lo studio del passato e degli oggetti a esso legati divenne nelle mani degli eruditi uno strumento per valutare erudizione e competenza. Numerosi sono i tentativi documentati di singoli studiosi volti a creare collezioni e a elaborare perizie. L'esempio più famoso di erudizione per quanto riguarda la conoscenza d'iscrizioni e oggetti fu quello della profonda dedizione dimostrata dal funzionario Zhao Mingcheng (1081-1129) e da sua moglie, la famosa poetessa Li Qingzhao (1084-1151 ca.), i quali unirono i loro sforzi per catalogare i pezzi di una straordinaria collezione d'iscrizioni su bronzo e su pietra. I risultati di questo lavoro furono pubblicati tra il 1119 e il 1125 con il titolo Catalogo sulle iscrizioni su bronzo e su pietra (Jinshi lu), opera che testimonia la passione di entrambi per lo studio del passato. Purtroppo, Zhao Mingcheng non riuscì a vedere pubblicato il catalogo; il dramma personale dei due collezionisti e dei pezzi che con tanta passione avevano catalogato si trovò infatti inestricabilmente legato alla tragedia politica della dinastia. Mentre cercavano di mettersi in salvo dalle scorrerie con cui i Jin stavano devastando il Nord del paese, i due furono costretti ad abbandonare gran parte della collezione e finirono per doversi separare e proseguire ciascuno per conto proprio. Zhao fu ucciso, mentre la moglie, all'oscuro della morte del marito, continuò a lottare per cercare di salvare quanto più possibile della collezione. I manufatti, i libri e i rotoli di calligrafia e di pittura che erano riusciti a portare con sé continuarono a ridursi progressivamente nel corso del viaggio di Li verso il Sud sinché, alla fine, a causa di circostanze sfortunate e di profittatori, della ricca collezione che un tempo aveva riempito dieci stanze della residenza accademica di Zhao non rimase che una manciata di dipinti e di pezzi cerimoniali, ammassati sotto il letto dove Li Qingzhao giaceva malata, in casa di un parente a Nanchino. L'amaro destino della collezione è documentato da Li Qingzhao in una testimonianza personale molto toccante, pubblicata come epilogo del Catalogo sulle iscrizioni su bronzo e su pietra, che riflette le ambizioni e le disillusioni legate a quella Realpolitik di cui, come lei, avevano fatto esperienza tanti altri appassionati di studi antiquari.
Un altro esempio di attività di studio fu quello di Huang Bosi, il quale, con un nuovo approccio metodologico, raccolse più di 200 annotazioni sull'epigrafia delle iscrizioni su recipienti di bronzo e su strisce di bambù. Secondo Richard C. Rudolph (1962), Huang merita di essere ricordato perché cercò di verificare l'autenticità delle iscrizioni riportate sui manufatti, sulla base dei dati contenuti negli scritti storiografici ufficiali; si tratta di un approccio metodologico la cui paternità è attribuita di solito a Gu Yanwu (1613-1682) e che è comunemente associato agli eruditi del XVIII sec. e agli storici del XIX e XX secolo.
Un altro lavoro dedicato alla ricerca epigrafica fu scritto da Xue Shanggong (attivo alla metà del XII sec.), il quale raccolse più di 500 iscrizioni, che furono pubblicate come Studio sui recipienti rituali Shang e Zhou (Shang Zhou yiqi tongkao) durante i Song meridionali. Ancora più famoso è il suo Copie delle iscrizioni su campane, tripodi, coppe e recipienti nel corso della storia [della Cina] (Lidai zhong ding yi qi kuanzhi fatie), del 1144. Di quest'opera è stato affermato che contiene l'essenza dell'epigrafia Song, perché l'autore ha utilizzato tutta una serie di importanti libri di epigrafia che, allora a sua disposizione, sono in seguito andati perduti. Questo fu l'ultimo studio a carattere epigrafico pubblicato durante i Song ed è compilato seguendo un ordine basato sui vari tipi di recipiente elencati in maniera cronologica.
La grande considerazione di cui godeva la giada durante la dinastia dei Song meridionali trovò testimonianza nei 32 capitoli del Catalogo illustrato sulle giade antiche (Guyu tupu), compilati privatamente e riuniti per ordine imperiale nel 1167 da Long Dayuan (m. 1168). Quest'opera fa uso di una terminologia corretta e riporta dati di fondamentale importanza sui manufatti in giada, quali aspetto, dimensioni e colore, iscrizioni su recipienti utilizzati per cibi e bevande, su strumenti musicali, e così via, risalenti a un periodo che va dai Zhou ai Song. Alla fine del XVIII sec. Ji Yun esaminò attentamente il testo, riscontrandovi errori e descrizioni dubbie che lo portarono a dichiarare il libro come falso.
La possibilità di una diffusione dei testi classici più ampia rispetto a quella consentita dalla circolazione di calchi fu offerta dalla stampa, la cui tecnica migliorò in modo considerevole durante i Song, grazie ai vasti progetti di stampa xilografica intrapresi dalle stamperie sia ufficiali sia private. Libri e altro materiale stampato divennero più facilmente accessibili a un numero sempre maggiore di lettori. Per prevenire la circolazione di materiale non autorizzato, il governo fornì alle scuole edizioni ufficiali dei testi classici; una misura di controllo, questa, che alla lunga sfociò nella creazione di un'élite istruita in modo omogeneo. Sfruttando i vantaggi offerti dalla tecnica, gli studiosi di antiquaria s'impegnarono privatamente in progetti di pubblicazione di materiali di consultazione redatti, a loro volta, da privati che ne condividevano l'orientamento, e rivolti a un pubblico di collezionisti e intenditori. La passione per la raccolta d'iscrizioni e manoscritti si trasformò così in una vera e propria caccia al libro, che vide impegnati molti eruditi e dilagò a un punto tale da scatenare aspre critiche contro la produzione di libri in serie.
L'opposizione ufficiale fu meno rigida, tuttavia, allorché il progresso della tecnica della stampa rivelò che la carta stampata poteva essere utilizzata in maniera molto efficace come mezzo di comunicazione e di propaganda a fini ideologici.
Antiquariato e storia: monografie locali, tavolette funerarie e resoconti di viaggio
Sino a quando il rituale costituì il principale obiettivo a cui erano volti gli sforzi per recuperare il passato, esso influenzò principalmente la vita di corte e la politica; furono messe a punto anche nuove tipologie di scritti storici al fine di trasmettere a un pubblico più ampio valori culturali che trovassero riscontro nella continuità storica. Seguendo il modello dei Documenti importanti dei Tang (Tang huiyao) pubblicati nel X sec., anche documenti e regolamenti governativi della dinastia Han furono ordinati per soggetto e resi disponibili nei Documenti importanti degli Han anteriori (Xihan huiyao, 1221) e nei Documenti importanti degli Han posteriori (Donghan huiyao, 1226), basati, rispettivamente, sulle storie ufficiali degli Han anteriori e su quelle degli Han posteriori. L'enciclopedia (leishu), un genere affermatosi con successo sin dalla fine degli Han posteriori, contribuì a migliorare le conoscenze storiche e l'erudizione, e trovò inoltre un entusiastico appoggio da parte di coloro che incoraggiavano lo studio della storia, a scapito dei Classici. L'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan), un'opera redatta nel 983, ne rappresenta certamente l'esempio più famoso.
Un'ulteriore categoria di scritti contenenti sezioni storiche furono le nascenti monografie locali (difang zhi), alimentate dall'interesse degli appassionati di antiquaria. Nel periodo dei Song esse soppiantarono poco a poco le 'spiegazioni illustrate' o monografie locali (tujing, tuzhi) di aree amministrative e di guarnigioni militari di confine, o gli schizzi topografici. Laddove i tujing erano utilizzati prevalentemente come prontuari governativi, i dizionari geografici locali di prefetture, province e distretti fornivano a un pubblico più vasto informazioni testuali esaurienti, completate da mappe o schizzi. Essi erano rivisti con regolarità e aggiornati in modo da tenere conto dei cambiamenti subiti dal crescere della popolazione, dall'amministrazione e dalle leggi sulle imposte. Registravano inoltre vedute importanti e antichi siti, e riportavano biografie (zhuan) dei dignitari locali che erano proposti come modello, in particolar modo di condotta sociale e d'impegno negli studi. Altro materiale biografico era costituito da cronologie (nianpu) e tavolette funerarie (muzhi ming).
Le tavolette funerarie erano considerate elemento di distinzione tra i membri dell'élite, giacché ricevere dalle mani di uno studioso un testo in lode della personalità del defunto era un segno di prestigio; calchi del testo circolavano tra parenti e amici del morto, ed erano inclusi nei dizionari geografici locali. L'idea di creare un legame genealogico con gli antichi pervadeva la società e finì per essere imitata da coloro che, pur non possedendo i titoli per ottenere ufficialmente una tavoletta funeraria, sentivano tuttavia l'urgenza di documentare la propria esistenza. Poiché l'uso del termine muzhi ming nel titolo dell'iscrizione e sul coperchio era riservato ai soli funzionari e ad alcuni dei loro congiunti, i membri dell'élite non appartenenti alla classe dei funzionari-letterati ricorsero all'uso di un atto di proprietà fondiaria (diquan), che era posto all'interno della tomba e che, in un primo tempo, si pensava servisse a introdurre il defunto nell'oltretomba. Durante la dinastia Han, gli atti di proprietà fondiaria più importanti contenevano un testo religioso attestante che il proprietario del sito funerario (ossia il defunto) aveva regolarmente acquistato il relativo lotto di terra dalle divinità dell'oltretomba, in cambio di una certa quantità di denaro. Durante il periodo Song, nei casi in cui l'iscrizione era usata al posto del muzhi ming, essa poteva recare il titolo diquan o muzhi (zhi è omofono in muzhi ming e in muzhi), e conteneva una succinta biografia comprendente una sia pur breve genealogia. L'accesso diretto al gotha degli appassionati di antiquaria che 'possedevano il passato' era limitato dal rango; crearsi un passato, dunque, implicava crearsi uno status sociale. Nonostante fosse ufficialmente proibito, le disposizioni al riguardo erano spesso ignorate.
Le tombe dell'élite Song documentano nel modo più sorprendente l'impegno consapevole dei funzionari-letterati nel cercare di ridare vita agli ideali attribuiti agli antichi saggi. In uno studio che passa in rassegna testimonianze archeologiche provenienti da oltre 800 tombe Song confrontandone i dati ricavati con le fonti scritte, Dieter Kuhn dimostra che il prototipo della tomba del funzionario-letterato non era il palazzo dell'oltretomba, quanto piuttosto una camera funeraria abbastanza modesta, in grado di soddisfare tutti i requisiti relativi ai riti del culto degli antenati (Kuhn 1996). Né erano soltanto le cure rivolte al defunto a seguire le disposizioni impartite dai Classici sui riti; durante i Song anche l'architettura funeraria si astenne sobriamente dal lusso riscontrabile in tombe dei periodi precedenti, segnando così un ritorno alle massime espresse nei Classici.
Una fonte importante per gli scritti di epoca Song sull'antiquaria è costituita dai resoconti di viaggio redatti, per la maggior parte, da funzionari che viaggiavano di frequente in seguito a trasferimenti, in occasione di missioni ufficiali, o per il solo piacere di abbandonarsi al loro passatempo preferito: 'la ricerca dell'antico'. Essi trascrissero e registrarono iscrizioni provenienti da stele, monumenti, templi e altre vestigia d'interesse antiquario.
Sebbene nel corso dell'XI e del XII sec. le attività degli appassionati di reperti antichi prosperassero tanto da esercitare anche in seguito un'influenza duratura sulla storiografia cinese, tuttavia l'ampia gamma delle loro indagini scientifiche si ridusse molto nel periodo successivo ai Song settentrionali, quando gli scritti degli eruditi cominciarono a concentrarsi sull'epigrafia. Una delle cause principali del disinteresse accademico per la raccolta di oggetti con iscrizioni e per la documentazione di dati riguardanti reperti di scavo, fu il fatto che la quantità di oggetti utilizzabili per questo genere di studio archeologico e storico era diminuita molto dopo che la dinastia Jin aveva conquistato il Nord della Cina, depredando o distruggendo grandi quantità di bronzi e tavolette recanti iscrizioni, provenienti non soltanto dalla collezione imperiale, ma anche dagli studi dei collezionisti privati. In seguito, bronzi con iscrizioni e oggetti di pietra sopravvissuti alla catastrofe andarono persi nel corso di devastazioni provocate da disordini militari durante la conquista della Cina da parte dei Mongoli. Collezionare iscrizioni provenienti da manufatti e, non meno importanti, calchi d'iscrizioni provenienti da oggetti in bronzo o da stele, per poi confrontarli con i testi storiografici divenne, a quel punto, la principale occupazione degli eruditi.
Durante i Song continuarono a essere numerose le pubblicazioni sui Classici, poiché gli argomenti trattati attiravano chiunque fosse interessato a riaffermare saldi principi etici. L'impegno degli eruditi più appassionati si rivelò particolarmente proficuo quando essi riuscirono a integrare interesse politico e devozione per l'Antichità, come nel caso del già menzionato famoso statista Ouyang Xiu. Egli riteneva che l'ordine politico dei tempi antichi potesse costituire la base di un nuovo ordine all'interno della società Song, nel rispetto delle intenzioni degli antenati ma senza rinunciare alla creazione d'istituzioni moderne. Le esperienze della storia non avevano alcuna influenza sul presente, e tuttavia dovevano corrispondere alla pratica dei saggi, quale era stata trasmessa nei Classici. Perfetto esempio di cultore appassionato di studi antiquari, nel suo libro Domande di un giovane sul 'Classico dei mutamenti' (Yi tongzi wen), basandosi, al pari di altri studiosi che perseguivano lo stesso obiettivo, sul Classico dei mutamenti (Yijing), egli s'impegnò a gettare le fondamenta di un nuovo tipo d'istruzione a carattere scientifico.
La cultura materiale: il ritorno all'antico nelle opere d'arte
Lo studio e l'interesse vivissimo per le testimonianze materiali delle epoche passate ebbero l'effetto di riportare in voga materiali, forme e motivi decorativi che erano stati popolari nei tempi antichi. A partire dal III sec. i reperti antichi erano stati tenuti in scarsa considerazione e sostituiti completamente, ma nel periodo di regno dell'imperatore Huizong (1101-1125) l'autorità del passato più antico (gaogu) s'impose, con tutto il suo fascino, sulle idee di artisti, intenditori, collezionisti e critici. Stando al Catalogo della collezione imperiale di dipinti dell'era Xuanhe (Xuanhe huapu) compilato da Huizong, definito un "meticoloso copista del passato", nella collezione imperiale ben 1257 dipinti di artisti conosciuti datavano al periodo compreso tra il III e il IX sec. (Soper 1976). Calligrafie e dipinti del passato furono presi a modello del modo in cui, in epoche precedenti, erano documentati l'alto rango e il potere politico, e si costituirono come ideali estetici da adattare e sviluppare ulteriormente, in accordo con i gusti e le esigenze contemporanee.
La passione per l'antiquaria trovò ampia e palese espressione nella calligrafia. Il famoso pittore Mi Fu (1054-1107) era un appassionato collezionista e intenditore; oltre a interessarsi ai giardini di pietra, in voga sin da quando nel parco imperiale Genyue era stata notata la passione dell'imperatore Huizong per le rocce di forma strana, Mi Fu raccolse calligrafie, dipinti e pietre utilizzate per sciogliere le tavolette d'inchiostro. I suoi studi di antiquaria sfociarono in numerosi scritti di arte, i più importanti dei quali sono la Storia della calligrafia (Shushi), che prende in esame calligrafie che vanno dalla dinastia Jin a quella Tang (265-907), la Storia della pittura (Huashi), corredata da commentari su dipinti dal periodo Jin a quello delle Cinque Dinastie (265-960), e il Catalogo di calligrafie custodite (Baozhang daifang lu). Nei suoi scritti sulla calligrafia egli coniò nuove espressioni per significare apprezzamento associato con le virtù del passato, come jinggu ('vigoroso e antico') e jiangu ('semplice e antico'). Il figlio di Mi Fu, Mi Youren (1074-1151), seguì le orme paterne; allorché l'imperatore Gaozong (1127-1162) istituì la nuova collezione imperiale d'arte, egli fece di Mi Youren il suo consulente più importante. Per le sue calligrafie Li Gonglin prese a modello Zhang Yu (151-230); parimenti, Mi Youren elesse a maestro quel Wang Xizhi (321-379) che, più tardi, avrebbe rappresentato una forza ispiratrice per Dong Qichang (1555-1636), figura di primaria importanza per gli eruditi di epoca Ming che ambivano a 'recuperare il passato' (fugu). L'obiettivo che si poneva il fugu era quello di conseguire "una reazione interiore o una corrispondenza spirituale" rispetto al modello fornito dal proprio maestro (Fong 1976). Soltanto con lo studio incessante del proprio modello l'autoeducazione poteva portare il calligrafo a emergere come individuo di talento e, nello stesso tempo, far sì che la sua calligrafia potesse essere associata a virtù provenienti dal passato.
La pittura figurativa vide il ritorno dello stile lineare (baimiao) inaugurato da Li Gonglin, che adattò lo stile dell'arte figurativa di Gu Kaizhi (344-406). Dei suoi lavori, 107 furono inclusi nel Catalogo della collezione imperiale di dipinti dell'era Xuanhe. La particolare qualità dei suoi dipinti è definita da Richard M. Barnhart un nuovo modo di esprimere emozioni individuali e posizioni politiche di critica o di consenso, che, sino ad allora, erano state confinate entro l'ambito della calligrafia: Li "trasse dagli antichi capolavori materia con cui riflettere sul presente" (Barnhart 1994).
Soggetti riguardanti le azioni umane, ricavati dalla storia e dalla letteratura cinese, furono esposti in modo didascalico nei rotoli narrativi, un genere che l'imperatore Gaozong apprezzava molto, in particolare quando recavano citazioni del passato in grado di rappresentare simboliche analogie con i Song, come accade, per esempio, nel rotolo sulle Odi di Bin che illustrava i temi delle alterne fortune dei sovrani Zhou. Essi si pongono in forte contrasto con i dipinti accademici dei Song meridionali. Mentre il linguaggio simbolico dei pittori dei Song settentrionali contiene elementi che descrivono qualità ‒ come l'ordine gerarchico, la moralità, la forza e la virtù ‒ che si riteneva riflettessero la struttura ideale dello Stato, i dipinti della dinastia dei Song meridionali creano esattamente l'impressione opposta. Di solito i paesaggi illustrano vaste aree disabitate, prive di qualsiasi traccia di presenza umana come sentieri, templi, case; essi sono espressione della sofferenza fisica, emotiva e intellettuale provata ai tempi del disastro politico e militare.
Impiegando come fonti i modelli presentati nei cataloghi si eseguirono in materiali diversi, come vetro, argento e lacca, copie di antichi recipienti di bronzo o di oggetti di giada. La lavorazione della giada, tanto apprezzata nell'Antichità, era stata abbandonata già in epoca Han, ma quando, in seguito all'invasione dei Jin, la corte imperiale dovette fuggire a Sud e stabilì la nuova capitale a Lin'an, furono portati alla luce numerosi esemplari di giada di uno degli oggetti più importanti nei riti funebri della cultura neolitica di Liangzhu, lo cong. Esso riapparve nel repertorio degli artigiani dell'epoca dei Song meridionali, ma la sua funzione nel rituale rimane a tutt'oggi sconosciuta.
Quando, come già detto, l'imperatore Gaozong stabilì la nuova capitale della dinastia dei Song meridionali a Lin'an (l'odierna Hangzhou), s'impegnò a creare una nuova collezione di manufatti, obiettivo che perseguì con l'appoggio di donatori privati e funzionari pubblici. Lothar Ledderose (1985) ha scritto che l'incremento o l'impoverimento della collezione imperiale erano rivelatori dell'oscillazione tra stabilità e instabilità politica; il possesso e la conservazione di tesori d'arte all'interno della collezione imperiale si traduceva, quindi, in termini di possesso del passato, legittimando così un regno cui tutti riconoscevano di godere della benedizione e della protezione celeste. La collezione imperiale testimoniava della squisita creatività e del talento degli artigiani di tutto l'Impero, i cui lavori erano segnati fin dal nascere dalla passione per l'antiquaria. I pezzi prodotti dai Song nel corso della loro ricerca dell'antico rivelano un gusto sobrio, fatto di un'eleganza discreta, che si era sostituito allo stile sontuosamente decorativo di moda durante i Tang. I Classici fornivano le informazioni essenziali sulla funzione e sull'aspetto dei pezzi antichi da copiare e riprodurre con materiali diversi. L'eleganza e la semplicità delle forme dominò le arti Song, anche per quanto riguarda i tessuti; a parte lo studio dei dipinti su seta e della seta su cui i dipinti medesimi erano montati allo scopo di distinguere i falsi dagli originali, questo tipo di tessuto non rientrava di solito nel campo degli interessi antiquari. Ciononostante, aumentò la produzione delle delicate mussoline di seta, che erano state in voga durante gli Han e che i funzionari-letterati di epoca Song apprezzavano moltissimo. La qualità squisita dei tessuti Song fu il risultato degli alti livelli conseguiti dal miglioramento tecnico dei telai, che consentivano la tessitura di complesse mussoline di seta. Lo scavo delle tombe Song ha portato alla luce pochi ma ben conservati esempi di tessuti che dimostrano una spiccata predilezione per gli abiti estivi in mussolina che rendono omaggio a una nuova idea di raffinata semplicità.
Lo studio dell'antiquaria come nuova disciplina accademica
La descrizione analitica e la catalogazione di antichi tesori e iscrizioni divenne la passione della piccola nobiltà e delle famiglie altolocate impegnate a studiare il passato. Quella stessa classe di funzionari-letterati che perseguiva la legittimazione politica attraverso il riesame dei Classici e la loro applicazione alle esigenze contemporanee, cercava di ottenere anche una legittimazione culturale, ripristinando tradizioni abbandonate. Essi dedicarono parecchio tempo, molte energie e grandi quantità di denaro per raccogliere manufatti e analizzarne dimensioni, forme e decorazioni. Le loro descrizioni fissarono una tipologia e una terminologia, dando così il via allo sviluppo di una tradizione di registrazione di dati archeologici essenziali che proseguì sino all'inizio del XX sec., quando l'archeologia fu istituita come disciplina accademica presso l'Academia Sinica di Taipei. L'impegno con cui gli archeologi Song affrontavano il lavoro non era inferiore a quello degli archeologi dei nostri giorni; nei documenti che compilavano essi cercavano d'includere il maggior numero possibile d'informazioni sicure e inoltre ‒ con l'aiuto di disegni a tratto, calchi e trascrizioni d'iscrizioni e motivi decorativi di ogni singolo oggetto, misurandone le dimensioni e documentando aspetto, qualità del materiale e provenienza ‒ essi pervenivano a una descrizione assai dettagliata e attendibile dei pezzi.
Come accennato sopra, i calchi di iscrizioni su stele Qin e Han erano particolarmente ambiti dagli eruditi dei Song meridionali. I mercanti, che avevano individuato per tempo l'esistenza di questo mercato, li compravano a Chang'an per rivenderli poi a Hangzhou e nell'area del Jiangnan, a sud dello Yangzi.
Nonostante la guerra tra Song e Jin avesse disperso molte importanti collezioni, compresa quella imperiale, gli appassionati di antiquaria cercarono di conservare i tesori del passato ovunque fosse loro possibile, provvedendo a darne documentazione. Storia e filologia costituiscono le colonne portanti della cultura Song; ancora oggi, i cataloghi degli studiosi Song rappresentano validi strumenti per l'interpretazione dei dati archeologici in un contesto contemporaneo. Questi dati si sono fatti sempre più abbondanti con il sorgere dell'archeologia scientifica, agli inizi del XX secolo. L'archeologia come disciplina accademica ha finalmente consentito di esaminare gli oggetti d'arte recanti iscrizioni, in rapporto al contesto della loro provenienza e alle circostanze del loro recupero.
Sintetizzando i vari aspetti della cultura intellettuale e materiale che recano le tracce della passione per l'antiquaria, possiamo concludere che fu il messaggio di ordine e razionalità riscontrato nelle testimonianze degli Antichi a spingere gli eruditi Song a mettere in primo piano il problema del rapporto tra i propri valori morali e quelli del passato più remoto.
di Fu Daiwie
Secondo quali schemi si organizzano le conoscenze di ottica in Cina? Gli antichi Cinesi facevano esperimenti molto prima degli Occidentali, fornendo anche ottime spiegazioni di complicati fenomeni ottici, come nel caso delle immagini date da una 'camera oscura', ossia nel caso della formazione di immagini sulla parete di una scatola chiusa attraverso un foro di spillo praticato sulla parete opposta. Di ciò parla un testo molto particolare, Nuovi scritti sull'immagine dell'alterazione (Gexiang xinshu) del maestro taoista e grande erudito Zhao Youqin (1271-1335), della dinastia Yuan, che contiene una piccola sezione sull'ottica molto importante. Gli esperimenti riportati sono sorprendenti, ma Zhao Youqin non considera, né a quanto pare capisce, altri fenomeni meno difficili e per noi normali, come la riflessione, la rifrazione o l'ottica degli specchi ustori. Alcuni studiosi prima di lui si erano occupati di problemi di ottica, come Shen Gua della dinastia Song settentrionale (960-1127), che aveva avuto alcune intelligenti intuizioni sul fenomeno degli specchi ustori, ma non era riuscito a tramandare le sue conoscenze isolate a Zhao Youqin, vissuto due secoli più tardi.
Gli studiosi cinesi avevano una conoscenza frammentaria dei fenomeni dell'ottica e non li considerarono mai un insieme coerente di problemi, ossia una disciplina autonoma denominata 'ottica', diversamente da quanto avvenne in Occidente; inoltre coloro che affrontavano tali studi non avevano contatti tra loro, e quindi non sentivano di far parte di una comunità come invece accadeva per gli studiosi di matematica o astronomia. In una prospettiva occidentale l'assenza in Cina di un tale campo strutturato di conoscenze è molto interessante; per noi è più facile credere che in una cultura straniera le conoscenze, in questo caso quelle di ottica, siano modeste, piuttosto che pensare a una cultura ricca e sviluppata, ma nella quale le conoscenze sulla luce e l'ombra, anche se interessanti e avvincenti, sono frammentarie, e non si compongono entro una disciplina coerente; non si tratta quindi di 'carenze', ma probabilmente di un'organizzazione delle conoscenze sulla luce, le ombre, la cosmografia, il rapporto tra la circonferenza e il relativo diametro e i principî maschile e femminile (yin-yang) molto diversa da quella occidentale.
Riflessioni sull'Ottica di Zhao Youqin e il suo famoso esperimento
Alcune opere anteriori ai Nuovi scritti trattano in modo frammentario questioni di ottica: il Canone moista (Mo jing), i Discorsi pesati sulla bilancia (Lunheng), l'Enciclopedia [compilata] per l'imperatore durante l'era Taiping xingguo (Taiping yulan) della dinastia Song settentrionale e i Discorsi in punta di pennello dal Ruscello dei sogni (Mengxi bitan). Il testo di Zhao Youqin, Nuovi scritti, consta di cinque capitoli principali (juan). Esso inizia con questioni riguardanti la riforma del calendario (cap. 1); seguono: discussioni che aprono la strada a nuove idee cosmografiche sul centro dell'Universo e della Terra considerata piatta (cap. 2); riferimenti alle eclissi, alle dimensioni relative del Sole e della Luna, alla Luna crescente e calante, e alle 'cinque stelle', ossia i cinque pianeti allora noti (cap. 3); problemi riguardanti antiche cosmologie, nuovi metodi per misurare la longitudine, la latitudine e le 24 direzioni (cap. 4); infine, discussioni su nuovi metodi di osservazione e di misurazione con la camera oscura e di misurazione dell'altezza e delle dimensioni del Sole, nonché del rapporto tra la circonferenza e il diametro di un cerchio (cap. 5). Nella grande enciclopedia Biblioteca completa dei quattro depositi (Siku quanshu), i Nuovi scritti erano inseriti nella sottocategoria 'calcolo delle posizioni dei corpi celesti' (tuibu) della categoria 'astronomia matematica' (tiansuan).
Il famoso paragrafo sulla camera oscura nel cap. 5 è intitolato Ombre luminose uscenti da una fessura (Xiaoxia guangjing). Considerando soltanto il contenuto di questo capitolo, e ignorando quindi la concezione molto particolare che Zhao Youqin aveva delle guangjing ('ombre luminose'), si può affermare che le sue osservazioni sulla camera oscura avevano raggiunto il livello dei primi studi di Kepler, quando questi cercava di risolvere, mediante una camera oscura, il paradosso della grandezza dell'ombra di un'eclissi che risultava dai calcoli di Tycho. L'analisi di Zhao va però considerata dal punto di vista della frammentaria 'ottica dell'ombra' moista (Graham 1973), il cui interesse principale erano ombre e immagini. Per condurre questa analisi Zhao deve prima estendere l'ambiguo concetto moista di 'ombra' per arrivare a quello leggermente diverso di 'ombre luminose'; immagina poi, con un'idea ingegnosa, la luce del Sole come risultato di mille candele poste a uguale distanza su un grande piatto circolare, che si possono spostare e sistemare in vario modo.
Zhao Youqin comincia il capitolo con questa importante osservazione: "supponiamo che sul soffitto di una stanza vi siano molte piccole fessure; anche se non sono circolari, le ombre luminose proiettate attraverso di esse [in un giorno di Sole] sono tutte circolari. Analogamente, durante un'eclisse solare l'ombra luminosa è 'eclissata' nella stessa misura del Sole". Zhao, che non capiva perché le cose dovessero andare in questo modo, rifletté a lungo, e la conclusione a cui giunse fu la descrizione dell''esperimento di ottica'. Per prima cosa, suppone di scavare due pozzi con lo stesso raggio ma di differente profondità in due diverse case; i pozzi devono essere tali da permettere di calare un tavolo nel più profondo dei due, così da poterne modificare la profondità rispetto all'altro. Successivamente Zhao prende due piatti circolari aventi lo stesso raggio dei pozzi, vi sistema più di mille candele, e dopo averli calati sul fondo dei due pozzi copre l'imboccatura di questi con un piatto che ha una piccola fessura di forma quadrata. Le due fessure sono di spessore leggermente diverso. Ragiona quindi come segue: "il motivo per il quale la fessura è quadrata è che quando è sufficientemente piccola le ombre luminose che l'attraversano hanno forma circolare. Il diverso spessore serve a mostrare la differenza di luminosità delle luci che si proiettano attraverso esse". Infine appende al soffitto una piastra sulla quale si proiettano le ombre luminose che passano attraverso la fessura.
Zhao analizza i fenomeni osservati e cambia i parametri dell'esperimento. Passando attraverso la piccola apertura quadrata, ogni candela proietta un''ombra luminosa' quadrata sulla parte della piastra opposta all'apertura. Con più candele sul lato sinistro del piatto, vi saranno più ombre quadrate sovrapposte che si proietteranno sul lato destro della piastra posta sul soffitto e viceversa. Disponendo in vario modo le candele e variando la loro distanza dalla fessura e la distanza di questa dal soffitto, Zhao dà una spiegazione soddisfacente del fenomeno della camera oscura; precisamente, suppone che si verifichi una sovrapposizione di mille piccole ombre luminose quadrate e il risultato finale, quando si sovrappongono quadratini luminosi proiettati da candele distribuite sul piatto circolare a uguale distanza l'una dall'altra, è una singola ombra di forma circolare. Se invece la fessura non è piccola, un'analoga analisi mostra che l'ombra risultante dalla sovrapposizione ha la forma della fessura. Zhao giunge in maniera trionfale a questa conclusione: "una piccola ombra luminosa conserva la forma della [fonte di] luce, mentre una grande avrà l'immagine della [grande] fessura: su questo non vi sono dubbi!".
Ci si è chiesti se il termine 'esperimento' sia adeguato per descrivere il procedimento seguito da Zhao. Intanto, già le dimensioni della struttura descritta sopra (due case, due stanze, due pozzi grandi e profondi, più di mille candele su ciascuno dei piatti, ecc.), non possono non suscitare qualche sospetto. L''esperimento' ha effettivamente avuto luogo? Si è preso nota di tempi, luoghi e di testimoni? O si è trattato di un esperimento concettuale, di un'efficace rappresentazione pedagogico-retorica? Apparentemente il motivo principale per ideare questa struttura, sembra essere stato quello di verificare se i fenomeni avvenissero secondo la teoria. Zhao scrive infatti ripetutamente: 'ora si osservi' questo o quello, 'guardiamo ora in alto' o 'guardiamo in basso' l'ombra luminosa in questione, oppure invita semplicemente a 'vedere' cosa succede; manca però ciò che dovrebbe esser considerato cruciale, e cioè l'effettiva osservazione dell'esperimento, la documentazione dei tempi e dei luoghi in cui è compiuto, una descrizione particolareggiata o anche un disegno della struttura ideata, pubbliche testimonianze, problemi virtuali o effettivi, il rapporto logico con la teoria o con l'ipotesi che si vuole verificare, e infine la sua ripetibilità. Le descrizioni di esperimenti precedenti a Zhao, come quelle di Shen Gua, comportavano, quando si trattava di fenomeni importanti, molti più particolari sia riguardo al pubblico presente sia alla cronaca dell'evento. Inoltre, l'esperimento, così come è descritto, non produce alcun fenomeno nuovo, o anche soltanto immaginato, che potesse già essere stato ipotizzato da Zhao o che fosse comunque osservabile dalla gente comune in un ambiente naturale ('in un giorno di Sole', come detto sopra). Va detto, tuttavia, che i problemi sollevati da questo 'esperimento' non erano poi così importanti nell'ambiente taoista del XIV sec., né lo sono oggi per noi; ci colpiscono di più la discussione di Zhao e l'alto grado d'ingegnosità.
È anche importante notare che Zhao non parla mai di 'raggi di luce', ma piuttosto di piccole 'ombre luminose quadrate', che nella sua analisi costituiscono l'unità minima e sono quelle che passano attraverso la fessura, verticalmente o diagonalmente, per finire sulla piastra posta sul soffitto. La nozione di 'ombra luminosa' è connessa concettualmente a quella di 'fessura' (con una precisa forma geometrica) e non si può farne uso in modo separato. Non è possibile quindi considerare il concetto di 'ombra luminosa', che si propaga attraverso la fessura come il cono o il cilindro di luce di una torcia elettrica, come qualcosa di analogo ai 'raggi' o alle 'onde' di luce. Nella prospettiva occidentale la nozione di luce di Zhao comporta serie limitazioni, perché la fessura è determinante, e senza di essa la luce di una candela non può essere analizzata e separata in raggi di luce che seguono diversi 'cammini'. Ciò ha interessanti implicazioni nell'interpretazione cinese degli specchi ustori.
La concezione di Zhao delle 'ombre luminose attraverso una fessura' non è molto lontana da quella della luce nell'antica teoria cinese degli specchi ustori, detta geshu (tecnica dell'opposizione simmetrica), che spiega con uno stesso principio sia gli specchi ustori sia la camera oscura (ciò è riportato soltanto nel cap. 3 dei Discorsi in punta di pennello). Secondo questo principio, la varietà delle immagini associate agli specchi ustori non è dovuta, come direbbe l'ottica moderna, alla varietà dei raggi che si riflettono sulla superficie degli specchi, ma al fatto che la luce incidente passi o meno per un invisibile 'ostacolo' detto ai, il 'fuoco' dell'ottica moderna; se la luce incidente passa per lo ai prima di formare un'ombra luminosa dalla parte opposta dello ai, l'ombra luminosa è invertita, proprio come nel caso della camera oscura. Questa spiegazione non implica una "riflessione sulla superfice curva dello specchio"; per spiegare la funzione dello ai, Shen Gua usa la metafora del nie ('lo scalmo'), che determina la relazione inversa che appare alle due estremità di un remo legato a uno scalmo.
Nel caso della camera oscura questo ai è semplicemente la fessura; le ombre luminose attraverso questa fessura giocano quindi un ruolo fondamentale sia nel geshu sia nell'ingegnosa spiegazione che Zhao fornisce della camera oscura. Il punto è che in Zhao la fessura è una condizione essenziale per poter analizzare il moto della luce; per un antico cinese è impossibile analizzare raggi di luce diversi secondo diversi 'cammini' che s'irradiano da una stessa fonte luminosa, senza che entri in gioco una qualche fessura, e invece è proprio alla possibilità di una simile analisi che in parte si deve la nascita della moderna ottica geometrica.
Questo tipo di limitazioni è presente anche altrove, per esempio quando Zhao si occupa delle cause e della durata delle eclissi di Luna. Nel paragrafo Eclissi del Sole e della Luna (Riyue boshi) del cap. 3, la luce e il colore sono legati da un'insolita relazione. Zhao afferma: "quando l'illuminazione della Luna da parte del Sole diviene troppo intensa, la Luna ne resta colpita, e si rivolta contro il principio maschile (yang) arrivando agli estremi (yangqi fankang): questa è la causa del colore scuro che presenta la Luna. Proprio come quando si tinge qualcosa di rosso ma con un colore troppo denso, per cui ne risulta un colore viola scuro (ru ranhong nonghou fancheng zihei)" (Gexiang xinshu, p. 249, 10b).
Se quella sul colore dell'eclisse totale era un'ottima osservazione, la causa dell'eclisse era invece attribuita alla 'rivolta' della Luna. L'eclissi di Luna non poteva essere dovuta all'ombra della Terra, sosteneva Zhao, perché la zona in eclissi è curva, mentre l'ombra della Terra, che è piatta e quadrata, sarebbe rettilinea. Quando invece l'illuminazione della Luna non è molto forte possiamo ancora vedere la Luna piena, anche se la luce del Sole può essere ostacolata dalla Terra piatta prima di raggiungere la Luna. L'ostacolo costituito dalla Terra non ha effetto sulla luce del Sole in virtù della "latente corrispondenza del qi spirituale di yin-yang tra il Sole e la Luna" (yinyang jingqi ge'ai qiantong) (ibidem, p. 245, 1b). Non è una cosa difficile da capire perché è "come la calamita che attira il ferro" anche se vi è un ostacolo. L'intensità dell'illuminazione del Sole sulla Luna è determinata dalla distanza della Luna piena dall'eclittica. Se è molto vicina all'eclittica, il Sole e la Luna si trovano alla stessa latitudine con longitudini diametralmente opposte e la luce del Sole allora punta direttamente verso la Luna, come una torcia.
Poiché la Terra non ostacola l'illuminamento della Luna da parte del Sole, Zhao ricorre alla metafora della torcia per spiegare le eclissi di Luna e per illustrare una zona particolare, delle dimensioni del Sole, detta anxü ('zona buia immaginaria'), che si trova sull'eclittica dalla parte opposta del Sole. Quando la Luna si trova in quella zona si ha un'eclissi perché l'illuminazione del Sole diviene 'troppo intensa'. Contemporaneamente Zhao propone la nozione di ri zhi xiangjing ('ombra dell'immagine del Sole') per chiarire meglio il significato di quella zona buia immaginaria, ma non ritiene che il Sole abbia effettivamente un'ombra immagine (ibidem, p. 247, 5a). Questo pone anche un implicito problema alla teoria di Zhao delle eclissi: poiché la Terra non offre un ostacolo all'illuminazione della Luna, non possono esservi 'ombre' di alcun genere, né ombre immagine né ombre luminose (come nella camera oscura). Zhao era ancora tentato di usare, in questo contesto, l''ombra immagine', poiché l'argomento teorico basato sull''eccessiva intensità' della Luce del Sole gli sembrava troppo debole.
Alla fine però Zhao sembra aver bisogno di un qualche tipo di 'riflessione ottica' per spiegare l'immaginaria area buia (anxü), anche se non ne parla esplicitamente; nella discussione sul crescere e il calare della Luna, nel paragrafo intitolato L'emisfero luminoso del corpo lunare (Yueti banming), Zhao ragiona in questi termini: se supponiamo che la Luna sia 'una sfera laccata di nero' (heiqi ou) e non si trova nello anxü, abbiamo la normale Luna crescente e calante dovuta alla 'riflessione obliqua' (zhuanshe) della luce del Sole sulla Luna. Zhao corrobora questa spiegazione delle fasi della Luna mediante l'osservazione, effettuata da diverse angolazioni, della sfera laccata di nero illuminata dal Sole. Se invece la Luna si trova nello anxü, egli suppone l'esistenza di una forte riflessione verticale della luce del Sole, ed è questa la ragione per cui la Luna appare nera o viola scuro; non essendoci nei Nuovi scritti una teoria ottica degli specchi ustori, è difficile tuttavia capire perché una riflessione in senso verticale su una sfera laccata (la Luna) debba apparire in quel modo. Zhao doveva allora necessariamente considerare l'eclissi un caso particolare, e non una 'naturale estensione' del crescere e calare, e ricorrere al principio occulto della corrispondenza tra yin-yang.
Zhao usa spesso questa spiegazione con i suoi discepoli taoisti; la prima frase del paragrafo Una semisfera, "usando una sfera laccata di nero posta sotto il cornicione di un tetto per riflettere la luce del Sole", è identica a quella che si trova in un raro ritratto di Zhao nell'edizione a stampa dei Principi comuni dell'[insegnamento degli] immortali e dei Buddha (Xian fo tongyuan) della dinastia Ming (1368-1644).
Tassonomia delle ombre luminose
Dopo aver discusso le idee di Zhao sull'ottica, è importante esaminare la teoria delle ombre luminose ai fini del suo significato tassonomico. Bisogna considerare la teoria delle ombre luminose, all'interno di quest'opera, perché soltanto determinando il rilievo che essa assume per la classificazione delle conoscenze si può capire l'importanza che, dal punto di vista cinese, presenta nello schema scientifico di Zhao. Altri concetti di ottica, che invece sono 'assenti' nella teoria di Zhao ‒ per esempio il concetto di 'raggio di luce' ‒ non sono essenziali per gli scopi generali dei Nuovi scritti, non giocano cioè alcun ruolo nella classificazione delle conoscenze. L'assenza di questi concetti, a sua volta, getta luce sulla struttura particolare dello schema di Zhao.
La teoria delle ombre luminose è un capitolo molto ridotto all'interno di discussioni appassionate sulla cosmografia, sulle eclissi, sulle loro cause e regolarità, sui calcoli calendaristici, e così via. Zhao sosteneva una visione particolare della cosmografia, come sintesi delle antiche scuole Huntian (qualcosa di simile all'antico Cosmo greco delle due sfere) e Gaitian (una teoria matematica della Terra piatta). Secondo il modello da lui proposto nel paragrafo Veri centri del cielo e della terra (Tiandi zhengzhong) del cap. 2, il 'centro della Terra piatta' (dizhong, cioè il centro del mondo costituito dalla Terra piatta e dal mare e visto come opposto al firmamento) non si trova nell'emisfero del cielo, e inoltre vi è più spazio sopra la Terra che sotto. Il centro del cielo si trova sulla perpendicolare passante per il centro della Terra.
Zhao era persuaso che questo modello permettesse di rispondere a vecchie domande: per esempio, perché il Sole appare più piccolo a mezzogiorno benché sia più caldo? Risposta: per una persona che si trovi al centro della Terra il Sole a mezzogiorno (allo zenit) è più lontano (e quindi appare più piccolo), ma vi resta più a lungo (e quindi riscalda di più) di quanto non accada all'alba o al tramonto. Basandosi su questo modello e sul famoso Calendario Shoushi (Shoushi li) dell'epoca, Zhao discute delle eclissi del Sole e della Luna e delle loro orbite, e conclude, trionfante, che il diametro del Sole e quello della sua orbita hanno una lunghezza doppia rispetto a quelli della Luna. Spiega anche perché un osservatore al centro della Terra vede le stelle a latitudini diverse da quelle celesti, quando cioè sono osservate dal centro della sfera celeste; oppure, come fare per correggere le deviazioni (nel paragrafo Punti di osservazione da diverse coordinate stellari, Mulun fenshi, nel cap. 3). Per via di questa differenza di posizione dei centri sono necessarie correzioni precise delle latitudini e longitudini stellari, delle 24 direzioni, e simili; poiché le misure determinate con l'ordinaria sfera armillare non erano affidabili, Zhao ideò nuovi strumenti e varie tecniche per apportare le necessarie rettifiche. Infine, nel cap. 5, egli passa dalle eclissi di Luna a quelle di Sole, che costituiscono una materia meno controversa, ed è soltanto qui che richiama le osservazioni fatte in precedenza sulle ombre luminose.
Questo cap. 5 è, in un certo senso, residuale; consta di soli tre paragrafi, che non hanno molto a che fare con i contenuti dei quattro capitoli precedenti. Il primo paragrafo riguarda le Ombre luminose uscenti da una fessura, di cui abbiamo già discusso. Nel secondo paragrafo, Uso della base e dell'altezza [del triangolo rettangolo] per misurare il cielo (Gougu cetian), Zhao commenta l'uso tradizionale del triangolo rettangolo per misurare i corpi celesti. Il terzo paragrafo, Sulla circonferenza e il diametro del simbolo del cielo (cioè del cerchio) (Qianxiang zhoubi), dà prova delle sue capacità matematiche con un nuovo calcolo del valore π del rapporto tra circonferenza e diametro di un cerchio. Questo quinto capitolo sembra più che altro un'appendice, una sorta di deviazione dal corpus principale dei Nuovi scritti.
Quale posto occupa in questo sistema di classificazioni l'insolita discussione sulle ombre luminose e le fessure? Quali sono i legami tassonomici? Parte della risposta si può forse trovare nel secondo paragrafo del cap. 5, dove si parla dell'uso del triangolo rettangolo e dove alcune conclusioni sulle ombre luminose sono utilizzate per il calcolo della reale grandezza del Sole. Come si è già spiegato, nella parte sulle eclissi (Riyue boshi) Zhao afferma che i diametri del Sole e della sua orbita sono il doppio di quelli della Luna, e si sente allora in dovere di calcolarli, almeno in linea di principio. Infatti dimostra, utilizzando piccole fessure sulla parte superiore degli gnomoni e la tecnica della doppia differenza (chongcha), molto comune nelle misurazioni con lo gnomone, come il diametro del Sole si possa calcolare a partire dalle ombre luminose uscenti da quelle piccole fessure. Zhao sostiene che "l'ombra luminosa dalla fessura non assume la forma della fessura bensì quella del Sole e della Luna, e quindi i diametri di questi possono essere misurati" (Gexiang xinshu, p. 268, 11a). Qui sembra esservi un legame importante con gli interessi astronomici che Zhao manifesta nei Nuovi scritti. Un'altra indicazione riguardo al significato astronomico delle ombre luminose si trova in un breve accenno all'inizio del paragrafo a esse dedicato, dove Zhao afferma che durante un'eclissi solare le ombre luminose uscenti da una fessura sono anch'esse 'eclissate', e nella stessa misura del Sole. Anche nell'illustrare l'effetto dell'ombra capovolta della camera oscura egli riporta questo esempio inconsueto dell'ombra luminosa 'eclissata' che ricalca, anche qui capovolta, l'eclissi del Sole e della Luna (ibidem, p. 264, 3a).
L'analisi delle ombre luminose, per quanto curiosa e secondaria, doveva rientrare nel progetto astronomico di Zhao (sarebbe difficile infatti immaginare altri contesti per l'origine di queste idee). Non sorprende inoltre che le ombre luminose non siano poste nella stessa categoria di altri fenomeni che, in una prospettiva occidentale, sono anch'essi 'ottici'. Zhao non ha nemmeno previsto un paragrafo dedicato specificamente al fondamentale fenomeno ottico della riflessione, anche se questa aveva un ruolo nel capitolo che tratta del crescere e del calare del Sole e della Luna. Nella prospettiva cinese, data la frammentazione del campo dei problemi fin dall'ottica moista delle ombre, la teoria delle ombre luminose non aveva storicamente legami con altri fenomeni ottici. Sebbene già Shen Gua, discutendo della 'tecnica dell'opposizione simmetrica' (geshu) nei Discorsi in punta di pennello, avesse associato specchi ustori e camera oscura (e massime sulle azioni umane), tuttavia questo legame era per Zhao, più interessato all'astronomia, ancora troppo debole o addirittura inesistente. D'altra parte, la discussione di Shen Gua su termini particolari come geshu e yangsui (specchi ustori) (nella categoria 'Critica filologica [o anche Critica delle parole e le cose]', bianzheng) si svolge in un contesto che tratta principalmente di tecniche per ricerche filologiche e prove testimoniali da poco sviluppate nella dinastia Song settentrionale (960-1127) e non ha niente a che vedere con l'astronomia; un'ulteriore prova, questa, di come in Cina le discussioni sui fenomeni ottici fossero disperse in categorie molto distanti tra loro.
Non si può certo dire che Zhao fosse un uomo solitario, chiuso in un mondo tutto suo; al contrario, oltre a essere impegnato in varie attività, tra cui quella di prete taoista, era ben informato sulle discussioni astronomiche e cosmografiche, del passato come del presente. Conosceva anche antichi lavori di matematica riguardanti la tecnica di misura della 'doppia differenza' per il calcolo del rapporto tra la circonferenza e il diametro. Può sembrare strano che malgrado tutto ciò, e pur essendo autore di lavori di 'ottica' molto interessanti, sia rimasto piuttosto isolato nella 'storia dell'ottica in Cina', dai moisti sino a Shen Gua. Una risposta è facilmente ipotizzabile, ed è che non esiste una 'storia dell'ottica in Cina'; la frammentazione dei problemi fin dall'epoca dell'ottica moista delle ombre ha impedito che vi fossero legami, continuità e accumulo di nozioni e tecniche.
Anche se nella classificazione del mondo non era prevista una categoria 'ottica', i Cinesi hanno dimostrato una notevole immaginazione per quanto riguarda specchi e ombre, da cui sono stati sempre affascinati. Numerosi sono i racconti di specchi sacri, che potevano obbligare uno scaltro diavolo a rivelare la propria vera identità, oppure associati a stranezze di vario tipo riguardanti divinità buddhiste o taoiste, e si tratta di racconti scritti da autori come il famoso Wang Du (dinastia Sui, inizio del VII sec., autore del Racconto di un antico specchio, Gujing ji) o il taoista Tan Qiao (tarda dinastia Tang, inizio del X sec., autore del Libro delle trasformazioni, Huashu), sino all'erudito Shen Gua. Da un punto di vista comparativo dovremmo forse stupirci della capacità dei Cinesi di mettere ordine senza necessariamente introdurre un nuovo campo di studi di 'ottica'. Il modo cinese di ordinare le cose rivela, al contrario, le peculiarità culturali e l'origine sociale dell'ottica occidentale. In qualche modo l'analisi della camera oscura di Zhao sembra più semplice in terra cinese, dove la posizione che occupa nella classificazione non dipende da problematiche concernenti la visione, un argomento che ha impegnato gli Occidentali per secoli.
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