La scoperta dei pianeti erranti
La ricerca di pianeti intorno ad altre stelle (o pianeti extrasolari) è uno dei filoni di studio più attivi nell’astrofisica contemporanea. Negli ultimi quindici anni sono stati scoperti circa 500 pianeti extrasolari.
Il catalogo, in continua crescita, include pianeti giganti di tipo gassoso ma anche pianeti rocciosi di massa confrontabile con quella della Terra. Nessuno dei pianeti scoperti finora si trova con certezza nella cosiddetta zona abitabile della stella ospite, ovvero nella regione dove le condizioni ambientali permetterebbero la presenza di acqua liquida in superficie.
Esistono tuttavia alcuni candidati interessanti che saranno oggetto di ulteriori studi in futuro.
La ricerca e caratterizzazione dei pianeti extrasolari presentano enormi difficoltà tecniche, dovute alla ridotta luminosità e alle scarse dimensioni di questi corpi celestia confronto con quelle della stella ospite. Le tecniche per la ricerca di pianeti extrasolari rientrano essenzialmente in due grandi classi: quelle che studiano variazioni di luminosità della stella ospite dovute al transito del pianeta di fronte alla stella stessa, e quelle che misurano il moto della stella ospite (sia lungo la linea di osservazione che nella direzione trasversale) causato dall’interazione gravitazionale con il pianeta. Ciascun metodo dà informazioni diverse e complementari sulle caratteristiche fisiche (massa, raggio, parametri orbitali) del pianeta. Nonostante il gran numero di pianeti scoperti fino al 2011 c’era grande incertezza sull’esistenza di pianeti isolati, ovvero non orbitanti attorno a una stella ospite. Ma uno studio pubblicato nel 2011 da Nature e coordinato da T. Sumi (Unbound or distant planetary mass population detected by gravitational microlensing, n. 473, del 19 maggio) ha contribuito a fare luce sulla questione, riportando le prime prove dell’esistenza di una popolazione di pianeti molto distanti da qualsiasi stella, al punto che essi potrebbero addirittura essere completamente liberi all’interno della nostra Galassia. I pianeti di questo tipo,
di massa comparabile a quella di Giove, sono per il momento dieci, e sono stati scoperti attraverso il metodo della lente gravitazionale (un fenomeno dovuto alla deflessione dei raggi luminosi prevista dalla teoria della relatività generale di Einstein).
Il metodo registra l’amplificazione della luce di una stella quando un oggetto massiccio transita tra l’osservatore e la stella stessa.
A causa dell’allineamento richiesto, gli eventi di lente gravitazionale causati da pianeti sono molto rari. Inoltre, il transito dura per periodi molto brevi, tipicamente dell’ordine di uno o due giorni.
Per questo, per poter raccogliere un numero di candidati statisticamente significativo, lo studio ha dovuto esaminare la luce di circa 50 milioni di stelle tra il 2006 e il 2007. Estrapolando i risultati ottenuti sul campione esaminato, i ricercatori hanno concluso che nella nostra Galassia potrebbe esistere un numero enorme di pianeti isolati: circa il doppio delle stelle di sequenza principale. Queste stime statistiche dovranno tuttavia essere rese più precise attraverso l’analisi di ulteriori osservazioni.
Lo studio lascia aperta la questione della formazione di questo tipo di pianeti. Una possibilità è che essi si siano formati in isolamento, in modo simile a una stella, dal collasso gravitazionale di una nube di materiale, senza però aver raggiunto la massa necessaria a innescare le reazioni nucleari. Un’altra possibilità è che essi si siano formati come gli altri pianeti, ovvero in un disco di materiale attorno a una stella ospite, ma che poi si siano allontanati dall’orbita originaria in seguito all’interazione gravitazionale con altri corpi. Queste incognite potranno essere chiarite solo attraverso ulteriori osservazioni e grazie al confronto con i modelli fisici e con le simulazioni al calcolatore.
La lente gravitazionale
La presenza del campo gravitazionale di un pianeta extrasolare provoca la deflessione dei raggi luminosi emessi da una stella lontana in accordo ai principi della relatività generale di Einstein. L’immagine della stella catturata da un telescopio risulta sensibilmente modificata se analizzata prima, durante e dopo il transito del pianeta extrasolare lungo la linea di osservazione. Durante il passaggio del pianeta si registra infatti una leggera amplificazione della luminosità della stella, a causa della presenza di raggi luminosi curvati dall’effetto della lente gravitazionale provocato dalla presenza del pianeta extrasolare, raggi che per così dire si aggiungono ai segnali luminosi provenienti dalla stella e normalmente registrati dal telescopio; l’amplificazione si esaurisce una volta che il transito del pianeta extrasolare si è completato.
Curva di luminosità
La curva di luminosità di una stella ospite subisce un abbassamento allorquando un pianeta extrasolare transita davanti a essa, dal momento che una piccola frazione della radiazione emessa dall’astro viene oscurata dalla presenza del pianeta stesso. Si può perciò dedurre la presenza di pianeti extrasolari semplicemente analizzando le variazioni di luminosità delle varie stelle.