La Scuola di Salerno e l'Articella
Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La Scuola medica di Salerno prende le prime mosse nel X secolo, in un clima di rinascita della cultura medica che interessa soprattutto Napoli. Tuttavia si può iniziare a parlare di una vera e propria scuola solo tra l’XI e il XII secolo, quando a Salerno si concentra l’attività di numerosi personaggi legati al mondo medico (Trotula, Costantino l’Africano, Ruggiero di Frugardo ecc.) che contribuiranno alla diffusione di testi sia di pratica medica che di riflessione filosofica. Sarà solo con Federico II che la scuola acquisterà definitivamente un ruolo istituzionale riconosciuto.
L’insegnamento della medicina a Salerno ha il suo apogeo nel XII secolo, ma le origini della scuola vanno situate circa un secolo e mezzo prima. Intorno alla scuola medica di Salerno, alla sua antichità e ai suoi progressi si è sviluppata, per motivi di orgoglio nazionalistico e a causa di imprecise cognizioni filologiche, una mitologia che non ha retto a un esame rigoroso. Secondo Paul Oskar Kristeller, non è propriamente possibile parlare di una scuola salernitana di medicina prima della seconda metà del X secolo. Ma in Italia meridionale (e ad esempio anche a Napoli) nel X secolo si ha una fioritura della pratica della medicina, ed è in questo contesto che deve essere situata la tradizione salernitana. Risulta difficile stabilire chiaramente quali siano state le condizioni di questa origine, e fino a che punto la scuola fosse laica, come avverrà nel seguito della sua storia, o connessa a una corporazione cittadina di medici e curanti. La successiva fama di straordinaria abilità pratica dei medici salernitani può indicare uno sbilanciamento a favore dell’attività terapeutica e della chirurgia, ma può anche essere semplicemente il riflesso della fama diffusa in Italia e in Europa. Comunque, nonostante tutti i correttivi apportati all’immagine leggendaria costruita tra Sette e Ottocento, è certo che a Salerno si costituisce, per la prima volta in Occidente, un’attività più o meno formalizzata di trasmissione della cultura medica da maestri ad allievi, e che questa attività comprende un’istruzione di tipo pratico tutt’altro che primitiva e una sofisticata educazione testuale.
I primi testi medici salernitani risalgono all’XI secolo: tra questi un Passionarius attribuito a Gariopontus. Ma i testi più importanti della scuola appartengono a un periodo successivo: l’Antidotarium Nicolai (inizio XII sec.), che contiene anche trattazioni anatomiche, e il trattato di ginecologia risalente alla stessa epoca e attribuito a una medichessa, Trotula, che rappresenta ancora oggi uno degli episodi più “mitologizzati” e discussi della medicina medievale. Se è stato messo in dubbio che Trotula sia mai esistita, infatti, è certo che a Salerno operano diverse donne medico, la cui fama è diffusa e la cui pratica chirurgica e ostetrica è considerata normale, tanto che diverse donne chirurgo ottengono licenze per esercitare dalle autorità cittadine. Questi testi, ricchi di descrizioni anatomiche e di accurate prescrizioni terapeutiche, sembrano indicare uno spiccato interesse per la pratica.
Ma Kristeller ha sottolineato come il fatto stesso che questi testi fossero scritti e rimaneggiati nelle diverse generazioni indichi come a Salerno inizi la medicina scolastica, nel doppio senso di una medicina “di scuola”, dotata di una tradizione di insegnamento e pensata per la trasmissione ai fini didattici, e di una medicina “dei testi”, basata sul commento e sulla costituzione di un corpus testuale autoritativo. La Scuola di Salerno avrebbe dunque ereditato anche l’interesse per il rapporto della medicina con la filosofia che era già stato manifestato da Costantino l’Africano, e che si trova espresso nella divisione fra teoria e pratica. A Salerno muove i primi passi anche una questione destinata a un lungo futuro nella storia della medicina colta, quella del rapporto fra scientia e ars. Non essendo ancora ben noti i testi aristotelici fondamentali per questa discussione (la Metafisica e l’Etica a Nicomaco), i maestri salernitani possono affermare che anche la practica è da considerarsi una scientia a pieno diritto.
Al XII secolo risalgono le opere salernitane riunite nel codice di Breslau, studiato da Karl Sudhoff, un manoscritto che contiene una versione dell’Antidotarium Nicolai, il trattato di chirurgia di Ruggiero di Frugardo, e diversi altri trattati pratici. Si può notare che diversi testi salernitani contengono descrizioni anatomiche accurate, e si può dunque supporre che le lezioni fossero accompagnate dalla dissezione di maiali e altri animali, una pratica didattica menzionata per la prima volta in relazione all’insegnamento di Matteo Plateario. Ma a Salerno si riprende pure la gloriosa tradizione, di origine alessandrina, del genere del commentario medico, il cui primo esempio è il commentario di Mauro agli Aforismi di Ippocrate della seconda metà del XII secolo. L’uso del commentario presuppone l’interesse per un dibattito teorico e la consapevolezza dell’esistenza di una tradizione autoriale nel campo disciplinare di cui ci si occupa. Nei più tardi commentari di Ursone di Calabria, attivo a Salerno, si nota uno spiccato interesse per le questioni di filosofia naturale, intesa come fondamento della medicina anche pratica, e una buona conoscenza delle opere aristoteliche tradotte di recente.
Il testo forse più noto attribuito alla scuola salernitana è il poema dal titolo Regimen Sanitatis, che nonostante la sua conclamata “antichità” risale al XIII secolo ed è costituito da un insieme di frasi e precetti di origine oscura e riuniti in testi di redazione diversa dai suoi diversi commentatori, tra i quali anche Arnau (o Arnaldo) da Villanova. Nonostante la sua fama, altri testi salernitani hanno avuto un’importanza maggiore e un effetto più duraturo sugli sviluppi della medicina europea. L’influenza dei Pantegni di Costantino l’Africano, ma soprattutto dell’Isagoge Ioannitii, è dimostrata infatti dalla precoce comparsa a Salerno di commentari a un gruppo di testi, riuniti per un uso didattico e destinati a divenire il canone autoritativo per l’insegnamento della medicina in Occidente. Il gruppo di testi, pubblicati più tardi col nome di Articella, e che nel XIII secolo sono già considerati essenziali nel curriculum medico in un centro lontano da Salerno come Parigi, comprende un nucleo di traduzioni costantiniane con alcune aggiunte. Vi sono infatti l’Isagoge Iohannitii, gli Aforismi e i Prognostica di Ippocrate (anch’essi in traduzioni riconducibili a Costantino l’Africano o alla sua scuola), le Urine di Teofilo Protospatario, il De pulsibus attribuito a Filareto; a partire dal XII secolo, anche i Tegni (ars parva) di Galeno, in una traduzione eseguita probabilmente direttamente sul testo greco. I commentari a questi testi dei maestri salernitani Bartolomeo e Mauro, identificati da Karl Sudhoff come appartenenti a una tradizione di insegnamento già consolidata nel XII secolo, indicano un precoce interesse per la teoria medica e inaugurano un genere testuale destinato a una notevole fortuna, ma segnalano anche l’importanza di Salerno come centro di irraggiamento della tradizione di insegnamento medico: Gilles de Corbeil, il primo insegnante di medicina a Parigi, studia a Salerno.
La maggior parte di queste opere ha uno spiccato carattere didattico. Tuttavia, nonostante alcune di esse siano scritte esplicitamente su richiesta degli allievi, non restano documenti che ci illustrino come si svolgesse nella realtà l’insegnamento a Salerno, e soprattutto non vi è traccia di titoli o “lauree” rilasciate dalla scuola, né di un riconoscimento giuridico dell’istituzione da parte delle autorità civili e municipali (che pure restarono, come in molte altre città o stati contemporanei, depositarie del diritto di esame e di licenza dei praticanti la medicina). Diversi documenti che indicherebbero un’organizzazione didattica e professionale piuttosto sviluppata, nonché l’esistenza di un Collegium medico, che Salvatore De Renzi aveva datato al secolo XII, sono in realtà falsi posteriori. Non è neppure chiaro se e fino a che punto l’insegnamento di practica e theorica fosse separato, come sarebbe poi avvenuto nelle università europee a partire dal XIII secolo, periodo per il quale anche per Salerno, come per altre realtà, si possono iniziare a documentare i riflessi pratici e giuridici dell’attività educativa. Nelle Costituzioni di Melfi (1231) dell’imperatore Federico II, erede della tradizione normanno-sveva, la Scuola di Salerno è riconosciuta come corpo in grado di esaminare medici (e farmacisti), anche se non le si concede ancora il diritto di rilasciare diplomi. Un decennio dopo, un decreto dello stesso imperatore dice più chiaramente che il curriculum di insegnamento prevede lo studio della filosofia e quello degli autori antichi, in particolare di Ippocrate e Galeno.
La creazione di una scuola laica di medicina avrà riflessi importanti sulla professione del medico, conducendo alla comparsa (attestata a Salerno e in Francia a partire dal XII secolo) del termine physicus per indicare il medico “di scuola”. Il termine era sconosciuto all’antichità, che utilizzava quello di medicus, e per la prima volta introdurrà una separazione netta tra i praticanti la medicina educati su testi e coloro che apprendono l’arte attraverso una trasmissione empirica.