La seconda rivoluzione scientifica: fisica e chimica. Difesa e scienza in America
Difesa e scienza in America
Sir Gavin de Beer (1899-1972), nell'opera The sciences were never at war (1960), traccia il profilo di un secolo e mezzo di storia in cui gli scienziati svolgevano le loro ricerche nell'interesse del progresso delle conoscenze, senza essere condizionati dal problema della guerra e senza il timore di subire critiche per questo.
L'appello romantico alle pratiche belliche precedenti l'era della meccanizzazione era stato sollecitato dall'avvento, nei secc. XIX e XX, della guerra totale, che privò la scienza della sua libertà di comunicazione senza vincoli e della licenza di intrattenere a livello internazionale scambi scientifici anche con nazioni ostili.
Questa nostalgia per un''età dell'oro' della scienza non dovrebbe tuttavia indurre a disconoscere i benefici che nel XX sec. gli scienziati e la scienza trassero dalle guerre, le quali non impedirono il progresso e, anzi, costituirono per la scienza stessa una fonte di stimolo e per gli scienziati un'occasione di miglioramento delle proprie capacità. In tal senso gran parte della scienza moderna può essere considerata una ricaduta positiva della guerra, il risultato della capacità dello Stato-nazione di convogliare e impiegare capitali per obiettivi non congeniali al settore privato, traducendoli in progetti utili e di impronta patriottica per i quali, essendo minacciata l'effettiva sopravvivenza della nazione, i costi non rappresentano un ostacolo.
Agli inizi del XX sec. la maggioranza delle potenze occidentali riteneva che fosse possibile sostenere un conflitto bellico senza richiedere alcun contributo agli scienziati e comunque senza prevedere per essi uno specifico compenso. Il ruolo della US National Academy of Sciences, fondata al tempo della Guerra civile americana, era stato irrilevante sotto l'aspetto della conduzione effettiva del conflitto. Le guerre coloniali della fine dell'Ottocento avevano fatto affidamento sulla superiore tecnologia occidentale, che alla scienza doveva ben poco, dato che gli inventori delle linee ferroviarie, del telegrafo e del fucile a ripetizione erano ingegneri legati a una tradizione prescientifica; più direttamente connesso a ricerche di tipo scientifico era stato l'impiego, durante il conflitto, degli aerostati, magnificato tuttavia dagli scienziati in misura eccessiva. Nella maggior parte dei paesi occidentali essi potevano dunque difficilmente sperare di ottenere lo stesso tipo di appoggio del quale avevano a lungo usufruito i loro colleghi che si occupavano invece di ingegneria.
L'eccezione più importante era costituita naturalmente dalla chimica, che produceva la polvere esplosiva delle armi da fuoco e 'congegni infernali' che si diffusero negli eserciti e nelle marine militari di tutto il mondo. Il lascito destinato da Alfred Nobel (1833-1896) all'assegnazione di premi per attività scientifiche derivava dalla sua invenzione della dinamite e della polvere senza fumo e, a suo modo, destinava dunque parte delle ricadute belliche a chimici e fisici, come ricompensa per le loro scoperte; matematici ed economisti invece non richiamarono la sua attenzione, contrariamente a quanto avvenne per la medicina o la fisiologia e per la pace.
Lo sviluppo dell'acciaio, dell'elettricità e della chimica organica alla fine del XIX sec. portò ricchezza anche al settore privato nel quale, grazie a magnati come Andrew Carnegie e John D. Rockefeller, si affermò nei confronti della scienza un fenomeno di emulazione della generosità dimostrata da Nobel. Lo Stato si associò alle plutocrazie in questo sforzo solamente dopo che due guerre mondiali ebbero dimostrato inequivocabilmente la capacità degli scienziati di contribuire direttamente e in maniera determinante a definire le sorti di un conflitto.
La Prima guerra mondiale aveva mostrato che la guerra chimica era in grado di contribuire ad annientare il nemico e i nuovi prodotti tecnologici, come l'aeromobile e il carro armato, benché non decisivi, nella coscienza pubblica vennero associati al potere della scienza. Il conflitto aveva rivelato inoltre che sollecitare nuove invenzioni era un sistema meno efficace che non fornire alla ricerca l'occasione di poter contribuire alla soluzione di specifici problemi militari mediante l'assegnazione di risorse. Negli Stati Uniti, i responsabili della National Academy of Sciences dotati di spirito imprenditoriale istituirono il National Research Council ‒ struttura analoga a quelle di Inghilterra e Francia ‒ per attuare l'applicazione della scienza a problemi bellici.
La Seconda guerra mondiale
Le ricadute belliche positive erano in certa misura il risultato ultimo dei provvedimenti attraverso i quali negli Stati Uniti vennero promossi la ricerca e lo sviluppo durante la Seconda guerra mondiale.
Poiché la ricerca doveva essere condotta nell'industria e nelle università, i materiali e l'attrezzatura necessari sarebbero stati a disposizione degli addetti per la durata del progetto e ‒ salvo il caso fossero di particolare interesse militare ‒ presumibilmente anche in seguito. Uno dei primi esempi del genere fu la struttura all'interno della quale si svolgevano ricerche sul radar presso il Massachusetts Institute of Technology (MIT), denominata ‒ con dicitura in parte fuorviante ‒ Radiation Laboratory; analoga fu l'attività dello University of California Radiation Laboratory, dove Ernest O. Lawrence (1901-1958), che aveva contribuito a organizzare l'omonimo laboratorio del MIT, nel 1941 mise i suoi ciclotroni e i suoi radiochimici a disposizione del governo. Il presidente del MIT Karl T. Compton (1887-1954) aveva invano condotto negli anni Trenta una campagna al fine di ottenere dal governo sussidi diretti per la scienza; ciò che non era riuscito in epoca di pace e durante la Grande Depressione riuscì durante e dopo il conflitto, quando i finanziamenti vennero invece assegnati con generosità.
Sebbene la guerra fornisse di per sé l'opportunità per ottenere finanziamenti per la scienza e malgrado la relativa motivazione fosse stata già da molto tempo argomentata, il passo decisivo in tale direzione si ebbe con il presidente Franklin D. Roosevelt (1882-1945).
Persuaso da una lettera di Albert Einstein (trasmessagli da Alexander Sachs, che si occupava di raccogliere fondi per il Partito Democratico), nella quale si accennava alla possibilità che la Germania potesse disporre di un'arma atomica, egli riuscì a vincere la riluttanza della Marina statunitense a destinare fondi alle ricerche sull'energia nucleare. L'iniziativa, sebbene di proporzioni non particolarmente vaste, consentì l'avvio di una collaborazione con la Gran Bretagna per ricerche sul radar e sugli armamenti nucleari al tempo di Vannevar Bush (1890-1974), il quale aveva convinto Roosevelt a istituire il National Defense Research Committee (NDRC, 1940) e l'Office of Scientific Research and Development (OSRD, 1942) sotto la sua direzione. Trattandosi di ricerche che in Gran Bretagna erano tutelate da segreto, gli scienziati americani coinvolti nel progetto non si opposero a tale classificazione; ciononostante i fisici nucleari occidentali non riuscirono a mantenere il riserbo sulle prime realizzazioni dell'effettivo autore della lettera di Einstein, Leo Szilard (1898-1964). La classificazione delle ricerche come segrete contribuì a fornire a Roosevelt una provvidenziale copertura per i preparativi della guerra, dei quali i materiali e servizi forniti secondo la legge affitti e prestiti costituivano solo la punta dell'iceberg. In tal modo gli Stati Uniti poterono dare corpo a un'impresa che mise in ombra tutte le aziende private, a eccezione di quelle più grandi, senza che ciò fosse ufficializzato dal governo a livello legislativo o giudiziario. Tale impresa andò a costituire il saldo attivo che i fisici e altri scienziati poterono spartirsi subito dopo la fine del conflitto mondiale.
Analogamente alle borracce e agli scarponi da combattimento non utilizzati, i laboratori del MIT, la University of California, la Columbia University, la University of Chicago e altri istituti ed enti accademici coinvolti come contraenti cominciarono a essere considerati, sin da prima che il conflitto fosse terminato, come strutture che potevano avere una duplice utilizzazione.
Si era diffusa la 'moda di trasformare le spade in vomeri' e i fisici avevano davanti a sé numerosi campi nuovi da sviluppare, primo fra tutti quello dell'energia nucleare, tanto nella forma controllata quanto nella non controllata. Le radiazioni avevano ucciso civili giapponesi a Hiroshima e a Nagasaki ma i radioisotopi avrebbero alla fine curato il cancro e altre patologie; l'energia nucleare aveva raso al suolo intere città, ma i reattori nucleari avrebbero fornito energia 'tanto economica da non potersi neanche misurarne il costo'; i radar per applicazioni militari avrebbero lasciato il posto a stazioni radar di portata più estesa per usi civili; ai bombardieri B29 e ai missili V2 sarebbero seguite spedizioni nella stratosfera per lo studio dei raggi cosmici e dove erano collocate le sorgenti per generare interferenze radar sarebbero stati costruiti acceleratori lineari; dove gli isotopi dell'uranio erano stati separati, classi di particelle subatomiche si sarebbero invece combinate in nuove e strane entità che avrebbero contribuito a spiegare le forze nucleari, favorendo l'assegnazione di un gran numero di premi Nobel agli scienziati che altrimenti sarebbero stati smobilitati.
Descritta in Gravity's rainbow (1974) ‒ ritratto inquietante della fine della Seconda guerra mondiale tracciato da Thomas Pynchon ‒ la contesa per appropriarsi delle ricadute belliche tedesche si concretizzò in una corsa affannosa attraverso le terre devastate della 'razza dominante', alla ricerca di scienziati e di materiale bellico da distribuire in maniera indiscriminata nei paesi alleati. Il 'Paperclip Project' fece sì che scienziati quali Wernher von Braun (1912-1977) si stabilissero in regioni lontane come White Sands, nel New Mexico; per contro l'Alsos, missione incaricata di cercare la bomba atomica tedesca e i suoi progettisti, non riuscì a trovare molto che giustificasse gli sforzi, consentendo perciò a Werner Heisenberg (1901-1976) e ai suoi colleghi di tornare nelle loro università in Europa. L'Unione Sovietica fu meno razionale nelle sue richieste di risarcimenti di guerra in campo scientifico, preferendo piuttosto il metodo dei rapimenti di ricattatori, di sedicenti costruttori di bombe e di altra manodopera tecnica.
La grande quantità di beni tecnici rimasti dopo il conflitto non interessava particolarmente una classe militare che stava smobilitando dopo la Seconda guerra mondiale ancor più rapidamente degli scienziati. Gli scienziati che avevano lavorato a Los Alamos e nei radiolaboratori attivi durante la guerra erano particolarmente richiesti, tanto a livello accademico quanto nell'industria, e arrestarne l'emorragia sarebbe stato molto difficile, ma essi potevano essere trattenuti inducendoli a lavorare per il governo presso le loro università, specialmente quelle che avevano usufruito di sostanziosi investimenti di capitali pubblici nella fase bellica. Sarebbe stato sufficiente da una parte creare enti federali che avrebbero potuto continuare a mantenere costante il flusso degli investimenti; dall'altra, rendere nello stesso tempo meno rigide le limitazioni imposte alla ricerca e alla libera pubblicazione, che si erano dimostrate poco gradite agli scienziati.
L'elenco di queste esigenze era stato raccolto, insieme alle richieste degli scienziati per la fase postbellica, da Richard C. Tolman (1881-1948) del Caltech, dal National Defense Research Committee e, infine, dall'Office of Scientific Research Development su incarico del comandante del Manhattan Engineer District, il generale Leslie Groves, e il suo superiore, Bush, aveva redatto un accurato progetto finalizzato in un resoconto intitolato Science, the endless frontier (1945), che gli era stato commissionato da Roosevelt poco prima della sua scomparsa.
Il nuovo presidente degli Stati Uniti, Harry S. Truman (1884-1972), manifestò la sua percezione del valore della scienza affermando che la bomba atomica era stata "la cosa più importante della storia", tuttavia egli guardava con sospetto l'eventuale trasferimento delle attività di ricerca federali agli scienziati, che ne avrebbero anche avuto il controllo, come raccomandava Bush. Piuttosto che aderire alla creazione di una National Research Foundation secondo il modello proposto da Bush, egli diede ascolto ai membri del Congresso che avevano più facilità a comprendere, figure come Harley Kilgore, secondo il quale in una democrazia i politici dovevano avere il controllo sul denaro pubblico speso dal governo.
Tale sentimento fortunatamente era condiviso dagli 'scienziati atomici' ‒ un sostanzioso gruppo di stelle minori nel firmamento della scienza dell'epoca bellica ‒ i quali si opposero al progetto di Groves e di J. Robert Oppenheimer (1904-1967) con il Manhattan Engineer District. Assistiti dal senatore Brien McMahon, profondamente affascinati dalle potenzialità dell'energia atomica come mezzo per dare slancio allo sviluppo nella fase postbellica del New Deal, essi riuscirono a prevalere sui progetti dell'Esercito per la scienza nucleare e ad arrivare all'istituzione della Atomic Energy Commission (AEC), che aveva la funzione di controllare l'ingente stanziamento di 2 bilioni di dollari creato al tempo di Groves.
La repentina conclusione della guerra non consentì agli scienziati di organizzarsi con una propria fonte di finanziamento federale ma sia l'Esercito, al quale era affidato il funzionamento delle strutture legate al nucleare, sia la Marina, che cercava di entrare nel nuovo mondo dell'energia nucleare, furono ben felici di offrire il loro contributo. Groves non soltanto garantì la sopravvivenza e la continuità operativa di Los Alamos, che doveva essere ricostruito come "il più grande laboratorio di fisica del mondo", ma contribuì anche alla creazione di tre laboratori nazionali, uno dei quali, Brookhaven (New York), realizzato ex novo. Oak Ridge e gli Argonne National Laboratories dovevano invece la loro esistenza alla guerra, come Los Alamos; Oak Ridge ospitava una piccola parte delle strutture di produzione realizzate per la separazione isotopica dell'uranio in Tennessee durante il conflitto, mentre Argonne era il laboratorio che forniva i dati necessari a progettare i reattori per la produzione del plutonio costruiti dalla DuPont a Hanford (Washington). La nuova Atomic Energy Commission ratificò le dotazioni di Groves al suo 'esercito di riserva' di scienziati e confermò l'attenuazione delle limitazioni in vigore al tempo della guerra, per consentire ricerche originali e scambi tra scienze fra loro correlate.
In alcuni casi Groves aveva già assegnato le 'eredità' della guerra. Al Lawrence's Radiation Laboratory aveva dato il consenso a riparare il ciclotrone da 184 pollici, iniziato prima del conflitto ma convertito in un grande spettrografo di massa per esperimenti sulla separazione dell'uranio, trasformandolo in sincrociclotrone; esso utilizzava una nuova tecnica, scoperta durante il periodo bellico, che permetteva alle particelle di essere accelerate anche se crescevano di massa nell'avvicinarsi a velocità relativistiche. Ciò fornì una scorciatoia imprevista ai fisici di Berkeley, i quali prima della guerra avevano potuto utilizzare soltanto la semplice legge di forza magnetica per lavorare, e rese ben presto possibile la progettazione di sincrotroni molto più grandi. Lawrence, l'Atomic Energy Commission e la University of California respinsero l'accusa che il denaro federale impiegato per costruire tale impianto fosse in qualche modo legato al fatto che determinate università stavano continuando il lavoro del Los Alamos Scientific Laboratory, che si era voluto restituire al controllo dell'Esercito. In quanto proprietari di due dei laboratori di fisica più grandi del mondo, i reggenti dell'università erano soddisfatti perché il lavoro di Lawrence ‒ che aveva avuto come risultato l'assegnazione, senza precedenti per gli Stati Uniti, di un premio Nobel per ricerche svolte presso un'università di Stato ‒ sarebbe stato ampiamente finanziato.
Altre università costituirono consorzi per competere con quello che Isidor Isaac Rabi (1898-1988) aveva definito il monopolio atomico della University of California. Egli aveva riunito le migliori università della Ivy League con il MIT e altre istituzioni forti nella Associated Universities Incorporated, che costruì il laboratorio di Brookhaven e alcuni sincrotroni, emulando la gigantesca struttura della costa occidentale. Le università meridionali si associarono per sostituire nella gestione accademica di Oak Ridge la University of Chicago, la quale comunque mantenne il controllo su Argonne anche dopo che, per contestarne la leadership, fu costituita una Midwest Universities Research Association. Il California Institute of Technology, per breve tempo considerato come una possibile sede per un altro laboratorio dell'Atomic Energy Commission, si accontentò del Jet Propulsion Laboratory e di un rapporto sempre più stretto con il China Lake Naval Weapons Center.
Ai depositari di ambito accademico vanno aggiunti quelli che della guerra erano gli eredi sul piano industriale, la maggior parte dei quali, a differenza della DuPont, non intendeva affatto rinunciare ai guadagni derivanti dallo sforzo industriale per costruire radar e armi nucleari.
Anche durante gli anni del conflitto si era comunque venuta a costituire un'industria della difesa basata sugli investimenti federali nell'elettronica, nella 'nucleonica' e nella missilistica. Uno dei primi cronisti dell'impresa nucleare identificò molte di tali aziende, indicandole in una storia del Manhattan Project scritta prima che i fisici potessero assumere il controllo della storiografia delle ricerche sull'atomo; al di là degli effettivi contributi egli attribuì un ruolo fondamentale alle industrie Allis-Chalmers, General Electric, Tennessee Eastman, Westinghouse, Kellex, Union Carbide, Houdaille-Hershey e ad altri contraenti industriali, gli introiti dei quali tendevano a sminuire quelli delle università. In un'epoca in cui il segretario alla Difesa poteva definire gli affari come l'attività centrale dell'America, queste aziende continuarono nella proficua attività patriottica di creazione di ordigni bellici.
Durante la guerra fredda modeste frazioni dei finanziamenti disponibili finivano agli scienziati 'arruolati' come ricercatori in laboratori che, all'epoca, erano concentrati nell'impegno di ricostituire gli arsenali necessari alla difesa delle libere istituzioni e di ricostruire 'le cattedrali' del consumismo. Mentre l'industria dell'energia nucleare aspettava la beneficenza di un Congresso repubblicano per essere protetta da conflitti e perdite, l'elettronica di consumo produceva in grande quantità catene di stazioni radar, tubi catodici per televisori e, infine, maser e laser che si intendevano utilizzare per applicazioni civili. Nuove aziende come Hewlett-Packard, Raytheon, Eckert and Mauchly, Engineering Research Associates e Sperry-Rand Univac ebbero grande sviluppo in un contesto di generose sovvenzioni governative per le ricerche sui computer.
Quando Thomas J. Watson, dell'IBM, si rese conto delle potenzialità dell'informatica, affidò lo sviluppo dei computer a veterani dei laboratori militari e nazionali che potevano contare su una grossa esperienza. I laboratori nazionali si dimostrarono disposti a mantenere la prassi ‒ che aveva caratterizzato l'epoca della guerra ‒ di acquistare computer, costruendo però contemporaneamente modelli avanzati di architettura von Neumann elaborata sotto gli auspici delle sovvenzioni dell'Esercito, della Marina e dell'Atomic Energy Commission. Ai computer ENIAC, Mark I e Bell Relay elaborati durante il conflitto corrisposero nella fase postbellica ORDVAC, EDVAC, MANIAC, AVIDAC, ORACLE e JOHNNIAC, le macchine pensanti della guerra fredda. Il progetto di costruire un simulatore di volo trovò compimento nel computer Whirlwind del MIT, che a sua volta produsse il sistema di difesa aerea SAGE dopo che l'Unione Sovietica ebbe dimostrato, sorprendentemente, di essere in grado di copiare la bomba atomica.
Dopo la guerra i computer divennero rapidamente parte integrante della strumentazione scientifica, specialmente della fisica delle alte energie. Alla University of Chicago i primi progetti di un centro destinato allo sviluppo dei computer si rivelarono inadeguati ad assicurarsi la collaborazione del fisico Nick Metropolis (1915-1999) ‒ che lì aveva incontrato Enrico Fermi, Edward Teller e altri luminari del Manhattan Project ‒ il quale decise di tornare al laboratorio di Los Alamos. Princeton rappresentò invece una sede adatta per John von Neumann (1903-1957), che aveva in sostanza inventato le moderne tecniche di elaborazione a Los Alamos e alla Moore School negli ultimi anni della guerra; egli continuò a ricercare le potenzialità militari e meteorologiche del computer per il resto della sua vita. Altre università seguirono lo stesso esempio con il generoso sostegno del dipartimento della Difesa e dell'Atomic Energy Commission.
Oltre che per questi leviatani della fisica postbellica, la guerra funse da incubatrice anche per centinaia di altri progetti, come quelli che riguardavano analizzatori multicanale, camere di ionizzazione, isotopi, streak camera e rivelatori e strumenti elettronici di ogni genere. Essi riempivano non soltanto le pagine della "National nuclear energy series" e dei "MIT radiation laboratory reports" ma anche quelle di riviste nuove come "Nucleonics" e "The bulletin of the atomic scientist" e di dozzine di monografie. I laboratori nucleari postbellici si specializzarono nella produzione di isotopi e portarono alla pubblicazione di centinaia di libri che ne documentavano l'impiego in fisica, in chimica, in biologia e in medicina. L'abbondanza di mezzi migliorò le prestazioni dei laboratori a livello internazionale, a dispetto delle riserve di alcuni conservatori come, per esempio, Lewis Strauss (1896-1974), noto per aver cercato di impedire l'esportazione da parte dell'Atomic Energy Commission di tutto ciò che non riusciva a comprendere.
Tutti questi nuovi strumenti consolidarono il rapporto faustiano basato sul baratto che si era instaurato tra fisici e politica nel corso della guerra. Con i laboratori colmi di nuove attrezzature, messe a disposizione da generose sovvenzioni governative, e con i loro giovani studenti, attratti dai mezzi e dalle prospettive che si aprivano nella scienza, i fisici esercitavano letteralmente il potere di creare e distruggere. Ciò non sfuggì ai 'predicatori laici' della cultura popolare, che riempivano i nuovi giornali a fumetti e la narrativa scientifica di fantasie che neanche i fisici stessi osavano esprimere, descrivendo, sui palcoscenici virtuali di radio e televisione, scenari di distruzione tecnologica controllata dai fisici nucleari. Questa fama, così come la notorietà di tipo più convenzionale derivante dai comitati per il premio Nobel e dalle società scientifiche, amplificò l'immagine pubblica dei fisici, che prima della guerra erano pressoché sconosciuti al grande pubblico. Brillanti, giovani studiosi rispondevano al richiamo della fortuna e della fama, affollando le aule e i laboratori delle università ‒ fenomeno sconosciuto fino a quel momento (e anche successivamente) ‒, scarsamente preparati tuttavia a tale prospettiva. Per gli scienziati, così come era stato per i loro colleghi militari, l'aspetto disciplinare assunse importanza nel momento in cui la ricerca di gruppo divenne la norma e il resoconto scientifico redatto da molti autori la forma caratteristica delle pubblicazioni nel campo della fisica nella fase postbellica. Per favorire la pubblicizzazione di scoperte e deduzioni si moltiplicarono i giornali scientifici, che incrementarono la loro produttività, inducendo storici della scienza come Derek de Solla Price (1922-1983) a riconoscere che un processo di diffusione capillare stava assumendo aspetti rivoluzionari: se tale crescita si fosse potuta mantenere costante, osservava Price, ben presto gli scienziati sarebbero aumentati a dismisura.
Price e i suoi colleghi beneficiarono delle risorse marginali della fisica. Il piccolo gruppo di storici della scienza, già attivo da prima della guerra, trasse vantaggio dalla nuova aspirazione al pubblico riconoscimento da parte dei fisici e dei chimici, riuscendo ad ampliare la disciplina sino a trasformarla in una vera e propria 'industria' accademica. Per non correre rischi, essi presero le distanze dalle questioni più spinose, come gli esperimenti atomici nel Pacifico e in Nevada, e alcuni si avvicinarono alla rivoluzione quantistica degli inizi del XX sec. andando raramente oltre quel limite.
I fisici si dimostrarono desiderosi di tornare alla ricerca, praticamente abbandonata, di una soluzione dei problemi della dinamica quantistica che, fra gli altri, aveva spinto Oppenheimer quasi alla disperazione agli inizi degli anni Trenta. Sotto la sua guida una nuova generazione, che aveva affinato le proprie abilità nel corso del conflitto, affrontò i problemi da un punto di vista più pragmatico e produsse una 'rinormalizzazione' risolutiva. Alcuni dei fisici rinomati guidati da Oppenheimer ‒ fra gli altri: Richard P. Feynman, Willis E. Lamb, Victor Weisskopf, Robert Serber e Hans Bethe ‒ avevano lavorato sotto la sua direzione a Los Alamos durante la guerra.
L'elettronica quantistica era un'altra 'figliastra' della guerra e, in particolare, delle ricerche sul radar. Il Radiation Laboratory di Harvard, i Bell Labs e decine di laboratori industriali e universitari formarono ricercatori per gli sviluppi postbellici che avrebbero condotto allo sviluppo di maser, laser e transistor, alla spettroscopia delle microonde e a una nuova comprensione dei fenomeni nel campo della fisica della materia condensata (poi dello stato solido). Come nel caso dei fisici nucleari la condivisione, da parte dei fisici che si occupavano di radar, di un'attività comune durante il conflitto condusse nella fisica a un nuovo esprit de corps, prima della guerra accennato appena solamente in laboratori come il Lawrence's Radiation Laboratory della University of California. La soluzione dei problemi posti dai progetti per lo sviluppo della bomba atomica e del radar rafforzò la loro fiducia nelle proprie capacità di affrontare problemi nuovi in scienza e tecnologia; rientrando nelle università, molti si trovarono rapidamente promossi da ricercatori a responsabili di grandi progetti di ricerca, al comando di centinaia di laureati impegnati nello sforzo di conquista dell'universo della materia. Questo sovrappiù di energie e di intraprendenza condusse a un aumento del numero di premi Nobel dei quali furono insigniti scienziati americani: dai 39 di prima della guerra, fra il 1901 e il 1941, ai 65 ottenuti fra il 1945 e il 1975.
Le università si trovarono ben presto costrette ad ampliare le opportunità offerte per favorire nuove attività di insegnamento e di ricerca, non soltanto associandosi con i laboratori dell'Atomic Energy Commission ma anche sviluppando aree di ricerca all'interno delle università stesse. Lo University of Chicago's Institute of Nuclear Physics, il MIT Research Laboratory of Electronics e il Princeton's James Forrestal Research Center ‒ che aveva opportunamente tratto la sua denominazione dal primo segretario alla Difesa ‒ erano tra le più conosciute di tali istituzioni, molte delle quali coordinate dal Joint Services Electronics Program (JSEP).
JSEP
Il dipartimento della Difesa aveva acconsentito alla dispersione del MIT Radiation Laboratory istituendo, nello stesso tempo, il Joint Services Electronics Program a sostegno della ricerca presso il MIT Research Laboratory in Electronics, lo Harvard Central Communications Laboratory, il Columbia's Radiation Laboratory e lo Stanford Electronics Laboratory. Ognuno di questi laboratori era erede diretto dell'impegno di ricerca dell'epoca bellica legato allo sviluppo del radar e il loro lavoro stimolò il boom postbellico dell'elettronica sia civile sia militare.
Il Joint Services Electronics Program, guidato congiuntamente e in maniera illuminata da rappresentanti dell'Esercito, della Marina e dell'Aviazione, divenne infine un veicolo che combinava le risorse per la ricerca di base e competenze in grado di portare alla realizzazione di apparecchiature migliori e di tecnologie moderne utilizzabili in tempo sia di pace sia di guerra.
In seguito il patrocinio del Joint Services Electronics Program fu esteso alle università di California, Berkeley, Illinois, Southern California, Texas, Ohio State, Purdue e Northwestern, agli istituti per la tecnologia della Georgia e della California, al Brooklyn Polytechnic Institute e al Texas Tech. Il laboratorio di maggior successo fu il Columbia Radiation Laboratory (CRL), che portò Polykarp Kusch e Charles H. Townes al premio Nobel per la fisica rispettivamente nel 1955 e nel 1964. I loro supervisori accademici erano orgogliosi del fatto che i risultati permeavano letteralmente le comunità scientifiche e degli ingegneri negli Stati Uniti e in tutto il mondo industrializzato. Il campo dell'elettronica quantistica può essere ricondotto interamente e direttamente al lavoro svolto da Townes e dai suoi colleghi alla Columbia University negli anni Cinquanta.
Altrettanto orgoglio veniva espresso a Stanford, dove il Joint Services Electronics Program rese possibile lo sviluppo degli amplificatori a microonde come il klystron, che alimentava acceleratori di particelle lunghi fino a 2 miglia, come l'acceleratore lineare di elettroni dello Stanford Linear Accelerator Center, e le ricerche di Frederick E. Terman (1900-1982) nel campo dell'elettronica, che in seguito portarono alla creazione della Silicon Valley per mezzo di aziende quali Varian e Hewlett-Packard.
Il Radio Research Laboratory di Harvard del tempo della guerra, ribattezzato Central Communications Research Organization, prima di essere offerto quale surplus bellico all'università riuscì a vincere un solo premio Nobel per la fisica, assegnato nel 1981 a Nicolaas Bloembergen, il quale fu pioniere nel campo dell'elettronica delle microonde, inventò il maser a stato solido a tre livelli, applicato al sistema di difesa radar Distant Early Warning (DEW) e ai radiotelescopi e, successivamente, si occupò di ottica non lineare. Molti altri furono i campi nei quali si avviarono ricerche pionieristiche a Harvard, fra gli altri: la diffusione e la diffrazione su superfici di forma complessa, il radar con portata oltre l'orizzonte, la riflessione delle onde elettromagnetiche per telecomunicazioni, lo studio della comunicazione sotto superficie nei mezzi materiali e della propagazione delle onde sulle superfici di discontinuità, le proprietà delle antenne nei plasmi e dei simulatori EMP (electromagnetic pulse), che venivano tutti descritti in testi sociologici come 'tecnoscienza'.
Office of Naval Research
Fondato alcuni mesi dopo, l'Office of Naval Research (ONR) sovvenzionò la ricerca in molti campi, dalla criogenia alla fisica nucleare, e dedicò particolare attenzione alla selezione dei direttori di progetto.
Alan Waterman diresse l'Office of Naval Research finché non divenne il primo direttore della National Science Foudation; egli svolse il suo mandato con il contributo di Edwin B. Wilson, famoso matematico di Harvard, di Mina S. Rees, impegnata in studi pionieristici nel campo dei computer, e di Emmanuel Piore, il quale successivamente guidò il laboratorio di ricerca dell'IBM. Essi furono i primi di una lunga serie di scienziati che rivestì un ruolo importante nella mediazione tra gli studiosi delle università e la Marina. Abbandonando i sistemi organizzativi fortemente burocratizzati del Pentagono, che rispecchiavano la visione di Groves di una burocrazia centralizzata e fortemente controllata, l'Office of Naval Research aprì uffici a Boston, New York, San Francisco, Pasadena e Chicago, consentendo in tal modo il costante aggiornamento su quanto accadeva nelle università, dato che svolgeva ufficialmente un ruolo di supervisione dei contratti che esse offrivano.
In quanto istituzionalmente incaricato della distribuzione delle ricadute belliche, l'Office of Naval Research riuscì a far superare agli scienziati del settore degli studi sull'atomo il risentimento che essi avevano provato dopo lo scontro fra Groves e l'Esercito in merito al destino postbellico della ricerca nel campo nucleare.
Concentrando gli investimenti nelle università, l'Office of Naval Research ottenne che molti scienziati ne facessero il proprio punto di riferimento, spesso sottraendosi all'Atomic Energy Commission, che destinava invece le risorse ai laboratori nazionali. Nel momento in cui l'Atomic Energy Commission si rese finalmente conto dei vantaggi della ricerca extra moenia, organizzò un programma congiunto con l'Office of Naval Research allo scopo di assegnare fondi a scienziati che nei confronti dei reparti della Marina si erano già dimostrati disponibili. Fino al 1970 più di 1,24 miliardi di dollari vennero assegnati alle università grazie ai programmi dell'ONR; tale istituzione finanziò con ulteriori 2,2 miliardi di dollari la ricerca e lo sviluppo nell'industria e nei propri laboratori.
Oltre ai laser e ai maser, sovvenzionati anche dallo Joint Services Electronics Program, l'ONR sostenne numerosi altri programmi di ricerca: nelle scienze fisiche, sugli standard di tempo e di frequenza di atomi e molecole, sui dispositivi a onde acustiche e su fenomeni fisici indotti dall'interazione Sole-Terra; su programmazione lineare, automazione e intelligenza artificiale, statistica applicata e teoria del controllo nelle scienze matematiche e informatiche; nelle scienze della vita sulla chimica del cervello, sui fattori umani, sui processi decisionali e l'efficacia organizzativa; sulla propagazione delle onde radio, sull'ambiente artico, su tali rilevamenti e sulla geologia nelle scienze della Terra; sulle ceramiche, sulla chimica delle superfici e sui materiali strutturali nelle scienze della materia; e su una varietà di scienze oceanografiche e di tecnologie.
L'Office of Naval Research riuscì a creare un rapporto di fiducia con gli scienziati a esso legati. Come dichiarato dal direttore, durante i cinque anni successivi alla guerra le istituzioni accademiche avevano imparato che era possibile usufruire dei finanziamenti federali per la ricerca senza essere sottoposti al controllo federale. Tuttavia, mentre le istituzioni avrebbero potuto approfittarne, alcuni scienziati nutrivano dubbi in proposito. Coloro che avevano sviluppato Whirlwind, per esempio, videro cessare la sovvenzione dell'ONR della quale usufruivano nel momento in cui Rees decise che si stavano sottraendo somme eccessive al suo budget per gli studi sul computer; a salvare il progetto accorse l'Aeronautica, trasformandolo nel sistema di difesa aerea SAGE. Le università erano in genere disposte ad accettare, insieme alle sovvenzioni, anche i rischi connessi ai finanziamenti. In un incontro finalizzato a valutare in che misura fosse eticamente accettabile stipulare convenzioni di ricerca, il corpo insegnante della University of California stabilì che 'l'oro è dove lo si trova' e continuò quindi a sottoscrivere contratti non soltanto con l'Office of Naval Research ma anche con l'Atomic Energy Commission. Al fine di renderli più favorevoli, l'ONR eliminò gli obblighi di offerta concorrenziale, semplificò le convenzioni sul piano formale e ne rese più 'flessibile' la contabilità, risolse i problemi di brevetto e, invece di aspettare che si proponessero, spesso assunse l'iniziativa di contattare scienziati e ingegneri particolarmente qualificati per svolgere le ricerche.
L'Atomic Energy Commission
Oltre a fornire laboratori (Ames, Brookhaven, Oak Ridge, Argonne e Berkeley), l'Atomic Energy Commission andava alla ricerca degli scienziati nelle università, come nel caso dell'Institute for Nuclear Studies di Chicago, dell'Institute for Advanced Study a Princeton e del programma congiunto di ricerca intrapreso con l'Office of Naval Research. Nonostante la riluttanza dei direttori di ricerca della Commission a incrementare le entità delle sovvenzioni destinate alle università, il General Advisory Committee (GAC) ‒ composto da accademici quali James Bryant Conant, Lee A. Dybridge, Fermi, Oppenheimer, Rabi, Glenn T. Seaborg e Cyril S. Smith ‒ premeva sulla burocrazia perché venissero previsti assegni e borse di studio per sovvenzionare la ricerca anche nei dipartimenti universitari di scienze.
Un punto di svolta venne raggiunto in occasione di un incontro congiunto tra i sovrintendenti ministeriali, il General Advisory Committee e i direttori di laboratorio dell'Atomic Energy Commission, svoltosi nell'agosto del 1947 a Bohemian Grove nella California settentrionale, in seguito al quale per alcuni anni le sovvenzioni della AEC per la ricerca all'interno delle università subirono un graduale aumento, benché i laboratori nazionali se ne assicurassero comunque la percentuale più rilevante. Più di 1000 ricercatori universitari e 1600 studenti avevano ottenuto contributi sin dagli inizi degli anni Cinquanta, per 350 progetti in più di 100 università; inoltre, a partire dalla metà del decennio e spesso di concerto con l'Office of Naval Research, l'Atomic Energy Commission aveva costruito 7 sincrotroni a elettroni, 5 sincrociclotroni, 14 ciclotroni, 6 betatroni, 7 linac a elettroni e protoni, 2 acceleratori lineari a ioni pesanti e 20 acceleratori Van de Graaff.
I reattori nucleari, impianti caratteristici della ricerca sull'energia atomica nel decennio successivo alla guerra, erano presenti soltanto nei laboratori nazionali. Gli scienziati delle università potevano utilizzarli a condizioni variabili in base ai requisiti di sicurezza, correlati al ruolo dei reattori nella produzione di materiale fissile.
Nel 1955 esistevano alcuni reattori presso università come la North Carolina State University e la Pennsylvania State University; un altro era in corso di realizzazione alla University of Michigan.
L'accesso ai reattori di produzione di Hanford e, più tardi, di Savannah River era interdetto, salvo che per gli scienziati del laboratorio di Los Alamos, che li impiegarono per scoprire il neutrino tra il 1952 e il 1956 ‒ scoperta che procurò molti anni dopo, nel 1995, il premio Nobel a Frederick Reines ‒ avviando un vasto programma di ricerca sulla fisica dei neutrini mediante l'impiego di giganteschi rivelatori. Questo tipo di ricerca di base era consentito a Los Alamos e in altri laboratori per lo sviluppo di armi al fine di attirare, trattenere e ricompensare gli scienziati che acconsentivano a continuare a lavorare per gli obiettivi programmatici dell'Atomic Energy Commission.
Tale politica, le cui linee guida erano state inserite nella legge sull'energia atomica successiva alla guerra su insistenza di Groves, rendeva i laboratori più attraenti rispetto a quelli interni militari, così come l'autonomia rispetto alla pubblica amministrazione rappresentava un vantaggio dal punto di vista delle retribuzioni e delle normative. Come all'Office of Naval Research, anche all'Atomic Energy Commission i contratti subirono modifiche sostanziali per garantire flessibilità e una certa autonomia.
I laboratori erano dotati non soltanto dei molti strumenti perfezionati durante la guerra ma anche di massicci investimenti per nuove apparecchiature, necessarie a mantenere costante il livello di aggiornamento delle ricerche: a Oak Ridge due acceleratori Van de Graaff, un ciclotrone per correnti forti e un ciclotrone a ione pesante, un computer e attrezzature per la chimica delle radiazioni; ad Argonne un nuovo reattore ad acqua pesante, un computer, un ciclotrone da 60 pollici e un acceleratore Van de Graaff; a Brookhaven un reattore a grafite con raffreddamento ad aria, un sincrotrone a protoni di 3 geV e un acceleratore Van de Graaff. Il Radiation Laboratory della University of California costruì il Bevatron, un sincrotrone a protoni di 300 meV, e un acceleratore lineare da 30 meV dopo che fu completato il ciclosincrotrone da 184 pollici. Tutte queste dotazioni garantite ai laboratori nel primo decennio successivo alla Seconda guerra mondiale continuarono ad attirare gli scienziati delle università, i quali si erano organizzati in consorzi di ricerca regionali, come per esempio: l'Oak Ridge Institute of Nuclear Studies, l'Argonne Council of Participating Universities e l'Associated Universities Inc. a Brookhaven.
Nel periodo postbellico l'Atomic Energy Commission, l'Office of Naval Research e il Joint Services Electronics Program riuscirono dunque a far sì che la scienza operante in campo civile instaurasse con il governo un rapporto in base al quale, in cambio di servizi scientifici, quest'ultimo la sostenesse, in una misura precedentemente sconosciuta alle università e agli istituti di studi superiori americani. Mentre per 150 anni la nazione aveva accettato di finanziare la ricerca per scopi pratici, concedendo alle università pubbliche e private solo 'terreni poco fertili' e finanziando piuttosto generalmente i propri laboratori per obiettivi strategici, la Seconda guerra mondiale aveva dimostrato che la sicurezza nazionale richiedeva investimenti crescenti in ricerca e sviluppo. L'acquisizione di attrezzature di ricerca dell'Esercito, realizzate da scienziati civili e ingegneri nel corso della guerra, aveva costituito un primo passo; l'ulteriore istituzionalizzazione venne raggiunta tramite la creazione di nuove agenzie di coordinamento e, nello stesso tempo, mediante la concessione alla scienza di un certo grado di autonomia, grazie alla quale essa divenne per il futuro una valida risorsa di cui il governo poteva usufruire.
Limiti dell'autonomia della ricerca
Nel periodo postbellico gli scienziati auspicavano sostanzialmente di tornare alle loro occupazioni e ai loro posti di lavoro precedenti la guerra, di beneficiare di opportunità che permettessero di sfruttare i progressi materiali compiuti dalla scienza durante il conflitto e di essere liberi dalle richieste dei supervisori militari come Groves.
Una volta rimossi gli alti quadri militari, tali desideri vennero soddisfatti. A differenza dell'Unione Sovietica, dove l'attività scientifica veniva svolta prevalentemente in base a ordini, o dell'Europa e del Giappone, dove le strutture militari erano state rese impotenti dalla guerra, gli Stati Uniti riuscirono a creare un sistema di ricerca sia militare, industriale e accademico, sia civile, sul quale scarse erano le pressioni esercitate dalle richieste della Difesa. In effetti, benché la bomba atomica sovietica avesse provocato un massiccio incremento delle spese federali per i laboratori di armamenti, né questa circostanza né la guerra di Corea scardinarono la struttura organizzativa scientifica postbellica. Mentre la paura del comunismo affliggeva le università e i laboratori che usufruivano del sostegno dell'Atomic Energy Commission e mentre la resistenza sviluppata dal General Advisory Committee alla costruzione della bomba all'idrogeno costava a Oppenheimer il suo 'lasciapassare politico', il risultato finale non fu la massiccia disaffezione degli scienziati e degli ingegneri rispetto alla struttura organizzativa della ricerca, alla cui espansione e produttività essi continuarono a contribuire.
Gli scienziati americani più importanti erano piuttosto ben disposti a mettersi al servizio dello Stato finché questo avesse contraccambiato tale disponibilità. In tale prospettiva essi fornivano personale ai comitati di consulenza scientifica tanto dell'Atomic Energy Commission quanto del dipartimento della Difesa e, in genere, i militari seguivano i loro consigli, che venivano applicati dai dirigenti responsabili dell'attuazione dei programmi; questi erano sovente membri della comunità scientifica e introducevano nella fase esecutiva una certa flessibilità a vantaggio, in ultima analisi, delle loro clientele scientifiche.
Nel caso dell'AEC il fisico di Princeton e commissario Henry Smyth definì le tre esigenze il cui soddisfacimento era garantito: grandi laboratori, potenti macchinari e scienziati che accettassero gli ordini. Il dipartimento della Difesa, l'Office of Naval Research, il Joint Services Electronics Program e le analoghe organizzazioni nell'Esercito e nell'Aeronautica assicuravano l'ampia cooperazione degli scienziati accademici in campi di ricerca correlati ai loro interessi, senza che si rendesse necessario in generale chiedere impegni di sviluppo legati a missioni finalizzate, come durante la Seconda guerra mondiale. Questi andarono a costituire la sfera di attività dei laboratori militari interni alimentati da una popolazione crescente di ricercatori formati nelle università, poiché uno scienziato 'veterano' poteva non avere interesse a mantenere il suo livello di impegno nel lavoro di ricerca militare nella stessa misura dell'epoca della guerra, ma era normalmente disposto a incoraggiare i propri studenti in tal senso. Inoltre gli scienziati tedeschi distaccati per programmi bellici alla fine del conflitto divennero i 'marescialli in campo' di nuove ricerche militari e possibilità di sviluppo a White Sands, Redstone Arsenal, China Lake e anche in altre sedi, dove i semplici missili balistici della Seconda guerra mondiale furono trasformati negli ICBM e SLBM che intimidivano i nemici dell'America con l'Armageddon, ossia la battaglia campale decisiva nucleare.
I progetti missilistici da 5000 miliardi di dollari impedirono l'aumento delle somme spese per l'attività scientifica nelle università, fortemente in crescita. Tuttavia gli scienziati dell'epoca postbellica erano soddisfatti degli accordi che concludevano con lo Stato per ottenere laboratori semplici, ma funzionali, attrezzature di ricerca e contratti che consentivano loro di sostenere la propria attività, in una nazione che per tradizione era poco aperta alla scienza che si occupa di ricerche di base. Benché la progressiva trasformazione dei loro campi di ricerca fosse perlopiù impercettibile, essa faceva sì che la questione della finalità della ricerca di base non venisse affrontata; invece di porre tale questione, la maggior parte degli scienziati si rifugiò in una forma di rifiuto. Quando Oppenheimer dichiarò che i fisici avevano conosciuto il peccato e che si trattava di una conoscenza che non potevano più perdere, la maggior parte delle persone affermò invece, in accordo con Lawrence, che essi erano e rimanevano innocenti.
Il grafico (fig. 8) mostra l'incremento degli investimenti federali per la ricerca e lo sviluppo dal 1951 al 1970.
Soltanto una piccola frazione delle notevoli somme spese era destinata alla ricerca di base (linea rossa in basso). Gli enti finanziatori assegnavano fondi in misura disomogenea. Nel 1953, per esempio, per ricerca e sviluppo l'Atomic Energy Commission spese in dollari 417,05 milioni, il dipartimento della Difesa 1035 milioni e il resto del governo un totale di 372,27 milioni, meno dell'AEC. Per i finanziamenti gli scienziati si rivolgevano più spesso all'AEC e al dipartimento della Difesa piuttosto che a qualsiasi altra agenzia governativa. Se confrontati con i 26 milioni di dollari spesi per tutta la ricerca accademica prima della Seconda guerra mondiale, questi diagrammi mostrano il notevole incremento dei finanziamenti che derivò alla scienza grazie alle eccedenze di guerra. Gli altri fattori, tanto teorici quanto economici, che diedero il proprio contributo alla crescita della scienza non sono facili da quantificare. Tuttavia, è certo che il coinvolgimento dell'attività scientifica nella difesa nazionale rappresentò per essa un propulsore di sviluppo uguagliato soltanto, ammesso che ciò sia avvenuto, dall'espansione della ricerca e dello sviluppo nel campo industriale non correlato alla difesa.
Come Dwight Eisenhower espresse nei suoi indirizzi di commiato:
Oggi la figura dell'inventore solitario che si arrabatta nella sua officina è stata superata da unità operative di scienziati in laboratori e campi di prova. Alla stessa maniera la libera università, storicamente fonte di libere idee e di scoperte scientifiche, ha subito una rivoluzione nella conduzione delle ricerche. A causa in parte dei costi enormi, gli appalti del governo si sostituiscono in pratica alla curiosità intellettuale. Per ogni vecchia lavagna ci sono oggi centinaia di nuovi computer elettronici. La prospettiva che vede i ricercatori della nazione sotto il dominio dell'impiego federale, gli stanziamenti finalizzati a singoli specifici progetti e il potere del denaro sono fattori sempre presenti e dei quali tenere seriamente conto. Tuttavia, per rispettare la ricerca scientifica e l'attività di scoperta quanto dovremmo, è necessario essere attenti anche al pericolo, uguale e contrario, che la politica pubblica possa essa stessa divenire prigioniera di un'élite scientifico-tecnologica.
Se una scienza 'imbrigliata' sia una scienza costretta a seguire una nuova direzione perché utilizzata dal governo, e in che misura, o libera di 'cercare pascoli più verdi' e se e quanto i finanziatori siano diventati prigionieri di un'élite scientifico-teconologica sono questioni che, in assenza di qualsivoglia esperimento storico positivo di segno opposto in grado di risolverle, continueranno a essere discusse.