La seconda rivoluzione scientifica: scienze biologiche e medicina. Dall'embriologia sperimentale alla biologia dello sviluppo
Dall'embriologia sperimentale alla biologia dello sviluppo
L'embriologia sperimentale nacque negli anni Ottanta del XIX sec. in Germania, grazie agli sforzi, fra gli altri, dell'anatomista Wilhelm His (1831-1904). Egli perfezionò il microtomo in maniera da consentire la preparazione in serie dei campioni e criticò vivacemente gli eccessi filogenetici del famoso morfologo tedesco Ernst Heinrich Haeckel (1834-1919), che aveva sottolineato la necessità di studiare lo sviluppo individuale, anche se non come fine a sé stesso. Egli riteneva infatti che la comparazione delle sequenze embrionali nelle diverse specie rendesse possibile la comprensione dei pattern filogenetici, poiché l'ontogenesi (lo sviluppo individuale) 'ricapitola' la filogenesi (lo sviluppo ancestrale). Haeckel immortalò tale idea nella 'legge biogenetica' (divenuta nota come 'l'ontogenesi ricapitola la filogenesi'), secondo la quale un organismo nel corso del suo sviluppo passa attraverso gli stadi adulti dei suoi predecessori ancestrali. Per quanto l'idea non fosse del tutto originale, Haeckel la riformulò in un quadro evolutivo, e la sua opera, insieme agli studi di Carl Gegenbaur, fu alla base della morfologia.
Nel 1874 His attaccò le posizioni di Haeckel, invitando allo studio dello sviluppo in sé. Egli riteneva che lo sviluppo individuale potesse essere spiegato in termini puramente meccanicistici, sostenendo la necessità di creare una 'fisiologia dello sviluppo'; inoltre ridicolizzava i concetti pseudofisici di Haeckel, quali 'continuità materiale' e 'monismo', così come le sue formule teoretiche. His esigeva invece lo studio meccanico della cellula uovo mediante una 'teoria del movimento trasmesso'. Secondo questo punto di vista, l'uovo non è una tabula rasa, ma un ammasso di regioni prelocalizzate diverse da specie a specie che gli forniscono il punto di partenza per lo sviluppo e per i processi di differenziamento che avvengono attraverso ripiegamenti e arrotolamenti simili a quelli degli strati geologici. Queste azioni meccaniche causano una crescita disuguale e quindi il differenziamento, man mano che le differenze iniziali nelle regioni germinali si traducono nelle diverse parti del corpo. Il 'principio delle regioni germinali organogenetiche' trasforma le differenze chimiche e strutturali, interne e invisibili, in differenze manifeste. L'embriologia spiega il differenziamento mediante la comprensione sia delle differenze iniziali sia dei successivi processi meccanici e fisiologici. His diede a questa disciplina uno scopo ‒ problemi da risolvere ‒ e alcuni suggerimenti, ma non un convincente programma di ricerca. Egli inoltre, come detto in precedenza, perfezionò il microtomo; grazie a ciò divenne possibile fissare l'oggetto sulla base fissa del microscopio, facilitando enormemente il sezionamento continuo e regolare dei campioni. Ulteriori migliorie consentirono, negli anni Ottanta del XIX sec., la produzione in serie di sezioni uniformi e continue. Di conseguenza, un intero organismo poteva essere tagliato in sezioni regolari, dello stesso spessore e senza parti mancanti. Le sottili sezioni venivano ulteriormente appiattite facendole galleggiare sull'acqua calda, e ciò facilitava le osservazioni successive. Le tecniche e gli strumenti disponibili stimolarono nuovi studi embriologici.
His convinse altri studiosi, tra i quali il suo studente Franz Keibel e l'anatomista americano Franklin P. Mall, a unirsi a lui nello studio degli embrioni umani, mettendo insieme in tale modo una ricca collezione, superiore a qualsiasi precedente raccolta di materiale. La preparazione attenta di campioni difficilmente reperibili era preliminare alla sezione, all'analisi microscopica e alla creazione di modelli e gradualmente portò a un processo standardizzato. Egli concentrò l'attenzione sull'embriologia, ma non ne enfatizzò gli aspetti sperimentali.
In Francia, Henri de Lacaze-Duthiers (1821-1901) stimolò lo studio sperimentale in zoologia, in una prospettiva complementare al meccanicismo di His. Nell'introduzione alle nuove Archives de zoologie experimentale (1873), Lacaze-Duthiers si dichiarò favorevole all'estensione della sperimentazione dalla medicina alla zoologia, e in particolare all'embriologia. Il suo connazionale e celebre medico Claude Bernard (1813-1878) aveva enfatizzato il ruolo della sperimentazione in medicina, ma aveva sottovalutato la sua utilità per la zoologia. Lacaze-Duthiers spiegò al contrario che l'esperimento è 'un'osservazione preparata' che supera la mera osservazione dei fatti per approdare all'interpretazione teoretica delle cause. Di per sé, una mela che cade può servire come esperimento per una mente preparata, portando alla comprensione della causa del moto della mela. Al contrario, un'attenta manipolazione potrebbe non essere un esperimento se non fosse combinata con una ricerca impostata in maniera corretta; la sperimentazione combina l'osservazione attenta e l'interpretazione delle cause. L'embriologia di His e la sperimentazione di Lacaze-Duthiers determinarono lo sviluppo dell'embriologia sperimentale.
Professore di fisiologia a Breslau, Eduard Friedrich Wilhelm Pflüger (1829-1910) iniziò la sua carriera conducendo ricerche tradizionali concernenti la fisiologia della respirazione e della produzione di calore. Negli anni Ottanta del XIX sec. si domandò quale fosse la causa del differenziamento sessuale, in particolare nelle rane. Pflüger manipolò e controllò le condizioni esterne, come la concentrazione dello sperma, determinando gli effetti di tali condizioni sul successivo sviluppo; ciò lo condusse ad affrontare altre questioni riguardanti le rane, utilizzando l'ibridazione e il trapianto. Egli combinò la sperimentazione manipolativa della fisiologia con le domande tradizionali della morfologia dello sviluppo.
Nel 1883 Pflüger effettuò il suo esperimento della gravità: sistemò l'embrione nel suo campo gravitazionale tenendolo fermo tra due vetrini e ruotando il dispositivo in diversi modi. Notò che si sviluppava un nuovo piano di segmentazione in un posto diverso da quello normale; l'osservazione era stata resa possibile mediante l'utilizzazione di un uovo con pigmentazioni chiare e scure fortemente differenziate. I suoi risultati suggerivano che la gravità determina la direzione del primo piano di segmentazione. Pflüger riuscì a dimostrare inoltre che tale piano persiste e che l'organismo continua a svilupparsi nella nuova direzione. Dunque, dedusse che l'embrione non poteva giacere preformato nell'uovo, come altri credevano, ma doveva rispondere a condizioni ambientali mutevoli come il campo gravitazionale. Gli esperimenti e le interpretazioni di Pflüger suscitarono controversie ed entusiasmi per l'embriologia sperimentale, soprattutto a opera di Born e Roux, entrambi dell'Anatomical Institute di Breslau.
Per quanto avesse compiuto ricerche di embriologia morfologica sulle salamandre e sullo sviluppo degli anfibi, Gustav Born (1851-1900) iniziò lo studio sperimentale delle cause del differenziamento sessuale, dedicandosi in seguito all'ibridazione e a una sperimentazione più direttamente manipolativa. Egli provò a trapiantare i tessuti da un organismo all'altro, stimolando direttamente la linea principale di lavoro embriologico sperimentale che più tardi seguirono Ross Harrison e Hans Spemann. Inoltre, Born pensava che Pflüger avesse sottovalutato l'importanza delle divisioni nucleari e auspicò maggiore attenzione per gli aspetti della divisione e del differenziamento cellulare.
Wilhelm Roux (1850-1924) era della stessa opinione. Intorno al 1885 stava elaborando le sue importanti ma controverse teorie sull'autodifferenziamento embrionale. Egli sosteneva che lo scopo dello studio dello sviluppo individuale è un resoconto analitico e causale. Gli individui attraversano prima uno stadio di formazione degli organi e poi di sviluppo funzionale; il primo è un periodo di sviluppo 'indipendente', il secondo è invece 'dipendente' da un insieme di fattori. Egli concludeva che sono le divisioni interne del nucleo a causare il differenziamento, piuttosto che i fattori esterni come la gravità. Con il suo stile retorico, ma con poco sostegno sperimentale o descrittivo, Roux sviluppò una teoria della divisione qualitativa della cellula in cui il nucleo e i suoi cromosomi predeterminavano causalmente lo sviluppo. Egli sosteneva che lo sviluppo si attuava come un mosaico, in cui ogni divisione cellulare portava il differenziamento; l'organismo intero è quindi un complesso di parti differenziatesi separatamente. L'intero processo implica una divisione qualitativa del materiale nucleare, con differenti pezzi del nucleo per ogni cellula.
Anche il biologo tedesco August Weismann (1834-1914) enfatizzava il ruolo causale delle unità ereditarie e la loro separazione qualitativa nelle diverse cellule durante lo sviluppo. Egli andò oltre, elaborando una teoria sofisticata con diversi livelli di unità ereditarie: i biofori (contenuti in pacchetti chiamati 'determinanti'), i determinanti (che determinano realmente ogni particolare carattere sviluppato dall'embrione), gli idi (raggruppamenti di determinanti) e gli idanti (che corrispondono ai cromosomi). Ogni insieme di biofori che compone un determinante va incontro a una lotta per l'esistenza, in cui il successo di un tipo determina una caratteristica successiva. Durante ogni divisione cellulare, gli idanti si dividono in parti diverse l'una dall'altra, perché l'idante (o cromosoma) è sottoposto a una divisione trasversale (al centro) piuttosto che longitudinale (lungo la sua lunghezza). In tal modo si arrivò all'imponente teoria di Roux-Weismann dello sviluppo a mosaico.
Nel 1888 Roux completò il suo lavoro più famoso sulle uova di rana, i cosiddetti 'esperimenti del mezzo embrione', che fornirono un valido supporto alla sua precedente interpretazione teorica dell'uovo come un mosaico meccanicamente determinato. Roux si era proposto di mettere alla prova quelle che considerava due teorie alternative dello sviluppo
cercando di risolvere i problemi dell'autodifferenziamento per determinare se, e se sì fino a che punto, l'uovo fecondato può svilupparsi indipendentemente in un organismo intero e nelle sue singole parti. O se, al contrario, il normale sviluppo può aver luogo solamente con l'influenza diretta dell'ambiente sull'uovo fecondato o per mezzo delle interazioni differenzianti tra le parti dell'uovo separate l'una dall'altra dalle divisioni. (Roux 1888, pp. 113-153).
Grazie alle uova di rana, Roux addusse le prove per l'autodifferenziamento cellulare. Fedele alla causa di una 'embriologia sperimentale causale e analitica', condusse i suoi studi utilizzando un ago per pungere uno dei due blastomeri (prodotti della divisione, o cellule) dopo la prima divisione, e in alcuni casi dopo il secondo ciclo. Roux cercava di provare la capacità di ogni cellula di reagire al cambiamento: si chiedeva se avrebbe continuato a svilupparsi normalmente (e quindi il suo destino era ineludibile) oppure se avrebbe risposto alle condizioni mutate. L'esperimento avrebbe aiutato a decidere se lo sviluppo è in misura maggiore predeterminato oppure epigenetico. Sfortunatamente, Roux non rimuoveva le cellule punte dall'ago e quindi non riuscì a verificare pienamente come queste si sviluppano separatamente; inoltre, i risultati erano imperfetti. Anche dopo aver modificato la sua tecnica, solamente nel 20 % delle uova sperimentali le cellule sane sopravvivevano e continuavano lo sviluppo. Esaminando con attenzione questo piccolo campione con le tradizionali tecniche di colorazione e sezione trovò una notevole regolarità. Gli embrioni sperimentali si sviluppavano sempre fino agli stadi di blastula o di gastrula formati solo parzialmente. I rimanenti blastomeri non compensavano le cellule danneggiate, ma apparentemente si sviluppavano in modo normale. Roux concluse che "in generale possiamo inferire da questi risultati che ognuno dei due primi blastomeri è capace di svilupparsi indipendentemente dall'altro e quindi si sviluppa in modo indipendente in circostanze normali".
Tutto ciò fornisce nuove conferme all'intuizione da noi avuta in precedenza, che il processo di sviluppo non può essere considerato il risultato dell'interazione di tutte le parti, nonché di tutte le parti nucleari dell'uovo. Si ha, invece di queste interazioni differenzianti, l'autodifferenziamento dei primi blastomeri e del complesso dei loro derivati in una parte definita dell'embrione. […] Possiamo dire che: la divisione distingue qualitativamente quella parte del materiale embrionale, e in particolare quello nucleare, responsabile del diretto sviluppo dell'individuo, mediante la sistemazione dei diversi materiali separati, che ha luogo in quel momento e determina simultaneamente la posizione degli organi dell'embrione differenziati successivamente. (ibidem, pp. 26-27)
In breve, l'embrione nei suoi primi stadi di sviluppo agisce come un mosaico di parti indipendenti diretto dal nucleo. Probabilmente, il mosaico è prodotto grazie alla 'separazione qualitativa dei materiali', in particolare dei materiali nucleari, sebbene Roux riconoscesse la necessità di ulteriori studi per verificare questa ipotesi.
Nel 1888 Roux non si spinse fino a concludere che ogni stadio del processo di sviluppo produce cellule che si sviluppano indipendentemente, e quindi un mosaico perfetto. Per quanto sicuramente non ritenesse infondata l'ipotesi, era cosciente di avere informazioni soltanto riguardo alle prime divisioni cellulari. Si dimostrò quindi molto cauto, affermando che "quale sia la portata della trasformazione di questo mosaico di almeno quattro parti, causata dal riordinamento del materiale e dalle correlazioni differenzianti, e quanto l'indipendenza delle sue parti sia limitata, deve ancora essere determinato" (ibidem, p. 30).
Hans Adolf Eduard Driesch (1867-1941) mise in dubbio l'interpretazione di Roux, ottenendo evidenze apparentemente contraddittorie. Come quest'ultimo, egli assunse che lo sviluppo embrionale potesse essere spiegato in termini meccanicistici interni, ma i suoi risultati sperimentali lo spinsero a conclusioni diverse. Nella prima serie di studi Driesch seguì le ricerche di Roux, verificando la 'potenza' o adattabilità delle cellule. Mentre lavorava alla Stazione Zoologica di Napoli, utilizzando le uova di riccio di mare al posto di quelle di rana, Driesch provò esplicitamente a ripetere gli esperimenti di Roux. Invece di pungere uno dei due blastomeri, egli separò le due cellule, utilizzando la tecnica sviluppata da Wilhelm August Oscar e Richard Hertwig a Napoli. Driesch scelse un metodo e un organismo diversi perché pensava che sarebbero stati migliori come materiale sperimentale e non perché si aspettasse risultati differenti. Nonostante fosse problematico ottenere campioni capaci di sopravvivere e svilupparsi, Driesch riuscì a generarne una quantità sufficiente per scoprire che lo sviluppo delle uova di riccio di mare era differente da quello delle uova di rana di Roux: non si formavano embrioni a metà ma, piuttosto, ogni blastomero produceva una blastula strutturata normalmente, anche se di grandezza pari alla metà. Il risultato non si confaceva alla teoria dello sviluppo a mosaico di Roux, né alle altre teorie della predeterminazione. Driesch concluse invece che ogni cellula conserva la totipotenza (la capacità di divenire qualsiasi parte dell'intero organismo, se richiesto dalla situazione), almeno fino allo stadio di quattro cellule.
Driesch non proseguì oltre nel contraddire la predeterminazione o l'interpretazione a mosaico di Roux. Da principio, optò per una via di mezzo, ammettendo sia una parte di predeterminazione sia una parte di regolazione (o sviluppo epigenetico). Gradualmente, si convinse invece della persistente totipotenza delle cellule e, quindi, dell'importanza centrale della regolazione interna in risposta alle mutevoli condizioni ambientali, persino durante gli stadi più avanzati dello sviluppo, divenendo così sempre più dogmatico nel negare ogni forma di predeterminazione e di mosaico. Il lavoro di Driesch del 1892 sottolineava i problemi centrali concernenti lo sviluppo, cioè fino a che punto esso rappresenti un dispiegamento o un autodifferenziamento secondo uno schema prescritto, oppure una continua risposta di regolazione a condizioni interne ed esterne, in altre parole se si trattasse di preformismo o di epigenesi.
Le questioni centrali dell'embriologia rimasero irrisolte e necessitarono di ulteriori studi. L'embriologia sperimentale era entrata nella sua maturità. Questo approccio era stato entusiasticamente definito da Roux Entwickelungsmechanik (meccanica dello sviluppo), e aveva persino il suo "Archiv für Entwickelungsmechanik", nel quale Roux fornì il manifesto a favore della sperimentazione. Egli spiegava che l'esperimento è il giusto metodo causale di ricerca. Specialmente per lo sviluppo embrionale, i processi normali sono nascosti alla vista e avvengono velocemente; il ricercatore quindi deve trovare diverse strade per raccogliere informazioni, per mezzo della sperimentazione manipolativa, sia progettata sia naturale.
La sperimentazione permetteva lo studio di esemplari viventi, piuttosto che di preparati di organismi morti, e poteva rivelare qualcosa a proposito dei processi interni. Se il ricercatore avesse esercitato il giusto controllo e avesse cambiato un solo fattore alla volta, la sperimentazione avrebbe fornito risultati attendibili. Con la sperimentazione e la ricerca di cause meccaniche, Roux affermò che la biologia avrebbe potuto rispondere a domande cruciali e raggiungere la certezza di 'scienza esatta', come la fisica. Ciononostante, anche gli esperimenti non potevano portare alla completa certezza, perché due eventi che avvengono contemporaneamente potrebbero avere una causa comune e non una connessione causale. Perciò, la sperimentazione richiede l'interpretazione, ma fornisce comunque il migliore ‒ secondo Roux l'unico ‒ metodo per l'embriologia.
Il manifesto di Roux provocò un grande dibattito. La sperimentazione era quasi universalmente accettata almeno come un'importante aggiunta all'embriologia. Negli anni Venti, i manuali di embriologia sperimentale (in particolare quelli di John W. Jenkinson, di Thomas H. Morgan e di Julian Huxley e Gavin de Beer) iniziavano con capitoli sul 'metodo sperimentale'. Tuttavia, gli autori avevano in mente cose diverse, nonostante l'apparente accordo sulla sperimentazione come il metodo fondamentale per arrivare da un insieme di fatti alla formazione di ipotesi operative, e il conseguente confronto di queste ipotesi con nuovi fatti sperimentali, siano essi naturali o prodotti nel corso della sperimentazione. Nel 1900 l'embriologia sperimentale era ormai emersa come un campo di studi vitale, ma i suoi fondamenti continuavano a evolversi.
Con i loro esperimenti sui blastomeri isolati, Roux e Driesch avevano posto l'attenzione sul ruolo delle cellule nello sviluppo. L'osservazione delle cellule e delle loro modalità di sviluppo in relazione all'intero organismo divenne predominante nell'embriologia degli anni Novanta, nel contesto dei successi della citologia e del crescente sostegno a favore dell'estensione della teoria cellulare alla biologia e alla medicina. Dal momento che l'uovo è un'unica cellula, e poiché esso rappresenta l'inizio della vita individuale, i dettagli di ciò che avviene nella cellula-uovo dalla fecondazione alla divisione cellulare focalizzarono l'attenzione degli studiosi.
Alla metà del XIX sec. i biologi avevano riconosciuto che lo sviluppo embrionale comincia quando lo sperma attiva l'uovo per mezzo della fecondazione che, quindi, dà inizio alla vita dell'organismo individuale. Tuttavia, non era ancora chiaro se ciò avvenisse per contatto, azione chimica, o in qualche altro modo. Gradualmente, nella terza parte del secolo, alcuni ricercatori iniziarono ad affermare di vedere attraverso il microscopio che lo spermatozoo e l'uovo si univano fisicamente. Anche così, però, non potevano osservare lo spermatozoo all'interno della cellula-uovo, né seguire l'intero processo di penetrazione: cosa avvenisse esattamente durante la fecondazione rimaneva un problema per l'analisi sperimentale.
Negli ultimi decenni del secolo con il perfezionamento delle tecniche microscopiche fu possibile osservare due nuclei nell'uovo fecondato e uno solo in quello non fecondato; si suggerì così che provenivano ognuno da una cellula germinale. Le azioni di questi nuclei si correlavano alle successive divisioni, con i nuclei che diventavano maggiormente attivi poco prima e durante la divisione cellulare; questo implicava che gli spermatozoi contribuissero sia materialmente sia meccanicamente. Citologi come Oscar Hertwig descrissero l'attività nucleare durante e immediatamente dopo la fecondazione nei ricci di mare e aprirono la strada a studi più dettagliati riguardanti i corrispondenti movimenti dei cromosomi e di altre parti della cellula.
Nel 1900 gli studiosi concordavano sul fatto che la fecondazione in condizioni normali univa i due nuclei delle cellule germinali. Al momento della penetrazione, la membrana cellulare dell'uovo cambia in modo da bloccare ogni ulteriore attività spermatica; il nucleo maschile si muove quindi per unirsi al nucleo femminile e gli spermatozoi si spostano verso l'uovo, forse attratti da una sorta di chemiotassi. Il modo in cui le cellule spermatiche si radunano intorno a ogni uovo avvalorava tale ipotesi, così come il fatto che lo sperma tende ad agglutinarsi in piccole masse, apparentemente in risposta a qualche secrezione dell'uovo; tuttavia, la maggior parte dei ricercatori rifiutava tale idea. Uno spermatozoo si unisce all'uovo, ma di solito solo la testa e/o altre piccole parti del corpo vi entrano; a quel punto generalmente ha inizio la divisione cellulare, coordinata con la divisione nucleare. In alcuni casi, osservati da Theodor Heinrich Boveri (1862-1915), avviene però una fecondazione parziale, quando il nucleo dello spermatozoo non raggiunge abbastanza rapidamente quello dell'uovo. La cellula si divide comunque in modo apparentemente normale e la divisione nucleare avviene più tardi. È chiaro che lo spermatozoo agisce in qualche modo, in particolare esso trasporta l'unica componente ereditaria maschile. Boveri dimostrò che non è necessario che i nuclei si uniscano per dare inizio alla divisione cellulare, anche se tale unione potrebbe essere indispensabile per il normale differenziamento.
Di nuovo, gli studiosi si rivolsero alla sperimentazione, seguendo due linee principali. La prima prese in considerazione le uova fecondate normalmente, ma disturbate con modalità diverse per osservare gli effetti sulla fecondazione. La seconda affrontò invece la partenogenesi artificiale, ossia lo sviluppo e la divisione cellulare senza fecondazione.
Nel primo caso, alla Stazione Zoologica di Napoli, Oscar e Richard Hertwig sottoposero le cellule germinali di riccio di mare a diverse manipolazioni dannose: alte temperature, radiazioni elettromagnetiche, vari agenti chimici, raggi ultravioletti e violenti scuotimenti. Si chiesero quali fossero gli effetti sulla fecondazione, poiché le manipolazioni implicavano fattori ritenuti influenti sullo sviluppo. Nel 1908 Otto Heinrich Warburg (1883-1970) misurò in una serie di esperimenti il consumo di ossigeno da parte dei ricci di mare prima e dopo la fecondazione e osservò un netto aumento dell'assorbimento di questo gas subito dopo la penetrazione dello spermatozoo; l'agglutinazione dello sperma poteva dunque essere dovuta al mutamento della concentrazione di ossigeno o del livello del biossido di carbonio. Warburg scoprì che l'aumento del tasso di respirazione continuava fino al momento della gastrulazione. I suoi precisi metodi analitici e quantitativi stimolarono una maggiore attenzione verso i cambiamenti biochimici e metabolici che avvengono durante la fecondazione e la divisione cellulare, e valsero a Warburg il premio Nobel per la medicina o la fisiologia nel 1931.
Nel 1917 il citologo della Columbia University Robert Chambers usò aghi estremamente acuminati per effettuare microdissezioni in diversi stadi cellulari. Il suo scopo era osservare il ruolo degli aster nella divisione cellulare, poiché alcuni studiosi avevano sostenuto che essi fossero necessari per tale processo. Chambers provò a rimuovere e a rompere gli aster, così come le fibre del fuso e vari apparati nucleari in altri esperimenti; in seguito dimostrò che, pungendo la membrana nucleare di una cellula, si producevano effetti anche sulle cellule vicine. I suoi primi risultati e le sue interpretazioni non furono tuttavia molto convincenti, in parte perché le procedure erano talmente invasive e distruttive che non sembravano simulare condizioni normali; del resto i contemporanei accettavano la sperimentazione, ma entro certi limiti.
Un'altra linea di ricerca costante nel tempo implicava lo scuotimento delle uova di riccio di mare; essa portò alla sorprendente osservazione che, in tal modo, venivano rimossi i rivestimenti protettivi delle uova, che si frammentavano ed erano capaci, in alcuni casi, di dividersi e dare inizio al differenziamento. Ciò sollevò la questione dell'importanza delle diverse parti dell'uovo per lo sviluppo e il differenziamento. Boveri notò che alcuni pezzi avevano il nucleo, al contrario di altri, e osservò che i frammenti con almeno una parte del nucleo maschile potevano dividersi, a differenza di quelli che ne erano privi, mentre raramente erano in grado di farlo quelli dotati del solo nucleo femminile. Egli fu contestato, ma sollevò domande importanti che continuarono ad assillare gli studiosi.
Il fisiologo Jacques Loeb (1859-1924), convinto dell'influenza delle condizioni esterne, effettuò alcuni esperimenti modificando la concentrazione salina dell'acqua di mare. Egli immerse le uova di riccio di mare appena fecondate in acqua ad alta concentrazione di sale e notò che esse rallentavano i loro movimenti e sembravano a riposo poiché, pensava, provavano minore 'irritabilità'. Loeb credeva che i nuclei si stessero ancora dividendo e preparando per la divisione cellulare, perché quando le uova erano immerse di nuovo in acqua normale si dividevano rapidamente formando un gran numero di blastomeri. Ciò gli suggerì che il nucleo avesse un ruolo cruciale nello stimolare la divisione cellulare e che la divisione nucleare fosse rallentata dall'acqua molto salata. Loeb modulò in seguito un numero maggiore di variabili, argomentando a favore di una spiegazione puramente fisico-chimica. Successivamente, egli riuscì a far sviluppare alcune uova non fecondate fino alla blastula e occasionalmente fino al più organizzato stadio di pluteo (o larvale), usando cloruro di magnesio e acqua di mare. Queste uova non producevano la membrana di fecondazione che si forma normalmente e che tiene lontani gli altri spermatozoi, né contenevano materiale ereditato dal nucleo maschile. Le uova partenogenetiche, quindi, non erano esattamente come quelle fecondate; tuttavia, Loeb concluse che erano indistinguibili per ciò che riguardava gli aspetti essenziali. Inoltre, gli esperimenti avevano portato nel dominio della chimica fisica e della sperimentazione quello che era stato soprattutto un problema morfologico (ossia lo studio dei cambiamenti nelle strutture e nel differenziamento) e ora, secondo Loeb, esso aveva una probabilità maggiore di essere risolto e ‒ come scrisse il suo biografo, Philip Pauly, nel 1987 ‒ poteva assecondare il desiderio di Loeb di "controllare la vita".
La partenogenesi artificiale ottenuta da Loeb sollevò un considerevole interesse. I mezzi di informazione sostenevano che l'uomo poteva creare la vita in laboratorio, che la nascita per immacolata concezione era possibile e che non c'era bisogno del maschio per produrre una discendenza. Sembrava che, con questa modesta scoperta sulla natura della fecondazione nel riccio di mare, la scienza fosse vicina a svelare i segreti della vita: la sperimentazione dava i suoi risultati.
La ricerca sulle linee cellulari seguiva la storia di ogni cellula dalla prima divisione fino al suo destino, fino a quando gli studiosi erano in grado di osservarla. Questo tipo di studio ebbe inizio nel 1878, quando il giovane morfologo americano Charles Otis Whitman (1842-1910) si chiese in che modo avessero origine i foglietti embrionali nell'uovo, a partire forse da ciò che His aveva chiamato 'regioni germinali organogenetiche'. Secondo Whitman, le divisioni cellulari rivelavano le prime differenze già nell'uovo, mostrando ciò che il naturalista inglese E. Ray Lankester aveva chiamato 'la segregazione precoce' del germe. A partire dagli anni Novanta del XIX sec. i ricercatori lavorarono molto nel campo delle linee cellulari, mettendo a confronto differenti organismi; tuttavia, per varie ragioni le ricerche giunsero a un blocco quasi totale negli anni Venti del Novecento, sino a quando, alla fine del secolo, ripresero grazie a nuove tecniche e strumenti e in relazione alle linee genetiche.
All'inizio del XX sec. i ricercatori avevano riconosciuto alcune regolarità nella divisione cellulare di molti organismi: spesso, per esempio, la prima divisione corrisponde alla formazione dell'asse embrionale. Le divisioni successive separano il materiale destinato a formare le diverse parti del corpo; le divisioni e il conseguente differenziamento si susseguono in modo prevedibile, allo stesso modo da un individuo all'altro. I ricercatori cominciarono a creare una mappa di questi pattern ricorrenti, che fornivano modelli di sviluppo normale, così da creare standard con cui confrontare gli effetti delle condizioni sperimentali. Molti degli standard e degli stadi di sviluppo oggi presentati nei manuali provengono da questi lavori.
Essi si basavano in gran parte sul differenziamento dei tessuti piuttosto che delle cellule, poiché queste, dopo lo stadio di blastula, sono difficili da osservare. A tale livello, le cellule si invaginano (si ripiegano verso l'interno durante la gastrulazione) e scompaiono nella sfera embrionale. Un significativo avanzamento nel seguire il differenziamento tessutale fino all'ultimo stadio della gastrula fu compiuto grazie all'uso di colorazioni. Gli embriologi avevano bisogno di un colorante per materiale vivente che rimanesse dove era stato applicato anziché migrare e che non interferisse con il normale sviluppo. Con una piccola quantità di colorante incorporato in pezzi di agar, il biologo Walther Vogt (1888-1941) riuscì, negli anni Venti e Trenta del XX sec., a colorare gli stadi dello sviluppo degli anfibi. Fu in grado di contrassegnare ogni area con un colore diverso e di seguire quindi i pattern dello sviluppo in condizioni normali. Ripetendo l'operazione per aree differenti, fu in grado di creare mappe complete della blastula e della gastrula, riuscendo a 'cartografare' le regioni che presumibilmente davano origine a ogni successiva parte del corpo. Queste mappe di destino, come vennero chiamate, fornivano una guida per la comprensione del differenziamento del materiale embrionale nel corso dello sviluppo. Vogt però non pensava che le mappe suggerissero che i tessuti fossero determinati al punto da non poter cambiare; piuttosto, le regioni rappresentavano le eventuali, future parti del corpo in condizioni normali. Si può prevedere che ogni cellula o tessuto divenga una parte o l'altra del corpo, ma le condizioni individuali possono modificarne il destino.
L'embriologo Hans Spemann (che nel 1935 vinse il premio Nobel per la medicina o la fisiologia per le sue ricerche sui centri organizzatori dello sviluppo) studiò sotto la guida dell'eminente citologo Boveri a Würzburg. In seguito fu costretto a trascorrere un periodo di convalescenza sulle montagne svizzere a causa di un'infezione polmonare; in questa occasione portò con sé l'opera di Weismann Das Keimplasma. Eine Theorie der Vererbung (Il plasma germinale: una teoria dell'eredità, 1892), che lo introdusse agli esperimenti di Roux e Driesch. Utilizzando le salamandre, Spemann cercò di effettuare un esperimento parallelo, ostacolando il passaggio di materiale tra le prime due cellule (prima che finisse la divisione) con un capello molto sottile. Una restrizione quasi completa avrebbe virtualmente impedito il passaggio di materiale tra le due cellule, mentre un'ostruzione parziale avrebbe bloccato soltanto una frazione di materiale. La costrizione parziale portava a individui con due teste ma con solamente un tronco e una coda, che si sviluppavano fino ad avere la capacità di nutrirsi; ciò poneva a Spemann numerosi nuovi problemi sul funzionamento di questa chimera o 'individualità condivisa'. Si moltiplicarono quindi gli esperimenti che prevedevano la separazione delle cellule in diversi modi e che portavano alla formazione di embrioni variamente completi. Un esperimento dimostrò che quando l'intero nucleo era segregato da un lato della costrizione, l'altro lato non si sviluppava ulteriormente. Ciò suggerì che il nucleo è necessario al differenziamento e portò Spemann alla conclusione che l'embrione è in qualche modo organizzato sin dai primi stadi per coordinare il differenziamento delle parti e lo sviluppo di un organismo completo.
Altri studiosi sollevarono problemi diversi. Pflüger continuò a indagare sul ruolo delle condizioni esterne e sull'influenza che possono avere sul differenziamento. Si chiedeva come sarebbe proseguito questo processo se le cellule embrionali fossero state schiacciate tra due vetrini in modo tale da formare un unico strato e quale differenza sarebbe stata causata dalla rotazione del campo gravitazionale o dall'alterazione della concentrazione salina e, quindi, della pressione osmotica dell'acqua. I risultati sperimentali indicavano che il futuro embrione non è, in realtà, già organizzato nell'uovo; sono necessarie numerose regolazioni, e pertanto l'embriologo sperimentale dovrebbe esaminare i processi fisiologici per studiare lo sviluppo e il differenziamento.
Un'altra linea di ricerca correlata si interrogava sugli effetti del trapianto di cellule o tessuti da un organismo all'altro. Poiché la rimozione di materiale normalmente presente, come negli esperimenti di restrizione, modifica lo sviluppo delle singole parti e dell'intero organismo, ci si chiedeva che effetto potesse avere il trapianto di cellule o di tessuto in un altro organismo. Born tentò una serie di esperimenti con le rane e riuscì a trapiantare alcuni pezzi di tessuto da un organismo all'altro, ma senza riuscire a farli sviluppare. L'eminente embriologo americano Ross Harrison (1870-1959), Spemann e altri studiosi cominciarono a riconoscere la grande importanza di questo approccio.
Harrison, in un primo momento, adottò il metodo dell'eterotrapianto di Born, innestando parti di un animale in un altro appartenente a una specie diversa. Un'attenta scelta delle specie garantiva una pigmentazione sufficientemente diversa da consentire di seguire più facilmente il destino del trapianto nel corso dello sviluppo. Harrison propose successivamente di andare oltre e di trapiantare (o espiantare) il tessuto al di fuori dell'organismo; egli rimosse cellule destinate a divenire fibre nervose mettendole in una coltura artificiale per vedere se si sarebbero sviluppate normalmente (per autodifferenziamento) o se avrebbero richiesto lo stimolo guida dei tessuti che solitamente le circondavano. Harrison, di fatto, stava esplorando la distinzione proposta da Roux tra autodifferenziamento indipendente e differenziamento dipendente.
Nel 1907 egli riuscì a ottenere la prima coltura tessutale: trapiantò materiale neuronale in un mezzo contenente linfa di rane e osservò le fibre crescere; esse si sviluppavano come fibre periferiche normali e sembravano differenziarsi senza una direzione esterna. In questo modo aveva dimostrato che il differenziamento cellulare era diretto dall'interno piuttosto che dall'esterno. Altre manipolazioni sperimentali per mezzo di trapianti e di espianti cercavano di rispondere allo stesso interrogativo fondamentale, ossia fino a che punto il differenziamento cellulare e tessutale sia autodiretto. Dopo questa prima coltura di tessuti, Harrison tornò agli studi sui trapianti, poiché il suo interesse principale era scoprire ciò che accade nella normale morfogenesi. In particolare, trapiantò abbozzi di arti in diversi ospiti, scoprendo che la metà di un abbozzo di arto trapiantato riesce a generare un arto nella nuova posizione, indipendentemente dal fatto che in quel luogo si sarebbe dovuto sviluppare un arto oppure no. Altri organi mostravano la medesima capacità: il frammento di tessuto che normalmente produce un orecchio, il cuore e altri organi, si comporta alla stessa maniera in un luogo diverso. Ciò indicava sia un forte potere di regolazione da parte dell'organismo, che in qualche modo conserva la sua capacità di rispondere al mutamento delle condizioni, sia una forte direzione da parte del materiale trapiantato. Harrison tuttavia non chiamò in causa alcuna forza 'determinante' od 'organizzante' come aveva fatto Spemann; piuttosto, si dedicò alla comprensione dei processi di differenziamento nei termini delle proprietà fisico-chimiche dell'organismo.
Una linea simile di ricerca si concentrò sulla rigenerazione. In questo caso l'organismo è soggetto a condizioni anormali per cause sia naturali sia artificiali. L'organismo si è già sviluppato e ha prodotto correttamente le sue parti; in seguito una salamandra può perdere un arto, un verme la testa, un granchio la chela. I biologi erano a conoscenza sin dal Settecento del fatto che alcuni animali possono rigenerare le parti danneggiate, ma le modalità erano sconosciute. I biologi dell'inizio del XX sec. consideravano la rigenerazione essenzialmente uguale al normale sviluppo e pensavano che lo studio sperimentale di tale fenomeno avrebbe chiarito anche il normale processo di differenziamento.
Thomas H. Morgan (1866-1945, più noto per le sue ricerche di genetica) affrontò lo studio della rigenerazione. Egli ipotizzò che non ci fosse negli organismi alcun tipo di 'materia formativa' pronta all'uso quando avviene il danno: né un insieme ausiliario di determinanti nucleari, come suggerito da Weismann e Roux; né gradienti meccanici per determinare il differenziamento. Secondo Morgan, almeno nell'idra e nella planaria che aveva studiato, la rigenerazione è invece causata da una modificazione molecolare. Quando un pezzo è distrutto, l'intero protoplasma intraprende un cambiamento molecolare che ordina al materiale più vicino di crescere e di assumere la giusta organizzazione molecolare. Il materiale dell'organismo stesso non è predeterminato per la rigenerazione, ma il danno stimola il cambiamento necessario; nel 1930 la rigenerazione aveva raggiunto lo status degli altri problemi considerati in termini di determinazione.
I ricercatori si chiedevano in quale preciso momento una cellula o un tessuto arrivi a essere sufficientemente determinato da non poter diventare null'altro. I risultati ottenuti da Driesch con gli embrioni dimezzati di riccio di mare mostravano che i primi blastomeri conservavano una certa flessibilità. Ci si chiedeva, però, in quale stadio dello sviluppo avvenisse normalmente la determinazione e quale ne fosse la causa. Queste domande attirarono una crescente attenzione all'inizio del XX sec.; la causa della determinazione del sesso di un individuo e il momento in cui avviene furono al centro di un vivo interesse. Per esempio, ci si domandava se una madre potesse far nascere un figlio maschio per mezzo di una dieta appropriata, o una femmina tenendosi al caldo. La scoperta che, in alcune specie, tutti i membri di un sesso hanno un cromosoma in più (il cromosoma 'accessorio') dell'altro suggeriva una qualche connessione tra cromosomi e determinazione del sesso; sapere che un cromosoma è correlato al sesso non spiegava però come questo venisse determinato. Il cromosoma determina forse materialmente il sesso (e presumibilmente altri caratteri) ed è prefissato dall'inizio dell'uovo, oppure la flessibilità viene mantenuta ancora per qualche tempo? Le teorie cromosomiche dell'eredità non spiegavano la determinazione embrionale più di quanto avesse fatto la teoria a mosaico della divisione nucleare qualitativa proposta da Roux. Lillie, Child e Spemann offrirono spiegazioni alternative della determinazione.
Frank Rattray Lillie (1870-1947), studente di Whitman e, come ricercatore, regolarmente ospite estivo al Marine Biological Laboratory di Woods Hole, in Massachusetts, aveva iniziato la sua carriera lavorando sulle linee cellulari. Si era poi dedicato ai problemi della fecondazione, cercando di comprendere come essa avvenga e quali siano i suoi effetti; entrambe le ricerche lo condussero a concentrarsi sui cambiamenti chimici all'interno dell'embrione. Inoltre, nei semestri di attività presso la University of Chicago, Lillie studiava il materiale embrionale che otteneva dai numerosi mattatoi locali. Il suo lavoro sulla determinazione del sesso nel caso del free martin (la femmina di bovino generalmente sterile nata da una gravidanza gemellare in cui gli individui sono di sesso diverso) aiutò a comprendere, se non addirittura risolse, i problemi riguardanti la determinazione embrionale.
Lillie aveva inizialmente sostenuto che la causa del differenziamento finale fosse nell'uovo fecondato e che la gradualità del differenziamento delle diverse parti nel corso dello sviluppo indicasse che l'uovo non era già completamente predeterminato. Rispetto al sesso, ogni individuo inizia senza alcuna distinzione; la fecondazione determina in qualche modo l'inizio del processo di sviluppo, poi avviene il differenziamento e si ha la determinazione. A un certo punto, il sesso dell'individuo diviene fisso e immodificabile. Ci si chiedeva quindi in quale stadio e in che modo venisse determinato il sesso; forse le insolite circostanze che portano al free martin avrebbero potuto fornire alcune risposte attraverso esperimenti naturali.
Vi era grande confusione in questo ambito di studi: molti allevatori negavano l'esistenza di free martin fecondi, mentre altri insistevano che, in qualche raro caso, ciò si sarebbe verificato. Sembrava che la mascolinità e la femminilità non fossero correlate con i previsti rapporti mendeliani, ma Lillie cercò nei mattatoi esemplari per spiegare entrambi i fenomeni e scoprì che, nel bestiame, il maggior numero di parti gemellari avviene quando vengono fecondate due uova diverse, una in ogni ovaia. Lillie riuscì a capirlo grazie ai due corpi lutei e ai resti dei due corion intorno agli embrioni gemelli. Le due uova fertilizzate si muovono verso l'utero e iniziano a unirsi con i vasi sanguigni avviluppati nella parte connettiva di ciascun corion; questo fatto consente il costante scambio di sangue e di tutte le sostanze in esso contenute, inclusi gli ormoni sessuali.
Se entrambi gli embrioni fossero stati maschi ‒ spiegò Lillie ‒ non ci sarebbero stati problemi; tutti e due si sarebbero sviluppati normalmente, così come nel caso in cui fossero stati entrambi femmine. Il caso significativo si verifica quando i due embrioni sono di sesso diverso; allora, l'apparato riproduttore del maschio prende il sopravvento e in gran parte sopprime quello della femmina, la quale non sviluppa i normali organi sessuali e addirittura dà luogo ad alcuni organi maschili. Secondo Lillie, il fenomeno è chiaramente dovuto all'azione chimica dell'ormone sessuale. L'ipotesi che lo scambio ormonale conduca all'infertilità femminile fu confermata da quello che Lillie considerò un experimentum crucis: raramente i due corion rimangono separati e in questi casi sia il maschio sia la femmina hanno organi sessuali normali. Le osservazioni di Lillie indicavano quindi che ogni zigote possiede fattori di determinazione sessuale che impongono il sesso dell'individuo, ma il reale processo di differenziamento (o produzione) sessuale, e probabilmente anche di altre determinazioni, è diretto da un complesso di condizioni chimiche e ormonali.
Charles Manning Child (1869-1954), un embriologo americano che iniziò la sua ricerca principale presso la Stazione Zoologica di Napoli, aveva una teoria alternativa, secondo la quale i gradienti metabolici all'interno di un organismo determinano il differenziamento. L'embrione possiede una serie di differenze regionali graduali nel metabolismo; le aree di maggiore attività sono localizzate alle estremità. Basandosi sui suoi studi riguardanti i modelli di rigenerazione nella planaria, Child mostrò che le differenze nei fenomeni metabolici, quali l'abilità di sviluppare una testa, l'assorbimento di ossigeno, la produzione di biossido di carbonio o l'attività enzimatica, hanno luogo lungo questi assi. Egli affermò che tali assi esistono sin dai primi stadi e rappresentano quindi la prima organizzazione dell'uovo. L'organismo si comporta essenzialmente come uno Stato, con l'organizzazione e la specializzazione che collaborano e il gradiente dominante che garantisce l'ordine dell'intero sistema. Diverse sostanze possono agire come inibitori per impedire l'azione dei gradienti, in modo da permettere alle condizioni locali di prevalere.
Le ipotesi di Child offrivano un forte modello teorico dello sviluppo, che comprendeva in un'unica spiegazione molti fenomeni diversi. Egli, per esempio, poteva rendere conto dell'apparente coordinazione delle parti dell'organismo all'interno di un complesso integrato e, di conseguenza, poteva trattare l'individualità dell'organismo secondo un approccio fisico-chimico che negli anni Venti del XX sec. stava assumendo crescente importanza rivelandosi tuttavia sempre più problematico. Child spiegava lo sviluppo di un sistema nervoso complesso e funzionante in termini di gradienti lungo il sistema nervoso centrale; allo stesso modo poteva spiegare perché un corpo danneggiato rigeneri quasi sempre le parti giuste piuttosto che altre.
Nei primi anni Trenta l'embriologo svedese Sven Hörstadius adattò la teoria dei gradienti morfogenetici in modo tale che comprendesse due gradienti lungo lo stesso asse centrale. Insieme al connazionale John Runnström postulò che un gradiente 'animale' si estende lungo tutto l'organismo, con il picco d'intensità verso il polo 'animale' (o superiore), mentre il gradiente 'vegetale' ha il picco verso il polo 'vegetale' (o inferiore). Quest'ultimo fu così chiamato a causa dell'alta concentrazione di sostanze nutritive, mentre il polo animale era l'area di maggiore attività di differenziamento degli organi. Le interazioni e i relativi rapporti tra i due poli determinavano le modalità di sviluppo degli organi lungo l'asse corporeo. Riorganizzando sperimentalmente i pezzi lungo i gradienti, Hörstadius riuscì a portare prove a favore delle sue ipotesi.
Tali teorie dei gradienti suscitarono notevole interesse nei primi decenni del XX secolo. Come sottolineò Victor Twitty, promettente studente di dottorato, era chiaro dalle pubblicazioni e dalla sua buona reputazione che la University of Chicago, con Child, era la sede più adatta per svolgere studi di embriologia. Di conseguenza, all'inizio, Twitty fu dispiaciuto di dover andare alla Yale University per studiare con Harrison, ma soltanto fin quando scoprì che quest'ultimo stava tranquillamente lavorando al proprio programma di ricerca, che riteneva produttivo e interessante. Child offriva una teoria generale per indirizzare la ricerca che si dimostrò provocatoria ma anche, alla fine, indifendibile; Harrison offriva invece un insieme di tecniche e questioni.
L'approccio di Harrison e della sua 'controparte' tedesca rappresentata da Spemann mostrava numerosi parallelismi. Essi affrontavano perlopiù le medesime problematiche, usavano tecniche simili e avevano un grande rispetto l'uno per l'altro, considerandosi a vicenda i principali embriologi del tempo. Il loro stile di lavoro era tuttavia diverso, al pari delle loro assunzioni metafisiche di base. Spemann intendeva sviluppare una teoria per rendere conto dello sviluppo embrionale, mentre Harrison rimase sospettoso rispetto alle entità ipotetiche e alle teorie generali. Il rifiuto da parte di Harrison ‒ nel ruolo di curatore del "Journal of experimental zoology" ‒ di pubblicare articoli considerati eccessivamente speculativi, inclusi alcuni saggi di Child, dimostra la sua posizione antiteoretica.
Il lavoro di Spemann culminò nella definizione del concetto di organizzatore, che negli anni Venti e Trenta del XX sec. provocò un clamore ancora maggiore rispetto alla teoria dei gradienti di Child. Lo studio di Spemann sugli effetti della costrizione dei due blastomeri aveva suggerito un'organizzazione precoce. La restrizione parziale terminata in due teste ma un solo corpo indicava che il materiale che forma la testa era già presente ed era stato diviso, al contrario del resto: ciò sollevò le domande sul come e sul quando avviene la determinazione. L'ipotesi dell'autodifferenziamento di Roux, secondo la quale ogni parte è preorientata sin dall'inizio, non funziona poiché successivamente avvengono altre regolazioni e riorientamenti. Neanche la regolazione ipotizzata da Driesch spiegava il normale sviluppo, poiché l'embrione aveva alla fine una testa in più. Forse più promettente fu il suggerimento di Driesch e del suo collega secondo cui il tessuto embrionale interagisce con i tessuti circostanti per indurre il differenziamento. Spemann nel 1901 decise di studiare il differenziamento e la determinazione nei vertebrati, concentrandosi sullo sviluppo del cristallino in relazione agli altri processi di differenziamento dell'occhio e, in particolare, sulla formazione della vescicola ottica e del calice ottico.
Spemann estese la tecnica di Born per i trapianti; invece di trapiantare il tessuto nella sua normale posizione nell'embrione ospite, però, rimuoveva o estirpava pezzi del materiale che avrebbe formato l'occhio. Con cura meticolosa e sottili aghi di vetro rimuoveva la parte dell'occhio della rana che di norma dà origine al calice ottico e all'occhio, lasciando intatto il materiale da cui origina il cristallino. Ci si chiedeva se il cristallino si sarebbe sviluppato anche senza il materiale che lo circondava o se l'intero organismo avrebbe compensato il danno producendo comunque un occhio normale. Come si vide, nessuna delle due alternative si realizzò, indicando che il calice ottico era in qualche modo necessario per permettere la formazione del cristallino.
Spemann rimosse allora il materiale del calice ottico, trapiantandolo sul lato posteriore dell'animale per determinare le sue capacità di sviluppo. Spostò inoltre del materiale estraneo dal fianco dell'embrione nel posto in cui normalmente si trovava il materiale che avrebbe formato il cristallino, per osservare il suo destino. Se il calice ottico avesse prodotto un cristallino in entrambi i casi, ciò avrebbe indicato che esso esercitava un importante ruolo creativo nello stimolare il differenziamento e non si limitava semplicemente ad attivare un messaggio già presente in quel sito. In tutti e due gli esperimenti, una lente si sviluppava a partire dal tessuto del fianco. Occorreva spiegare il tipo di stimolo esercitato dal calice ottico e come si verificasse. Qualcosa nel materiale del calice ottico permetteva chiaramente al materiale estraneo di diventare un cristallino; sembrava un fenomeno di induzione, sebbene Spemann non usasse ancora questo termine. Era inoltre necessaria una qualche combinazione del materiale inducente e del materiale reagente, ossia una combinazione di autodifferenziamento e di regolazione. Tale fatto aprì la strada a numerosi esperimenti di trapianto e all'ulteriore studio della capacità organizzativa; nel 1924 si registrò un significativo avanzamento.
Spemann suggerì alla sua studentessa di dottorato Hilde Pröscholdt (che sposò poi Otto Mangold, un embriologo membro del laboratorio di Spemann) di trapiantare il labbro superiore (o dorsale) del blastoporo (la parte della blastula che inizia l'invaginazione durante il processo di gastrulazione che dà luogo allo stadio di gastrula) sul fianco di un altro individuo di una diversa specie di salamandra. Pröscholdt condusse tale esperimento a partire da una gastrula in uno stadio avanzato, che trapiantò sul fianco di un embrione allo stesso stadio di sviluppo. Utilizzò il materiale del blastoporo, che normalmente diventa la coda, perché già alla fine del XIX sec. ne era stato dimostrato il potere formativo, per quanto non fosse chiaro in che modo lo esprimesse. Pröscholdt usò due specie di salamandre del genere Triturus, diverse per colore e dimensione, così da osservare facilmente se i due tessuti differenti si mescolavano o rimanevano separati. La procedura implicava l'uso meticoloso di aghi di vetro appositamente progettati e di un delicato cappio formato da un capello per tenere fermo l'embrione. L'intero procedimento richiedeva molto tempo, era impegnativo e frustrante, soprattutto perché, dopo tutto l'attento lavoro di trapianto, molti campioni morivano a causa di infezioni batteriche.
Nonostante ciò, in alcuni casi il blastoporo del donatore (trapiantato) invaginava in modo del tutto normale, anche se lontano dal blastoporo dell'ospite e circondato da materiale che non si sarebbe di norma sviluppato in quel modo. Il labbro del blastoporo sembrava esercitare una forte influenza sugli altri tessuti. Sorprendentemente, anche l'ospite sembrava svilupparsi in modo normale, per quanto consentito dalle condizioni sperimentali; inoltre, il materiale del blastoporo del donatore non sopraffaceva l'ospite; piuttosto, entrambi i blastopori avevano effetti normali nei limiti del possibile. L'esperimento produsse dunque un embrione primario con un embrione secondario incompleto attaccato al suo fianco. L'embrione secondario era una combinazione di cellule del donatore e dell'ospite, mescolate insieme ma dirette dal tessuto dell'ospite. Il blastoporo sembrava, in base a questo esperimento, avere forti poteri di organizzazione.
Spemann concluse che il labbro dorsale del blastoporo era realmente la causa della formazione dell'embrione secondario. Egli definì così il processo: "Un pezzo del labbro superiore del blastoporo di un embrione di anfibio durante il processo di gastrulazione esercita un effetto organizzativo sul suo ambiente in un modo tale che, se trapiantato su una qualsiasi regione di un altro embrione, esso causa la formazione di un secondo impianto embrionale. Un tale pezzo può quindi essere designato come un organizzatore" (Spemann 1924, p. 637). Si trattava, spiegò, di un'organizzazione da parte di un qualche induttore od organizzatore piuttosto che di una ferrea predeterminazione, poiché la parte inducente riceve anche una reazione di 'controinduzione'; in altri termini, erano presenti sia la regolazione sia la determinazione.
Vi è stato un grande dibattito su ciò che Spemann intendeva con i termini 'regolazione' e 'forze di sistemi equipotenziali armoniosi', che aveva mutuato da Driesch. Spemann sosteneva certamente il cosiddetto 'psicovitalismo' e senza dubbio considerava l'organismo nel suo complesso. Le spiegazioni radicalmente riduzionistiche dello sviluppo erano per lui semplicemente incapaci di chiarire la complessa serie di processi che trasformano un uovo senza forma in un adulto funzionante. La vita sembrava mostrare una finalità e un'organizzazione diverse dalle sostanze meccaniche non viventi. Tuttavia, non c'era nulla di non scientifico o di mistico nelle ipotesi di Spemann; la sua prospettiva infatti era abbastanza ragionevole nel contesto di quell'epoca. Egli cercava una spiegazione meccanicistica e causale dello sviluppo, ma con attenzione ai poteri regolativi del complesso sistema vivente nel suo insieme. Spemann continuò a esplorare gli effetti del trapianto sull'induzione e a perfezionare il concetto di organizzatore e concluse che esistevano numerosi organizzatori regionali: in particolare lungo l'asse corporeo principale erano situati gli organizzatori per la testa, il tronco e la coda. L'idea di regioni organizzatrici portò al concetto di campi organizzatori, che si prestavano a un'interpretazione in termini di gradienti. Sia Child sia Spemann riconobbero che i gradienti e gli organizzatori non erano in realtà così distanti.
Altri cercarono di scoprire cosa rendesse l'organizzatore capace di organizzare. Qualche caratteristica meccanica determinava forse l'abilità morfogenetica, ma i principali programmi di ricerca a partire dalla fine degli anni Venti e degli anni Trenta del XX sec. si concentrarono sull'azione chimica. In particolare, Johannes Holtfreter (1901-1992) in Germania, che aveva iniziato nel laboratorio di Spemann, e Joseph Needham (1900-1995) a Cambridge in Inghilterra, esplorarono diverse possibilità biochimiche. Holtfreter dimostrò che persino il materiale organizzatore morto aveva capacità induttive, enfatizzando quindi la natura chimica dell'azione piuttosto che il ruolo meccanico del materiale proveniente da un luogo particolare. Come dimostrarono altri studiosi, una grande varietà di materiali con diversa composizione chimica poteva tuttavia indurre il differenziamento. Ciò mise in questione il modo in cui questa azione chimica poteva essere svolta; gli anni Trenta del XX sec. ‒ disse Harrison ‒ avrebbero potuto portare a una 'corsa all'oro' della ricerca focalizzata sull'organizzatore. Dopo le grandi promesse iniziali, però, il concetto originale di organizzatore lasciò il posto, nei decenni successivi, alla chimica, ai gradienti, ai campi e alle teorie genetiche dello sviluppo e del differenziamento.
La storica Donna J. Haraway ha discusso le metafore e le immagini utilizzate per comprendere lo sviluppo per mezzo di 'cristalli, tessuti e campi' (Haraway 1976). Harrison si basò sul parallelo con la cristallizzazione per comprendere il differenziamento. Needham si interessò ai 'tessuti' e alla biochimica della morfogenesi prima di essere affascinato per il resto della sua carriera dalla storia della scienza cinese: Biochemistry and morphogenesis riassunse questo approccio nel 1942 e fu ripubblicata nel 1968. Paul Weiss, in un lavoro che culminò negli anni Sessanta del XX sec., Dynamics and development: experiments and inferences (1968), enfatizzò la crescita, in particolare nel sistema nervoso, sottolineando la dinamica e la funzione dei 'campi' e le implicazioni dell''autorganizzazione' del sistema. Oltre a questi approcci morfologici, chimici o funzionali, altri perseguirono modelli fisici (come William Bateson) o matematici (come Alan M. Turing) dello sviluppo e del differenziamento. Gran parte del XX sec. è stata dedicata all'analisi dei diversi approcci, ponendo questioni differenti e affrontando lo sviluppo in vari modi.
Nella seconda metà del XX sec., John Bonner si è concentrato sui funghi mucillaginosi come organismi 'semplici' per porre questioni sulla 'morfogenesi'. Altri studiosi hanno intrapreso i primi studi sulle interazioni intercellulari, in modo da comprendere come le cellule e i composti chimici si trasformino in un intero organismo. Alla metà del secolo, l'embriologia stava diventando realmente genetica dello sviluppo, un cambiamento che ha allontanato progressivamente molti ricercatori dagli 'embrioni', dagli organismi e dalle discussioni sulla 'organizzazione', per dedicarsi alla ricerca delle sottostanti cause genetiche e aprire le cellule per osservare i geni. Solamente alla fine del XX sec. l'orientamento della biologia dello sviluppo è cambiato, portando di nuovo all'embriologia. La comprensione storica dello studio dello sviluppo nella seconda metà del XX sec. è soltanto agli inizi; numerosi storici hanno cominciato a introdursi nel ricco e diversificato studio degli embrioni e dello sviluppo, non dominato da un unico paradigma. Questa ricerca delle cause genetiche ha incluso invece l'esplorazione di molti aspetti dello sviluppo, con approcci divergenti e una gran quantità di ipotesi che andavano molto oltre la genetica dello sviluppo, che aveva raggiunto più comunemente il grande pubblico. La storia è interessante e merita un'attenzione maggiore, anche per quella che è stata chiamata 'biologia teorica' e per gli stimoli che avevano originato il movimento 'evo-devo' (evolution and development).