La seconda rivoluzione scientifica: scienze biologiche e medicina. La biologia cellulare
La biologia cellulare
La biologia cellulare è una disciplina scientifica nuova che ha però una storia antica. Se consideriamo come momento fondante di una nuova disciplina l'istituzione delle associazioni professionali e delle riviste accademiche, sembra che come campo di indagine scientifica la biologia cellulare sia nata intorno alla metà del XX secolo. Le prime società di biologia cellulare furono istituite nel 1947 (Society for Cell Biology), nel 1960 (American Society for Cell Biology), nel 1964 (Japan Society of Cell Biology) e, di conseguenza, furono create nuove riviste (o ribattezzate vecchie pubblicazioni) sponsorizzate da queste società: "Experimental cell research" (1950), "Journal of cell biology" (1962), "Cell structure and function" (1975).
Tuttavia, la moderna biologia cellulare è radicata nell'Ottocento. Il termine fu usato per la prima volta da Jean-Baptiste Carnoy (1836-1899) della Catholic University of Louvain nella monografia La biologie cellulare: étude comparée de la cellule dans les deux règnes, pubblicata nel 1884. Nello stesso anno, Carnoy fondò la rivista "La Cellule" dedicata a ricerche originali nel campo della citologia, della biologia e dell'istologia generale. In seguito all'elaborazione della cosiddetta 'teoria cellulare' da parte di Matthias Jakob Schleiden e Theodor Schwann negli anni Trenta e Quaranta dell'Ottocento, e all'introduzione della patologia cellulare da parte di Rudolf Virchow negli anni Cinquanta e Sessanta di quello stesso secolo, le cellule divennero non soltanto legittimo oggetto di studio ma anche la base di un nuovo riduzionismo nel campo della biologia. In questo periodo, la ricerca biologica e istologica progredì rapidamente grazie all'introduzione di una nuova e più avanzata strumentazione: migliori lenti per il microscopio composto, migliori condensatori e microtomi più sofisticati. Questa fu anche l'epoca delle grandi scoperte da parte dell'industria chimica tedesca, che resero possibili l'applicazione di nuovi metodi e l'utilizzazione di sostanze fissanti e coloranti per lo studio delle cellule e dei tessuti.
Le ricerche del XIX sec. riguardavano essenzialmente l'aspetto morfologico; lo studio fisiologico, chimico e genetico delle cellule è stato intrapreso quasi esclusivamente nel secolo successivo. Negli anni Trenta del Novecento, con l'invenzione del microscopio elettronico e dell'ultracentrifuga, i biologi cellulari furono in grado di affiancare lo studio morfologico delle strutture subcellulari e l'analisi biochimica delle componenti isolate per chiarire e circoscrivere le funzioni delle parti visibili della cellula.
In seguito al riconoscimento della cellula come unità morfologica di base degli organismi viventi, e dell'importanza del suo contenuto per il funzionamento e la riproduzione di sé stessa, la struttura e le proprietà delle cellule divennero di primario interesse. Lo studio delle cellule (citologia) e dei tessuti (istologia), condotto principalmente con gli strumenti della microscopia, nella seconda metà del XIX sec. fu facilitato dall'introduzione di nuovi coloranti chimici. Granuli, fibre, vacuoli e altre strutture vennero osservati e classificati in base alle loro affinità con alcuni coloranti specifici. La tintura di iodio, il carminio, il reagente di Millon e il blu di metilene furono ampiamente usati. Man mano che i chimici chiarivano le reazioni di ogni nuovo colorante, i citologi e gli istologi usavano queste informazioni per stabilire la natura chimica delle varie parti della cellula. La citochimica e l'istochimica consentirono lo sviluppo della chimica microscopica della cellula; nelle cellule e nei tessuti furono localizzati i grassi, i carboidrati e le proteine.
Alla fine del XIX sec., la morfologia generale della cellula era stata ormai delineata. Era stato dimostrato che tutte le cellule contenevano un corpo più piccolo, il nucleo e, grazie alle diverse reazioni alla colorazione, che il protoplasma del nucleo era differente da quello del resto della cellula. Nel 1880, Eduard Adolf Strasburger stabilì la distinzione tra nucleoplasma o carioplasma e citoplasma. Il contrasto chimico tra nucleo e citoplasma si basava sulla presenza della nucleina, una sostanza ricca di fosforo scoperta nel 1869 da Friedrich Miescher che si trova soltanto nel nucleo. Poiché quest'ultimo reagisce prontamente a diversi coloranti, nel 1882 il materiale che lo compone fu denominato cromatina da Walter Flemming. Nel 1887, Franz Schwarz già osservava che la cromatina è probabilmente identica alla nucleina, un composto di acido nucleico (un acido organico complesso ricco di fosforo) e albumina; in alcuni casi (nel nucleo degli spermatozoi e probabilmente nei cromosomi al momento della mitosi), la cromatina può essere composta quasi esclusivamente di acido nucleico.
Sin dall'inizio, la ricerca citologica aveva evidenziato in molte cellule la costante presenza di strutture filiformi che reagivano con diversi coloranti. Questi corpuscoli furono chiamati cromosomi (corpi colorati) e la loro struttura e il loro ruolo suscitarono grande interesse; sembravano essere piccoli organi intracellulari e quindi furono denominati 'organelli' insieme ad altri corpi subcellulari dall'aspetto più definito come i mitocondri. Un'applicazione fondamentale di questa chimica alla biologia cellulare fu la dimostrazione che la fucsina poteva essere usata per colorare il DNA nelle preparazioni citologiche e istologiche (la cosiddetta 'reazione di Feulgen', scoperta nel 1924). In questo caso, la reazione è quantitativa: il livello di colorazione dipende dalla quantità di molecole di DNA, quindi il contenuto di DNA di una singola cellula può essere misurato con la microspettrometria quantitativa. Nel 1948, Roger e Colette Vendrely scoprirono che il contenuto di DNA di tutte le cellule somatiche di una data specie era costante, mentre le cellule spermatiche della stessa specie contenevano soltanto la metà del quantitativo somatico di DNA. Questa scoperta della citochimica fu molto importante per confermare il ruolo genetico del DNA.
Via via che la fisiologia degli organismi sviluppava nuovi strumenti per studiare le funzioni dei tessuti e degli organi, la fisiologia cellulare seguiva lo stesso percorso. Mentre nel XIX sec. essa era dominata dallo studio di processi come la digestione, la visione, le sensazioni e la circolazione, nel XX sec. la fisiologia si concentrò sulle cellule. Il metabolismo, l'elettrofisiologia e la farmacologia si basano fondamentalmente sulle proprietà della cellula e quindi furono studiate dai biologi cellulari che si interessavano di questioni fisiologiche. Gli esperimenti sulla respirazione potevano essere condotti con altrettanta facilità sulle cellule ematiche in sospensione, sui blastomeri embrionali in dispersione, sui protozoi o sulle sezioni di tessuto. Gli studi sulla permeabilità della membrana e i test di tossicità dei farmaci potevano essere effettuati su singole cellule, arrivando spesso a risultati più soddisfacenti di quelli ottenuti con esperimenti su organi o animali interi.
Due innovazioni tecniche resero possibili questi studi: la prima fu la scoperta di vari metodi per allevare cellule a partire da tessuti solidi dispersi in piastre di coltura; la seconda fu l'estensione di questo metodo alla clonazione quantitativa di cellule in coltura. Nei primi decenni del XX sec., Ross Harrison (1870-1959) e Alexis Carrel (1873-1944) studiarono come mantenere in vita per un lungo periodo di tempo piccole porzioni di tessuto in un agglomerato di plasma immerso in un mezzo ricco di nutrienti. Questo metodo fu denominato 'coltura tissutale', una locuzione ancora oggi usata e applicata sia ai frammenti di tessuto sia alle singole cellule. La coltura tissutale consentì di studiare e fare esperimenti sul mezzo di supporto, permettendo così di scoprire che cosa fosse necessario per favorire la crescita, nonché gli effetti degli ormoni, dei farmaci e delle tossine. Furono studiati in particolare i tessuti cancerosi per scoprire le loro specifiche proprietà di crescita e, negli anni Venti e Trenta, una buona parte di quella che veniva denominata citologia sperimentale era volta al tentativo di comprendere il cancro. Furono condotte analisi dettagliate sulla divisione delle cellule, sui loro movimenti e sulle loro interazioni, anche con l'aiuto della nuova tecnica della fotomicrografia a ripresa temporizzata. Le colture tissutali consentirono inoltre lo studio sperimentale del mutamento, o differenziamento, delle cellule che accompagnava la crescita. Con questi metodi fu possibile determinare che alcune cellule ne precorrevano altri tipi, e quindi furono individuati i percorsi del differenziamento cellulare.
Una conseguenza diretta della scoperta di questo processo fu lo sviluppo del concetto di cellula staminale: alcune cellule meno differenziate, dette staminali, possono dividersi in modo asimmetrico, dando vita a un'unica cellula staminale che si autopropaga oppure a una cellula figlia più differenziata. Ciò spiegava la complessa biologia dei sistemi di rinnovamento delle cellule in tessuti come quello del sistema ematopoietico, dell'epitelio della pelle e dell'endotelio intestinale. Gli attuali studi biomedici sull'utilizzazione delle cellule staminali embrionali, potenzialmente capaci di produrre tutti i tipi di cellule di un organismo, confermano l'importanza cruciale di queste ricerche.
Negli anni Cinquanta, diversi ricercatori trovarono il modo di disaggregare i tessuti in singole cellule con l'aiuto della tripsina, un enzima in grado di digerire le proteine, e di ottenere colture di singole cellule in dispersione. Theodore Puck e i suoi collaboratori dimostrarono che queste cellule, se supportate a livello metabolico mediante cellule nutrici irradiate in modo da bloccarne la riproduzione, formavano colonie di cloni proprio come fanno i batteri, i lieviti e le muffe. Questo metodo di clonazione aprì la strada a tutta un'altra serie di studi quantitativi e genetici, in particolare sulle cellule animali.
Nel secondo dopoguerra, a seguito degli studi sulla radioattività e sulla produzione degli isotopi radioattivi del fosforo, del carbonio e dell'idrogeno, la ricerca citologica poté disporre di vari composti radiomarcati di interesse biologico; nel 1946, si provò a spalmare un'emulsione fotografica sui vetrini per localizzare gli isotopi radioattivi nelle sezioni di tessuti.
Nel corso degli anni Cinquanta questa tecnica fu migliorata grazie all'utilizzazione di emulsioni uniformi ottenute dalle pellicole fotografiche; il nuovo metodo, chiamato 'emulsione a strappo', consentiva la localizzazione degli isotopi al livello di risoluzione del microscopio ottico. Questo sistema di autoradiografia combinava gli studi funzionali resi possibili dai traccianti metabolici attivi e le ricerche strutturali della microscopia ottica per mettere in relazione la fisiologia della cellula con la sua morfologia. Un risultato di particolare rilievo di questi studi, ottenuto con l'utilizzazione di un precursore del DNA, la timidina triziata, fu la spiegazione del ciclo di divisione della cellula in termini di sintesi del DNA e di mitosi.
Nel 1875, Oscar Hertwig (1849-1922) aveva scoperto che, durante la fecondazione, la cellula-uovo e lo spermatozoo si univano: l'importanza di questo risultato per la teoria cellulare, per l'embriologia, per la biologia evolutiva e per la futura genetica fu enorme. Come affermò Edmund B. Wilson (1856-1939), in tal modo venne dimostrato che i problemi fondamentali del sesso, della fecondazione, dell'eredità e dello sviluppo non erano altro che problemi cellulari.
La biologia cellulare fece molti progressi grazie agli studi di embriologia. Alcuni organismi modello, soprattutto ricci di mare e rane, fornivano ovuli e sperma in grande quantità. Questo materiale era particolarmente abbondante in alcuni centri di ricerca costieri, come quello di Napoli in Italia, di Woods Hole nel Massachusetts e di Pacific Grove in California, che attrassero scienziati da tutto il mondo e divennero famosi come laboratori all'avanguardia per gli studi di biologia cellulare e dello sviluppo. Gli ovuli potevano essere fecondati e gli embrioni allevati e studiati.
Nel 1896 Wilson pubblicò The cell in development and inheritance, considerato una pietra miliare, che sintetizzava gran parte delle conoscenze acquisite nell'Ottocento e che esercitò una profonda influenza sui biologi delle generazioni successive. Wilson sosteneva che sia i problemi dell'embriologia sia quelli dell'eredità (in seguito battezzata genetica nel 1905 da William Bateson) erano collegati allo studio della biologia a livello cellulare. La descrizione morfologica della divisione cellulare e, soprattutto, del comportamento dei cromosomi in quel processo denominato 'mitosi', costituiva la base della sintesi dell'eredità mendeliana e delle osservazioni citologiche, effettuate nel 1903, da Walter S. Sutton (1877-1916) e Theodor Heinrich Boveri (1862-1915) le quali diedero origine alla teoria cromosomica dell'eredità.
Molti scienziati e storici considerano la nascita della scuola di biologia cellulare all'interno del dipartimento di patologia del Rockefeller Institute for Medical Research come l'inizio dell'era moderna della biologia cellulare. Nel 1929, Albert Claude (1899-1983) entrò a far parte dell'istituto per studiare la struttura fine delle cellule tumorali. Nel 1939 si unì a lui Keith Porter (1912-1997), proprio quando cominciavano a essere disponibili due importanti strumenti scientifici, l'ultracentrifuga e il microscopio elettronico. L'ultracentrifuga, probabilmente lo strumento che si è rivelato più utile per la biochimica del XX sec., permetteva di frazionare i campioni nei loro componenti. Fino a quel momento si potevano confrontare omogenati di diversa provenienza, in condizioni normali o patologiche, ma fu l'ultracentrifuga a rendere possibili le procedure fondamentali della biochimica contemporanea. Claude adottò e perfezionò i metodi di centrifugazione con una serie di cicli ad alta e a bassa velocità per ottenere frazioni purificate dei componenti cellulari che stava studiando. Grazie alla fortuna e alla loro abilità politica, all'inizio degli anni Quaranta Claude e Porter riuscirono ad avere accesso ai primi microscopi elettronici costruiti negli Stati Uniti; insieme scoprirono il reticolo endoplasmatico e le forme intracellulari dei retrovirus. Nel 1945, George E. Palade si unì al gruppo di Claude e sviluppò nuovi metodi per studiare il reticolo endoplasmatico e le sue funzioni. Nel 1962, anche Christian de Duve entrò a far parte del gruppo del Rockefeller Institute pur mantenendo un laboratorio di ricerca a Lovanio. Interessato al metabolismo del fegato, applicò gli schemi di frazionamento di Claude combinati con i metodi di utilizzazione del microscopio elettronico di Porter e Palade, per scoprire sia il lisosoma, l'organulo digestivo della cellula, sia il perossisoma, sito dei processi metabolici che coinvolgono il perossido di idrogeno.
La combinazione tra l'analisi biochimica delle frazioni cellulari e il loro esame morfologico al microscopio elettronico costituì il punto di forza dell'approccio dei ricercatori del Rockefeller Institute alla biologia cellulare. Essi riuscirono a correlare le funzioni biochimiche con le caratteristiche strutturali delle cellule. Un ampliamento logico di queste ricerche fu la nascita dell'istochimica e della citochimica degli enzimi che permise di localizzare al microscopio elettronico la presenza di specifiche attività enzimatiche. Anche l'introduzione di fissativi e di materiali per l'inclusione più raffinati, nonché di microtomi migliori per ottenere sezioni ultrasottili dei campioni da esaminare al microscopio elettronico contribuì al successo del gruppo. Questi strumenti permisero ai ricercatori del Rockefeller Institute e ad altri scienziati di chiarire gli aspetti strutturali e funzionali dell'apparato di Golgi, la struttura membranosa descritta da Camillo Golgi (1844-1926) nel 1898, e del mitocondrio. Gli studi di de Duve dimostrarono che gli enzimi digestivi fortemente attivi della cellula sono compartimentalizzati in modo tale da impedire che digeriscano gli altri componenti della cellula.
I biologi cellulari unirono lo studio della morfologia a quello della fisiologia cellulare per comprendere il modo in cui le cellule sintetizzano, elaborano ed eliminano le proteine. Mentre molte proteine della cellula rimangono al suo interno, alcune di esse ‒ di grande importanza, come gli anticorpi, gli enzimi digestivi, gli ormoni peptici e altre molecole usate per la comunicazione tra le cellule ‒ devono in qualche modo spostarsi verso la sua superficie esterna per poter essere rilasciate nel sangue o nel fluido intercellulare. Con l'approccio biochimico classico era stato scoperto il percorso fondamentale della sintesi proteica, ma il trasporto del materiale all'interno e tra i vari compartimenti della cellula e la sua secrezione all'esterno esigevano l'impiego delle tecniche della biologia cellulare. Negli anni Sessanta e Settanta, furono scoperti i passaggi più importanti della sintesi proteica e della successiva modificazione delle proteine, per esempio le proteasi del pancreas e le immunoglobuline dei linfociti. Dopo la sintesi effettuata dal ribosoma e diretta dall'RNA messaggero, la molecola proteica destinata alla secrezione esterna viene inserita nella struttura membranosa denominata reticolo endoplasmatico, dove viene modificata con l'aggiunta di zuccheri e grassi (lipidi). Le proteine parzialmente modificate si spostano poi nell'apparato di Golgi, dove avvengono le ultime modificazioni usate dalla cellula per stabilire la destinazione finale intracellulare o extracellulare della molecola proteica. Le proteine destinate all'escrezione, come gli enzimi digestivi, vengono quindi impacchettate in piccole sacche membranose (vescicole) che si fondono con la membrana della superficie cellulare e scaricano letteralmente il loro contenuto all'esterno della cellula. Questo processo è stato denominato esocitosi ed è simile, ma non identico, a quello di endocitosi mediante il quale il materiale esterno alla cellula viene assorbito al suo interno attraverso vescicole situate sulla superficie che lo inglobano.
Un altro grande passo avanti nella comprensione della struttura e del funzionamento della cellula fu rappresentato dalla scoperta dell'architettura molecolare delle membrane biologiche. Nel 1934, Hugh Davson (1909-1996) e James F. Danielli (1911-1984) proposero un modello di membrana biologica composto di due strati di fosfolipidi molto ravvicinati, le cui catene laterali idrofobiche erano orientate verso l'interno del doppio strato lipidico. Nel modello di Davson e Danielli, entrambi i lati del doppio strato della membrana erano ricoperti di varie molecole proteiche che si supponeva le conferissero il suo carattere specifico, per esempio le proprietà di antigenicità, di adesività o di trasporto. I primi studi condotti con il microscopio elettronico e le misurazioni fisiche eseguite con il metodo della diffrazione dei raggi X confermarono questo modello che vedeva le membrane come una sorta di sandwich lipoproteico.
Il modello di Davson e Danielli è essenzialmente corretto rispetto all'organizzazione dei fosfolipidi, ma nel 1970 Jonathan Singer e Garth Nicholson proposero un nuovo modello in cui le proteine sono incluse nel doppio strato lipidico e sono in grado di muoversi liberamente all'interno della membrana. Questo 'modello a mosaico fluido' è più compatibile con i dati raccolti di recente, grazie alle osservazioni al microscopio elettronico, e con gli studi dettagliati sulla distribuzione e la mobilità di alcune proteine specifiche associate alla membrana. Una delle caratteristiche principali di questo modello è quella di consentire alla mobilità bidimensionale delle proteine di assumere un significato funzionale. L'aggregazione reversibile delle proteine di membrana, causata dal fatto che le molecole si legano a due o più di esse, all'esterno o all'interno della membrana, può far sì che queste molecole si ridistribuiscano sulla superficie della cellula; quindi, le proteine monomeriche inattive possono essere attivate mediante l'aggregazione in complessi multimerici. Il legame tra le molecole anticorpali e queste proteine transmembrana, per esempio, le costringe ad agglutinarsi in una 'chiazza', e questa modificazione produce reazioni interne nelle cellule attivate dal segnale dell'anticorpo esterno. Molti regolatori della crescita, ormoni e molecole di segnalazione cellulare sembrano usare meccanismi simili che implicano la ridistribuzione delle proteine di membrana.
A partire dagli anni Trenta del Novecento apparve chiaro che era possibile studiare le cellule in coltura per vedere come reagivano agli ormoni, ai fattori di crescita e alle infezioni virali; gli ormoni e i fattori di crescita, naturalmente, sono modalità di comunicazione tra cellule. Si usavano cocolture di due tipi di cellule per studiare le interazioni tra i tessuti embrionali, la produzione degli ormoni e le reazioni delle cellule e dei tessuti. Dalle ricerche di Earl W. Sutherland jr (1915-1974) riguardanti gli effetti dell'epinefrina sulle cellule epatiche apparve chiaro che i segnali diretti dall'esterno all'interno della cellula non richiedevano il trasporto fisico delle molecole segnale attraverso la membrana della cellula, ma potevano essere mediati da una proteina segnale che funge da recettore transmembrana.
Introdussero quindi il concetto di trasduzione del segnale basata sul legame tra il 'primo messaggero' (epinefrina) e il dominio esterno della proteina transmembrana che poi, grazie a un presunto cambiamento di forma indotto dal legame con l'epinefrina, attiva il dominio interno della proteina producendo la sintesi del 'secondo messaggero', il cAMP, che agisce all'interno della cellula. Questo modello di comunicazione tra le cellule si è rivelato molto fruttuoso e ha permesso di comprendere l'azione di diverse molecole regolatrici importanti dal punto di vista fisiologico.
Martin Rodbell (1925-1998) e i suoi collaboratori hanno scoperto che uno dei meccanismi di questo passaggio dei segnali attraverso la membrana implica l'intervento di una famiglia di proteine intracellulari regolate dal legame con il GTP e il GDP e che quindi sono chiamate 'proteine G'. La proteina transmembrana, il cui dominio esterno è chiamato 'recettore' del segnale esterno, interagisce con la vicina proteina G legata alla membrana per provocare il rilascio del GDP e il legame del GTP. Questo passaggio attiva la proteina G affinché possa, a sua volta, attivare l'enzima intracellulare che produce il cAMP, il secondo messaggero di Sutherland. Questa serie di reazioni ha come conseguenza un'amplificazione del segnale che dipende dalla presenza della proteina G. Recentemente è stato dimostrato che nell'uomo le proteine G difettose o danneggiate possono essere causa di diverse importanti malattie tra cui il cancro e il colera.
L'attenzione dedicata alla membrana cellulare ha prodotto anche una migliore comprensione dei flussi di ioni, della conduzione nervosa e della trasmissione sinaptica a livello cellulare. La conoscenza delle proteine che attraversano la membrana ha condotto, inoltre, a una migliore comprensione delle basi fisiche del passaggio delle molecole attraverso di essa, per mezzo di canali e pori molecolari, nonché di speciali proteine trasportatrici che portano molecole come gli zuccheri e ioni come i protoni e il cloruro, in entrambe le direzioni, a seconda dello specifico processo fisiologico in corso. La scoperta delle strutture molecolari della superficie della cellula (recettori) che le servono per legarsi a specifiche molecole (chiamate ligandi) si è rivelata di grande interesse per i biologi cellulari. Una classe di recettori importante a livello medico è quella che media il rilascio dell'istamina e costituisce il bersaglio dei farmaci antistaminici.