di Giovanna D’Agostino
La maggior parte dei paesi della sponda meridionale e orientale del Mediterraneo presenta un livello relativamente contenuto di sottoalimentazione cronica. Questo fenomeno riguarda meno del 5% della popolazione in Marocco, Algeria, Tunisia, Egitto, Libano, Giordania, Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati Arabi Uniti. Fanno eccezione l’Iraq e lo Yemen, dove una parte larga e crescente della popolazione è cronicamente sottoalimentata, soprattutto a causa dell’instabilità politico-militare. Nonostante l’elevato livello delle calorie disponibili per la popolazione, la regione resta fortemente esposta alle fluttuazioni dei mercati internazionali e a problemi dal punto di vista dell’utilizzo del cibo (Fao, Ifad e Wfp, 2014). Gli indicatori antropometrici segnalano, infatti, incidenze elevate dello stunting nei bambini con meno di cinque anni, e di sovrappeso e obesità nella popolazione. Sebbene ricca in calorie, pertanto, la dieta di larga parte della popolazione sembra essere segnata da carenze di alcuni nutrienti, nonché da episodi passati di insufficienza alimentare (Fao, Ifad e Wfp, 2014).
La crescita della popolazione e del reddito pro capite nella regione ha comportato un aumento rapido della domanda di cibo, mentre la scarsa disponibilità di acqua e terra ne limita l’offerta. La popolazione è triplicata in meno di mezzo secolo, passando da 100 milioni nel 1960 a 300 milioni nel 2006 e continua a crescere a un tasso annuo dell’1,7%. Il potere di acquisto della popolazione aumenta, con un tasso di crescita del reddito maggiore della media mondiale. La regione è dunque globalmente più dipendente dalle importazioni di cibo, che rappresentano all’incirca il 50% del fabbisogno calorico complessivo.
L’aumento repentino dei prezzi internazionali dei prodotti agricoli, verificatosi alla fine degli anni 2000 in concomitanza con l’aumento dei prezzi dei prodotti energetici, ha avuto un impatto negativo soprattutto sui paesi che non esportano petrolio. L’aumento dei prezzi di prodotti di base come il pane, nonostante il consumo sia fortemente sussidiato in molti dei paesi della regione, ha certamente contribuito all’instabilità politica generatasi durante la cosiddetta Primavera araba. In primo luogo si è generata inflazione, che ha raggiunto un tasso doppio rispetto alla media mondiale. In secondo luogo, in paesi quali Giordania, Marocco, Libano ed Egitto la bilancia dei pagamenti è stata posta sotto pressione dalla necessità di compensare il deficit della bilancia commerciale e di continuare a sussidiare il consumo. In terzo luogo si è avuto un incremento della povertà, che interessa circa un quarto della popolazione della regione e si concentra per circa due terzi nelle zone rurali, dove i più colpiti sono gli agricoltori senza terra, essendo acquirenti netti di cibo.
La risposta dei paesi della regione alla crescita repentina dei prezzi mondiali della fine degli anni 2010 ha puntato sulle politiche commerciali, sull’aumento dei salari e dei sussidi pubblici da un lato, e sull’aumento della produttività in agricoltura, dall’altro. Il Marocco ha ridotto i dazi sull’importazione di grano, trasformandoli in sussidi. L’Egitto ha vietato le esportazioni di riso per proteggere i consumatori locali. La Giordania, l’Oman e l’Arabia Saudita hanno aumentato i salari nel settore pubblico e sussidiato il consumo di beni alimentari, attraverso trasferimenti diretti. La sostenibilità di queste misure nel lungo periodo dipende dalla possibilità di generare concomitanti aumenti di entrate per il settore pubblico; l’aumento dell’indebitamento, che alcuni paesi hanno scelto come strategia di breve termine, potrebbe avere un impatto negativo nei decenni a venire.
L’Ifpri (International Food Policy Research Institute) e la Fao (Food and Agriculture Organization) prevedono che la domanda di cibo del Nord Africa e del Medio Oriente continuerà a crescere nei prossimi decenni, mentre l’offerta non potrà crescere allo stesso ritmo, con un incremento della necessità di importare cibo. Per esempio, si prevede che l’Egitto aumenterà la sua importazione di cereali del 138% fino al 2030; ma anche il consumo di prodotti caseari aumenterà dell’ 82% e quello di prodotti animali del 104%.
Per aumentare la produttività del settore agro-alimentare è fondamentale aumentare la disponibilità dell’irrigazione e migliorare la gestione delle (scarse) risorse idriche disponibili. Nonostante il clima secco, larga parte dell’agricoltura della regione non utilizza l’irrigazione: questo è il caso di oltre metà delle superfici a seminativo in Algeria, Giordania, Libano, Libia, Marocco, Tunisia e Yemen. Altrettanto importante è migliorare l’efficienza delle catene produttive, agendo sulla distribuzione e sullo stoccaggio. Questo consentirebbe una più efficiente regolazione degli approvvigionamenti, che potrebbe contribuire a stabilizzare i prezzi interni.