La sicurezza in mare e la regolamentazione delle rotte. La protezione delle aree sensibili nel mare territoriale
Con il d. interm. 2.3.2012, n. 79, ferme restando le previsioni e i divieti stabiliti dalle leggi speciali per la tutela delle aree protette, sono state introdotte nuove disposizioni in attuazione dell’art. 83 c. nav. Il decreto stabilisce delle misure di carattere generale volte a limitare o a vietare la navigazione, la sosta e l’ancoraggio delle navi mercantili superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda nelle fasce di mare all’interno dei perimetri dei parchi e delle aree marine protette ed entro le due miglia marine dai suddetti limiti. In deroga a tali previsioni, lo stesso art. 1 stabilisce che l’Autorità marittima possa disporre, per la fascia esterna ai perimetri indicati, limiti di distanza differenti per garantire la sicurezza anche ambientale della navigazione e per l’accesso e l’uscita dai porti. L’art. 2 prevede inoltre ulteriori divieti di navigazione e particolari misure di sicurezza per l’ingresso e la navigazione in determinate aree. Con d.lgs. 28.6.2012, n. 111 è stata data attuazione in Italia alla dir. 2009/90/CE sull’assicurazione dell’armatore per i crediti marittimi.
Il verificarsi di sinistri marittimi di particolare rilevanza riporta periodicamente all’attenzione dell’opinione pubblica il tema della sicurezza della navigazione. In passato, a seguito dei gravissimi incidenti che hanno coinvolto soprattutto navi petroliere, con conseguente sversamento in mare di grandi quantità di idrocarburi, le disastrose ripercussioni dell’inquinamento sull’ambiente marino e costiero hanno imposto l’adozione di nuove norme, di diritto internazionale ed europeo, volte ad imporre una serie di misure di carattere prevalentemente tecnico per prevenire il ripetersi di tali disastri (in particolare, la progressiva sostituzione delle navi di età più risalente con navi cisterna a doppio scafo) e, in termini più generali, per garantire il conseguimento dell’obiettivo della safety nei riguardi di tutti i soggetti e i beni della vita coinvolti nell’attività della navigazione marittima. Da ciò è conseguito l’impegno degli Stati nella necessaria attività di adeguamento dei singoli ordinamenti nazionali alle norme sovraordinate.
1.1 La rilevanza del fattore umano e i sistemi di separazione delle rotte
Tuttavia la finalità preventiva, ispirata essenzialmente alla considerazione del momento tecnico o di quello costruttivo del veicolo, tradisce tutta la propria indiscutibile limitatezza di fronte all’efficacia causale rivestita dal fattore umano nella produzione di un sinistro marittimo. Il disastroso naufragio della nave da crociera Costa Concordia rappresenta la riprova più nitida e recente di tale considerazione. Infatti, di fronte all’intervento dell’azione dell’uomo, la norma tecnica, seppure finalizzata ad offrire all’equipaggio strumenti (a cominciare dalla nave) ed ausili alla navigazione sempre più sofisticati, affidabili e precisi, in grado di mettere a disposizione dell’operatore strumenti che gli consentano di fronteggiare situazioni di elevatissima criticità e di rilevare ed eliminare alla fonte i possibili rischi di incidente, è potenzialmente destinata a rimanere inefficace in alcune seppure eccezionali situazioni particolari. Si tratta di tutti quei casi in cui l’azione dell’uomo, ed in particolare del comandante e del suo equipaggio, si risolva nell’andare oltre il limite che la norma tecnica è volta a segnalare e ad imporre. Anche la particolare attenzione riservata alla cura dell’aspetto cd. statico dell’elemento umano, cioè la selezione, la formazione e la preparazione dell’equipaggio anche in ordine all’utilizzo delle nuove tecnologie, non è sempre in grado di fronteggiare l’errore umano, che si produce nel momento dinamico, nel caso in cui l’azione si riveli essere tesa, anche se inconsapevolmente, proprio a disapplicare di fatto la disposizione.
L’elemento umano, quando viene considerato sotto la particolare prospettiva della dinamica dell’incidente marittimo, si configura essenzialmente in una valutazione della capacità di controllo e dell’esercizio che di tale controllo è stato fatto nella fattispecie. Di portata senza dubbio ampia, potendosi anche ipotizzare doverose forme di interazione con il servizio di pilotaggio ove istituito1, si presenta l’introduzione dei sistemi di controllo del traffico marittimo prospettata originariamente, seppure non esplicitamente in chiave programmatica, dalla Convenzione di Montego Bay del 10.12.1982 (art. 221, § 1) e, successivamente, dalle linee guida indicate dall’Imo (nella sua configurazione di Port or Harbour VTS e Costal VTS)2, e quindi attuata in Italia nella proprie acque territoriali, conformemente alle disposizioni della Convenzione Solas (cap. V, Regulation 8-2)4, a partire dalla l. 7.3.2001, n. 514.
La sopra citata l. n. 51/2001, all’art. 5, ha introdotto anche una importante modifica all’art. 83 c. nav., consentendo al Ministero dei trasporti, di concerto con il Ministro dell’ambiente, se il provvedimento è adottato per motivi tutela ambientale, di limitare o vietare il trasporto o la sosta di navi mercantili nel mare territoriale ed imporre schemi di separazione delle rotte, stabilendo le conseguenze dell’inosservanza di tali schemi sia entro che al di fuori del mare territoriale. Si tratta di una di disposizione di grande rilievo dal momento che, nella sua configurazione di modello basato essenzialmente sull’organizzazione del traffico marittimo (attraverso schemi di separazione di rotte, limiti di velocità), il sistema che ne risulta si presenta come modalità di esercizio di poteri di polizia della navigazione5. Sono previste specifiche sanzioni nel caso di violazione dello schema di separazione del traffico sia all’interno delle acque territoriali sia al di fuori delle stesse.
L’imposizione degli schemi di separazione delle rotte, pertanto, costituisce, per lo meno nell’ambito delle acque territoriali, una evidente accelerazione del sistema verso soluzioni che finiscono per ridimensionare i poteri e le facoltà del comandante della nave nei cui confronti, secondo la tradizionale originaria impostazione delle Guidelines Imo, i sistemi VTS avrebbero dovuto rivestire un compito essenzialmente consultivo e di ausilio (colui che fornisce le istruzioni al comandante le deve impartire «result oriented only»). La previsione di particolari sanzioni a carico del comandante e dell’armatore che non osservino lo schema di separazione delle rotte indicato come obbligatorio nelle acque territoriali mira proprio a comprimere il procedimento decisionale del comandante e, conseguentemente, a ridurre il rischio di incidenza sull’accadimento del momento dinamico dell’elemento umano.
2.1 Il decreto cd. “anti-inchini”
La rilevanza anche mediatica suscitata dal naufragio della nave da crociera Costa Concordia ha indotto il governo a licenziare recentemente nuove disposizioni che ripropongono soluzioni già sperimentate nel nostro ordinamento seppure in ambiti non coincidenti. Si tratta di disposizioni che, in attuazione dell’art. 83 c. nav., regolamentano, anche attraverso divieti, il transito e la sosta delle navi mercantili in alcuni tratti del mare territoriale, determinandone le aree specifiche. Le ragioni di tali prescrizioni non vanno ricercate solo nell’esigenza di sicurezza della navigazione, ma anche in quelle di protezione dell’ambiente marino. I due aspetti sono ormai intesi strettamente collegati. Il d. int. 2.3.2012, n. 79, siglato dai Ministri dell’ambiente e delle infrastrutture e trasporti, stabilisce dettagliate disposizioni, in attuazione dell’art. 83 c. nav., che limitano e vietano la navigazione, la sosta e l’ancoraggio delle navi mercantili superiori alle 500 tonnellate di stazza lorda nelle fascia di mare all’interno dei perimetri dei parchi e delle aree marine protette di cui alla l. 31.12.1982, n. 979 e l. 6.12.1991, n. 394 ed entro le due miglia marine da tali perimetri. Tali previsioni sono finalizzate ad interdire o comunque limitare la navigazione alle navi di notevole stazza, tra le quali le navi da crociera (contenendo pertanto il fenomeno dilagante dei cd. “inchini” da parte dei comandanti delle unità), in quelle aree particolarmente delicate e sensibili o di rilevante pregio paesaggistico, a cominciare dalla laguna di Venezia e dal santuario dei cetacei tra Sardegna, Italia e Francia. Nell’area del Santuario dei cetacei, zona di elevata fragilità ambientale, le navi dovranno adottare sistemi di ritenuta del carico per garantirne la massima tenuta e stabilità, così da prevenire e impedire perdite accidentali. Il decreto dispone che, nella laguna di Venezia, l’autorità marittima dovrà definire, sentita l’autorità portuale, la distanza minima di sicurezza per le navi, sempre sulla base della stazza lorda. È inoltre stabilito il divieto di transito nel bacino di San Marco e nel canale della Giudecca, per le navi superiori a 40 mila tonnellate; tuttavia, a proposito del bacino di San Marco, il divieto diventerà operativo quando l’autorità marittima avrà individuato vie alternative di transito.
Il limite delle due miglia può essere ridotto con provvedimento dell’autorità marittima in ragione della tipologia dei traffici che ordinariamente interessano le fasce di mare in questione o le caratteristiche morfologiche del territorio. Nella valutazione di tali requisiti, idonei a dare esecuzione alla deroga alla disciplina ordinaria del divieto e dei limiti stabiliti dalla norma, gli uffici marittimi territoriali, nel predisporre gli eventuali provvedimenti in deroga, saranno pertanto chiamati ad individuare le disposizioni di carattere tecnico maggiormente idonee a contemperare le esigenze della sicurezza della navigazione e l’ambiente marino con quelle dei traffici marittimi, nella prospettiva di evitare la concentrazione di livelli di traffico elevati in determinate zone.
L’adozione di limiti di distanza in deroga alla misura delle due miglia potrà riguardare anche l’ipotesi specifica dei trasbordi e dei trasporti da e per le navi da crociera che, per consentire l’accesso a terra dei passeggeri, debbano ancorarsi in prossimità dei parchi e delle aree protette indicate dal d. int. del 2.3.2012. In tal caso, fermo restando che dovrà essere posta da parte degli uffici preposti particolare attenzione sulle esigenze di sicurezza delle operazioni, il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti ha precisato che gli ancoraggi delle navi da crociera potranno avvenire in aree all’uopo individuate dall’autorità marittima, sentito l’Ente parco o l’Ente gestore dell’area protetta interessata, per tenere nella massima considerazione le caratteristiche ambientali dei fondali, per la durata strettamente necessaria alle operazioni di sbarco e imbarco, previa apposita programmazione e disciplina degli stazionamenti e delle relative modalità di accesso da parte della medesima autorità marittima. Nel caso in cui ricorrano tali circostanze, il limite di distanza dai perimetri dei parchi e delle aree marine protette non dovrà essere comunque inferiore a 0,7 miglia, osservate tutte le opportune cautele e misure di sicurezza anche ambientale (nota del Comando generale del Corpo delle capitanerie di porto del 30.4.2012). Si pone quindi il problema di notevole rilevanza della individuazione di limiti e dei divieti in deroga previsti dalla seconda parte dell’art. 1 del decreto del 2.3.2012 e dell’accertamento concreto di quei presupposti che consentano la determinazione eccezionale da parte dell’autorità marittima che dovrà bilanciare la finalità di sicurezza anche ambientale della navigazione con le esigenze funzionali di accesso e uscita dai porti: in questi casi dovranno essere considerati attentamente gli specifici elementi di rilevanza prettamente locale in relazione alle tipologie dei traffici ed alle caratteristiche morfologiche dei luoghi.
3.1 L’obbligo assicurativo degli armatori per i crediti marittimi e la limitazione della responsabilità
Con il d.lgs. 28.6.2012, n. 111 è stata data attuazione in Italia alla direttiva 2009/20/CE recante norme sulla assicurazione degli armatori per i crediti marittimi. Le nuove disposizioni, che si applicano alle navi battenti bandiera italiana e alle navi di bandiera straniera, di stazza pari o superiore alle 300 tonnellate che entrano nei porti o transitano nelle acque territoriali italiane, prevedono che l’armatore (definito all’art. 2 la persona che figura quale proprietario della nave nel registro in cui la nave è iscritta o qualsiasi altro soggetto, persona fisica o giuridica, quale il conduttore a scafo nudo, che sia responsabile dell’esercizio di una nave adibita alla navigazione marittima) debba contrarre una assicurazione per alcune tipologie di crediti marittimi, sia di natura contrattuale che extracontrattuale. Restano, infatti, esclusi dall’obbligo assicurativo stabilito dal decreto i crediti relativi alle operazioni di salvataggio, i crediti relativi ai danni da inquinamento da idrocarburi di cui alla Convenzione di Bruxelles 1969 (Clc), i crediti soggetti a qualsiasi convenzione internazionale che regoli o proibisca limitazioni di responsabilità per i danni nucleari, i crediti nei confronti del proprietario di una nave a propulsione nucleare per danni nucleari, i crediti da parte dei proposti dell’armatore del soccorritore i cui compiti siano connessi alla nave o alle operazioni di salvataggio. Tra i crediti soggetti all’applicazione della nuova disciplina sono compresi anche tutti quelli relativi a danni di natura extracontrattuale connessi all’esercizio della nave o con le operazioni di salvataggio (art. 4, lett. c), i crediti relativi al recupero, rimozione, demolizione o volti a rendere inoffensiva una nave che sia affondata, naufragata, incagliata o abbandonata, compresa ogni cosa che sia o sia stata a bordo della nave (art. 4, lett. d) o il suo carico (art. 4, lett e), nonché quelli fatti valere da una persona diversa dal responsabile relativamente a provvedimenti presi al fine di prevenire o ridurre le conseguenze dannose del sinistro (art. 4 lett f). È evidente che tali ipotesi sono conseguenza del verificarsi di un sinistro marittimo dal quale possono scaturire situazioni di criticità anche ambientale. Il tema è quindi strettamente connesso a quello della sicurezza della navigazione anche sotto l’aspetto della prevenzione dell’inquinamento con riferimento alla effettività e concretezza delle misure ripristinatorie e riparatorie delle conseguenze di un sinistro marittimo.
Il d.lgs. 28.6.2012, n. 111, oltre a prevedere dei massimali assicurativi obbligatori stabiliti per evento, introduce una ulteriore novità di grande rilievo; esso infatti, andando al di là dell’ambito della dir. 2009/20/CE, dispone i limiti generali della responsabilità dell’armatore, espressi in diritti speciali di prelievo (d.s.p.), indicati per evento ed in relazione alla responsabilità per morte e lesioni personali (art. 7, co. 1, lett a), alla responsabilità dal quale derivi ogni altro credito (art. 7, co. 1, lett. b), alla responsabilità per i crediti dei passeggeri (art. 8). Si tratta di una soluzione che ricalca, senza tuttavia replicarle, le disposizioni della Convenzione di Londra del 19.11.1976 sulla limitazione della responsabilità per i crediti marittimi (che in tale strumento vengono dettagliatamente e specificatamente elencati) la quale, in tal modo, riceve una anomala e parziale attuazione sebbene la medesima non sia stata ancora ratificata dall’Italia, pur in presenza dell’ordine di esecuzione13. Tali nuove disposizioni incidono, quindi, sul regime della limitazione della responsabilità dell’armatore modificando sensibilmente il sistema dell’art. 275 c. nav. il quale, per espressa disposizione di coordinamento (art. 12), continuerà ad applicarsi solo per le navi di stazza inferiore alle 300 tonnellate.
Con riferimento alla responsabilità per morte e lesioni personali dei passeggeri trasportati in virtù di un contratto di trasporto marittimo, l’art. 8 stabilisce un limite generale per singolo evento. Tale limite è indicato in 175.000 d.s.p. moltiplicato per il numero dei passeggeri che la nave è autorizzata a trasportare in base al certificato della nave stessa. La previsione suscita diverse perplessità; essa è infatti espressamente stabilita a beneficio del proprietario della nave, mentre l’ambito di applicazione generale dell’intero sistema del d.lgs. n. 111/2012 coinvolge la responsabilità dell’armatore nella cui definizione, come sopra ricordato, rientra non solo la figura del proprietario, ma anche quella di colui che è responsabile dell’esercizio della nave, quale il conduttore a scafo nudo, a prescindere dal titolo di proprietà. Tale anomalia, probabilmente dovuta ad una disattenzione del legislatore, pone un ulteriore problema di coordinamento anche con la disciplina di recente introduzione del reg. n. 392/2009 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23.4.2009 relativo alla responsabilità dei vettori che trasportano passeggeri via mare in caso di incidente che, all’art. 5, stabilisce una limitazione globale di responsabilità (del vettore e del vettore di fatto) con il rinvio alla legge nazionale «di attuazione della convenzione internazionale del 1976 sulla limitazione della responsabilità per crediti marittimi, come modificata dal protocollo del 1996, inclusa ogni sua futura modifica». Al riguardo si segnala che, non solo la limitazione globale della responsabilità per morte e lesioni personali del passeggero trasportato è riferita dall’art. 8 d.lgs. n. 111/2012 in via esclusiva alla posizione del proprietario della nave, ma lo stesso ambito di applicazione soggettivo della nuova disciplina del d.lgs. n. 111/2012 risulta meno esteso rispetto a quello della Conv. di Londra 1976 la quale, nel contemplare la limitazione anche in favore del noleggiatore (oltre che del proprietario, dell’armatore, del soccorritore e dell’assicuratore) consente, con riferimento alla responsabilità del vettore o del vettore di fatto, un coordinamento di maggiore efficacia con il richiamato art. 5 reg. n. 392/2009.
1 Le Guidelines Imo stabiliscono che «the VTS autorithy should … consider, where appropriate, the partecipation of the pilot both as a user and provider of information».
2 Risoluzione A.857 del 27.11.1987.
3 «Contracting Governments undertake to arrange for the establishment of VTSs where, in their opinion, the volume of traffic or the degree of risk justifies such services». In sostanza compete al singolo Stato costiero decidere se e dove fare funzionare il sistema e delinearne le caratteristiche sostanziali
4 In verità, già con il d.lgs. 31.3.1998, n. 112, di attuazione della l. 15.3.1997, n. 59, il legislatore nazionale aveva preso in considerazione il VTS stabilendo, all’art. 104, tra le funzioni di competenza dello Stato, la disciplina e alla sicurezza della navigazione marittima e la costituzione e la gestione del sistema del traffico marittimo denominato VTS. La l. n. 51/2001 stabilisce che il Ministro dei trasporti e della navigazione, di concerto con il Ministro dell’ambiente, adotta le disposizioni attuative del sistema VTS e ne assicura la gestione operativa attraverso le strutture centrali e periferiche del Ministero da individuarsi con specifici decreti ministeriali. La direttiva 2002/59/CE del 27.7.2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, ha previsto l’istituzione di un sistema comunitario del monitoraggio del traffico navale e d’informazione. Tale direttiva ha ricevuto attuazione con il d. lgs. 19 agosto 2005 n. 196.
5 Così Romanelli, G., L’assistenza VTS: un primo parziale inventario dei connessi problemi giuridici, in Romanelli, G.,-Tullio, L., a cura di, Spunti di studio su: Il controllo del traffico marittimo, cit. 20.
6 Romanelli, G., op. cit., 30.
7 Fermo restando che la l. 23.12.2009, n. 201, richiamata nelle premesse del d.lgs. n. 111/2011, stabilisce l’adesione dell’Italia al protocollo di modifica alla Convenzione e conferisce la delega al Governo per la sua attuazione.