La soggettività tributaria della stabile organizzazione
Un recente arresto della Suprema Corte offre lo spunto per affrontare il tema della soggettività tributaria della stabile organizzazione italiana del soggetto non residente. Il caso esaminato dal precedente in questione attiene alla rettifica della dichiarazione dei redditi presentata da una società di diritto italiano (residente nel nostro paese), attuata mediante la ripresa a tassazione delle royalties da essa corrisposte a talune società consociate estere. Secondo l’Ufficio accertatore la società erogante fungeva anche da stabile organizzazione occulta del gruppo e quindi le royalties in questione non costituivano costi deducibili, ma redditi che avrebbero dovuto essere assoggettati a tassazione in Italia, in base ai criteri di localizzazione previsti dalle applicabili disposizioni convenzionali. La stabile organizzazione occulta è, come noto, una particolare forma di stabile organizzazione che si presenta allorquando la struttura organizzativa di una società appartenente ad un gruppo multinazionale viene asservita allo svolgimento di un’attività economica riferibile ad altra impresa consociata. La stabile organizzazione è detta «occulta» in questa ipotesi, appunto perché si cela all’interno della struttura organizzativa di una subsidiary residente dotata di un’autonoma soggettività. Ebbene, in presenza di un simile rapporto di dipendenza economicofunzionale i Giudici di legittimità hanno ritenuto la legittimità della rettifica della dichiarazione dei redditi presentata dalla società di diritto italiano anche per contestare i redditi, costituiti in massa separata, riferibili alla casamadre estera. Alla società residente/stabile organizzazione sarebbero dunque riferibili gli obblighi strumentali imposti al non residente, assumendo conseguentemente la stessa una legittimazione sostanziale in merito ai rapporti tributari inerenti la propria casa madre. Ciò renderebbe peraltro più agevole, secondo la Corte di cassazione, le operazioni di identificazione e di verifica dei redditi prodotti in Italia da parte dei soggetti non residenti. Una siffatta conclusione non appare condivisibile. Ed invero è assolutamente prevalente in dottrina l’opinione secondo cui la stabile organizzazione, nel sistema delle imposte sui redditi, è una figura che rileva ai fini della localizzazione dei redditi d’impresa ed alla connessa delimitazione territoriale della potestà impositiva. Unico soggetto passivo d’imposta è il soggetto non residente, mentre la stabile organizzazione sita nel nostro territorio ne costituisce soltanto una articolazione interna, priva di soggettività tributaria autonoma. In tal senso depone oggi sia il dettato dell’art. 23, co. 1, lett. e), t.u.i.r., ove, a proposito della localizzazione dei redditi, si fa riferimento ai redditi prodotti dal non residente per effetto di attività esercitate nello Stato «mediante» stabili organizzazioni, che quello dell’art. 73, co. 1, lett. d), t.u.i.r., in cui si prevedono tra i soggetti passivi IRES «le società e gli enti di ogni tipo non residenti». Non si comprende peraltro come una società italiana, configurabile quale stabile organizzazione «occulta» di un soggetto non residente (in realtà una società può configurarsi essa stessa come stabile organizzazione, e si tratterà di stabile organizzazione personale, solo quando agisce come «agente dipendente» della consociata non residente) possa presentare un’unica dichiarazione dei redditi, avendo al tempo stesso l’obbligo di separare, anche contabilmente, il risultato della propria attività da quello riferibile all’impresa estera, onde evitare peraltro fenomeni di doppia imposizione. In ipotesi andrebbe così istituito un apposito modello dichiarativo che consenta di tenere comunque distinti i redditi imputabili ai due soggetti che «convivono» all’interno dello stesso ente residente, non essendo altrimenti possibile liquidare le imposte secondo le diverse modalità previste per i soggetti residenti e per quelli non residenti avendo riguardo ad un’unica base imponibile.