SPEZIA, La (XXXII, p. 363; App. I, p. 1017)
La Spezia è stata uno degli obiettivi più colpiti da bombardamenti aerei (i maggiori sono stati quelli del 14 e 19 aprile; 2, 12, 19 e 22 maggio 1944).
Le distruzioni maggiori si sono avute nell'arsenale marittimo, nelle officine meccaniche dell'O.T.O. e nel porto, dove ai danni dei bombardamenti si sono poi aggiunti quelli delle sistematiche distruzioni tedesche; non sono invece stati colpiti i cantieri navali del Muggiano, e anche i grandi bacini di carenaggio dell'arsenale hanno potuto essere risparmiati. Si aggiunsero l'ostruzione degli accessi al golfo, attraverso la diga che lo chiude, con l'affondamento di navi operato dai Tedeschi, e i gravissimi danni alle strade e soprattutto alle ferrovie di accesso alla città.
Subito dopo la liberazione, le abitazioni distrutte o danneggiate gravemente si calcolarono a circa il 45% di quelle esistenti prima della guerra. All'inizio del 1948 enti e privati avevano ripristinato circa 6000 vani ed erano in costruzione un centinaio di alloggi per i senza tetto. Ma ancora tra 15 e 18.000 persone vivevano, a quell'epoca, fuori della città.
Oltre ai danni inflitti alle costruzioni e agl'impianti, la guerra ha colpito La Spezia in quella che era la sua precipua funzione: cioè come sede del più importante arsenale militare marittimo d'Italia e del comando dell'Alto Tirreno, e come centro dell'industria degli armamenti (anche molte delle sue industrie non militari lavoravano in parte per provvedere ai bisogni degli armamenti navali). Si impone pertanto la trasformazione delle industrie di guerra in industrie di pace. L'industria più efficiente, che meno risente della crisi generale, è quella della distillazione degli olî minerali, mentre anche le officine meccaniche dell'O.T.O. si sono attrezzate per la riparazione e fabbricazione di materiale ferroviario. I cantieri del Muggiano hanno costruito delle navi mercantili anche per l'estero, ma risentono gravemente della generale crisi dell'industria navale. Molto fiorente invece l'industria dei recuperi e in ripresa quella dei materiali refrattarî e delle ceramiche (sia a La Spezia sia nella provincia). Ma l'avvenire della città può fondarsi oggi essenzialmente sullo sviluppo del suo porto mercantile.
Il movimento di questo, trascurato prima della guerra per lasciar posto alle installazioni militari, segna un aumento del traffico delle merci sbarcate e imbarcate in confronto all'anteguerra: fu infatti di 1.098.000 tonnellate medie annue nel 1938-39, mentre è stato di 1.133.000 t. nel 1947 e ha raggiunto le 650.000 t. circa nel primo semestre del 1948. È un porto di rifornimento per le industrie del capoluogo e del retroterra, in cui vengono sbarcati soprattutto carbone, olî minerali, fosfati, piriti, mentre quanto mai esiguo è il tonnellaggio delle merci imbarcate. L'avvenire del porto è legato essenzialmente a quello delle vie di comunicazione che lo uniscono al suo retroterra naturale. A tale scopo è stata chiesta l'istituzione di un porto franco e fu costituito nel dicembre 1946 un consorzio autonomo interprovinciale per il porto (con la partecipazione delle provincie di La Spezia, Parma, Piacenza, Cremona, Reggio, Mantova, Bologna), il quale ha concretato un programma per migliorare gli accessi al porto stesso (nuove strade, attraverso i passi del Lagastrello e del Bratello per le comunicazioni con Parma e Piacenza; progetto di una comunicazione ferroviaria più diretta fra La Spezia e Piacenza mediante il tronco Bettola-Borgotaro e di una nuova linea ferroviaria La Spezia-Bologna).
Inoltre, per adeguarsi ai nuovi bisogni del traffico commerciale, è stato progettato, dopo la guerra, un piano di ricostruzione che comprende anche un'attrezzatura conveniente per il traffico dei marmi di Carrara - il quale dovrebbe avviarsi, come al suo sbocco naturale, al porto di La Spezia - e l'utilizzazione dei grandi bacini di carenaggio dell'arsenale militare, risparmiati dalla guerra. Anche un'intensificazione del turismo, soffocato prima della guerra da servitù militari e per il quale l'organizzazione alberghiera e l'attrezzatura balneare sono ancora insufficienti, potrà rianimare, specialmente sulla riviera del golfo e delle Cinque Terre, l'economia locale. La popolazione del comune è salita da 106.119 ab. residenti nell'aprile 1936 a 117.277 il primo gennaio 1948, con un aumento complessivo del 10,5%.
Più ridotto (a causa di forti diminuzioni nell'alta e media val Vara, e nella riviera tra Lèrici e Lèvanto) l'aumento della popolazione provinciale (6,6%) che ammontava, al primo gennaio 1948, a 237.332 abitanti.