La stabilizzazione dei precari nella Pubblica Amministrazione
Con il d.l. 31.8.2013, n. 101, il legislatore ha inteso predisporre una serie di misure aventi lo scopo di disincentivare il ricorso alle forme di lavoro flessibile nella Pubblica Amministrazione e di approntare una soluzione strutturale al problema del precariato. La normativa, caratterizzata da maggiore sistematicità rispetto a quella introdotta in passato, lascia, però, irrisolti alcuni aspetti problematici e, tra questi, quello della possibile rilevanza del servizio “pre-ruolo” ai fini del computo dell’anzianità di servizio, aspetto sul quale è di recente intervenuta la Corte di Giustizia della Comunità Europea.
Il blocco delle assunzioni nel pubblico impiego, operativo da alcuni anni, ha provocato una frequente utilizzazione da parte delle Amministrazioni Pubbliche – e, soprattutto, delle società partecipate da capitale pubblico – di rapporti di lavoro flessibile (rapporti a tempo determinato, co.co.co., lavoro interinale). Questa circostanza, unitamente alla necessità di assicurare l’esercizio delle funzioni amministrative e alla possibilità di effettuare assunzioni dirette – e spesso rispondenti a logiche clientelari – ha prodotto, da un lato, un numero assai elevato di lavoratori precari nell’Amministrazione, divenuti, perciò stesso, elemento di non trascurabile pressione sul potere politico (il quale è, naturalmente, alla perenne ricerca del consenso), e, dall’altro, ha generato una forte aspettativa di “stabilizzazione”, ossia di conseguire la diretta costituzione del rapporto di servizio mediante collocamento in ruolo, senza necessità di superare procedure di tipo concorsuale come prescritto dall’art. 97, co. 3, Cost.
La possibilità di avvalersi di contratti di lavoro flessibile nel pubblico impiego è ammessa dall’art. 36 del d.lgs. 30.3.2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni), il quale, ai primi due commi, dispone che le pubbliche amministrazioni, per far fronte al proprio fabbisogno ordinario, assumono esclusivamente con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e possono avvalersi delle forme contrattuali di lavoro flessibile previste dal codice civile e dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa solo per esigenze temporanee ed eccezionali e nel rispetto delle procedure di reclutamento vigenti.
Ne consegue che, secondo l’impianto legislativo, l’elemento di caratterizzazione del settore pubblico è il fabbisogno ordinario, che si concretizza, attraverso la dotazione organica, in un valore quantitativo e qualitativo delle risorse umane necessarie allo svolgimento dei compiti istituzionali ovvero delle funzioni ordinarie dell’amministrazione1; il ricorso alle forme contrattuali di lavoro flessibile2 è consentito, perciò, solo a fronte di esigenze temporanee ed eccezionali , nel senso che non possano riferirsi ad un fabbisogno ordinario e permanente3.
L’assenza di un organico progetto di stabilizzazione dei precari da parte del legislatore e l’incapacità degli organi politici di ponderare adeguatamente gli interessi in gioco (da un parte, quelli dei lavoratori precari e, dall’altra, quelli dei giovani disoccupati posti al di fuori del mondo del lavoro) hanno, però, dato luogo – particolarmente nelle leggi finanziarie succedutesi a partire dalla seconda metà degli anni duemila4 – ad una serie di norme irrazionali, contraddittorie e di dubbia costituzionalità5. Ciò ha ingenerato un cospicuo contenzioso, portato all’attenzione sia della Corte Costituzionale6, la quale ha cercato, in numerose pronunce7, di fissare i parametri di costituzionalità delle leggi regionali intervenute in materia, sia della Corte di Giustizia della Comunità Europea8, che ha scrutinato, invece, l’istituto della stabilizzazione sotto il profilo della rilevanza, - a seguito all’avvenuta immissione nei ruoli della Pubblica Amministrazione - del servizio prestato durante il periodo del precariato, alla luce del principio di parità di trattamento e del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, sanciti dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18.3.1999 e contenuto in allegato alla Direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 28.6.1999, n. 1999/70/CE.
Solo negli ultimi tempi, l’esigenza sempre più pressante di un approccio meditato al problema e di un programma organico di interventi, da realizzarsi nel medio periodo, ha condotto il legislatore all’adozione di un insieme di misure9 aventi la finalità espressa di contrastare il fenomeno del precariato.
Il tema della stabilizzazione dei precari va, perciò, esaminato sia sotto il profilo del diritto positivo, sia sotto quello dell'evoluzione giurisprudenziale.
2.1 Il cd. decreto Letta sulla stabilizzazione dei precari nella P.A.
Con il d.l. 31.8.2013, n. 101, viene ad essere affermato (rectius ri-affermato) il principio in base al quale il ricorso al lavoro flessibile nella P.A. è consentito esclusivamente per rispondere a esigenze temporanee o eccezionali, cosicché è vietato sottoscrivere contratti elusivi del reclutamento nel pubblico impiego mediante concorso.
Si è inteso, in sostanza, adottare «alcune barriere per evitare che si ripetano modalità-scorciatoie per le assunzioni nella P.A. senza concorso, in passato, ahimè troppo spesso usate, con le partecipate»10, cosicché si è congegnato un sistema di «parziale inserimento, previa una procedura altamente selettiva, perché bisogna applicare la Costituzione»11. Non dovrebbero esserci, dunque, “mai più contratti a termine che non siano eccezionali e temporanei perché temporanea è la prestazione richiesta”, dal momento che “oggi l’uso e il ricorso del precariato nella pubblica amministrazione è diventato una scorciatoia rispetto al concorso pubblico”, con la conseguenza che “i contratti a termine stipulati fuori dei casi eccezionali previsti da queste disposizioni sono da considerare nulli di diritto”12.
Allo scopo, poi, di risolvere, in una prospettiva di medio periodo, i problemi attuali sono stati programmati i seguenti interventi:
la previsione di procedure selettive per assumere, fino al 31.12.2015, mediante concorso, il personale non dirigenziale con contratto a tempo determinato che abbia maturato, negli ultimi cinque anni, almeno tre anni di servizio alle dipendenze dell’amministrazione, con esclusione dei periodi maturati presso uffici di diretta collaborazione degli organi di governo;
l’assunzione prioritaria di tutti i vincitori di concorso e degli idonei appartenenti alle graduatorie approvate dall’1.12008;
la subordinazione del margine di assunzione al congelamento di posti corrispondenti al valore finanziario delle posizioni soprannumerarie che saranno assorbite mediante prepensionamento, con la previsione ulteriore, che l’autorizzazione ad assumere venga valutata dal Dipartimento della Funzione Pubblica e dal Ministero dell’Economia e Finanze, previa presentazione di un piano di assorbimento delle eccedenze;
la fissazione al 31.12.2015 (invece che al 31.12.2014) del termine previsto per la maturazione dei requisiti pensionistici in base alla disciplina vigente prima dell’entrata in vigore dell’articolo 24 del d.l. 6.12.2011, n. 201, per assorbire le eccedenze in alternativa alle procedure di mobilità del personale, in modo da rendere le disposizioni coerenti con lo slittamento delle procedure di “spending review”.
Sul piano delle sanzioni, si è sancita la nullità di diritto dei contratti di lavoro stipulati in violazioni delle norme in commento e la responsabilità erariale dei dirigenti resisi responsabili della stipula di questi contratti. Ai medesimi dirigenti, inoltre, non potrà essere corrisposta la retribuzione di risultato13.
2.2 I più recenti interventi della Corte Costituzionale e della CGUE
Le pronunce della Corte Costituzionale intervenute più di recente14 sul tema della stabilizzazione dei lavoratori nella pubblica amministrazioni si richiamano ai numerosi precedenti già registratisi in materia15 e ribadiscono i seguenti principi:
l’indefettibilità del concorso pubblico come canale di accesso pressoché esclusivo nei ruoli delle pubbliche amministrazioni, in linea con il principio di uguaglianza e i canoni di imparzialità e di buon andamento ex artt. 3 e 97 Cost., in quanto forma, generale e ordinaria, di reclutamento del personale della pubblica amministrazione;
l’illegittimità delle norme regionali aventi l’effetto di determinare un generale ed automatico reinquadramento del personale di enti di diritto privato nei ruoli di Regioni o enti pubblici regionali (tipico il caso del trasferimento da una società partecipata dalla Regione alla Regione o ad altro soggetto pubblico regionale), risolvendosi tale meccanismo in un privilegio indebito per i soggetti destinati a beneficiarne in violazione dell’art. 97 Cost.16;
la necessità di interpretare l’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 nel senso che esso non consente di prescindere dall’esigenza di pari condizioni di accesso di tutti i cittadini e di selezione dei migliori, poiché laddove esso dispone esplicitamente l’applicazione dell’art. 2112 c..c. nell’ambito del lavoro pubblico, si riferisce solo al transito di funzioni e dipendenti da enti pubblici ad altri soggetti (pubblici o privati), non anche alla cessione di funzioni da parte di soggetti privati in favore di enti pubblici;
nel caso di cessione di funzioni da parte di soggetti privati in favore di enti pubblici, «l’automatico trasferimento dei lavoratori presuppone un passaggio di status – da dipendenti privati a dipendenti pubblici (ancorché in regime di lavoro privatizzato) – che […] non può avvenire in assenza di una prova concorsuale aperta al pubblico»17;
il trasferimento automatico di personale ai sensi dell’art. 31 del d.lgs. n. 165/2001 è stato riconosciuto solamente nei casi di passaggio di funzioni da un ente pubblico ad un altro e non già da una società di diritto privato18, ancorché in mano pubblica, all’amministrazione della Regione19.
Ad avviso dei giudici della Consulta, un interesse pubblico per la deroga al principio del pubblico concorso, al fine di valorizzare pregresse esperienze professionali dei lavoratori assunti20, può ritenersi sussistente solo a determinate condizioni. È necessario, infatti, che: a) la legge stabilisca preventivamente le condizioni per l’esercizio del potere di assunzione, b) la legge subordini la costituzione del rapporto a tempo indeterminato all’accertamento di specifiche necessità funzionali dell’amministrazione; c) la legge preveda procedure di verifica dell’attività svolta; d) i soggetti da assumere abbiano maturato tale esperienza all’interno della pubblica amministrazione e non alle dipendenze di datori di lavoro esterni21; e) la deroga al predetto principio sia contenuta entro determinati limiti percentuali, per non precludere in modo assoluto la possibilità di accesso della generalità dei cittadini al pubblico impiego22.
Nonostante l’elevato numero di pronunce sul tema, un aspetto mai approfondito dalla Corte Costituzionale23 e ricorrente, invece, nella giurisprudenza di merito24 è quello della rilevanza, una volta intervenuta la procedura di stabilizzazione, del servizio prestato durante il periodo di precariato ovvero se esso debba essere computato o meno ai fini della determinazione dell’anzianità di servizio. Sul punto è intervenuta con due decisioni25, una delle quali, la più recente, riguardante dei lavoratori italiani26, la Corte di Giustizia della Comunità Europea che ha esaminato la questione alla luce del principio di parità di trattamento e del divieto di discriminazione tra lavoratori a tempo determinato e lavoratori a tempo indeterminato, sanciti dalla clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18.3.1999 e contenuto in allegato alla direttiva del Consiglio dell’Unione europea del 28.6.1999, n. 1999/70/CE27. La Corte europea, premettendo l’affermazione che sulla questione la decisione definitiva spetta, comunque, al giudice di merito, ha precisato che la citata clausola 4 deve essere interpretata nel senso che essa osta ad una normativa nazionale la quale escluda totalmente che i periodi di servizio compiuti da un lavoratore a tempo determinato alle dipendenze di un'autorità pubblica siano presi in considerazione per determinare l'anzianità del lavoratore stesso al momento della sua assunzione a tempo indeterminato, da parte di questa medesima autorità, come dipendente di ruolo nell'ambito di una specifica procedura di stabilizzazione del suo rapporto di lavoro, a meno che la citata esclusione sia giustificata da “ragioni oggettive” ai sensi dei punti 1 e/o 4 della clausola di cui sopra. La Corte ha, poi, aggiunto che il semplice fatto che il lavoratore a tempo determinato abbia compiuto i suddetti periodi di servizio sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato non configura una ragione oggettiva di tal genere28.
Proprio l’orientamento espresso dalla Corte di Giustizia sulla rilevanza del cd. “servizio pre-ruolo” conduce ad affrontare quello che, a parere di chi scrive, costituisce – al di là dei proclami che hanno preceduto e precedono le diverse iniziative legislative intervenute sul tema – il nodo gordiano dell’intera problematica della stabilizzazione ossia se il rapporto che viene a costituirsi, una volta intervenuta la stabilizzazione (secondo le modalità di volta in volta prescritte dal legislatore), sia il medesimo di quello costituito a titolo precario oppure tra i due rapporti vi sia, invece, una soluzione di continuità29.
Con il d.l. n.101/2013, il legislatore ha inteso introdurre una normativa più stringente in materia di stabilizzazione dei precari nel pubblico impiego, allo scopo di porre un freno all’eccessivo ricorso all’istituto in elusione del precetto costituzionale di cui all’art. 97, co. 3, Cost., ma anche in questa occasione ha tralasciato di fornire indicazioni circa la relazione che, a seguito della costituzione del rapporto di lavoro di ruolo, viene a stabilirsi tra quest’ultimo e il servizio prestato in precedenza.
Questo aspetto è stato affrontato, sul piano normativo interno, ex professo solo dal Dipartimento della Funzione Pubblica, con una circolare e due pareri risalenti al 200830, a tenore dei quali la stabilizzazione non si configura come mera trasformazione dell’originario rapporto di lavoro a tempo determinato in rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ma come costituzione di nuovo e diverso rapporto di lavoro, rispetto al quale l’esistenza e la durata complessiva di precedenti contratti a termine costituisce soltanto il presupposto per accedere alla speciale procedura di reclutamento a tempo indeterminato.
La questione è stata ampiamente dibattuta nella giurisprudenza di merito, con risultati, però, contrastanti.
La giurisprudenza ordinaria si è mostrata nettamente divisa, poiché all’orientamento31, che, in linea con l’opinione del Dipartimento della Funzione Pubblica, ha negato il riconoscimento dell’anzianità di servizio maturata in costanza di rapporto di lavoro a tempo determinato e le conseguenti differenze retributive, si è contrapposto l’indirizzo32 il quale, richiamandosi anche all’insegnamento della Corte di Giustizia33, ha riconosciuto l’anzianità di servizio maturata in costanza di svolgimento del rapporto di lavoro a tempo determinato, con conseguente condanna del datore di lavoro a corrispondere le differenze retributive maturate e maturande.
Nel descritto quadro di incertezza giurisprudenziale, il Consiglio di Stato nel 201134 ebbe a rimettere la questione pregiudiziale comunitaria alla Corte europea, alla quale pose il quesito se la disciplina nazionale della stabilizzazione, recata dalla l. 27.12.2006, n. 296 (Finanziaria per il 2007), nella parte in cui prevedeva la possibilità di assumere a tempo indeterminato lavoratori già assunti a tempo determinato, ma senza conservazione dell’anzianità pregressa, si ponesse in contrasto con la previsione dell’allegato alla direttiva 1999/70/CE, clausola 4, co. 4, laddove questo dispone che «i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi sia per i lavoratori a tempo determinato sia per quelli a tempo indeterminato», o sia, invece, giustificata alla luce della clausola di deroga recata dalla medesima clausola 4, co. 4, che consente diversi criteri di computo dell’anzianità «quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive» e se, inoltre, la citata clausola 4, co. 4, dell’allegato alla direttiva 1999/70/CE, impedisse o meno di troncare il rapporto a termine alla scadenza stabilita e di costituire, in prosieguo, un nuovo rapporto di lavoro, sia esso a termine o a tempo indeterminato, nel quale non si possa tener conto della pregressa anzianità, trattandosi, appunto, di nuovo rapporto.
Nel formulare la questione pregiudiziale, il Consiglio di Stato evidenziò come la c.d. stabilizzazione non contempli una conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato, ma si limiti a considerare il pregresso contratto a termine come titolo legittimante l’assunzione a tempo indeterminato in deroga alla regola del concorso pubblico per l’accesso ai ruoli della pubblica amministrazione, ciò anche in ragione sia della vigenza nel pubblico impiego del divieto di conversione del contratto a termine in contratto a tempo indeterminato (essendo previsti altri rimedi per prevenire assunzioni a termine illegittime, o per sanzionarle una volta verificatesi ex art. 36, co. 5, d.lgs. n. 165/2001) sia dell’esigenza di evitare la discriminazione in danno dei lavoratori già in ruolo, assunti a tempo indeterminato a seguito di pubblico concorso. Questi ultimi, infatti, poiché la conservazione dell’anzianità pre-ruolo comporterebbe un’immissione in ruolo “a pettine” degli ex-precari, potrebbero essere scavalcati dai lavoratori a tempo indeterminato con minore anzianità
Orbene, sul punto, come già ricordato, la Corte di Giustizia, con la citata decisione del 18.10.2012, si è limitata ad affermare, omettendo di esaminare tutte le questioni sottese alla questione pregiudiziale e analiticamente prospettate dal Consiglio di Stato con l’ordinanza di rimessione, che la mancata conservazione della pregressa anzianità può essere ritenuta legittima solo se suffragata da ragioni oggettive, tra le quali non può essere annoverata la mera circostanza che il lavoratore abbia compiuto i periodi di servizio in contestazione sulla base di un contratto o di un rapporto di lavoro a tempo determinato.
Sarà, pertanto, compito, da un lato, del legislatore nazionale individuare tali “ragioni oggettive” ostative e, dall’altro, del giudice interno verificare la loro sussistenza in concreto.
1 Cfr. Dipartimento Funzione Pubblica, parere UPPA 17.7.2008, n. 49, in www.innovazionepa.it.
2 Nettamente prevalente, tra le varie forme di utilizzazione del lavoro flessibile, è il ruolo del contratto di lavoro a tempo determinato. L’istituto trova la sua specifica regolamentazione nel d.lgs. 6.9.2001, n. 368, recante norme per dare attuazione della direttiva comunitaria n. 1999/70/CE relativa all’Accordo quadro del 19.3.1999 sul lavoro a tempo determinato sottoscritto dalle organizzazioni intercategoriali a carattere generale (UNICE, CEEP e CES) (cfr., Maretti, S., L’accordo europeo sul lavoro a tempo determinato, in Lav. giur., 1999, 1013; Pera, G., La strana storia dell’attuazione della direttiva CE sui contratti a termine, in Lav. giur., 2001, 305. Peraltro, il d.lgs. n. 368/01 si disinteressa dei rapporti a tempo determinato alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, rispetto ai quali non è mai stata messa in dubbio l’applicazione in virtù sia dell’esplicito richiamo ad opera dell’art. 36, co. 2, d.lgs. n. 165/01 sia del generale richiamo alle “leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa” contenuto nell’art. 2, co. 2, d.lgs. n. 165/01 (De Angelis, L., Il contratto a termine con le pubbliche amministrazioni: aspetti peculiari, in Riv. crit. dir. lav., 2002, 45.
3 C. cost., 13.9.2012, n. 217, in www.cortecostituzionale.it.
4 Emblematiche le disposizioni contenute nelle leggi 27.12.2006, n. 296 (Finanziaria 2007, art. 1, co. 519) e 24.12.2007, n. 244 (Finanziaria 2008, art. 3, co. 94). Per un commento a queste norme v. De Michele, A., Stabilizzazione dei lavoratori precari e principio del pubblico concorso, nota a commento di C. cost., 14.7.2009, n. 215, in Riv. it. dir. lav., 2010, 1. A chiarimento delle disposizioni in parola furono emanati la circolare del Dipartimento della Funzione Pubblica 18.4.2008 e i pareri UPPA 6.3.2008, n. 20 e 3.4.2008, n. 25, tutti consultabili in www.innovazionepa.it
5 Cfr. Stancanelli, A., La stabilizzazione dei precari nella P.A.: le contraddizioni del legislatore, in www.nelMerito.com, 2008.
6 La Corte Costituzionale è stata chiamata frequentemente a vagliare la legittimità costituzionale di leggi regionali finalizzate alla lotta al precariato e al consolidamento dei rapporti di lavoro a temine e che, però, «si sono infrante fragorosamente contro il bastione progressivamente eretto dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale a protezione dell’accesso alle amministrazioni mediante pubblico concorso (artt. 51, co. 1, e 97, co. 3, Cost.), della riserva di competenza legislativa statale in tema di ordinamento civile, nonché dei principi fondamentali della legislazione statale in tema di coordinamento della finanza pubblica (art. 117, co. 2, lett. e), Cost.)». In tal senso, Maio, V., L’impossibile stabilizzazione della dirigenza pubblica, ovvero l’altra faccia dello spoils system all’italiana, in Giur. cost., 2011, 4, 236.
7 Si segnalano, senza pretesa di completezza, le seguenti pronunce: C. cost., 23.7.2013, n. 227; C. cost., 1.7.2013, n. 167; C. cost., 28.2.2013, n. 28; C. cost., 18.1.2013, n. 3; C. cost., 11.10.2012, n. 226; C. cost., 13.9.2012, n. 217; C. cost., 21.3.2012, n. 62; C. cost., 23.11.2011, n. 310; C. cost., 10.11.2011, n. 299; C. cost., 15.6.2011, n. 189; C. cost., 19.5.2011, n. 170; C. cost., 28.4.2011, n. 155; C. cost., 1.4.2011, n. 108; C. cost., 3.3.2011, n. 69; C. cost., 18.2.2011, n. 52; C. cost., 11.2.2011, n. 42; C. cost., 5.1.2011, n. 7; C. cost., 28.10.2010, n. 303; C. cost., 22.7.2010, n. 267; C. cost., 24.6.2010, n. 225; C. cost., 14.6.2010, n. 195; C. cost., 29.4.2010, n. 149; C. cost., 13.11.2009, n. 293; C. cost., 14.7.2009, n. 215, tutte in www.cortecostituzionale.it
8 C. giust, 18.10.2012, da C-302/11 a C-305/11, Valenza R. e altri c. AGCM, in www.curia.europa.eu; cfr. anche C. giust., 13.9.2007, Del Cerro A. c. Osakidetza Servicio Vasco de Salud, ibidem.
9 Le disposizioni sono contenute nel d.l. 31.8.2013, n. 101, in G.U.R.I. n. 204 del 31.8.2013, in vigore dall’1.9.2013.
10 Dichiarazioni rese dal Presidente del Consiglio on. Enrico Letta nel corso della conferenza stampa di presentazione del decreto legge, avente ad oggetto, tra gli altri, le misure per la stabilizzazione dei precari, adottato nel corso del Consiglio dei Ministri del 26.8.2013 e riportate dal quotidiano “Il Sole 24 Ore” del 26.8.2013, nell’articolo titolato “Pa: stabilizzazione dei precari, semplificazione Sistri, agenzia per i fondi Ue e taglio su auto blu”, consultabile sul sito: www.ilsole24ore.com.
11 V. nota precedente.
12 Dichiarazioni rese dal Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, Giampietro D’Alia (v. nota 10).
13 L’art. 4 del d.l. n. 101/2013 ha aggiunto all’art. 36 del d.lgs. 30.3.2001, n.155 il seguente co. 5 quater: «I contratti di lavoro a tempo determinato posti in essere in violazione del presente articolo sono nulli e determinano responsabilità erariale. I dirigenti che operano in violazione delle disposizioni del presente articolo sono, altresì, responsabili ai sensi dell'articolo 21. Al dirigente responsabile di irregolarità nell'utilizzo del lavoro flessibile non può essere erogata la retribuzione di risultato».
14 C. cost., 23.7.2013, n. 227; C. cost., 1.7.2013, n.167; C. cost. n. 28/2013.
15 V. nota 6.
16 Cfr., in particolare, C. cost., 21.3.2012, n. 62; C. cost., 23.11.2011, n. 310; C. cost., 10.11.2011, n. 299; C. cost. n. 267/2010..
17 C. cost. n. 167/2013.
18 Cfr. C. cost. n.225/2010: «l’esigenza di risorse umane che scaturisce dall’assunzione di funzioni già affidate dalla Regione ad una società in house poi posta in liquidazione non può, dunque, costituire valido motivo per disattendere il principio secondo cui la natura comparativa e aperta della procedura è elemento essenziale del concorso pubblico, sicché deve escludersi la legittimità costituzionale di procedure selettive riservate, che escludano o riducano irragionevolmente la possibilità di accesso dall’esterno, violando il carattere pubblico del concorso».
19 C. cost. n. 226/2012.
20 Per il caso dei lavoratori precari aventi qualifica dirigenziale, cfr. Maio, V., L’impossibile stabilizzazione della dirigenza pubblica, ovvero l’altra faccia dello spoils system all’italiana, cit.; De Michele, A., Stabilizzazione dei lavoratori precari e principio del pubblico concorso, nota a commento di C. cost., 14.7.2009, n. 215, in Riv. it. dir. lav., 2010, 1, 121.
21 C. cost. n. 215/2009.
22 C. cost. n. 1082011.
23 C. cost. n. 3/2013.
24 Appare opportuno segnalare che la giurisprudenza consolidata delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione attribuisce alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria le controversie in tema di stabilizzazione: «la disciplina di legge sottrae le procedure di stabilizzazione dal perimetro di quelle concorsuali e dalle ipotesi tipizzate di poteri autoritativi nell'ambito del lavoro pubblico, sicché le relative controversie, a differenza del personale che ha avuto accesso al pubblico impiego tramite concorso, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario» (cfr. ex multis Cass., S.U., 2.10.2012, n. 16735, in Dir. e giust., 2012, 874, con nota di Scofferi, M., È competente il giudice ordinario a decidere sulla stabilizzazione dei precari). Quanto alle pronunce di giudici di merito intervenute su questo aspetto si segnalano: Trib. Roma, 5.5.2011, n. 8379: Trib. Roma, 20.1.2011, n. 832; Trib. Roma, 18.10.2010, n. 15893; Trib. Roma, 2.7.2010, n. 11790; Trib. Roma, 16.6.2010, n. 10942; Trib. Roma, 4.5.2010, n. 7731, tutte in Dir. rel. ind., 2011, 2, 485, con nota di Salvato, S., La stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione; Trib. Torino, sez. lav., 5.12.2009, in Riv. it. dir. lav., 2010, 3, 554, con nota di Foffano, S., L’anzianità retributiva nel caso di stabilizzazione del lavoratore assunto con contratto a tempo determinato.
25 V. nota 10.
26 Il caso riguardava alcune lavoratrici stabilizzate in servizio presso l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM), l’assunzione delle quali era avvenuta in forza della disposizione contenuta nella Finanziaria del 2007 (l. 27.12.2006, n. 296), che consentiva ai precari triennalisti, che ne avessero fatto domanda, di ottenere l’immissione in ruolo senza concorso.
27 Detta clausola sancisce il divieto di trattare i lavoratori a tempo determinato «in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, comparabili per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive» (co. 1). In particolare, «i criteri del periodo di anzianità di servizio relativi a particolari condizioni di lavoro dovranno essere gli stessi, sia per i lavoratori a tempo determinato, sia per quelli a tempo indeterminato, eccetto quando criteri diversi in materia di periodo di anzianità siano giustificati da motivazioni oggettive» (co. 4).
28 C. giust., 18.10.2012, da C-302 a C-305, cit., anche in Dir. giust., 2012, 910, con nota di Di Geronimo, A., La stabilizzazione del lavoratore nella PA non preclude la ricostruzione.
29 Cfr. le considerazioni di Salvato, S., La stabilizzazione dei precari nella pubblica amministrazione, cit.
30 Cfr. Dipartimento Funzione Pubblica, circolare 18.4.2008, n. 5, pareri UPPA 6.3.2008, n. 20 e 3.4.2008, n. 25, cit.
31 Trib. Roma, 4.5.2010, n. 7731; Trib. Roma, 2.7.2010, n. 11790; Trib. Roma n. 832/2011, cit.
32 Trib. Roma, 16.6.2010, n. 10942; Trib. Roma, 18.10.2010 , n. 15893; Trib. Roma, 5.5.2011, n. 8379; Trib. Torino, sez. lav., 5.6.2009, cit.
33 In particolare, alla seguente pronuncia: C. giust., 13.9.2007, Del Cerro A. c. Osakidetza Servicio Vasco de Salud, cit.
34 Cons. St., sez. VI, ord. 13.5.2011, n. 2927, in www.giustizia-amministrativa.it.