Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Compito della storia della scienza è aiutare a tracciare i contorni di un universo di pratiche teoriche, sperimentali e tecnologiche che negli ultimi due secoli ha trasformato e sta trasformando l’umanità. L’approccio storico dei temi scientifici consente infatti di allargare la prospettiva di indagine e di studio, valorizzando anche la dimensione conoscitiva, oltre che quella applicativa propria della ricerca.
Ambiti e obiettivi di indagine
Thomas Kuhn
Le rivoluzioni scientifiche: l’astronomia copernicana
Si consideri innanzitutto un caso particolarmente famoso di mutamento di paradigma: la nascita dell’astronomia copernicana. Quando la teoria precedente, il sistema tolemaico, fu sviluppata per la prima volta nel corso degli ultimi due secoli prima di Cristo e dei primi due dopo Cristo, esso riusciva meravigliosamente a prevedere le mutevoli posizioni sia delle stelle che dei pianeti..[...] Fin dall’inizio del XVI secolo, i migliori astronomi d’Europa in numero sempre crescente riconoscevano che il paradigma dell’astronomia non era riuscito a risolvere i suoi problemi tradizionali. Questo riconoscimento preparò il terreno sul quale fu possibile a Copernico abbandonare il paradigma tolemaico ed elaborarne uno nuovo. La sua famosa prefazione costituisce ancor oggi una descrizione classica di uno stato di crisi.
T. Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche, Torino, Einaudi, 1969
Al pari di altri termini che denotano ambiti di ricerca di notevole complessità (come ad esempio “storia della letteratura” o “storia economica”), “storia della scienza” sta a indicare una famiglia di imprese caratterizzata da profonde differenze metodologiche, e da diverse e spesso incompatibili priorità concettuali, aventi per ambizione comune l’illustrare e comprendere lo sviluppo delle conoscenze scientifiche. Il problema di fondo sta ovviamente nel definire cosa indichi o abbia indicato il termine scienza: a un livello molto elementare, per alcuni il termine si applica solo a quelle discipline e scoperte che hanno portato un contributo alle conoscenze attuali, mentre per altri tale criterio è anacronistico, in quanto impedisce di comprendere come e per quali vie le nostre società abbiano elaborato complessi sistemi di interazione concettuale o strumentale con il proprio ambiente naturale e umano. Per fare un solo esempio, nel XX secolo diversi storici hanno prestato attenzione sistematica allo sviluppo di discipline quali l’alchimia o l’astrologia, considerate da una lunga tradizione settecentesca e ottocentesca di studi filosofici sulla scienza del passato come pratiche più legate alla magia che ai saperi positivi. Alchimisti e astrologi avevano elaborato procedure sperimentali e criteri di precisione nelle osservazioni che divennero patrimonio comune di chimici e astronomi. Infine, personaggi che hanno contribuito in modo fondamentale allo sviluppo delle scienze moderne, quali Keplero o Newton, avevano consacrato energie notevoli a pratiche astrologiche o alchemiche. Per dirla tutta, Newton avrebbe considerato l’appellativo di scienziato (un termine introdotto nella lingua inglese solo nel 1834) come fortemente riduttivo se non addirittura offensivo.
In Italia, come in diversi altri Paesi, e in particolare nel mondo anglosassone, gli storici della scienza hanno dato vita a programmi di ricerca di grande respiro, che hanno trovato concreta espressione in decine di migliaia di monografie, contributi a riviste specializzate, edizioni critiche delle opere, dei manoscritti e degli epistolari di grandi scienziati del passato recente e remoto. Sono oggi attive al mondo più di 300 tra riviste, bollettini e newsletters dedicati ai vari aspetti e interessi disciplinari della storia della scienza, della medicina, della tecnologia e degli strumenti scientifici. In molti Paesi sono presenti società di storia della scienza, e sono anche numerose le organizzazioni che raccolgono studiosi di specifiche sotto-discipline (storia della chimica, della biologia o della matematica, ad esempio); l’insegnamento della storia della scienza è entrato a far parte di molti curricoli universitari, mentre a livello delle scuole secondarie elementi di storia della scienza affiancano talvolta la trattazione di tematiche filosofiche, storiche e scientifiche. Si sostiene da molte parti, e a ragione, che in società sempre più condizionate da importanti investimenti finanziari e umani nello sviluppo di nuove conoscenze e di nuove tecnologie, sarebbe importante integrare l’insegnamento di discipline storiche, filosofiche e scientifiche con elementi di storia delle scienze e delle tecniche.
Molti gruppi di storici della scienza hanno utilizzato e utilizzano internet per diffondere i risultati delle proprie ricerche, e sono disponibili siti che offrono testi, manoscritti, ricostruzione di strumenti e di esperimenti, e informazioni bibliografiche pressoché esaustive.
Nascita di una disciplina
Nel corso dei primi tre decenni del Novecento, la storia della scienza conosce le sue prime forme di istituzionalizzazione, sia a livello nazionale sia internazionale, a opera soprattutto di scienziati-storici che si rifanno al pensiero positivista. Lo stesso Auguste Comte, fondatore della corrente filosofica nota col nome di positivismo, sostiene nel 1832 una sfortunata battaglia istituzionale per creare una cattedra di storia della scienza presso il Collège de France, a Parigi, una proposta ripresa nel 1863 dal suo discepolo Émile Littré. La cattedra di Histoire générale des sciences viene finalmente istituita nel 1892, per essere poi abolita nel 1923. All’insegnamento di Comte si rifà anche il belga Georges Sarton, che fonda nel 1913 la rivista “Isis”, in seguito organo ufficiale della History of Science Society americana, riunita per la prima volta nel 1924, e oggi la più numerosa e attiva. L’invasione tedesca del Belgio aveva infatti spinto Sarton a emigrare negli Stati Uniti; non senza difficoltà, era approdato ad Harvard, dove poi avrebbe posto le basi per l’istituzione del primo Dipartimento di storia della scienza in America e uno dei primi al mondo. L’esempio di Sarton viene seguito in Italia da Aldo Mieli, che nel 1919 dava alla stampa il primo numero dell’“Archivio di storia della scienza”. Nel 1926 veniva creata la prima cattedra inglese di storia della scienza, presso l’University College di Londra.
A livello internazionale un importante stimolo a stabilire rapporti organici tra i pochi storici della scienza sparsi in diversi Paesi viene nel 1900, in occasione dell’Esposizione universale di Parigi. In questa occasione si tiene un congresso di storia comparata, che ospita, grazie all’impegno dello storico e filosofo positivista Paul Tannery, una sezione di storia della scienza. È tuttavia solo col Congresso di scienze storiche organizzato a Oslo nel 1928, che si giunge alla creazione di un Comitato internazionale di storia delle scienze, che darà poi vita all’Académie internationale d’histoire des sciences, una istituzione ancora esistente anche se scarsamente attiva.
Tra la fine degli anni Venti e gli anni Ottanta, e soprattutto dopo la seconda guerra mondiale sotto l’egida dell’UNESCO e delle Accademie delle Scienze di vari Paesi, vennero istituite l’International Union for the History of Science e l’International Union for the Philosophy of Science, che tengono ogni quattro anni dei congressi mondiali. Diverse ragioni di ordine politico e scientifico hanno nel corso degli anni affievolito l’efficacia dell’originario impeto cosmopolita; sono così sorte diverse organizzazioni internazionali, più specialistiche, autofinanziate e fondate su principi di democrazia partecipativa che ne hanno sancito il forte successo. Così, a titolo di esempio, molti storici delle scienze della vita si riconoscono in un organismo gestito direttamente dagli studiosi iscritti, che tiene convegni internazionali ogni due anni.
Alcune imprese editoriali di grande respiro, dedicate alla riedizione di classici della scienza, hanno contribuito alla diffusione dell’interesse per la storia della scienza. Nel 1889 il fisico e filosofo tedesco Wilhelm Ostwald pubblica a Lipsia il primo di circa 250 volumi della collana Klassiker der Exacten Naturwissenschaften. Il suo esempio viene seguito nel 1910 da Karl Sudhoff (1853-1938) con i Klassiker der Medizin. Sudhoff, il cui insegnamento ha avuto un’importanza fondamentale nello sviluppo della storia della medicina, grazie anche ad allievi quali Walter Pagel (1898-1983), Henry Sigerist (1891-1957) e Owsei Temkin – emigrati in Inghilterra il primo, negli Stati Uniti gli altri due – è tra i fondatori della Deutsche Gesellschaft für Geschichte der Medizin, costituisce nel 1905 un importante Istituto per la storia della medicina a Lipsia, e nel 1908 dà vita alla rivista “Archiv für Geschichte der Medizin”, poi nota come “Sudhoffs Archiv”. L’esempio tedesco sarà seguito due anni dopo in Italia, con la fondazione della “Rivista critica di storia delle scienze mediche e naturali”.
Tradizionalmente, eminenti rappresentanti della disciplina si sono consacrati all’edizione di opere di scienziati del passato, di corrispondenze e manoscritti. La tendenza, affievolitasi nel corso dei decenni che seguono la seconda guerra mondiale, anche a ragione dei rilevanti costi editoriali, conosce oggi una notevole ripresa grazie all’elettronica e alle tecnologie internet. Numerosi sono, infatti i siti web che mettono a disposizione degli internauti l’edizione digitale degli scritti di grandi scienziati del passato – da Galilei a Lamarck, da Ampère a Einstein – consentendo la facile consultazione di opere e manoscritti spesso molto rari o difficilmente reperibili.
Modi di pensare, modi di fare: filosofi, storici, politici, sociologi
Già ai suoi esordi istituzionali nei primi anni del Novecento, la storia della scienza si presenta come un ambito di studi su cui convergono contributi da diverse prospettive della ricerca filosofica, sociologica e storica, segnato da forti tensioni a livello del dibattito sui criteri di demarcazione della disciplina e sulle implicazioni sociali e politiche della scienza e della sua storia. La storia della scienza è spesso concepita come il terreno privilegiato su cui mettere alla prova tesi “forti” su cosa si debba intendere per scienza, elaborate da filosofi o sociologi, o motivate da polemiche culturali di vasto respiro. Così, ad esempio, tesi filosofiche formulate nell’ambito del neopositivismo di lingua tedesca, trapiantato poi, a causa del nazismo, in Inghilterra e negli Stati Uniti, invitano gli storici a esaminare la struttura logica delle teorie scientifiche nel loro succedersi storico; criteri ispirati alla filosofia della logica e della matematica delimitano il lavoro dello storico allo studio di un numero limitato di questioni, e restringevano rigorosamente, a volte dogmaticamente, il campo di ricerca. In ambito francese, filosofie di stampo idealistico invitavano anch’esse a considerare solo gli aspetti teorici delle scienze “mature”, essenzialmente le discipline fisico-matematiche, e in particolar modo le teorie destinate a grande successo nel mondo scientifico della prima metà del XX secolo. Lo storico deve affiancare le riflessioni del filosofo con opportuni esempi di come la scienza si sia sviluppata, e tracciare la strada spesso lineare che dal passato conduce al presente. Particolarmente importante in ambito francese è la tesi secondo cui le condizioni materiali, sociali, e persino strumentali dello sviluppo storico delle conoscenze scientifiche abbiano esercitato un’influenza del tutto trascurabile sulla storia delle teorie. Come affermava un grande storico francese, Alexandre Koyré , per altro attento ai rapporti tra scienza, filosofia e teologia, la storia della scienza è storia dell’elaborazione di grandi quadri concettuali di tipo matematico, ed esemplifica l’itinerarium mentis in veritatem dell’intelletto umano.
A partire dalla fine degli anni Cinquanta, e fino a tutti gli anni Ottanta del Novecento, il processo di revisione e in molti casi di abbandono delle prospettive e delle priorità di ricerca dell’empirismo logico ha animato il dibattito interno alla filosofia della scienza. Tuttavia, è da notare che i dibattiti interni alla filosofia della scienza postempirista non hanno praticamente lasciato tracce sugli studi di storia della scienza. In un saggio del 1990 sui rapporti tra storia e filosofia della scienza, Larry Laudan – professore di filosofia della scienza all’università delle Hawaii e autore di numerosi articoli e libri sulla natura della conoscenza scientifica – lamenta: “I filosofi della scienza, o almeno molti di loro, sono oramai convinti che la storia e la filosofia della scienza hanno senso solo se portate avanti di concerto. Al contrario, l’opinione prevalente tra gli storici della scienza è che le proposte di matrimonio del corteggiatore filosofo debbano essere sommariamente respinte”.
La pluralità di proposte epistemologiche attualmente discusse dai filosofi della scienza rivela la complessità del compito di fornire una descrizione accurata e perspicua dei meccanismi logici e degli apparati linguistici, delle dimensioni psicologiche e sociali che entrano a far parte del processo di costruzione e trasmissione di teorie e discorsi scientifici. È inoltre emersa con forza crescente la convinzione che sarebbe quanto meno fuorviante attribuire a tali controverse definizioni di scienza l’autorità di prescrizioni: è in effetti difficile sostenere, ad esempio, che modelli epistemologici sufficienti a render conto di aspetti particolari del discorso scientifico nelle discipline fisico-matematiche, possano costituire utili elementi di indagine se applicati alle scienze della vita, della Terra o della società. Infine, il fenomeno “scienza”, se esaminato dal punto di vista storico, non può certo venire descritto solo in termini di teorie o statuti di verificazione e falsificazione: la scienza moderna si presenta infatti come un fenomeno economico, politico, istituzionale, etico e sociale di notevole complessità.
Gli storici della filosofia non attendono certo la crisi del neopositivismo per dar vita ad ambiziosi progetti di ricerca sulle relazioni tra pensiero filosofico classico e nascita della scienza moderna. Un interesse per la storia della scienza emerge ad esempio negli Stati Uniti nel circolo di studiosi riuniti nel 1922 da George Boas e Arthur Onken Lovejoy nell’History of Ideas Club. Lovejoy pubblica nel 1936 The great chain of being, letta da generazioni di studenti in tutto il mondo, e fonda nel 1940 l’altrettanto fortunato “Journal of the History of Ideas”. Gli storici della filosofia che si riconoscono nel programma di ricerca delineato da Lovejoy, riconoscono poi molti punti di contatto con l’analisi concettuale di Koyré.
Diametralmente opposto è l’atteggiamento verso la storia della scienza di una scuola di pensiero filosofico e politico, il marxismo, la cui influenza sulla cultura mondiale tra gli anni 1920 e 1970 è oggi facile sottostimare. La storia della scienza marxista fa letteralmente irruzione in occasione del secondo Congresso mondiale della disciplina, tenutosi a Londra nell’estate del 1931, suscitando grande impressione tra i partecipanti. In quell’occasione i delegati sovietici, capeggiati dall’ideologo Nicolaj Bucharin, presentano 13 relazioni, riunite in un volume, Science at the croassroad, destinato a grande successo per circa un quarantennio. Le forze economiche e sociali che plasmano il divenire delle comunità umane determinano anche la costituzione di categorie concettuali che aprono nuove e diverse strade alle conoscenze scientifiche. Naturalmente, gli storici idealisti e positivisti insorgono, aiutati, nel dopoguerra, dal clima di contrapposizione generato dalla divisione in blocchi e dalla guerra fredda. Tuttavia, la storia della scienza marxista ha ispirato, soprattutto nel mondo inglese, progetti di ricerca di straordinaria importanza, come la colossale Storia della scienza in Cina edita dal 1954 al 1984 da Joseph Needham.
Una terza componente teorica che ha influenzato con crescente successo la storia della scienza del XX secolo proviene dall’ambito della sociologia. La prima sistematica valutazione quantitativa e qualitativa di una comunità scientifica viene intrapresa nel 1936 dal sociologo americano Robert K. Merton in un saggio dal titolo Puritanism, pietism and science, seguito nel 1938 dal fondamentale Science, Technology and Society in Seventeenth Century in England. Più che concentrarsi su testi e teorie, Merton cerca di stabilire un legame tra l’ideologia puritana, responsabile – a suo vedere – della rivoluzione inglese di metà Seicento, e la forte crescita della comunità scientifica, che era proseguita anche nella seconda metà del secolo. Si interroga anche su chi e perché ci si dedica alla scienza, piuttosto che valutare il successo o l’impatto dell’opera di singoli individui.
Una importante quanto originale rivalutazione del ruolo dei fattori sociologici nei processi scientifici viene elaborata da Thomas Kuhn, fisico e storico della scienza, nel suo The Structure of Scientific Revolutions (1962). La fortunata distinzione tra scienza “normale” – che si apprende sui libri di testo, e caratterizza il lavoro quotidiano di scienziati che aderiscono a uno stesso “paradigma”– e periodi di crisi che portano all’affermazione di un nuovo paradigma e all’affermarsi di una nuova fase di scienza “normale”, assegna a fattori descrivibili in termini sociologici un ruolo di grande rilievo. Le ragioni del mutamento scientifico non risiedono in astratte e improbabili procedure di falsificazione, quanto in dinamiche interne alla comunità scientifica.
Lo stesso Kuhn, tuttavia, non segue sino in fondo i colleghi sociologi nella pretesa che il fenomeno scienza non si caratterizzi tanto per i suoi contributi alla conoscenza e all’innovazione tecnologica o biomedica, quanto per il suo impatto sulle società contemporanee, occidentali e non.
Novità e polemiche
Gli ultimi due decenni del XX secolo sono stati caratterizzati dal proliferare di posizioni metodologiche, spesso influenzate dalla science war scatenatasi tra esponenti della comunità scientifica e filosofi di stampo neopositivistico da una parte, e teorici del postmodernismo e della critica postheidegerriana alle scienze e alle tecniche contemporanee dall’altra. Sarebbe tuttavia limitante caratterizzare l’atteggiamento critico verso la scienza contemporanea dei secondi solo in termini di riferimenti filosofici o ideologici. Esponenti della corrente STS, ovvero Scienza, Tecnologia, Società, partono spesso dall’osservazione che la scienza degli ultimi tre decenni del XX secolo ha molto poco a che vedere con la scienza del passato. La composizione sociale della comunità scientifica attuale, le tensioni che la percorrono a livello di conflitti di genere, di interesse, di competizione, di legami più che organici con apparati industriali e militari, rendono la storia della scienza classica obsoleta, chiusa in una visione romantica e irrealistica di cosa significhi fare scienza nel mondo contemporaneo. Si sostiene da più parti – cosa non nuova, peraltro – che tutta la storia della scienza vada riscritta alla luce delle preoccupazioni del presente, se non addirittura scoraggiata per far posto a studi sulle scienze e le tecniche dell’ultracontemporaneo.
Il succedersi di tesi forti, se non addirittura radicali, su cosa sia scienza ha da sempre caratterizzato gran parte della storia della scienza. Il che non impedisce né può impedire, naturalmente, la presenza contemporanea di una pluralità di stili di lavoro, di domande e di metodi messi all’opera per comprendere fenomeni tra i più disparati, dall’elaborazione di teorie al perfezionamento di strumenti e di tecniche di osservazione, dall’intrapresa di viaggi di esplorazione alla costruzione di legami forti tra concettualizzazioni dell’attività scientifica e forme di pensiero politico, economico, persino religioso.
In quanto disciplina storica, la storia della scienza si rivolge sempre più alla comunità degli storici, professionalmente addestrati alla consapevolezza dei rischi di anacronismo in agguato in ogni ricerca che tenti di ricostruire complesse vicende del passato partendo dalle preoccupazioni del presente. La parola scienza indica una pluralità di attività, dalle più astratte e individuali alle più concrete e collettive, dalle più benefiche e utili alle più pericolose e potenzialmente dannose, come ad esempio il settore praticamente sconosciuto delle ricerche sulla guerra biologica. Compito della storia della scienza è aiutare a tracciare i contorni di un universo di pratiche teoriche, sperimentali e tecnologiche che negli ultimi due secoli ha trasformato e sta trasformando l’umanità. Che l’impresa si possa condurre seguendo metodologie e presupposti diversi appare non tanto una scelta, quanto una necessità imposta dalla complessità dell’oggetto di studio.