La storia delle Universita pontificie romane 1861-2011
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Le università pontificie2 sono istituti universitari fondati o approvati dalla Santa Sede per lo studio delle materie sacre e delle discipline a esse ausiliarie3, a differenza di altre università cattoliche4 in cui si insegnano scienze profane in una prospettiva cattolica. Pur esistendo molte facoltà cattoliche di teologia in tutto il mondo, le università ecclesiastiche come tali esistono solo a Roma e hanno avuto un ruolo di primo piano negli eventi più importanti della vita cattolica degli ultimi 150 anni.
Ci sono legami stretti tra le università, gli ordini religiosi e i collegi nazionali a Roma, dai quali provengono sia studenti sia personale accademico. Gli archivi di questi collegi religiosi sono di fondamentale interesse storico: è qui che il punto di vista di tutte le componenti – vescovi, superiori, studenti – può essere ricostruito, perché quasi tutti gli studenti universitari sono stati sia religiosi che alunni dei collegi. Questi punti di vista non sempre collimano con le opinioni delle università e dei loro docenti. Ma legami stretti sussistono anche tra le università e la Curia romana, giacché spesso quest’ultima recluta tra gli studenti di quelle e chiede consiglio ai docenti. Ancorché importante e foriera di preziose informazioni, la storia di queste altre istituzioni romane va comunque ben oltre i limiti del presente lavoro.
La storia delle università è connessa poi con la storia della teologia, e in misura minore con la storia delle altre scienze sacre; essa deve essere distinta dalla storia della teologia ma non può prescindere dalla storia degli individui – teologi, canonisti, filosofi e via dicendo – che nell’università vivono e lavorano5.
Naturalmente, lungo il periodo che stiamo per considerare i vari istituti ecclesiastici hanno subito cambiamenti rilevanti: alcuni sono stati chiusi, altri fondati; alcuni sono cresciuti, altri hanno cambiato nome e sede. All’inizio, nessuno di essi era formalmente riconosciuto come ‘università’6; al termine, si contano sette università pontificie7, due atenei pontifici8 e otto9 fra istituti e facoltà indipendenti10. Per semplificare, nel prosieguo utilizzeremo il termine ‘università’ in luogo di ‘università, atenei, facoltà e istituti’ o qualunque altra definizione storicamente appropriata.
Il pontificato di Pio IX segna l’inizio del papato moderno. Per la prima volta lo sviluppo dei trasporti e delle comunicazioni consentì alla Santa Sede di avere un impatto immediato sul mondo intero. Ciò è vero anche in ambito teologico, nel quale i documenti di Pio IX vengono ora conosciuti e studiati in maniera inedita. Tra questi, in particolare, la definizione dell’Immacolata Concezione, il Sillabo, la celebrazione del concilio Vaticano I. Per l’elaborazione di questi interventi, Pio IX cercò e ricevette l’aiuto delle università e specialmente quello dei padri del Collegio Romano. I teologi romani furono tra i principali sostenitori dell’Immacolata Concezione come pure del primato e dell’infallibilità papali11.
La storia dei rapporti traPio IX e le università in occasione del Vaticano I ci riporta necessariamente indietro di qualche decennio, agli eventi del 1848.Pio IX aveva una straordinaria predilezione per il Collegio Romano. Da giovane laico era stato membro di una confraternita legata al Collegio12, e da pontefice il suo attaccamento non era affatto diminuito, come provano del resto le sue frequenti visite13. Nel 1840 i Gesuiti erano stati presi di mira nei tumulti e i professori persino malmenati per la strada; nel 1848 erano dovuti fuggire da Roma, così come Pio IX. Dopo l’esilio a Gaeta, il papa attribuì il suo reinsediamento romano all’intercessione della Madonna, circostanza che lo convinse peraltro a definire il dogma dell’Immacolata Concezione, la cui elaborazione teorica divenne «la principale preoccupazione dei professori al Collegio Romano»14 dopo il loro rientro a Roma.
I Gesuiti del Collegio romano erano i professori più ascoltati nella Roma di allora. PadreGiovanni Perrone – al Collegio per cinquant’anni, noto consultore della Curia e autorità teologica del suo tempo15 – aveva già scritto un trattato sull’Immacolata Concezione nel 1847, pubblicato nel 1852. A questo erano seguiti lavori simili dei padri Francesco Saverio Patrizi e Antonio Ballerini. Quando Pio IX nominò una commissione di sette teologi per lo studio della definizione del dogma, ben tre di essi provenivano dal Collegio Romano16 – componente che fu quindi predominante nella sua elaborazione17. Alla fine dei lavori preparatori, il controverso ma influente padre Carlo Passaglia fu il principale artefice della costituzione apostolica sull’Immacolata Concezione: la Ineffabilis Deus (8 dicembre 1854)18.
Avendo affidato, nel corso dello stesso anno, l’importante incarico per la definizione dogmatica dell’Immacolata Concezione alle università romane, Pio IX sapeva di potersi fidare della prestigiosa istituzione gesuitica anche in vista della preparazione del concilio Vaticano I. E a dire il vero, la sua fiducia non fu malriposta: il concilio fu «molto ben preparato» e «la qualità teologica degli schemi preparatori era probabilmente addirittura migliore di quella del [Vaticano II]»19. Rispetto al concilio Vaticano II, che coinvolse un largo numero di esperti provenienti da tutto il mondo, Pio IX convocò un numero limitato di consulenti20, guidati appunto dai Gesuiti del Collegio Romano. Con la sola eccezione del padre Passaglia21, i Gesuiti che avevano lavorato al dogma dell’Immacolata Concezione continuarono ad avere un ruolo di primo piano.
Nella preparazione del Vaticano I emerse un altro professore, padre Johann Baptist Franzelin. Docente al Collegio Romano nel 1857, durante il concilio raggiunse l’apice della sua popolarità22, essendo considerato ancor più autorevole degli stessi Perrone ePassaglia23. Nonostante la sua reputazione, e sebbene la versione finale del documento conservasse intatta la formulazione da lui proposta sull’ispirazione della Scrittura, la sua prima bozza della costituzione Dei Filius fu però respinta dai padri conciliari, e accettata solamente dopo l’approvazione di alcuni emendamenti, incluso quello del suo confratello padre Joseph Kleutgen24.
I Gesuiti ebbero insomma un influsso decisivo non solo sul tema della divina rivelazione, ma anche sulla costituzione de ecclesia, Pastor Aeternus. La definizione dell’infallibilità papale coinvolse «la maggior parte della facoltà di teologia del Collegio Romano»25. Il cardinalLuigi Maria Bilio, che della commissione teologica preparatoria fu presidente, scelse il Collegio Romano come sede per la relativa sottocommissione, con i padri Franzelin e Perrone come membri26.
I Gesuiti non si limitarono a prestare la loro competenza teologica ma svolsero un ruolo importante anche nell’organizzazione pratica del concilio. Le procedure da adottare furono abbozzate dal padre Sebastiano Sanguinetti, professore di diritto canonico al Collegio Romano, prima di essere sottoposte al noto professore tedesco di storia ecclesiastica padreKarl Joseph von Hefele per la revisione e approvazione. Altri professori del Collegio Romano lavorarono come canonisti – si pensi, per esempio, al padre Camillo Tarquini – o traduttori – come ad esempio il padre Giovanni Bollig. Oltre al Santo Padre, al concilio anche i vescovi chiesero l’aiuto dei professori per preparare le discussioni teologiche.
I Gesuiti del Collegio Romano avevano preparato non solo molti vescovi – formati sia direttamente che con i manuali in uso nei seminari di tutto il mondo – ma anche molti teologi che arrivarono al concilio da luoghi molteplici, come quelli del Collegio tedesco Joseph Hergenröther e Franz Hettinger. Il peso del loro contributo non va dunque dimenticato. Bisognerà anzi tenere presente che accanto al loro impegno per la preparazione dei lavori conciliari costoro continuarono a garantire l’insegnamento ordinario nelle rispettive discipline, anche se, per ironia della sorte, non ebbero poi menzione alcuna nella memoria del concilio27.
Naturalmente, essi non agirono da soli. La Curia romana svolse un ruolo essenziale in tutto il lavoro, così come membri di altre istituzioni romane, come ad esempio il canonico don Filippo Cossa, teologo del Seminario Romano, e monsignor Filippo Cardoni, presidente della Pontificia accademia28. È tuttavia innegabile che, nell’ambito delVaticano I, i Gesuiti svolsero un ruolo preponderante tra le università romane, e che il concilio segnò il trionfo della idee teologiche difese dalla Compagnia.
La mattina del 20 settembre 1870 il rettore del Collegio Romano scorse padreGiovanni Perrone dirigersi come previsto al Vicariato per valutarvi i candidati al sacerdozio, evidentemente inconsapevole del fatto che non ci sarebbero stati esami quel giorno29. Il voto finale sulla Pastor Aeternus aveva avuto luogo il 18 luglio 1870 e il concilio era stato interrotto per l’estate, con l’intenzione di riprendere in autunno. Il giorno successivo era scoppiata la guerra franco-prussiana e Napoleone III fu obbligato a richiamare le truppe di guarnigione a Roma. La Francia perse la battaglia di Sedan, il 2 settembre 1870, e Napoleone III fu catturato. Due settimane più tardi, il 20 settembre 1870, le truppe italiane entrarono a Roma da Porta Pia. L’esercito volontario del papa, senza il supporto dei soldati professionisti francesi, oppose una resistenza simbolica e poi capitolò, giacché Pio IX voleva evitare una strage. Il trionfo papale al Vaticano I si rovesciò in un disastro, destino che, esattamente come il successo, anche le università pontificie condivisero.
Già nel 1866 erano state approvate leggi che avevano secolarizzato molti istituti religiosi nel resto della penisola; Roma tuttavia era un caso speciale, e nessuno in città sapeva esattamente come gli italiani si sarebbero comportati rispetto alle sue numerose e importanti case religiose. Nel 1873 divenne legge un decreto che secolarizzava gli istituti religiosi romani, ma proteggeva i collegi nazionali, per evitare conflitti imbarazzanti con paesi stranieri. Il risultato fu un ampio sequestro di proprietà e la chiusura di molti istituti, non tutti contemporaneamente però, e non per gli stessi motivi. Non di meno, all’appello degli istituti religiosi corrisponde una deprimente litania di soppressioni: Francescani, Conventuali, Serviti, Agostiniani, Domenicani, e, più odiati da tutti, i Gesuiti. Istituti con una storia millenaria si ritrovarono spogliati, impoveriti o interamente soppressi.
La secolarizzazione e l’esproprio non si limitarono alle istituzioni formative, ma solo di queste parleremo in questa sede. I Francescani persero il loro collegio al convento di Aracœli, cosa che fu dovuta in parte alla secolarizzazione, in parte al progetto di un monumento dedicato a Vittorio Emanuele. I Conventuali persero il loro collegio di San Bonaventura ai Ss. XII Apostoli – il decreto fu firmato nel giorno della festa di s. Francesco. Il collegio dei Serviti a S. Marcello al Corso, che aveva conferito lauree equipollenti a quelle delle università pubbliche fin dal 1666, fu soppresso nel 1870. Lo studium generale degli Agostiniani, che esisteva dal 1358, fu soppresso nel 1873. I Domenicani riuscirono a mandare avanti il loro collegio a Santa Maria sopra Minerva fino al 1884; l’esproprio non comportò la soppressione dell’istituto che rimase in funzione, come vedremo più oltre, e fu anzi ampliato con nuove facoltà, anche se dislocato in diverse zone di Roma.
Come nel 1840, anche nel 1870 i Gesuiti sopportarono il peso maggiore dell’opposizione anticlericale. «Con i tumulti che ebbero luogo in piazza a Roma, al grido di “Morte ai preti”, e con le autorità italiane determinate ad accelerare la transizione della città da enclave clericale a capitale di una “moderna” nazione, fu chiaro in breve tempo che la sicurezza del Collegio Romano non sarebbe stata garantita»30. Infatti, Roma era «appena occupata quando il Collegio Romano fu trasformato in caserma» e il venerato nome ne fu asportato dalla facciata31. La chiusura del Collegio Romano attrasse agli anticlericali più oppositori che non le altre università, in quanto esso aveva un carattere più spiccatamente internazionale32. I rettori dei collegi nazionali, sotto la leadership del Collegio scozzese, si appellarono al governo italiano e ai rispettivi governi nazionali, ma inutilmente, sostenendo che il Collegio Romano era più internazionale che italiano.
L’opposizione dello Stato italiano ai Gesuiti conobbe un’eccezione. Non si trattò di un teologo – come lo erano Perrone e Franzelin – ma di uno scienziato: il celebre astronomo padre Angelo Secchi. Quando il Collegio Romano fu secolarizzato, egli si rifiutò di lasciare il suo osservatorio. Il governo ricercò un compromesso, proponendogli di diventare astronomo di Stato o addirittura il direttore di tutti gli osservatori astronomici italiani. Ma padre Secchi rimase fedele alla causa gesuita e papale, e lo Stato non osò forzarlo. Egli rimase al suo posto fino alla morte, avvenuta nel 1878, allorché i Gesuiti tentarono di riprendere il controllo dell’osservatorio; ma il successore di Secchi fu espulso dal governo33.
Se, in generale, i Gesuiti del Collegio Romano furono vittime del processo di unificazione italiana, non possiamo tacere il caso del lucchese padre Carlo Passaglia34. Lo avevamo incontrato nel 1854, fervente sostenitore del dogma dell’Immacolata Concezione, stimato a tal punto da Pio IX da esserne incaricato di preparare il testo della relativa bolla pontificia. In realtà, l’alta stima di cui era oggetto la sua persona non durò a lungo. Passaglia era diventato professore al Collegio Romano nel 1844, ma dal 1850 si era accostato al cattolicesimo liberale. Era emersa allora una qual certa inclinazione razionalistica nella sua teologia. Quando il suo amico Clemens Schrader fu trasferito a Vienna, invano Passaglia cercò di farlo tornare. Successivamente si ammalò e dovette sospendere il suo insegnamento35. Nel gennaio del 1859 decise di abbandonare la Compagnia di Gesù36. Pio IX gli offrì un posto come docente alla Sapienza, ma nel 1861 egli fu attirato nell’orbita di Camillo Benso conte di Cavour fino a sposare la causa dell’unificazione nazionale. Cavour lo persuase a scrivere nel 1861 il Pro causa italica ad episcopos catholicos, un opuscolo con cui si invocava la fine del potere temporale del papa. Di lì a poco, il testo fu messo all’Indice, ma Passaglia fu ricompensato da Cavour con una cattedra di filosofia morale a Torino, e successivamente con un seggio al Parlamento italiano. Le scelte di Passaglia, molto discusse in quei giorni, sortirono un effetto dirompente presso la ‘pubblica opinione’ cattolica dell’epoca. Esse ci aiutano a evitare l’errore, piuttosto comune e grossolano, di presumere che gli ordini religiosi e le congregazioni siano stati in passato sempre e comunque ‘monolitici’. Il padre Passaglia divenne famoso ovunque in Italia, ma ciò non necessariamente giovò allo sviluppo del suo pensiero37. Anzi, la reputazione negativa acquisita in campo ecclesiale – ancorché egli si fosse riconciliato con la Chiesa in punto di morte – impedì al suo pensiero di influenzare la teologica cattolica. Cosa che avvenne solo a partire dal 1930 grazie a padre Sebastiano Tromp e, più tardi, ai cardinali Walter Kaspar e Yves Congar.
L’ostilità manifestata dal nuovo governo italiano nei confronti degli ordini religiosi e la volontà di liberare Roma dall’istruzione religiosa provocò seri danni non solo per i chierici ma anche, e forse soprattutto, per la gioventù in generale. Infatti, il Collegio Romano e l’Apollinare avevano entrambi, accanto agli istituti di teologia, scuole secondarie, che rappresentavano i migliori licei romani dell’epoca38. I Gesuiti furono autorizzati a continuare gli insegnamenti di teologia, ma le classi di liceo furono chiuse dal novembre 1870 in attesa dell’apertura, nel dicembre dello stesso anno, del liceo statale Ennio Quirino Visconti, con sede nelle stesse aule del Collegio Romano. La maggior parte delle classi di teologia, d’altra parte, riaprì per l’anno accademico 1870-1871, ma non si trattò che di un tentativo, visto che «nessuno sapeva quanto a lungo si sarebbe potuto continuare senza che intervenissero chiusure d’autorità»39.
Dal 1873 i Domenicani avevano dovuto lasciare la Minerva e continuare a insegnare in sistemazioni provvisorie. Allo stesso modo i Gesuiti dovettero infine lasciare il Collegio Romano, spostando i corsi di filosofia al Collegio scozzese e di teologia al Collegio germanico. Le cose andarono molto meglio nelle università gestite dal clero secolare – l’Apollinare e l’Urbaniana – che non subirono significative interruzioni nelle attività. Esse furono autorizzate a mantenere le loro proprietà – anche intestate alla Santa Sede – dal momento che non erano case religiose40. Nel 1870, a seguito della chiusura di così tanti collegi, l’Apollinare registrò un ampio incremento di studenti41. La principale università di Roma, la Sapienza, venne secolarizzata e continuò a funzionare, anche se senza le facoltà di teologia e di diritto canonico.
Per le università sopravvissute, nel 1873 il quadro complessivo della situazione era a dir poco sconfortante. Esse dovevano adattarsi a vivere in un clima anticlericale e senza il prestigio derivante in passato dall’esser facoltà pontificie nello Stato della Chiesa. Fu un tempo di dura prova: come continuare nelle proprie attività senza un solido patrimonio finanziario e culturale? Il clero secolare tentava di farlo senza il sostegno economico prima elargito dal governo papale, gli altri religiosi avevano perduto interi palazzi da loro impreziositi, biblioteche costruite nei secoli, rendite che li avevano sostenuti.
Tale condizione tuttavia fu transitoria: il personale docente affrontò le difficoltà con perseveranza. Questo periodo segnò non la fine delle università pontificie, bensì un nuovo inizio, e annunciò il rinnovamento degli studi ecclesiastici che sarebbe intervenuto sotto Pio XI. Nei successivi cinquant’anni le università tornarono a essere un faro per gli studi teologici e furono affiancate da numerosi altri istituti orientati ai bisogni di un mondo in rapida evoluzione.
I Domenicani rimasero nella loro sede temporanea e cercarono di espandersi con l’appoggio papale. Nel 1882 il Collegio di San Tommaso42 aggiunse la facoltà di filosofia e nel 1896 quella di diritto canonico, ampliamenti congiunti agli sforzi del Maestro generale per portare dall’estero più frati, in aggiunta a un personale principalmente italiano o spagnolo, così da internazionalizzare il corpo docente. I Domenicani furono inoltre favoriti dal rilancio del tomismo proposto nell’Aeterni patris da Leone XIII – anche se questi era stato influenzato più dai tomisti gesuiti, come il fratello Giuseppe Pecci, che non dai Domenicani43 –, da cui essi trassero nuovo impulso, specialmente nell’università romana intitolata all’Aquinate. La perseveranza e i positivi sviluppi del loro insegnamento ricevettero il riconoscimento papale nel 1906, allorché Pio X conferì il titolo di ‘pontificio’ al Collegio San Tommaso, insieme al diritto di conferire titoli equipollenti a quelli delle altre università cattoliche. Due anni dopo, nell’attribuire a s. Tommaso il titolo di doctor angelicus, Pio X cambiò il nome dell’università in Pontificio collegio Angelicum. Da quel momento il collegio trovò anche una sede più adatta in via S. Vitale: a soli trent’anni dall’espulsione dalla Minerva, i frati poterono aprire il nuovo secolo sotto buoni auspici, e la crescita di quegli anni prefigurava successi ancora maggiori.
Ma l’influenza di Leone XIII sulle università non si limitò al sostegno del tomismo. Egli fu responsabile della rifondazione del Collegio benedettino di Sant’Anselmo e finanziò la costruzione del monastero, consentendo ai Benedettini di partecipare con gli altri ordini allo sviluppo della vita intellettuale romana.
Per i Gesuiti del Collegio Romano, così come per i Domenicani, e nonostante il trauma subito con la perdita delle sedi storiche, l’esperienza di quegli anni fu in realtà positiva. Per sessant’anni dovettero accontentarsi di sistemazioni temporanee, ma in compenso essi mantennero il loro prestigio e poterono continuare a insegnare. Il numero degli studenti, crollato da un picco di 711 tra il 1869 e il 1870 a un minimo di 202 tra il 1873 e il 1874, nel 1900 risalì fino a 1.115, un livello che fu in genere mantenuto fino alla Prima guerra mondiale44. Del pari, le figure più eminenti del Collegio Romano guadagnarono in autorevolezza e considerazione: padre Camillo Tarquini, canonista e archeologo, fu creato cardinale da Pio IX nel 1873, anche se morì pochi mesi dopo, e nel 1876 lo stesso papa elevò alla dignità cardinalizia padre Johann Baptist Franzelin, a dimostrazione dell’affezione e della fiducia che egli nutriva per il Collegio. La denominazione di Collegio Romano era associata al palazzo e alla piazza omonima, che furono entrambi sgomberati dalla Compagnia. La secolarizzazione della Sapienza aveva reso vacante il rango di ‘università pontificia’, un titolo di cui nessun istituto accademico si era più fregiato; il Collegio Romano ricevette la nuova denominazione, quella con cui è conosciuto oggi, di Pontificia università Gregoriana.
Fino all’avvento di Leone XIII nel 1878, l’insegnamento alla Gregoriana rimase stabile. A quest’epoca, la scuola teologica predominante era una scolastica eclettica fortemente impregnata dall’elaborazione di Francisco Suarez; con la Aeterni Patris, Leone XIII cercò di imporre al suo posto una scuola tomistica dai tratti ancora più rigidi. Molti dei grandi teologi del passato erano morti, o in pensione, o trasferiti (o promossi, come nel caso del cardinal Franzelin). Nel giro di due o tre anni il personale docente fu interamente rinnovato45. Oltre a garantire la fedeltà al magistero di papa Pecci, ciò produsse l’ulteriore vantaggio per cui «per la prima volta dal ripristino della Compagnia il personale assunse un carattere internazionale»46, e comportò l’arrivo di uno dei nomi maggiori di quella generazione di docenti47, il padre Louis Billot. Figura di primo piano in campo teologico, durante il pontificato di Pio X fu il più fiero oppositore del Modernismo ed esercitò un ruolo non secondario nella definizione delle linee che sarebbero poi state alla base dell’enciclica Pascendi. Alcune delle espressioni del giuramento antimodernista provenivano direttamente dai suoi scritti48. Di origini alsaziane, il padre Billot fu uno dei pochi professori della Gregoriana che non si era formato a sua volta alla Gregoriana, avendo compiuto i suoi studi in Francia.
Sotto la minaccia modernista, e in particolare per reazione alle teorie diffuse da Alfred Loisy, fu fondato anche il Pontificio istituto biblico (il Biblicum), che doveva altresì innalzare un argine contro «il potenzialmente pericoloso ma eccellente» lavoro svolto dal domenicano Marie-Joseph Lagrange all’École Biblique di Gerusalemme49. La scelta del primo rettore, padre Leopold Fonck, suscitò un certo timore tra gli studiosi della Scrittura più progressisti. D’altra parte, «senza il suo entusiasmo e il suo instancabile impegno» il Biblicum non sarebbe certo fiorito in quella misura50. Non di meno, l’Istituto «manifestò un’influenza frenante sulle ricerche esegetiche»51 e Fonck, avversato da altri Gesuiti nonché dal cardinal Rafael Merry del Val, alla fine dovette dimettersi dopo aver accusato Pio XI d’essere troppo liberale52.
Oltre a consentire ai Gesuiti di adottare il titolo di università pontificia, la secolarizzazione della Sapienza portò alla fondazione dell’Istituto Utriusque Iuris all’Apollinare. Il diritto civile si poteva ancora studiare alla Sapienza, ma le autorità ecclesiastiche temevano ora il rischio che i preti fossero troppo influenzati dalle idee liberali: lo scandalo di padre Passaglia non era molto lontano dalle loro menti. Alcuni dei professori laici di diritto civile alla Sapienza si erano dimessi piuttosto che continuare a lavorare sotto gli occupanti, e Pio IX aveva fondato già nel 1853 una facoltà di diritto canonico e civile all’Apollinare. Il nuovo Istituto consentì a quei professori laici d’insegnare all’Apollinare a fianco degli studiosi di diritto canonico.
Nel 1905 i Francescani conventuali poterono inaugurare la loro facoltà indipendente di San Bonaventura – il Seraphicum – erede dell’omonimo collegio chiuso d’autorità trent’anni prima. Questa nuova fondazione permise il rinascimento teologico dell’ordine, che si tradusse in un progressivo rafforzamento del rigore accademico, fino all’introduzione, nel 1925, dei corsi di dottorato, ben prima che la costituzione Deus scientiarum Dominus riformasse gli studi53.
Sebbene il numero dei cattolici dell’Est fosse naturalmente molto più ridotto di quello dei latini, nel 1876 la Congregazione per la propaganda della fede, poi responsabile delle Chiese orientali, fondò all’Apollinare il Collegio filologico orientale per l’insegnamento del diritto canonico orientale. Questo Collegio sopravvisse fino alla Prima guerra mondiale, quando venne chiuso per facilitare l’apertura del Pontificio istituto orientale. L’Orientale fu fondato da Benedetto XV nel 1917 e fu rivoluzionario nell’ammettere studenti non in visibile unità con la Chiesa cattolica. L’istituto non riuscì tuttavia a prosperare e l’allora presidente, monsignorIldefonso Schuster, consigliò a Pio XI di affidarlo alla Compagnia di Gesù. Il papa seguì il consiglio diSchuster, e scelse come presidente padre Michel d’Herbigny, più tardi controverso vescovo clandestino nella Russia sovietica. Il legame esistente con i Gesuiti autorizzò i professori della Gregoriana e del Biblicum a cooperare anche con l’Orientale. Ciò intensificò i rapporti reciproci, e portò Pio XI a istituire un Consorzio gregoriano che legittimava questa collaborazione senza compromettere le autonomie di ciascuno54.
La limitazione all’accesso dei chierici alla Sapienza per lo studio del diritto canonico comportò invece l’istituzione della facoltà di diritto canonico alla Gregoriana. Tentativi simili si erano verificati, per la verità, già durante il secolo XVII, ma l’opposizione della Sapienza li aveva soffocati sul nascere. Fin dall’inaugurazione della nuova facoltà, Pio IX aveva incaricato Franz-Xavier Wernz di dirigerla e «fu ampiamente grazie a lui che la Gregoriana svolse un ruolo così rilevante per lo sviluppo della materia nei successivi quarant’anni»55. All’apice della sua carriera il padre Wernz, che sarebbe poi arrivato a ricoprire la carica di generale della Compagnia, seppe estendere la sua influenza sull’insegnamento del diritto canonico dalla Gregoriana a «tutti i seminari d’Europa e d’America»56. Proprio come avevano fatto i teologi gregoriani per il Vaticano I, così i canonisti della nuova facoltà supportarono il cardinalPietro Gasparri nel predisporre la redazione del primo codice di diritto canonico; i padri Benedetto Ojetti e Pedro Vidal furono dapprima nella commissione preparatoria, e più tardi nella commissione interpretativa. E del resto, chi meglio di loro avrebbe potuto sedervi?57
Ma Pio X si dedicò anche al rinnovamento della vita spirituale e liturgica della Chiesa, e nel 1903 pubblicò un motu proprio per la riforma della musica sacra: Tra le sollecitudini. Per facilitarne l’applicazione egli fondò l’Alta scuola di musica sacra, che divenne facoltà nel 1914.
Nel 1925, inoltre, fu inaugurato il Pontificio istituto di archeologia cristiana58 per incoraggiare studi in archeologia della Chiesa primitiva; e nel 1926, vicino a Tunisi, il Pontificio istituto di studi arabi e islamici, per promuovere gli studi sull’Islam, la cultura araba, le relazioni con il cattolicesimo.
Nello stesso anno l’Urbaniana traslocò dalla sua vecchia sede a Trinità dei Monti al Gianicolo. Lo sfarzo di questi nuovi edifici, criticato da alcuni, fu difeso da Pio XI, e poi eguagliato dai nuovissimi palazzi eretti al Laterano per l’Apollinare – da allora conosciuto semplicemente come il Laterano – e a piazza della Pilotta per la Gregoriana59.
Malgrado questi impulsi positivi, emerse in questi anni il timore che la qualità della formazione universitaria romana non reggesse in misura soddisfacente il confronto con altri centri di studi europei. I vescovi scozzesi «cominciavano a dubitare del valore dei dottorati romani rispetto ai loro equivalenti britannici» giacché, come ebbe a dire il vescovo di Dunkeld, «è fonte di non piccola sorpresa trovare giovani usciti dal Collegio [scozzese]» con il dottorato in Teologia60. Gli studenti del Collegio Inglese non erano autorizzati a ottenere il dottorato senza il permesso del loro vescovo e del cardinale protettore61.
A Roma il dottorato era conferito come titolo di studio minimo dopo qualche anno di corso, e si conseguiva senza aver maturato una significativa esperienza di ricerca. Alla Gregoriana uno studente otteneva il dottorato in teologia dopo quattro anni, quando lo stesso periodo era richiesto a Lovanio semplicemente per ottenere il bachelor’s degree (laurea)62. Ciò era riconosciuto come insoddisfacente dalle università stesse: nel 1922 la Santa Sede autorizzò la Gregoriana a conferire il titolo post-dottorale di magister aggregatus, che non era certo un attestato di fiducia nei confronti del dottorato. Non che queste debolezze strutturali implicassero pigrizia o mancanza di ambizione da parte degli studenti. Al pari di suoi colleghi di altri collegi, il rettore del Collegio Nordamericano «non si stancava mai di motivare e spronare i suoi studenti a lavorare duramente, a battere il Collegio Irlandese e riportare quante più onorificenze possibili»63. C’era un senso di orgoglio negli studi che andava canalizzato meglio. Alla radice della Deus scientiarum Dominus ci fu proprio quest’esigenza di rafforzare le facoltà ecclesiastiche di scienze sacre.
Nel corso degli anni Venti si temette dunque che il livello delle università pontificie nel mondo non fosse quello che avrebbe dovuto essere. Abbiamo già segnalato l’impressione negativa destata dal fatto che, a Roma, il dottorato si ottenesse al compimento del livello minimo di studio; ma le altre scuole nel mondo erano afflitte da problemi forse ancora peggiori. Pio XI riteneva indispensabili dei buoni studi in scienze sacre, e questo lo convinse a elevarne il livello. In concreto, egli supervisionò direttamente alcune delle tesi di dottorato in preparazione, mentre sul piano istituzionale nominò un’apposita commissione per redigere una bozza della prima legislazione universale sulle università ecclesiastiche. Il documento finale, la costituzione apostolica Deus scientiarum Dominus, fu promulgata dal pontefice il 24 maggio 193164.
La commissione preparatoria che lavorò per anni a questo documento era composta di accademici – rettori, decani, professori – dalle maggiori università romane65. Gli studiosi considerarono dapprima lo stato delle facoltà esistenti, scoprendo che molte di esse non avevano intenti programmatici sufficientemente chiari, ma esistevano solamente per conferire titoli; mancava un sistema scientifico per distinguerle dai seminari e non c’era uniformità di criteri circa l’ammissione ai corsi e la loro durata. Gli approcci erano molto diversi: venivano ammessi studenti senza una formazione culturale di base, c’era spesso troppa indulgenza nell’esaminare i candidati, il dottorato veniva conferito dopo un corso di studi troppo corto, senza che fossero verificate le reali competenze degli studenti. Si ritenne inoltre che un alto numero di persone in possesso di titoli accademici elevati finisse per svalutare questi ultimi66.
La Deus scientiarum Dominus impose allora due criteri istituzionali per le facoltà: esse avrebbero dovuto risultare di una qualche reale utilità per l’epoca e il contesto di cui erano partecipi e al tempo stesso avrebbero dovuto essere dotate delle risorse necessarie per lo sviluppo di una fiorente attività scientifica. Modificò inoltre i corsi di studio esistenti: come titolo del corso di base fu prevista la licenza, mentre per il dottorato si richiesero da allora studi avanzati e la preparazione di una tesi. Gli studenti dovettero frequentare tutte le lezioni e partecipare in maniera più attiva ai seminari. I requisiti scientifici per i professori furono innalzati così come i livelli pedagogici e metodologici: cambiamenti che fecero capire ai docenti la serietà del compito in cui erano impegnati.
Con la costituzione «il programma di studi sacri fu riformato e l’età dell’oro inaugurata»67. L’applicazione pratica si scontrò con difficoltà e resistenze, ma fu infine un grande successo. Le disposizioni della Deus scientiarum Dominus condussero alla chiusura di molte facoltà teologiche in varie parti d’Europa, ma a Roma produssero un notevole incremento del livello culturale, al punto da «allineare le università cattoliche alle loro controparti secolari sul continente»68. La costituzione fu attuata dapprima al Laterano69, ma fu accolta subito da tutti gli altri istituti, stimolati a non vivere più nel passato, ma a confrontarsi con le sfide del futuro70. Malgrado i numerosi miglioramenti, essa non fu accolta da tutti con eguale entusiasmo. L’Urbaniana, ad esempio, che storicamente dipendeva dalla Congregazione per la propaganda della fede, fu posta sotto il controllo della Congregazione per i seminari al pari delle altre università: le autorità protestarono, e alla fine si trovò un compromesso in base al quale il prefetto della Congregazione di Propaganda Fide divenne gran cancelliere, e il segretario magnifico rettore71; al contempo la Congregazione per i seminari non fu più autorizzata a conferire titoli direttamente agli individui72.
Il periodo successivo alla Deus scientiarum Dominus segnò una crescita autentica per le università romane cosicché, in breve tempo, «il rinnovamento della vita universitaria ecclesiastica divenne realtà»73.
Nonostante la Seconda guerra mondiale, le università crebbero e ne furono fondate di nuove. La loro influenza fu significativa durante il pontificato diPio XII e poi in preparazione del Vaticano II. Ciascuna delle vecchie università, la Gregoriana, il Laterano, l’Urbaniana, l’Angelicum, e Sant’Anselmo, conobbe un notevole sviluppo, sia in termini di studenti iscritti sia come istituzioni nel loro complesso.
Oltre al Consorzio gregoriano, di cui s’è già detto, nel 1932 Pio XI aprì presso la Gregoriana la prima facoltà ecclesiastica di storia della Chiesa e missiologia. Nel 1955 fu avviato l’Istituto di scienze sociali, e nel 1958 quello di spiritualità. Sotto il profilo delle relazioni umane le cose cambiarono quando, nel 1951, gli studenti Gesuiti iscritti furono autorizzati a parlare con i loro compagni non-Gesuiti74. Nel tentativo di rafforzare la propria identità universitaria, la Gregoriana terminò nel 1950 i suoi corsi di scuola superiore e quelli seminariali, destinati a quanti non erano nelle condizioni di intraprendere studi di livello universitario.
Il Laterano istituì un Pontificio istituto pastorale nel 1957, e nel 1959 si vide conferita da Giovanni XXIII la nuova denominazione di Pontificia università lateranense. La cosa fu in parte controversa, sia perché il titolo era stato riservato fino a quel momento alla sola Gregoriana75, sia perché il Laterano era considerato centro della teologia più ‘conservatrice’ e ‘reazionaria’76. L’evento segnerà comunque il tentativo, da parte lateranense, di sfidare la supremazia della Gregoriana77. Papa Giovanni dimostrò invece, prima d’ogni altra cosa, il suo desiderio di consolidare forti e rispettabili istituzioni – la Curia, il seminario, le università tutte insieme alla cattedrale di Roma – per i bisogni della diocesi di Roma, piuttosto che per un implicito sostegno alla teologia del Laterano78.
L’Urbaniana fondò nel 1933 un Pontificio istituto scientifico missionario, che più avanti fu suddiviso in due facoltà, l’una di diritto canonico, l’altra di missiologia: ciò rifletteva la preoccupazione che la presenza di uno specifico istituto compromettesse la natura missionaria dell’intera università. Nel 1962Giovanni XXIII insignì inoltre l’Urbaniana del titolo di ‘università pontificia’, e fu ancora lui a separare il ruolo di rettore da quello di segretario della Congregazione per la propaganda della fede. Nel 1955 l’Angelicum diede vita a un Istituto di scienze sociali e nel 1963 fu insignito a sua volta del titolo di ‘università pontificia’. I Benedettini, che avevano perso la loro facoltà di diritto canonico nel 1927, fondarono a Sant’Anselmo un Istituto di studi monastici nel 1952 e nel 1961 il Pontificio istituto liturgico.
Questo periodo vide anche la fondazione di nuovi istituti. Due di questi furono ispirati dagli ideali salesiani di don Giovanni Bosco. L’Ateneo salesiano fu creato nel 1940 a Torino e poi spostato a Roma; ebbe inizialmente le facoltà di teologia, diritto canonico e filosofia e nel 1956 fondò un Istituto di pedagogia che successivamente divenne facoltà di scienze dell’educazione. Nel 1954 le salesiane Figlie di Maria Ausiliatrice fondarono a Torino un Istituto internazionale di pedagogia e scienze religiose che sarebbe più tardi (1970) diventato Pontificia facoltà di scienze educative Auxilium, con sede a Roma.
Tra le due guerre i Francescani ottennero l’approvazione canonica per l’Istituto di studi Antonianum. Le attività accademiche erano cominciate già nel 1887 ma la possibilità di approvazione canonica divenne concreta dopo il 1920; in realtà, solo nel 1933 la Congregazione per i seminari dichiarò l’Antonianum ateneo pontificio con il diritto di conferire baccalaureati, licenze, dottorati in teologia, diritto canonico e filosofia. Fino al 1966, studiare all’Antonianum era permesso esclusivamente ai membri dell’ordine francescano.
Nel 1930 la facoltà di musica sacra fu promossa al Pontificio istituto di musica sacra. Nello stesso anno i Carmelitani fondarono il Theresianum, unito nel 1957 a un Istituto di spiritualità, che due anni dopo aprì anche ai non Carmelitani, un privilegio che la facoltà teologica del Theresianum non concesse per almeno altri dieci anni. Il collegio dei Serviti, riaperto nel 1895, fu rinominato facoltà teologica Marianum nel 1950 e acquisì il titolo di ‘pontificia’ nel 1971; tra il 1950 e il 1960 il numero dei propri studenti crebbe da 50 a oltre 20079. Nel 1957 fu fondato dai Redentoristi l’Alfonsianum come Istituto speciale per lo studio della teologia morale, incorporato tre anni più tardi alla Lateranense: questa idea di facoltà teologica specializzata in un solo aspetto della teologia era nuova, ma prefigurava le necessità dei cambiamenti introdotti nel 1968 con le Normae Quaedam.
Si può ancora ricordare la proposta radicale con cui padre Alfons Maria Stickler dell’Ateneo salesiano, in un saggio apparso nel 1960 su «Seminarium»80, rivista ufficiale della Congregazione per i seminari, cercò di contrastare questo processo di moltiplicazione delle sedi universitarie. Con argomentazioni fondate, ma rimaste poi inascoltate, propose la creazione di un’unica Università pontificia in Roma, che avrebbe dovuto raccogliere i migliori professori di tutti gli istituti.
La storia di questi anni è ovviamente anche storia non solo di istituzioni, ma anche di uomini, come il famoso padre Felice Cappello, una figura importante della Gregoriana, insieme a padre Arthur Vermeersch, padre Giuseppe Filograssi – che collaborò alla definizione del dogma dell’Assunzione – e padre Pasquale D’Elia, «uno dei più noti sinologi del suo tempo»81. Ma non solo la Gregoriana ospitava teologi famosi. Alla Lateranense insegnava padre Pietro Parente, eminente teologo italiano del suo tempo, mentre – per citare solo un altro esempio fra i tanti – l’Angelicum ebbe padre Reginaldo Garrigou-Lagrange: uno strenuo oppositore delle nuove tendenze in teologia ma anche un innovatore originale nell’insegnamento della teologia spirituale, al punto che i suoi lavori sono ristampati ancora ai nostri giorni.
Il periodo precedente al Vaticano II vide inoltre l’ascesa di una nuova generazione di professori ovvero di sacerdoti che – come Juan Alfaro, Joseph De Finance, Bernard Lonergan, Zoltan Alszeghy e Maurizio Flick – portarono a una prudente apertura alla cultura moderna. Questi giovani docenti contribuirono a ridurre il divario tra vecchie e nuove tendenze in teologia. In questa sede non possiamo certo addentrarci nel dibattito sulla nouvelle théologie, ma la schematica topografia di cosa era sano e cosa potenzialmente pericoloso, delineata da Pio XII nella Humani generis, dovette essere da quei professori applicata nei dettagli, discernendo il meglio e trasmettendolo agli studenti nell’ambito di una cultura eminentemente ortodossa come quella romana. Se essi mancavano della ‘libertà’ che i teologi altrove esigevano, si rifacevano di questo deficit con l’influenza che esercitavano sulla Curia romana e sui seminaristi provenienti da tutto il mondo. La Gregoriana garantì una formazione ‘sicura’ ai suoi studenti, anche al prezzo di un certo isolamento dalle discussioni teologiche contemporanee82.
Il pontificato di Pio XII segnò il vero e proprio apogeo della scuola romana, e un periodo di grande influenza da parte di un gruppo di Gesuiti nordeuropei della Gregoriana, come i padri Robert Leiber, che fu segretario privato del papa, padre Franz Hürth che scrisse per lui un buon numero di discorsi, Gustav Grundlach, che aveva influenzato, a suo tempo, la Quadragesimo anno e che ispirò anche il magistero sociale diPio XII, Sebastian Tromp, che diede un importante contributo nella redazione dell’enciclica Mystici Corporis, e non da ultimo Agostino Bea, più tardi cardinale, che collaborò alla preparazione dell’enciclica Divino afflante Spiritu83.
Tuttavia, ancor prima del Vaticano II le università riconobbero la necessità di cambiare e di adeguarsi, in qualche misura, allo spirito moderno. Monsignor Flanagan, rettore del Collegio scozzese nei primi anni Sessanta, riteneva che alla Gregoriana ci volessero meno lezioni frontali e più studio privato, più seminari e una maggiore produzione di saggi e ricerche. Egli temeva si corresse il «grosso rischio che, nel giro di qualche anno, la Gregoriana fosse considerata antiquata e non più al passo coi tempi»84. La stessa Gregoriana cercò di coinvolgere gli studenti con circoli studenteschi e gruppi devozionali che li integrassero tra loro malgrado la provenienza da collegi diversi. Nel 1952 le feste tradizionali cominciarono con l’inaugurazione del servizio di canto natalizio. Le università erano dunque in evoluzione ma i più grandi cambiamenti – con le opportunità e i rischi inevitabilmente connessi – li avrebbe riservati il futuro con il Vaticano II.
Il Vaticano II è probabilmente il concilio ecumenico più studiato nella storia della Chiesa così come è stato ampiamente studiato il contributo ad esso offerto dalle università, di cui proveremo a tratteggiare nel prosieguo una sintesi generale.
La Curia nominò per il Vaticano II gli studiosi delle facoltà romane, tradizionali consultori dei dicasteri. Le università romane probabilmente non sono state protagoniste come al Vaticano I, ma hanno svolto comunque una parte assai significativa. Il 20% dei religiosi coinvolti nella preparazione del concilio era costituito da Gesuiti, molti dei quali provenienti dalla Gregoriana, dal Biblicum e dall’Orientale. C’erano undici Domenicani dell’Angelicum e tre Benedettini dal Sant’Anselmo. Il Laterano produsse il votum più ampio e articolato e fornì ben ventuno professori per la commissione preparatoria, l’Urbaniana nove, il Salesianum quattro, il Seraphicum e il Theresianum due ciascuno85.
Le università intrapresero il lavoro preparatorio con grande serietà. Il Laterano si considerò collegato in maniera privilegiata con il Sant’Uffizio, dedicandosi alla difesa della tradizione86. Il loro votum congiunto fu una decisa riaffermazione del tomismo e dei poteri pontifici e lasciava trasparire la ferma condanna della moderna teologia87. Il votum dei Domenicani dell’Angelicum cercò una reinterpretazione del giuramento antimodernista per combattere il relativismo della teologia moderna88. I Carmelitani del Theresianum arrivarono anche a chiedere condanne esplicite, soprattutto per l’opera di Pierre Teilhard de Chardin89.
Rispetto al Vaticano I, alla Gregoriana toccò certamente un ruolo di minor rilievo nel contesto del Vaticano II. I padri Sebastian Tromp e William Bertrams furono tra i pochi gesuiti gregoriani importanti90: la bozza di Tromp De Fontibus fu respinta dall’assemblea conciliare, ma Bertrams svolse una parte nient’affatto secondaria nella redazione della Nota explicativa praevia di Lumen Gentium. In ogni caso, la Gregoriana fornì al Vaticano II «un contributo utile, diretto ed efficace»91. I gesuiti del Biblicum furono abbastanza aperti agli sviluppi in materia di esegesi e suggerirono l’idea che il Sant’Uffizio dovesse garantire ai soggetti investiti di procedimenti a loro carico il diritto di difesa; essi presentarono inoltre un’esauriente discussione dell’antisemitismo92. I Gesuiti dell’Orientale cercarono di promuovere una maggior apertura, cercando di ricavare un’utile mediazione tra le regole sulla communicatio in sacris e il rispetto del rito cattolico orientale93.
Gli altri istituti preferirono evidenziare temi specifici. I Francescani dell’Antoniano e del Seraphicum e i serviti del Marianum si concentrarono su aspetti legati alla mariologia, quelli di Sant’Anselmo sulla liturgia, ma senza sollevare la questione della lingua94. Il Salesianum propose un originale approccio pedagogico nel suo votum e cercò di trattare i principali temi della vita ecclesiale95. I vota della Gregoriana e della Lateranense furono i due contributi-chiave delle università romane96.
La preparazione del concilio fu turbata da un’aperta disputa tra il Laterano e il Biblicum a proposito di teorie esegetiche. Nella cornice di quella che sempre più assomigliava a una «guerra di pamphlet» monsignor Antonino Romeo, sulla rivista del Laterano «Divinitas», attaccò l’ortodossia dei padri Stanislas Lyonnet e Maximilian Zerwick, difesi invece dal Biblicum: lo scambio di pamphlet «divenne bestseller»97. I due Gesuiti furono rimossi dall’insegnamento fino al pontificato di Paolo VI, e mentre la commissione biblica – influenzata in modo particolare da Agostino Bea – raccomandò ai professori del Laterano di desistere dai loro attacchi, il Sant’Uffizio sembrò confermare quanto sostenuto da Romeo. Fu un caso raro, sulla discreta scena romana, di dissapori teologici tra università sfociati in conflitto aperto98. Nel corso del tempo, il percorso di apertura e interazione con gli studi biblici contemporanei suggerito dal Biblicum sarebbe prevalso rispetto a quello di condanna e di chiusura difeso dal Laterano99.
Le discussioni conciliari causarono ai teologi delle università romane problemi anche a livello personale. Al Laterano, monsignor Piolanti e monsignor Pietro Parente erano colleghi e considerati generalmente conservatori, ma Piolanti si sentì tradito dal sostegno offerto da Parente all’idea di collegialità in Lumen Gentium e «intrattenne una delle sue classi sul ‘grande tradimento’ di un suo amico di un tempo e anima gemella teologica»100; in seguito Parente, diventato cardinale, descrisse se stesso come un «tenace difensore della sana teologia, non però un rigido conservatore»101. Piolanti litigò anche con Tromp della Gregoriana e rifiutò di partecipare a un incontro della commissione preparatoria perché Tromp l’aveva organizzato alla Gregoriana102.
Mentre all’inizio della preparazione del Vaticano II molti, all’università, avevano creduto che i risultati sarebbero stati determinati dalle opinioni dei teologi romani103, quando il concilio cominciò a prendere forma la questione divenne più chiara. Anche se non possiamo addentrarci nella storia del Concilio, vale la pena di ricordare il commento di un professore della Gregoriana di allora: «Le università pontificie che hanno invano tentato di guidare il concilio, sono guidate adesso dal Concilio»104.
Anche se «in tutte le facoltà si registra una grande differenza tra programmi e contenuto dei corsi prima e dopo il Concilio»105, le università ebbero solamente una menzione effimera nei documenti conciliari. Il programma prevedeva un’ampia trattazione della materia ma la scarsità di tempo costrinse a una più limitata considerazione106.
Nella dichiarazione conciliare sull’educazione cristiana Gravissimum Educationis 11, il concilio incoraggiò le università a «riesaminare le loro leggi in modo da promuovere maggiormente le scienze sacre e le discipline ausiliari e da guidare gli studenti, grazie all’impiego di metodi e strumenti aggiornati, verso una ricerca più approfondita». Tutte le facoltà furono invitate a offrire i loro suggerimenti. In seguito un gruppo ristretto di esperti li sintetizzò107. I risultati furono sottoposti, nel novembre del 1967, a un’assemblea formata da rappresentanti delle università ecclesiastiche di tutto il mondo. Alle richieste fu dato effetto pratico dalle Normae Quaedam pubblicate dalla Congregazione per l’educazione cattolica nel 1968.
Queste norme furono pensate come transitorie, per un periodo di sperimentazione fino alla stesura di un documento finale108. Anche se pubblicate dalla Congregazione, le norme non furono imposte dall’alto. Esse rappresentarono al contrario il risultato di uno sforzo comune, quello di trovare un sistema che permettesse una sostanziale unità tra bisogni differenti109.
Le norme partivano da quattro fondamentali principi: le facoltà avrebbero ora accolto laici di entrambi i sessi; ci sarebbe stata libertà di ricerca per i docenti e una collaborazione organica tra personale, studenti e personale ausiliario; ci sarebbe stata altresì maggiore cooperazione tra le facoltà ecclesiastiche e civili per l’integrazione della formazione cristiana con la cultura secolare. Le norme stabilirono i requisiti concreti per l’applicazione di queste linee programmatiche.
Fu un tempo di cambiamenti sia nella Chiesa sia nelle università civili, culminato nell’esperienza del 1968, e per questo furono introdotte modifiche essenziali anche per le università ecclesiastiche, sottoposte all’inesorabile legge del «rinnovarsi o morire»110.
Uno degli effetti delle nuove norme fu che il secondo ciclo – la licenza – diventò, in teologia, un vero e proprio percorso di specializzazione, smettendo così di essere la mera prosecuzione della teologia generale del primo ciclo – il baccalaureato. Di conseguenza, il Theresianum dovette decidere se incorporare l’Istituto di spiritualità alla Facoltà teologica per farne una specializzazione del secondo ciclo, optando poi per l’avvio di una nuova specializzazione in antropologia cristiana, che non esisteva altrove a Roma111. Gli Agostiniani inaugurarono l’Augustinianum come centro specializzato in studi patristici collegato alla facoltà teologica del Laterano e modellato sul Biblicum112.
Prima del Vaticano II le università erano «un mondo chiuso: esclusivamente maschile, quasi solamente di chierici e religiosi, con [sacerdoti come docenti]»113. In seguito al concilio, invece, l’insieme delle università fu aperto a tutti gli studenti senza distinzione – sacerdoti e seminaristi, religiosi uomini e donne, inclusi i laici. Anche se le università più grandi avevano storicamente accettato una più ampia varietà di studenti rispetto a quelle più piccole e meno prestigiose114, ora tutte offrivano le stesse condizioni. Il Theresianum non fu più riservato ai soli Carmelitani115 né tanto meno il Seraphicum ai soli frati conventuali116. L’arrivo di un massiccio numero di laici implicò un cambiamento per tutte le università romane; l’apertura richiese concreti sforzi per soddisfare bisogni formativi nuovi.
Le norme crearono inoltre un approccio maggiormente collegiale all’amministrazione delle università; laddove prima gli istituti avevano funzionato in modo molto gerarchico, ora tutte le componenti accademiche erano incoraggiate a collaborare alla gestione. I cambiamenti successivi al Vaticano II non furono ovviamente tutti positivi, e incrociarono un periodo di crisi dentro alla Chiesa e al mondo accademico. In alcune università ci si addolorò a causa di docenti che abbandonavano il clero o la vita religiosa, tentati dalla confusione postconciliare, e vi fu il caso di un gesuita che lasciò la Gregoriana pensando che la Compagnia nel suo complesso stesse diventando troppo liberale117. Ma nel complesso, di fronte alle sfide di questi anni, le università romane seppero rispondere elaborando un approccio aggiornato, in continuità con la tradizione, non concentrato unicamente sui propri problemi ma sul servizio alla Chiesa, nell’impegno a interpretare e applicare in concreto i necessari cambiamenti. Nel campo del diritto canonico, la Gregoriana offrì per esempio un corso nuovo ogni anno, di modo che i canonisti potessero rimanere sempre ben aggiornati sull’evoluzione del codice118.
Le Normae Quaedam del 1968 erano transitorie, con l’obiettivo di produrre un regolamento unitario finale, cui si giunse dopo dieci anni di sperimentazione. Una commissione, che includeva anche i futuri cardinali Paolo Dezza della Gregoriana e José Saraiva Martins dell’Urbaniana, fu istituita per stilare la nuova costituzione119.
Dopo una gestazione difficile, la bozza fu pronta nel luglio 1978 e approvata da Paolo VI, che però morì prima di poterla promulgare, così come Giovanni Paolo I. Giovanni Paolo II, che conosceva bene il documento, in quanto era stato membro della Congregazione per l’educazione cattolica come cardinale, riuscì a promulgarla nella primavera del 1979 dopo aver pubblicato la sua prima enciclica120.
Dopo la pubblicazione della costituzione apostolica Sapientia christiana e le relative Ordinationes, ogni università dovette riscrivere il proprio statuto e presentarlo alla Santa Sede per l’approvazione. In concreto, il compito di fare da tramite spetta al gran cancelliere, rappresentante della Santa Sede presso le università121.
Se da un lato si registra una certa continuità tra la Deus scientiarum Dominus e la Sapientia christiana, dall’altro si resero necessari un aggiornamento e un adeguamento ulteriori. Ci fu anche una significativa modifica nel titolo della costituzione apostolica. Nella sua prima versione si accennava alle «università di studi ecclesiastici», nella seconda invece alle «università ecclesiastiche». La prima metteva l’accento sugli studi, in termini di ortodossia, precisione, trasmissione della fede; la seconda insiste invece sul dinamismo della comunità universitaria122.
L’intera comunità universitaria venne promossa e sollecitata dopo il concilio. La costituzione apostolica Sapientia christiana provò a stabilire un equilibrio tra l’autorità personale del rettore e del decano e l’autorità collegiale delle varie commissioni123. In pratica, la sua applicazione fu calibrata in funzione della particolarità di ciascuna università; «[...] in generale [si può affermare che] alla Gregoriana e all’Angelicum il principio gerarchico è più presente [mentre] nelle altre università il principio di collegialità è più evidente»124. In tutte le università si sollecitava comunque maggiore cooperazione tra personale docente e studenti per un costante miglioramento della qualità degli studi.
Ma non si pensò solo ai documenti e ai testi normativi, dopo il concilio. Continuarono a esserci sviluppi istituzionali per soddisfare ai bisogni in perenne cambiamento di una Chiesa moderna. Nuove università e nuove facoltà vennero fondate.
Nel 1971 la Congregazione per l’educazione cattolica promosse la sezione di diritto canonico orientale al rango di facoltà, che divenne così la seconda facoltà all’Orientale125. Due anni dopo il Salesianum fu promosso ‘università pontificia’; nel 1986 si aggiunse un Istituto superiore di scienze religiose e nel 1988 un Istituto di comunicazioni sociali, promosso al rango di facoltà dieci anni più tardi.
Alla Gregoriana l’Istituto di scienze sociali divenne facoltà nel 1972. L’anno prima erano stati creati l’Istituto di scienze religiose e l’Istituto di psicologia. Nel 1997 essi furono affiancati da un Centro interdisciplinare di formazione per i formatori e nel 2002 da un Istituto di studi di religione e cultura. Nel 2005 a essi furono infine aggregati l’Istituto di beni culturali e la facoltà di storia della Chiesa.
Al Laterano l’Istituto di studi religiosi fu fondato nel 1973 e divenne Istituto superiore di scienze religiose nel 1987. Nel 1982 fu fondato l’Istituto per il matrimonio e la famiglia, Giovanni Paolo II, che ha attualmente sezioni in tutto il mondo. All’Angelicum l’Istituto di scienze sociali divenne facoltà nel 1974 e un Istituto superiore di scienze religiose fu fondato nel 1972. L’Antonianum fu promosso ‘università pontificia’ nel 2005.
Proprio come i più antichi ordini religiosi, i nuovi movimenti nella Chiesa acquisivano prestigio dal fatto di avere il proprio istituto superiore a Roma. Nel 1985 la sezione romana delle facoltà di teologia e diritto canonico dell’Università di Navarra (Opus Dei) fu costituita come Centro accademico romano della Santa Croce, che divenne Ateneo nel 1990 e Università pontificia nel 1998. Nel 1993 i Legionari di Cristo fondarono l’Ateneo Regina Apostolorum con le facoltà di teologia e filosofia, insignito nel 1998 del titolo di ‘pontificio’ e accresciuto della facoltà di bioetica nel 2001.
Con sempre maggiore frequenza si verificano casi di aggregazione (solo per il primo ciclo), di affiliazione (primo e secondo ciclo) e di accorpamento (fino al terzo ciclo), con cui gli istituti nel mondo possono essere ‘consorziati’ alle università romane, in modo da condividere la facoltà di conferire titoli ma anche il processo di garanzia della qualità nelle scienze sacre su larga scala126 in tutto il mondo127. Per esempio, l’Urbaniana ha ben 91 istituti associati, l’Angelicum 13 e il Salesianum 29128.
Uno dei più importanti cambiamenti in tempi recenti è stato apportato al curriculum di diritto canonico con il decreto Novo Codice129, che aggiunge un anno ulteriore al programma JCL e potenzia il periodo propedeutico filosofico-teologico per coloro che studiano diritto canonico senza una preparazione teologica.
Le università pontificie hanno conosciuto significativi cambiamenti lungo tutto il periodo preso in considerazione: esse non sono più ormai istituzioni esclusivamente maschili e clericali, ma centri di cultura aperti alla formazione dell’intera comunità cristiana secondo l’ispirazione dei rispettivi fondatori.
Hanno tutte accettato la moderna tecnologia – almeno fino a un certo livello – e informazioni sul loro attuale stato possono essere reperite sui loro website130, dove si trovano anche vari documenti – programmi di studi, ordines anni academici e così via – che consentono di farsi un’idea più precisa degli interessi e dello stato della ricerca. Documenti come la prolusione del rettore all’inizio dell’anno accademico restituiscono un’immagine realistica della vita universitaria e dei cambiamenti vissuti nell’anno precedente.
Gli studenti provengono ora da tutto il mondo e devono quindi trovare un approccio agli studi e alla ricerca che possa facilitare la loro formazione all’interno della tradizione cattolica universale, ma al contempo in armonia con le differenti culture in cui essi andranno a svolgere il loro servizio. Le università romane possono offrire un rimedio contro il ‘parrocchialismo’ e la ‘balcanizzazione’ della teologia, assicurando i legami con la Curia romana e la missione di un insegnamento ortodosso131.
Gli studi sono attualmente concepiti in un sistema a tre cicli. La laurea (bachelor’s degree) attesta il sapere istituzionale di base; la licenza certifica competenze specialistiche e approfondite che consentono di insegnare in ambienti non universitari (come per esempio i seminari); il dottorato attesta la maturità scientifica con la pubblicazione della dissertazione: esso apre la strada all’insegnamento nelle facoltà ecclesiastiche.
La situazione attuale non si presenta priva di sfide, e uno dei punti nodali è la lingua. Fino al Vaticano II si insegnava in latino e ciascuno aveva la stessa difficoltà nella comprensione, senza che predominasse un particolare gruppo nazionale. Pur essendo a Roma, personale docente e studenti erano di provenienza internazionale. Dopo il concilio le lezioni furono tenute in italiano, mentre altrove l’inglese e lo spagnolo erano divenute le lingue veicolari fondamentali. Il cambiamento fu ben accolto poiché aveva reso le lezioni più vivaci e spontanee132. Nel corso del tempo, però, questa situazione portò a tensioni, laddove alcune istituzioni – come l’Angelicum – offrivano programmi paralleli in italiano o in inglese e altri – come la Gregoriana – insistevano invece su una più severa padronanza dell’italiano. Poiché il 70% degli studenti a Roma non sono italiani133 queste discrepanze hanno comportato un massiccio spostamento di studenti dai corsi in italiano a quelli in inglese, visto che nei primi i docenti non italiani sono limitati nella comunicazione, e gli studenti nella comprensione134.
Esiste anche un dibattito focalizzato sul numero eccessivo di università romane. I problemi evidenziati da Alfons Maria Stickler nel 1960 nel suo intervento a favore di un’unica università romana sono oggi più attuali che mai. Ci sono autorità secondo cui troppi istituti riproducono lo stesso lavoro e conferiscono troppi titoli di dottorato135. Altri pensano che le differenti istituzioni riflettano i vari carismi all’origine, e che ciascuna abbia il suo ruolo particolare. A sostegno di questo argomento basti ricordare, come abbiamo visto sopra, che la Santa Sede ha autorizzato la fondazione di due nuove università negli ultimi venticinque anni. L’esistenza di diverse e varie istituzioni dovrebbe di per sé aiutare a garantire un sano pluralismo136. A un gran numero di istituzioni accademiche corrisponde poi un gran numero di studenti: negli ultimi anni la sola Gregoriana ha avuto in media 3.000 studenti circa, in alcuni anni 3.500137, a testimonianza di una forte domanda rivolta agli studi ecclesiastici romani.
Le università non possono essere statiche. Il loro dinamismo è imposto in parte dall’interno, in parte dall’esterno. Tra i criteri esterni vi è la necessità di assicurare che i livelli accademici corrispondano negli studi pontifici a quelli degli istituti statali comparabili. Uno degli approcci adottati dalla Santa Sede per facilitare il raggiungimento di questo obiettivo è stato la partecipazione al ‘processo di Bologna’ per la creazione un’area europea di formazione superiore all’interno della quale tutti i corsi e i titoli accademici devono essere della stessa qualità138.
Per facilitarne l’applicazione, la Santa Sede ha istituito un’agenzia per la promozione della garanzia di qualità negli studi ecclesiastici. L’Avepro – Agenzia della Santa Sede per la valutazione e la promozione della qualità delle università e facoltà fcclesiastiche – si compone di membri scelti fra le principali istituzioni della formazione ecclesiastica superiore, ma, in linea con il tema di questo saggio, è un professore di un’università romana colui che è stato scelto come direttore – padre Franco Imoda, ex rettore della Gregoriana. Il chirografo fondante ha stabilito tre criteri per la qualità che tutti gli istituti romani dovranno sviluppare: approfondimento del sapere sulla rivelazione cristiana attraverso la ricerca e l’insegnamento; formazione degli studenti all’insegnamento e all’attività nella Chiesa; assistenza alla gerarchia nel lavoro di evangelizzazione139.
All’inizio del periodo analizzato in questo contributo ovvero nel lontano 1858, John Francis Maguire, membro irlandese del Parlamento inglese, poté scrivere che la «facoltà di filosofia al Collegio romano [era] superiore a qualunque università o collegio nel Regno Unito o in Irlanda, senza escludere Oxford o Cambridge»140. L’obiettivo del coinvolgimento della Santa Sede nel processo di Bologna è che questo possa tornare a esser vero anche in futuro per tutte le università ecclesiastiche.
1 Per una bibliografia generale si riportano i seguenti testi: Pul, La Pontificia Università Lateranense: Profilo della Sua Storia, dei Suoi Maestri e dei Suoi Discepoli, Roma 1963; L’Institut Pontifical d’Archéologie Chrétienne, Journal de cinquanta annés (1925-1975), éd. par R. Jacquard, Roma 1975; L’Università Gregoriana del Collegio Romano nel Primo Secolo dalla Restituzione, Tipografia Cuggiani, Roma 1924; Pontificia Universitas Urbaniana: Anno Giubilare del 350.mo della Fondazione 1627-1977, Roma 1977; Seraphicum: La Nuova Sede del Collegio Internazionale e della Pontificia Facoltà di S. Bonaventura dei Frati Minori Conventuali in Roma, Roma 1964; G.C. Alston, s.v. The Benedictine Order in The Catholic Encyclopaedia, II, New York 1907, http://www.newadvent.org/cathen/02443a.htm (23 ottobre 2010); P. Conlon, St Isidore’s College Rome, Roma 1982; W. Fanning, s.v. Camillus Tarquini in The Catholic Encyclopaedia, XIV, New York 1912, http://www.newadvent.org/cathen/14458c.htm (23 ottobre 2010); J. Pohle, s.v. Angelo Secchi in The Catholic Encyclopaedia, XIII, New York 1912, http://www.newadvent.org/ cathen/13669a.htm (23 ottobre 2010); Pontificia Università Gregoriana, Liber Annualis 2008, Roma 2009; Sacred Congregation for Catholic Education, s.v. Vatican City, State of the, in The International Encyclopaedia of Higher Education, IX, ed. by A. Knowles, San Francisco 1977, pp. 4323-4327; J. Savoie, M. Fréchard, Le Séminaire Français après le Concile Vatican II (1969-1994), in 150 Ans au Cour de Rome: Le Séminaire Français 1853-2003, éd. par P. Levillain, P. Boutry, Y.M. Fradet, Paris 2004; L. Scheffczyk, Main Lines of the Development of Theology between the First World War and the Second Vatican Council in History of the Church, ed. by H. Jedin, X, The Church in the Modern Age, London 1981, pp. 260-298; M. Smith, Life at the Irish College during the Second Vatican Council, in The Irish College, Rome, and Its World, ed. by D. Keogh, A. McDonnel, Dublin 2008.
2 Tecnicamente dette ‘università ecclesiastiche’; ‘pontificio’ è titolo onorifico che può essere attribuito a istituzioni di diverso tipo: università ecclesiastiche, università cattoliche, collegi nazionali ecc.
3 Canoni 815; 816 §1 Codice di diritto canonico.
4 Come l’Università cattolica del Sacro Cuore o la Catholic University of America.
5 Dato che il corpo docente è numericamente più ristretto rispetto a quello delle università secolari, i singoli hanno molta più influenza sullo sviluppo e l’’ideologia’ di queste università.
6 Fino alla secolarizzazione, intervenuta con l’Unità, la ‘Sapienza’ era l’università dello Stato pontificio in Roma.
7 Il titolo di ‘pontificio’ è attribuito dal segretario di Stato e non dà alcuna indicazione sul tipo di titoli rilasciati. Cfr. W. Edyvean, Some Guidelines for Determining Equivalencies between Academic Titles in the USA System and that of the Ecclesiastical Universities and Faculties of the Holy See, «Seminarium», 1991, 44, p. 353.
8 La distinzione tra pontificia università e pontificio ateneo non è chiara. Si dice spesso che un ateneo abbia solo due facoltà, mentre un’università tre o più, per esempio R. Norrman, Pontifical Universities and Faculties in Rome: Three Levels of Education in The Wisdom of Rome: report from a field study to Rome, ed. by B. Temnéus, Uppsala 1998, p. 9. Ma non esiste alcuna indicazione in nessuno dei documenti principali, Deus Scientiarum Dominus, Normae Quaedam, Codex Iuris Canonici o Sapientia Christiana. Ci sono anche difficoltà empiriche: il Biblicum e l’Orientale hanno ciascuno due facoltà ma non sono atenei; Sant’Anselmo e Regina Apostolorum hanno entrambi più di due facoltà ma non sono università. La miglior spiegazione per la situazione attuale, è che le tre facoltà universitarie sono teologia, filosofia e diritto canonico; le due facoltà degli atenei sono teologia e filosofia. L’origine di questa distinzione risiede nella storia della Curia romana. Cfr. canone 19 Codice di diritto canonico.
9 Dieci, se contiamo il Pontificio istituto orientale e il Pontificio istituto biblico come separati dalla Gregoriana, con cui sono consorziati ma da cui mantengono una relativa indipendenza; nell’Annuario pontificio sono associati.
10 L’Annuario Pontificio pubblica ogni anno una lista aggiornata delle istituzioni ecclesiastiche di istruzione superiore.
11 G. Filograssi, Teologia e Filosofia nel Collegio Romano dal 1824 ad Oggi, «Gregorianum», 35, 1954, p. 525.
12 Y. Chiron, Pope Pius IX: The Man and the Myth, Kansas City, 2005, p. 24.
13 P. Caraman, University of the Nations: The Story of the Gregorian University with Its Associated Institutes, the Biblical and Oriental 1551-1962, New York, 1981, p. 100.
14 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 101.
15 L’Università Gregoriana, cit., p. 23.
16 I padri Perrone, Passaglia e Schrader.
17 M. Wirth, Les Universités Pontificales à Rome de 1815 à 1962: Un Survoi Historique, «Salesianum» 64, 2002, 11, p. 117.
18 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 101.
19 W. Brandmüller, Light and Shadows: Church History amid Faith, Fact and Legend, San Francisco 2009, p. 221.
20 R. Aubert, La Composition des Commissions Préparatoires du Premier Concile du Vatican in Reformata Reformanda: Festgabe für Hubert Jedin, II, hrsg. von E. Iserloch, K. Repgen, Münster 1965, pp. 447-482.
21 La controversia su padre Passaglia sarà analizzata nella sezione successiva.
22 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 102.
23 G. Filograssi, Teologia e Filosofia, cit., p. 530.
24 G. Martina, Storia della Compagnia di Gesù in Italia (1814-1983), Brescia 2003, pp. 152 segg.
25 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 103.
26 J. Villar, La Escuela Romana y la Cost. Pastor Aeternus del Concilio Vaticano I, «Annuarium historiae conciliorum» 35, 2003, 104-149, p. 115.
27 M. Williams, The Venerable English College. A History 1579-1979, London 1979, p. 130.
28 J. Villar, La Escuela Romana, cit., p. 104.
29 G. Martina, Storia della Compagnia, cit., p. 126.
30 R. McCluskey, Tribulations: 1820-1922, in The Scots College Rome 1600-2000, ed. by R. McCluskey, Edinburgh 2000 p. 87.
31 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 104.
32 I Conventuali tentarono analogamente di rivendicare carattere internazionale al San Bonaventura, ma non riuscirono a ottenere attenuazioni ai provvedimenti, Seraphicum, cit., p. 71.
33 G. Martina, Storia della Compagnia, cit., p. 132.
34 U. Benigni, s.v. Carlo Passaglia in The Catholic Encyclopaedia, XI, New York 1911, http://www.newadvent.org/cathen/ 11518b.htm (23 ottobre 2010).
35 G. Martina, Storia della Compagnia, cit., p. 146.
36 A differenza di molti storici, Martina ritiene sulla base della documentazione archivistica che i Gesuiti avessero provato a trattenere Passaglia; ibidem, p. 149.
37 Ibidem, p. 151.
38 V. Paglia, I Programmi Governativi nel Ginnasio-Liceo dell’Apollinare, «Rivista di storia della Chiesa in Italia», 35, 1981, p. 44.
39 R. McNamara, The American College in Rome, Rochester NY 1956, p. 198.
40 L’Accademia, ancorché famosa per aver formato diplomatici vaticani ed esponenti di spicco della Curia Romana, tentò di convincere le autorità statali di essere un’istituzione laica più che clericale, visto che non aveva nessun breve o bolla di fondazione. G. de Marchi, La Pontificia Accademia Ecclesiastica – cenni storici (1701-1951) in La Pontificia Accademia Ecclesiastica 1701-1951, Città del Vaticano 1951, p. 35.
41 Pul, La Pontificia Università Lateranense, cit., p. 9.
42 Collegium Divi Thomae de Urbe, come fu formalmente chiamato il loro collegio alla Minerva, anche dopo lo sfratto dalla proprietà.
43 Non dobbiamo tuttavia dimenticare il cardinal Zigliara, tomista domenicano che fu stretto collaboratore di Leone XIII quando questi era arcivescovo di Perugia.
44 Pontificia Università Gregoriana, Liber Annualis 2008, Roma 2009, p. 408.
45 R. Aubert, P.E. Crunican, J.T. Ellis, et al., The Christian Centuries, V, The Church in a Secularised Society, London 1978, p. 173.
46 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 107.
47 R. Aubert, The Christian Centuries, cit., p. 174.
48 G. Filograssi, Teologia e Filosofia, cit., p. 534.
49 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 117.
50 Ibidem.
51 L. Scheffczyk, Main Lines of the Development, cit., p. 284.
52 G. Martina, Storia della Compagnia, cit., p. 202.
53 Seraphicum, cit., pp. 71-80.
54 P. Caraman, University of the Nations, cit., pp. 130-132.
55 Ibidem, p. 111.
56 Ibidem.
57 G. Gallagher, Cenni Storici sulla Facoltà di Diritto Canonico in Universitas Nostra Gregoriana, ed. by P. Gilbert, cit., pp. 286 segg.
58 L’Institut Pontifical d’Archéologie, éd. par R. Jacquard, cit.
59 Anche se la Gregoriana domina la piazza, il Biblicum vi era in realtà ubicato da anni prima che la Gregoriana vi fosse trasferita.
60 R. McCluskey, Tribulations, cit., p. 95.
61 M. Williams, The Venerable English College, cit., p. 129.
62 M. Gilbert, The Pontifical Biblical Institute: A Century of History (1909-2009), Roma 2009, p. 78.
63 R. McNamara, The American College in Rome, cit., p. 393.
64 Pio XI, const. Deus Scientiarum Dominus, AAS, 23, 1931, pp. 241-262 [seguito dalle Ordinationes 263-284].
65 Padre Gemelli OFM dell’Università Cattolica del Sacro Cuore fu l’unico membro non di Roma. Gli altri provenivano dalla Gregoriana, dall’Angelicum, dal Laterano, dal Biblicum e dall’Antonianum.
66 F. Marchisano, La Legislazione Accademica Ecclesiastica. Dalla Costituzione Apostolica Deus Scientiarum Dominus alla Costituzione Apostolica Sapientia Christiana, «Seminarium» 33, 1980, p. 336.
67 C. Confalonieri, Pius XI - A Close Up, «Altadena», p. 214. Si noti che il cardinale Confalonieri era stato sia segretario privato di Pio XI che segretario della Congregazione per i seminari.
68 M. Williams, The Venerable English College, cit., p. 163.
69 Sacred Congregation for Catholic Education, Vatican City, State of the, cit., p. 4324.
70 A. Montan, L’Educazione Cattolica nell’Ordinamento della Chiesa, «Apollinaris» 68, 1995, 1-2, 51-90, pp. 56 segg.
71 P. Parente, La Nostra Università Oggi e Domani, «Euntes Docete» 30, 1977, p. 366.
72 G. May, The Code of Canon Law and the Development of Canon Law to 1974 in History of the Church, ed. by H. Jedin, X, cit., p. 156.
73 C. Confalonieri, Pius XI – A Close Up, cit., p. 214.
74 G. Martina, The Historical Context in which the Idea of a New Ecumenical Council was Born, in Vatican II: Assessment and Perspectives, ed. by R. Latourelle, I, New Jersey 1988, p. 47.
75 La Gregoriana continua a rivendicare un posto speciale tra le università pontificie, essendo ‘pontificia’ plenissime iure ac nomine, cosa confermata nel 1999 dal Segretario di Stato. Cfr. G. Ghirlanda, Lo Statuto Attuale della Gregoriana, in Universitas Nostra Gregoriana, ed. by P. Gilbert, Roma 2006, p. 372.
76 Cfr. J.D. Durand, Il Vaticano, Roma e L’Italia (1929-1959), in La PUL e la Preparazione del Concilio, a cura di P. Chenaux, Roma 2001, pp. 26 segg.
77 P. Chenaux, L’Influence des Écoles Théologiques dans la Rédaction de la Constitution Pastorale Gaudium et Spes (1962-1965), «Annuarium historiae conciliorum» 35, 2003, p. 153.
78 M. Manzo, Papa Roncalli e il Laterano, in La PUL e la Preparazione, a cura di P. Chenaux, cit., p. 38.
79 G. Besutti, L. Peretto, La Facoltà Teologica Marianum 1950-1965, Roma 1965, p. 7.
80 A. Stickler, Pontificia Universitas Romana, «Seminarium» 14, 1962, 4, pp. 651-670.
81 P. Caraman, University of the Nations, cit., pp. 135 segg.
82 G. Martina, The Historical Context, cit., p. 48.
83 G. Martina, Grégorienne (Université) in Dictionnaire d’Histoire et de Géographie Ecclésiastiques, XXIII, éd. par R. Aubert, Paris 1988, col. 86.
84 J. McIntyre, Challenges: 1922-2000, in The Scots College Rome 1600-2000, ed. by R. McCluskey, Edinburgh 2000, p. 132.
85 A. Indelicato, Formazione e Composizione delle Commissioni Preparatorie, in Verso il Concilio Vaticano II (1960-1962): Passaggi e Problemi della Preparazione Conciliare, a cura di G. Alberigo, A. Melloni, Genova 1993, pp. 53-54.
86 A. Riccardi, Vescovi d’Italia, cit., p. 72.
87 Ibidem, p. 73.
88 Ibidem, p. 78.
89 Ibidem, p. 79.
90 G. Martina, Storia della Compagnia, cit., pp. 326 segg.
91 G. Martina, The Historical Context, cit., p. 55.
92 A. Riccardi, Vescovi d’Italia, cit., p. 74.
93 Ibidem, p. 76.
94 Ibidem, pp. 78-79.
95 Ibidem, p. 77.
96 A. Marchetto, Il Concilio Ecumenico Vaticano II: Contrappunto per la Storia, Città del Vaticano 2005, p. 79.
97 M. Smith, Life at the Irish College, cit., pp. 259 segg.
98 Cfr. R. Burigana, Tradizioni Inconciliabili? La ‘Querelle’ tra L’Università Lateranense e L’Istituto Biblico nella Preparazione del Vaticano II, in La PUL e la Preparazione, a cura di P. Chenaux, cit., pp. 51-66.
99 In maniera interessante, il libro pubblicato in occasione del centenario del Biblicum non menziona il Laterano ma solo «Divinitas». Tecnicamente «Divinitas» era separata dall’università, essendo pubblicata dall’Accademia romana di Teologia. Cfr. M. Gilbert, The Pontifical Biblical Institute: A Century of History (1909-2009), Rome 2009, pp. 160-186.
100 M. Smith, Life at the Irish College, cit., p. 261.
101 P. Parente, La Nostra Università, cit., p. 365.
102 M. Manzo, Papa Roncalli e il Laterano, cit., p. 38.
103 É. Fouilloux, The Antepreparatory Phase: The Slow Emergence from Inertia (January 1959-October 1962), in History of Vatican II: Volume One – Announcing and Preparing Vatican II, Towards a New Era in Catholicism, ed. by G. Alberigo, Maryknoll/Leuven 1995, p. 136.
104 M. Chappin, From Quiet Firmament to Expanding Galaxy: The Pontifical Universities in Rome Before and After the Second Vatican Council, in Université, Eglise, Culture: D’Un Paradigme à Un Autre, L’Université Catholique Aujuord’hui, éd. par P. Hurtubise, Paris 2001, p. 53.
105 G. Martina, The Historical Context, cit., p. 55.
106 P. Dezza, Le Facoltà di Scienze Sacre nel Rinnovamento Conciliare, «Seminarium», 1, 1985, p. 124.
107 F. Marchisano, La Legislazione Accademica Ecclesiastica, cit., p. 339.
108 P. Dezza, Le Facoltà di Scienze Sacre, cit., p. 130.
109 G. Baldanza, La Missione Odierna delle Università e Facoltà di Studi Ecclesiastici, «Seminarium», 4, 1968, p. 740.
110 A. Javierre, Criterios Directivos de la Neuva Constitucion, «Seminarium», 33, 1980, p. 354.
111 M. Caprioli, Pontificia Facultas Theologica Teresianum 1935-1985, Roma 1985, pp. 46-48.
112 P. Grech, L’Istituto Patristico ‘Augustinianum’ di Roma, «Seminarium» 30, 1977, pp. 171-172.
113 M. Chappin, From Quiet Firmament, cit., p. 44.
114 La Gregoriana aveva ammesso i non Gesuiti fin dall’inizio e l’Angelicum (o almeno il suo antecedente Collegio) era stato aperto ai non Domenicani fin dal XVIII secolo.
115 M. Caprioli, Pontificia Facultas Theologica Teresianum 1935-1985, cit., p. 43.
116 M. Chappin, From Quiet Firmament, cit., p. 40.
117 P. Caraman, University of the Nations, cit., p. 374.
118 J. Savoie, M. Fréchard, Le Séminaire Français, cit., p. 182.
119 F. Marchisano, La Legislazione Accademica Ecclesiastica, cit., p. 345.
120 Giovanni Paolo II, const. Sapientia Christiana, AAS, 71, 1979, pp. 471-499 [seguito dalle Ordinationes 500-521].
121 A. Pompei, Natura e Finalità Specifiche delle Università e Facoltà Ecclesiastiche, «Seminarium», 33, 1980, pp. 422 segg.
122 A. Javierre, Criterios Directivos, cit., pp. 363 segg.
123 P. Dezza, La Constitution Apostolique ‘Sapientia Christiana’, «Nouvelle Revue Théologique», 101, 1979, p. 745.
124 M. Chappin, From Quiet Firmament, cit., pp. 55 segg.
125 V. Poggi, Il Settantennio del Pontificio Istituto Orientale, «Seminarium», 3, 1987, p. 216.
126 P. Dezza, Le Facoltà di Scienze Sacre, cit., p. 134.
127 Pontificia Universitas Urbaniana, cit., p. 53.
128 J.D. Durand, Les Universités Pontificales, cit., p. 133.
129 Cfr. G. Ghirlanda, Riforma degli Studi nelle Facoltà di Diritto Canonico, «Periodica» 92, 2003, pp. 193-217.
130 www.urbe.it.
131 M. Chappin, Insegnare a Roma: Una Missione. La Rilevanza delle Istituzioni Pontificie, in Missione e Carità: Scritti in Onore di P. Luigi Mezzardi CM, a cura di F. Lovison, L. Nuovo, Roma 2008, p. 85.
132 G. Martina, La Chiesa in Italia negli Ultimi Trent’Anni, Roma 1976, p. 107.
133 Congregation for Catholic Education, Bologna Process National Report of the Holy See 2007, p. 18. http://www.ond. vlaanderen.be/hogeronderwijs/bologna/links/National-reports-2007/National_Report_Holy-See2007.pdf (23 ottobre 2010).
134 M. Chappin, Insegnare a Roma, cit., p. 87.
135 Cfr. G. Ghirlanda, Riforma degli Studi, cit., p. 208.
136 M. Chappin, Insegnare a Roma, cit., p. 94.
137 Pontificia Università Gregoriana, Liber Annualis 2008, Roma 2009, p. 411.
138 Per maggiori informazioni sul processo di Bologna http:// www.ond.vlaanderen.be/hogeronderwijs/Bologna/ Informazioni sul coinvolgimento della Santa Sede nel processo, incluse relazioni periodiche sul suo sviluppo, possono essere reperite alla pagina http://www.ond.vlaanderen.be/hogeronderwijs/bologna/links/Holy_See.htm (23 ottobre 2010).
139 Benedict XVI, Chirograph Ecclesia Catholica and AVEPRO Statutes, AAS, 101, 2009, pp. 12-20, 3§1.
140 J.F. Maguire, Rome: Its Ruler and Its Institutions, New York 1858, p. 283.