Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La maturazione della suite di danze come genere strumentale è il punto di arrivo dell’evoluzione della danza negli stili e nelle forme nazionali che alimentano la crescita di un repertorio strumentale europeo nel Seicento. Sono due i principi strutturali che vi si trovano a confronto: il genere “antologico”, o libero accostamento di danze che attecchisce particolarmente nella scuola francese, e la tendenza alla sistematizzazione più o meno rigorosa di un ciclo di danze fisse (la suite come vera e propria forma) perseguita dai compositori tedeschi.
Definizioni
Il termine francese suite significa serie e nella sua accezione musicale indica infatti una composizione strumentale costituita da una serie di brani relativamente indipendenti l’uno dall’altro, ma ricondotti a unità nel “ciclo” della suite.
I brani della suite moderna possono essere di vario genere, ma nel suo periodo aureo, tra Sei e Settecento, la suite strumentale è esclusivamente un ciclo di danze. La stessa genesi della suite, che inizia almeno nel secolo precedente, è legata precisamente alla musica per danza e alla sua evoluzione da musica funzionale (legata al ballo di corte o popolare) a musica per così dire “astratta”, di puro ascolto. Questo percorso si inserisce nell’emancipazione della musica strumentale da quella vocale, e in termini più generali, nel suo divenire linguaggio autonomo e autosufficiente, svincolandosi da ambiti strettamente funzionali.
Per tutto il Seicento ciò che oggi chiamiamo suite corrisponde a un campo di forme e (soprattutto) denominazioni diversificate in ambito geografico: avremo così gli ordres francesi, le lessons o suites of lessons inglesi, le partiten o partien tedesche e le italiane partite.
La Francia: dai Gaultier a Louis Couperin
All’inizio del secolo il liuto è in Francia il principe degli strumenti, col passare degli anni la sua posizione si rafforza ulteriormente. Le ragioni di questo primato possono individuarsi nel disciplinato razionalismo della musica francese che Marin Mersenne lamenta nella sua Harmonie Universelle, preferendovi il perturbato e persino violento sommovimento dei sensi della musica italiana. È un linguaggio, quello francese, congeniale al timido liuto, strumento più appropriato all’elaborazione intimistica delle emozioni che all’esplosione sonora degli affetti.
Il repertorio solistico per liuto si eleva in Francia con i Gaultier, famiglia di virtuosi consacratasi a celebrità con Ennemond, dettole Vieux, e ancor più con suo cugino Denis, detto l’Illustre (Jacques, un altro cugino, detto d’Angleterre, fu al servizio della corte inglese dal 1620 circa).
Opera principale di Denis Gaultier è la Rhétorique des Dieux (1652), un pregiato manoscritto contenente suites di danze (pavane, allemande, courante, gigue, sarabande e altro) che stanno a metà tra l’ordinamento ciclico e il libero raggruppamento, presentandosi organizzate secondo 12 modi, a conferma di una programmatica unità tonale, ma senza altri principi unificanti: né la scelta delle singole danze né la loro posizione all’interno della suite sono univoche, e non è infrequente la presenza di due o più danze consecutive dello stesso genere.
Molti titoli della Rhétorique des Dieux sono figurati (Pavane La Dedicace, Allemande Andromede, Courante La Coquette virtueuse, L’homicide) rivelando un’attitudine letterario-descrittiva mediata dai virginalisti inglesi, spesso arricchita dalla suggestione mitologica di personaggi del ballet de cour.
Anche la notazione degli abbellimenti di Gaultier deriva dai virginalisti. Infine, ogni modo è presentato da una figura allegorica che ne illustra lo specifico “affetto”.
Ogni serie di danze è preceduta da un Prelude scritto in forma improvvisativa, senza indicazione di battuta per lasciare all’esecutore piena libertà nell’interpretazione ritmica; è questo un uso che proviene da lontano (si ricordino solo i tastar de cordeliutistici di Joanambrosio Dalza all’inizio del Cinquecento) e che avrà seguito in tutto il percorso storico della suite. Non meno interessante la presenza del tombeau, il delicato omaggio, basato su un andamento grave d’allemanda, dedicato da Gaultier alla memoria di nobili o amici scomparsi (Allemande Tombeau de Monsieur de l’Enclos) che proseguirà tra i futuri liutisti e clavicembalisti.
Le suites di Denis Gaultier sono casi estremi di stilizzazione formale della musica per danza; a ciò contribuisce senza dubbio la natura molto particolare del liuto, adatto alla polifonia ma al tempo stesso con una quantità di limiti tecnici tale da dotarlo, in definitiva, di fortissima caratterizzazione idiomatica; un esempio per tutti è lo style brisé: il “pizzicato” sulla corda del liuto produce un suono fugace, che subito si rompe.
Bisogna dunque studiare, nella condotta polifonica, delle tecniche che diano al suono una durata virtuale, indispensabile alla percezione dell’armonia; l’accordo viene allora “spezzato” nelle sue componenti lungo il fluire delle melodie; in più, ogni nota è diluita in un intreccio di complessi abbellimenti. Ne risulta una delicata costruzione che “suggerisce” le armonie, piuttosto che affermarle, mentre cadenza il ritmo fondamentale della danza creando un caleidoscopico inviluppo sonoro.
La suiteliutistica di Gaultier non mancherà d’influenzare la scuola francese della viola da gamba che da Nicholas Hotman e Sainte-Colombe proseguirà nel secolo successivo con le suites per viola di Marin Marais.
Fino a metà secolo, un aspetto notevole della musica per danza francese per strumento solo consiste nel fatto che i clavicembalisti, dotati di mezzi espressivi diversi e più potenti di quelli del liuto, rinunciano tuttavia a sperimentare un proprio idioma riprendendo sul proprio strumento i moduli liutistici, evidentemente condizionati dal prestigio sociale di questo strumento. Avviene in Francia un fenomeno analogo a quello che, con motivazioni diverse, ha portato qualche decennio prima i virginalisti inglesi ad appropriarsi dell’idioma liutistico tipico della loro area.
Alla morte di Gaultier i suoi discepoli ed epigoni non sanno essere alla sua altezza e la musica per liuto cade sotto il peso di sempre crescenti ornamentazioni mentre anche in Francia salgono alla ribalta la tiorba e la chitarra, soprattutto con Robert de Visée (1650 ca.-1725 ca.), chitarrista di Luigi XIV.
Nel frattempo i clavicembalisti sono venuti affrancandosi dal modello liutistico e com’era prevedibile riescono a elaborare un linguaggio dalle potenzialità molto più vaste. Fino a metà secolo l’idioma cembalistico non si era distinto troppo da quello dell’organo, limitandosi ad aggiungervi stilemi che imitavano la moda liutistica, a partire da questo momento tali stilemi vengono fortemente sviluppati con un potenziamento delle tecniche d’arpeggio e della quantità e generi di abbellimenti.
Il primo grande clavicembalista della scuola francese di metà secolo è Jacques Champion de Chambonnières, autore che eserciterà la propria influenza anche fuori dei confini francesi; le sue danze si ispirano fortemente al modello di Gaultier nello stile come nei titoli figurati e nella disposizione all’interno della suite, dove ancora una volta il singolo brano prevale sull’insieme della serie.
Le danze di Chambonnières come quelle dei suoi successori sono affiancate l’una all’altra con la logica del contrasto agogico ed espressivo, ma rispettando una sostanziale unità tonale del ciclo; i brani in esso compresi sono tutti nella stessa tonalità, al più trasformati da maggiore in minore o viceversa.
Chambonnières è autore di una tavola esplicativa di tutti i simboli usati per gli abbellimenti nella sua musica che servirà da modello ai suoi seguaci. Tra questi Louis Couperin, Jean-Henri d’Anglebert, Nicolas-Antoine Lebègue, per arrivare fino a François Couperin (nipote di Louis), detto le Grand, i cui Ordres dei quattro libri di Pièces de clavecin (1713-1730) traghetteranno questo genere di suite al nuovo secolo.
Louis Couperin (1626 ca.-1661) eredita da Gaultier la tendenza all’ordinamento delle proprie suites secondo la tonalità, spingendosi all’esplorazione sistematica dei toni più lontani e inusuali. Del celebre liutista riprende e sviluppa anche l’uso di far precedere le danze da preludi in stile improvvisativo, in parte scritti anch’essi con note non misurate.
D’Anglebert estende il campionario di risorse tecniche richieste al clavicembalo influenzato dalla musica orchestrale di Jean-Baptiste Lully che egli arriva a trasporre sulla tastiera: la trascrizione per clavicembalo delle Ouvertures orchestralilulliane apre la strada all’Ouverture per strumento a tastiera, che nelle suites di qualche decennio appresso diverrà movimento d’apertura.
La sintesi: da Jean-Baptiste Lully a Johann Jakob Froberger
Se si eccettua la fantasia di viole che, derivata da quella inglese, conosce in Francia una breve stagione all’inizio del secolo, il resto della musica per gruppo strumentale, e particolarmente la danza, si sviluppa in questa nazione quasi esclusivamente all’interno del ballet de cour.
È l’italiano Jean-Baptiste Lully (1632-1687) che in questo contesto accrescerà l’autonomia estetica della musica per danza giungendo alla formalizzazione di una suite ciclica di danze fisse, suddivisa in allemanda, sarabanda, corrente, minuetto, giga, molto vicina alla forma definitiva che avrà successo nel Settecento.
Parallelamente all’esperienza lulliana si sviluppa la suite liutistica di Denis Gaultier.
La sintesi clavicembalistica tra i due filoni, perpetuata dai clavicembalisti francesi di metà secolo, gode di ampia fortuna e si diffonde rapidamente in tutta Europa. Ne fa tesoro il tedescoJohann Jakob Froberger (1616-1667), che nel 1652 è a Parigi, in contatto con Louis Couperin e Denis Gaultier.
Fra le oltre 100 composizionicembalistiche di Froberger, pubblicate postume a Magonza nel 1693, spiccano 30 suites cicliche basate sulla strutturaallemanda, corrente, sarabanda, giga, che, presentandosi come il primo esempio storico della forma codificata che si trasmetterà al Settecento, hanno dato al loro autore la fama di “inventore” della vera e propria suite.
In realtà l’ordine delle danze nelle suitesdi Froberger non è così rigoroso: su cinque delle 12 suites pervenuteci autografe manca la giga e nelle rimanenti sette essa si trova al secondo posto; inoltre tutte le altre suites, pur rispettando l’ordinamento che sarà proprio di questa forma nel Settecento, presentano sul frontespizio la dicitura “mise en meilleur ordre”, a suggerire che anche in questi esempi la giga stesse originariamente al secondo posto.
È comunque un fatto che, nonostante e anche grazie a simili circostanze, le suitesdi Froberger costituiranno il modello concreto dei compositori settecenteschi.
Se si considera l’occasionale assenza della giga, le suitesdiFroberger si possono rapportare abbastanza da vicino al modello di Chambonnières. Gli idiomi liutistici sono presenti nelle parti libere a carattere imrovvisativo che compaiono nelle Sarabandes e nello style brisé con cui sono intessute le intricate Allemandes, tra i brani più complessi del ciclo.
In tempo di allemanda, i necrologi musicali di Froberger si collocano tra il Tombeau e il preludio libero dei liutisti francesi. È il caso del Lamento sopra la dolorosa perdita della Real Maestà di Ferdinando IV, che apre una delle suites scritte in un periodo di servizio presso la corte di Vienna: allemanda con tendenze programmatiche, il brano si conclude con una celebre scala ascendente che simboleggia la celeste ascesa del sovrano.
Le gigues, spesso realizzate in tempo binario semplice di quattro quarti piuttosto che nell’usuale tempo composto di sei ottavi, si presentano meno “leggere” di come la prassi vorrebbe, avvicinandosi alla ricchezza contrappuntistica delle allemandes.
La courante si presenta di frequente come una variazione della allemande che la precede; questo è un aspetto molto importante della suite di Froberger, che la ricollega alla vecchia suitevariata tedesca per gruppo strumentale di Johann Hermann Schein e la distingue al tempo stesso dal modello francese; vi si rintraccia infatti un’unità tematica che è estranea agli autori francesi, interessati innanzitutto al “contrasto” tra i singoli movimenti del ciclo; quest’aspetto si confermerà tratto tipico dello stile tedesco determinandone l’orientamento futuro.
Se la personalità di Froberger non si riduce all’assimilazione dello stile francese, neanche si inserisce in una nitida linea evolutiva del filone tedesco, piuttosto rivela una sintesi originale delle maggiori scuole europee: appartenente alla scuola della Germania meridionale, Froberger viaggia in Inghilterra e Italia, dove è allievo di Frescobaldi. Ne deriva un eclettismo che risalta in più occasioni.
La famosa suite variata Auff die Mayerin è considerata un vero campionario di stili nazionali: si presenta come un ciclo il cui primo brano, l’allemande, è in realtà una serie di sei variazioni schematiche sul tema, a esso seguono una courante con double e una sarabande, a loro volta variazioni della allemanda iniziale secondo il principio della suite variata tedesca. Francese è invece l’ordine delle danze e inglese (dai virginalisti) la forma della variazione.
Italia
Per tutto il secolo gli autori italiani di sonate e canzoni strumentali continuano a scrivere musica per danza. L’uso proviene da lontano, dagli spettacoli italiani di corte che dal Cinquecento influenzano il ballet de cour francese per ritornare in patria a cavallo tra i due secoli nella musica teatrale, importati da Ottavio Rinuccini (1564-1621) e resi magnifici da Claudio Monteverdi (1567-1643).
Le scuole strumentali del Nord Italia (Venezia, Bologna) si appropriano presto della danza come componimento musicale, e ne pubblicano raccolte come musica d’intrattenimento o sotto forma di variazioni (partite, ciaccone), con autori come Giovan Battista Buonamente, Giovan Battista Vitali, Giovan Battista Bononcini, Tarquinio Merula, Biagio Marini, Frescobaldi.
In Italia la sonata di gruppo egemonizza il campo della musica strumentale, e con sempre maggiore evidenza singole danze confluiscono al suo interno come movimenti autonomi.
La sonata da chiesa della prima metà del secolo presenta al suo interno un movimento lento di danza; in questo periodo la differenza tra sonata da chiesa e da camera è quasi esclusivamente di natura funzionale, determinata appunto dall’ambiente dove avviene l’esecuzione, ed è proprio questo fattore a determinare una progressiva distinzione formale tra i due filoni: essendo la musica per danza poco confacente allo spirito di un luogo sacro sarà nella seconda metà del secolo la sonata da camera ad assorbire le mode continentali venendo a definirsi semplicemente come suite di danze per gruppo strumentale. Arcangelo Corelli (1653-1713) darà i più notevoli esempi del genere conducendo la suite italiana al nuovo secolo.
La fine del secolo in Germania
La trasposizione cembalistica delle tendenze della musica per complesso strumentale di fine secolo avviene in Germania con la scuola di organisti e clavicembalisti (qui la tradizione dell’organo è più solida che altrove e una totale distinzione tra i due idiomi non sarà mai raggiunta) che da Froberger giunge fino a Bach.
Analogamente a quanto hanno fatto i colleghi francesi (da D’Anglebert a François Couperin) i cembalisti tedeschi, Georg Böhm e Johann Krieger per primi, traspongono l’ouverture sulla tastiera.
Intanto i movimenti introduttivi nella suite tedesca (preludio, ouverture, sinfonia, sonatina) assumeranno importanza crescente fino a prevalere sulle danze vere e proprie.
A fine secolo il termine partie, o partita, fino a ora utilizzato solo per designare una serie di variazioni e il francese ouverture, divengono in Germania entrambi sinonimi di suite.
L’Inghilterra
Le isole britanniche, che con la tradizione dei virginalisti si possono considerare la sede prima dell’elaborazione della musica strumentale europea del Seicento legata alla danza e al repertorio clavicembalistico, vivono dalla fase centrale del secolo una singolare quanto spiccata controtendenza legata al rapido declino della scuola virginalistica, favorito da fattori politici interni (la repubblica di Cromwell e il temporaneo ma destabilizzante venire meno delle istituzioni secolari che generano e alimentano la tradizione musicale autoctona) ed esterni (l’impetuoso sviluppo degli stili strumentali continentali, in particolar modo la suite francese e la sonata italiana).
I clavicembalisti e gli autori di musica strumentale inglese a partire dalla fase centrale del secolo, perdendo la propria caratterizzazione, cedono ai linguaggi musicali e alle mode, agli atteggiamenti più o meno di superficie provenienti dal continente.
Sintomatica è l’ascesa del violino: legato allo strumentalismo francese e italiano, questo strumento è presente in Inghilterra già nel periodo repubblicano, portato da virtuosi provenienti dal continente; il suo suono penetrante si rivela congeniale alla musica del masque.
Con la restaurazione il violino guadagna ancor più terreno a scapito della tradizionale viola da gamba, ripudiata dal “francese” Carlo II il quale aveva assoluta avversione per le fantasie e non amava ascoltare musica per la quale egli non potesse battere il tempo.
Re Carlo istituirà alla sua corte un’orchestra di 24 violini secondo il modello lulliano.
Alcune suites di John Jenkins (1592-1678), a tre sezioni, sono scritte come sonate italiane per violino solo e basso continuo organistico (l’Inghilterra come la Germania era stata riottosa ad accogliere il basso continuo); una fantasia, garanzia di marchio inglese, funge spesso da movimento d’apertura di queste suites.
Autori inglesi influenzati dallostile italiano sono Christopher Gibbons, John Hilton, Charles Coleman, John Hingeston, Benjamin Rogers, Matthew Locke.
Le suites dei compositori inglesi seguono generalmente l’esempio dei francesi di non dare un ordine fisso alle proprie danze. La raccolta di Court Ayres pubblicata dall’editore John Playford nel 1655 e nel 1662 presenta un repertorio di oltre 500 danze di quasi tutti i compositori del tempo, variamente distribuite.
Nella musica cembalistica inglese di metà secolo sono presenti danze e variazioni su basso ostinato (in inglese ground).
Matthew Locke raccoglie le sue suites e lessons, oltre a quelle di William Gregory, John Banister e altri nella Melothesia (1673), che contiene anche istruzioni sulla prassi del basso continuo; nell’opera, oltre alle varie allemande, correnti e gavotte, appaiono titoli meno usuali come Round O (dal francese rondeau): fattore sintomatico della propensione dei musicisti inglesi dell’epoca ad accogliere termini di origine continentale.
L’antologia Musick’s Handmaid (del 1678) rivela l’influenza francese nell’adozione dei simboli elaborati in Francia per indicare gli abbellimenti; l’importanza fondamentale di questa raccolta consiste nel rappresentare il meglio della musica cembalistica del Seicento inglese, fino a John Blow e al suo celeberrimo allievo Henry Purcell (1659-1695), le cui suites (Lessons) per cembalo seguono anch’esse il modello francese.
Con Purcell si può considerare cronologicamente compiuta la vicenda della musica strumentale inglese del Seicento: il linguaggio musicale dei virginalisti, esportato in continente, rientra in patria in vesti rinnovate col ritorno della moda continentale, chiudendo nel giro di un secolo un perfetto circolo di influenze.