Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
La moderna teoria atomica, formulata da John Dalton all’inizio dell’Ottocento, viene immediatamente sottoposta a critiche e revisioni. Amedeo Avogadro è il primo a proporre di utilizzare la teoria dell’atomo come ipotesi per calcolare i pesi relativi delle particelle, rifiutandone le implicazioni metafisiche e ontologiche.
La chimica tra Lavoisier e Berthollet
Alla fine del Settecento, Antoine-Laurent Lavoisier rivoluziona completamente il sapere chimico, proponendo una innovativa definizione del concetto di elemento. Gli elementi non rappresentano più entità metafisiche o principi stabiliti a priori, ma costituiscono il risultato finale dell’analisi sperimentale di laboratorio. Lavoisier, pur credendo nell’esistenza degli atomi, ritiene che la ricerca delle ultime particelle della materia sia improduttiva e inutile per il progresso della chimica.
La tavola di Lavoisier, composta da 32 sostanze semplici, è il terreno sul quale i chimici svolgono le loro analisi a partire dal 1789 e in breve tempo ne vengono scoperte numerose altre. Prende inoltre avvio la ricerca dei rapporti matematici alla base delle combinazioni chimiche. Joseph-Louis Proust formula la legge delle proporzioni definite: in ogni sostanza composta le quantità in peso dei componenti si trovano in un rapporto ben definito e costante. La teoria di Proust non ottiene tuttavia un immediato riconoscimento, offuscata dalle opinioni di Claude-Louis Berthollet, il più grande chimico francese dopo la morte di Lavoisier.
Berthollet, che Napoleone chiama il “suo chimico”, smentisce in parte i presupposti metodologici di Lavoisier e torna a sostenere, come nel Settecento, che l’analisi delle sostanze non può prescindere dalla considerazione delle forze (o affinità) agenti nelle reazioni chimiche. Inoltre nega la validità della teoria delle affinità elettive (che ispirerà anche il celebre romanzo di Goethe), e sostiene che in natura esiste soltanto una forza: l’attrazione di Newton, responsabile contemporaneamente dei fenomeni astronomici e di quelli chimici. Berthollet propone così una spiegazione delle reazioni completamente opposta a quella di Proust, affermando che le sostanze chimiche possono combinarsi in un numero infinito di proporzioni.
La teoria atomica di Dalton
Negli stessi anni, ma in un contesto culturale, sociale e scientifico completamente diverso, John Dalton, fisico e meteorologo inglese, inizia la sua attività scientifica. Analizzando la composizione dell’atmosfera, Dalton individua un metodo per definire i pesi relativi delle particelle contenute in un gas e per stabilire i loro rapporti di combinazione. Secondo Dalton i rapporti tra sostanze elementari possono essere espressi, non soltanto in proporzioni costanti, ma direttamente secondo numeri piccoli e interi: è la prima formulazione della legge delle proporzioni multiple. Dalton, supportato da un’immagine del mondo e della materia completamente diversa da quella di Lavoisier, è convinto che i numeri piccoli e interi non rappresentino soltanto gli elementi, ma coincidano con gli atomi indivisibili della realtà naturale. Dalton crede inoltre che le combinazioni chimiche siano regolate da un principio estremamente semplice: se due sostanze danno origine a un unico composto, come nel caso dell’acqua, tale composto, risulta necessariamente binario (1:1). Conseguentemente Dalton riproduce graficamente la formula dell’acqua presentando un atomo di ossigeno unito a un atomo di idrogeno (i moderni simboli chimici saranno introdotti soltanto nel 1813 da Berzelius).
Diversamente da quel che generalmente si sostiene, la teoria atomica di Dalton non gode di immediato successo; al contrario, essa suscita infatti molti dubbi e perplessità, soprattutto a Parigi, capitale della scienza mondiale del primo Ottocento. Berthollet, nel 1809, la considera un’ipotesi ingegnosa, seducente e fantasiosa. Le particelle che Dalton denomina atomi non vengono considerate il termine ultimo della materia, ma interpretate come equivalenti molecolari degli elementi di Lavoisier, e denominate “molecole integranti”.
Durante quello stesso anno, uno dei migliori allievi di Berthollet, Joseph-Louis Gay-Lussac, espone i risultati di una ricerca sulle combinazioni gassose apparentemente in contrasto con le idee del maestro. Per Gay-Lussac tutte le reazioni fra volumi gassosi possono essere espresse, a parità di temperatura e pressione, secondo numeri piccoli e interi: è la legge sulla combinazione dei volumi gassosi.
Gay-Lussac si affretta comunque a precisare, affiancato in questo da Berthollet, che tali combinazioni si presentano come un caso particolare nell’infinita varietà di possibili reazioni, senza mettere in discussione la legge generale delle proporzioni infinite. Tale precisazione è del tutto comprensibile: i dati di Gay-Lussac avrebbero potuto fornire un importante appoggio alla teoria di Dalton.
Dalton stesso si rende conto di questa opportunità, ma paradossalmente è costretto a rifiutarla.
La legge di Gay-Lussac mostra che due volumi di idrogeno reagiscono con un volume di ossigeno per dar luogo a due volumi di vapore acqueo. Nel caso che volumi di idrogeno e ossigeno contengano lo stesso numero di particelle, come è del tutto logico ipotizzare, il rapporto di combinazione non coincide con i numeri previsti da Dalton. La conclusione è inevitabile: il numero delle particelle di ossigeno deve essere doppio rispetto a quello dell’idrogeno, e tale raddoppiamento è giustificabile soltanto presupponendo la divisione degli atomi. Dalton è quindi costretto a rifiutare i dati di Gay-Lussac, che giudica inesatti dal punto di vista sperimentale, e l’ipotesi che volumi uguali di gas contengano lo stesso numero di particelle.
L’ipotesi di Avogadro
Questa ipotesi viene invece presa in considerazione, nel 1811, dal fisico torinese Amedeo Avogadro, che opera in un contesto di assoluta autonomia rispetto a Dalton e Berthollet, mantenendosi fedele alla filosofia e alla metodologia che hanno condotto Lavoisier a realizzare la rivoluzione chimica. Avogadro considera la teoria atomica di Dalton come un’ipotesi puramente strumentale, ovvero come un modello, in grado di consentire applicazioni matematiche e quantitative al problema della determinazione del peso e del numero delle particelle, senza tuttavia pretendere di offrire dimostrazioni di carattere fisico. Ritiene inoltre che gli elementi di Lavoisier, e non gli atomi di Dalton, costituiscano il corretto livello di applicazione della teoria. Avogadro pensa infine che le ipotesi chimiche sulle combinazioni siano indipendenti dalle considerazioni fisiche sulle forze operanti dalle particelle. In sostanza utilizza soltanto il meccanismo di calcolo proposto da Dalton (senza trarne implicazioni ontologiche), corretto in base ai dati di Gay-Lussac, e svincolato dalle problematiche delle proporzioni infinite.
Avogadro non ha quindi difficoltà, nel caso dell’acqua, ad ammettere la divisibilità (per spiegarne il raddoppiamento) della molecola integrante di ossigeno in due particelle più piccole, denominate molecole elementari, ma in questo modo non stabilisce la distinzione fra atomi e molecole (corrispondenti rispettivamente, secondo alcune interpretazioni, alle molecole elementari e integranti). Avogadro evita di attribuire realtà fisica alle molecole elementari. La stessa particella di ossigeno avrebbe potuto scomporsi, da un punto di vista ipotetico e matematico, in frazioni assai più numerose, se i dati sperimentali sui gas lo avessero reso necessario. L’ipotesi di Avogadro si configura soltanto come uno strumento utile per svolgere indagini di tipo quantitativo su una realtà altrimenti inaccessibile da un punto di vista fisico. Avogadro realizza la sua teoria per risolvere problemi diversi rispetto a quelli per cui in seguito essa diventa famosa e celebrata nei manuali di chimica. I chimici del XIX secolo non saranno ossessionati dal problema di dover stabilire chiaramente la distinzione fisica fra atomi e molecole. Questa soluzione, oggi del tutto logica ed evidente, costituisce soltanto la parte finale della storia qui descritta. La chimica della prima metà dell’Ottocento è caratterizzata da una serie di tradizioni di ricerca che propongono diversi metodi per determinare le proporzioni in cui si combinano le sostanze. L’atomismo di Dalton, depurato dalle sue implicazioni fisiche, rappresenterà soltanto una delle tante alternative possibili.