LA TOLFA, Gruppo di
Gruppo di vasi etruschi a figure nere che presentano caratteri stilistici simili. È chiamato così dalla Tolfa (vicino a Civitavecchia) luogo di provenienza dell'anfora del museo di Karlsruhe, pubblicata dallo Schumacher nel 1889.
Il Pottier aggiunse a questa altre 5 anfore del Louvre con la denominazione, ormai superata, di Gruppo Ionico Etrusco. Il Dohrn ha riconosciuto che erano etrusche e ha completato la serie riunendo una ventina di vasi, tutti (eccetto il dèinos di Villa Giulia) anfore di tipo B a piede convesso, per lo più con un anello plastico alla base del collo, di solito ornato con fiori di loto e palmette a catena o incrociati, mentre la decorazione principale sulla spalla è iscritta in una metopa.
I vasi, di cui ci è nota la provenienza, appartengono all'Etruria centrale. All'Etruria ci riportano la tecnica molto inferiore a quella greca, alcuni temi decorativi ed il costume.
Sono tipicamente etruschi i cavalieri sugli ippocampi, che in Grecia non si trovano isolati, ma solo al seguito di divinità come Posidone o le Nereidi, gli alti stivali indossati dalle figure, la lepre tenuta per le zampe posteriori, anziché per le anteriori come in Grecia.
Il repertorio è poco variato; spesso le due parti del vaso hanno figure uguali, come l'anfora E 731 del Louvre; inoltre ci sono vasi che si corrispondono quasi perfettamente. I contorni delle figure sono graffiti a volte anche con particolare accuratezza ed eleganza, come nel tritone di Villa Giulia o nel cinghiale del British Museum; gli occhi maschili sono a mandorla, come quelli femminili.
Il Beazley, recentemente, ha tolto al gruppo due vasi del Metropolitan Museum di New York provenienti da Capua, che la Richter assegnava al gruppo di L. T. e ha diviso questo in due classi. La prima, più numerosa e più decorativa, comprende le anfore più belle, in cui domina la linea curva che dà robustezza e corporeità alla figura. La seconda comprende un gruppo di vasi in cui domina la figura umana, che si stende nel campo sottile ed allungata, con la veste che cade fra le gambe in un fascio di pieghe scannellate.
La divisione del Beazley tien conto dell'esigenza di distinguere in seno al gruppo stesso sottogruppi di diverso carattere stilistico, però non sembra definitiva. Le due classi infatti, se hanno qualche differenza, hanno pure notevoli punti di contatto, come testimonia il dèinos di Villa Giulia, che si può considerare un anello intermedio fra le due classi.
Se confrontiamo questi vasi con quelli detti della Foglia d'Edera notiamo come all'influsso attico si aggiunga un influsso ionico, evidente nei profili obliqui dei volti, che ritroviamo in molte opere etrusche (vasi, pitture tombali, avorî) del periodo 530-500 a. C. Tale caratteristica avvicina inoltre i nostri vasi alle idrie ceretane, a cui ci riporta anche il fregio di palmette e fior di loto.
Ciò c'invita ad abbassare di un poco la datazione proposta dal Dohrn, che considera il Pittore di La Tolfa contemporaneo a quello delle Foglie d'Edera, anche se la sua attività può avere continuato più oltre. La data iniziale potrebbe essere oltre la metà del secolo (dopo il 540 a. C.) e quella finale tra il 520-510 a. C. in quanto le pieghe scannellate delle figure del secondo gruppo sono più evolute di quelle, assai simili, del Tesoro dei Sifnî (525).
Inoltre identiche pieghe scanalate si ritrovano nel vaso pontico della Bibliothèque Nationale di Parigi, attribuito al Pittore di Tityos, di uguale data. I genî alati o senza ali si ritrovano pure tra i soggetti dei vasi del Pittore di Tityos, con i medesimi corpi sottili ed allungati, per cui sembrerebbe quasi che vi fossero stati dei contatti. Si nota che l'anfora di Ginevra è stata rigraffita in età moderna e che le anfore di Firenze sono tre e non due come nella lista del Dohrn; due hanno un ippocampo e un cavaliere e una un giovane del tipo di quello dell'anfora di Karlsruhe.
Bibl.: T. Dohrn, Schwarzfigurige Etruskische Vasen, Colonia 1935, pp. 23-33, 144-145; J. D. Beazley, Etruscan Vase-Painting, Oxford 1947, p. 11.